Ed ecco a sorpresa, uno dei post che considero tra i più importanti del blog.
Oggi infatti è tempo di recensire un bel libro e postare un'intervista davvero speciale (mi sento un po' stupida a usare termini del genere, ma questa è SPECIALE sul serio).
L'intervista è a Bianca Pitzorno e il libro è il suo ultimo, "La vita sessuale dei nostri antenati", un bel tomo uscito per Mondadori un mesetto fa che, attenzione, non è un suo bellissimo libro per bambin* e ragazz*, ma un romanzo per adulti.
Precisamente è una saga familiare, quella dei Bertrand-Ferrell vista dal punto di vista sessuale che spesso è assai diverso da quello sentimentale.
La protagonista della storia è un'accademica sulla soglia dei quarant'anni, Ada Bertrand-Ferrell, rimasta orfana di entrambi i genitori durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale (il libro è ambientato negli anni '80).
Come succede sempre, dopo anni più o meno identici, mentre è ormai incanalata in quella che sembra una relazione tranquilla e senza particolari sussulti, dopo l'intenso periodo degli anni '70, la vita di Ada si mette improvvisamente in moto.
Tutto comincia durante un convegno in Inghilterra durante il quale le accadono due cose: conosce una misteriosa antropologa napoletana da cui si sente incredibilmente attratta e, in secundis, ha un'avventura con un uomo sconosciuto che le porta l'orgasmo più eclatante della sua vita (orgasmo con cui si apre il libro, dettando il passo di quella che sarà l'impostazione della trama).
Da lì si scoperchierà una sorta di vaso di Pandora dal quale erutteranno segreti di famiglia rimasti sopiti per anni, nascosti dal silenzio della buonissima borghesia di provincia, impegnata con tutte le sue forze a preservare l'apparenza con silenzi omertosi e oblii ad hoc.
I nostri antenati erano davvero come ce li hanno sempre raccontati? Le loro vite così lineari, senza un sussulto, un'indecisione, una passione, uno scandalo?
Se state cercando un libro da portare con voi questa estate, vi assicuro che questo è un ottimo candidato.
Ma se siete ancora nel dubbio, se volete saperne di più, se amate questa scrittrice che ha formato coi suoi romanzi almeno due generazioni di ragazzi e ragazze, ebbene eccovi di seguito l'intervista che Bianca Pitzorno ha accettato di rilasciare per il blog e di cui la ringrazio moltissimo, sia per la disponibilità che per la generosità delle risposte.
Ma bando alle ciance! Buona lettura!
Com'è
nata l'idea del suo ultimo romanzo?
R-
Volevo raccontare alle trentenni di oggi quanto era dura la vita, dal
punto di vista sessuale, per quelle della mia generazione, e quanto è
stato ‘miracoloso’ per noi il Sessantotto, oggi tanto vituperato.
Poi mi sono imbattuta in un albero genealogico di un ramo della mia
famiglia, che andava indietro fino al Cinquecento, e ho considerato
con meraviglia l’enorme quantità di figli che le donne del passato
mettevano al mondo nel corso del matrimonio.
Probabilmente senza mai
conoscere il piacere, se non ‘il piacere del dovere’ come dirà
la nonna di Ada. E mi sono voltata indietro a considerare anche la
loro, di vita sessuale, impostata unicamente sul piacere maschile.
Sono nati così i personaggi delle antenate.
Da questo libro si evince
che il femminismo e i movimenti politici degli anni '60 e '70 sono
stati forti nella sua formazione.
Qual è stato il suo percorso
politico durante quegli anni? Quali speranze ha visto realizzato e
quali perdute?
R-
Ho imparato prestissimo che per una donna non c’è libertà senza
indipendenza economica.
Tutte le scelte difficili che sono riuscita a
fare, ho potuto farle perché come una formichina invece di ascoltare
le sirene del nascente consumismo, avevo messo dei soldi da parte. Ho
vissuto da giovane in modo spartano, procurandomi da varie parti
accuse di avarizia. Ma quando ne ho avuto abbastanza di una qualche
situazione e ho voluto dire di NO, ho potuto farlo senza paura di
morire di fame o finire sul lastrico.
Parlavamo tanto in quegli anni,
facevamo tanta filosofia.
Ma alla fine l’elemento discriminante
era: dipendo economicamente da qualcuno o no? Oggi con la crisi del
lavoro anche la situazione delle donne sta facendo degli allarmanti
passi indietro.
Un
altro ideale in cui credevo e che, nei modi della sua realizzazione,
mi ha profondamente deluso, è quello dell’Unione Europea.
E non
solo per gli odierni fatti della Grecia (Vergogna tedeschi!), ma dai
primi tempi delle ‘quote’ in agricoltura, dall’importanza data
al ‘mercato’ più che alla cultura, dallo strapotere delle
banche.
Nel
suo libro, abbastanza corposo, appaiono molti personaggi appartenenti
anche ad epoche diverse. Qual è il suo preferito?
R-
Senza alcun dubbio Armellina che protegge fino all’ultimo la
ragazzina più giovane anche senza sapere che è sua sorella.
Tra
i molti libri citati nel romanzo,
c'è “Paura di volare” di Erica Jong.
Confesso che quando lo
lessi io, per me, la famosa “scopata senza cerniera” e altri
riferimenti mi erano piuttosto oscuri e faticavo a comprendere la
carica rivoluzionaria del libro (bello e che comunque, secondo me,
rimane il migliore di Erica Jong).
Cosa rappresentò esattamente quel
romanzo negli anni in cui uscì?
R-
Dopo tanti anni, a rileggerlo “Paura di Volare” non mi sembra poi
così straordinario dal punto di vista letterario.
Ma per il costume
della mia generazione (che è la stessa di Ada) fu importantissimo:
era la prima volta che una donna, senza nascondersi dietro uno
pseudonimo, parlava di sesso –azioni, desideri, pensieri- con la
stessa libertà di un uomo.
Le
storie lasciate aperte nel suo ultimo romanzo sono così tante e
forti che viene da chiedersi: ci sarà un seguito?
R-
No, non credo. Il percorso di autoconsapevolezza di Ada si è
compiuto.
E poi, a leggerlo con attenzione, molte vicende non sono
affatto ‘aperte’. Accumulo, sia pure in punti e pagine diverse,
una tale quantità di indizi che solo il lettore che legge troppo in
fretta per l’avidità di arrivare al finale, può non capire.
Chi
sia il nuovo amore di Giuliano, per esempio, mi pare di averlo,
goccia a goccia, spiegato molto chiaramente. Ma non volevo fare come
nei gialli, i romanzi di Perry Mason per esempio, scrivere un
capitolo finale dove il narratore o un paio di personaggi,
ricapitolano tutti gli interrogativi iniziali e il loro completo
svelamento.
Ho sempre creduto che la letteratura vera debba procedere
per allusioni, suggerimenti, suggestioni.
Avevo appena finito di
scrivere questo romanzo quando ho letto il bel saggio di Nicola
Gardini, "Lacuna", Einaudi 2014, e mi ci sono pienamente riconosciuta.
Cosa
sta leggendo in questo momento?
R-
Per la terza o quarta volta, “L’Idiota” di
Dostoevskij.
Ogni volta
scopro cose nuove che nelle letture precedenti mi erano sfuggite.
Lei
che con i suoi libri ha contribuito alla formazione di migliaia di
ragazze (e ragazzi), come vede la nuova generazione di donne?
R-
Non sono una sociologa. Non faccio considerazioni di ordine generale.
Se vogliamo, le ragazze giovani mi fanno molta tenerezza e vorrei
poterle proteggere dai calci in faccia che sicuramente le aspettano.
Ma le considero una per una, come individue, non come gruppo. Non ne
ho la competenza e neppure l’interesse.
Lei
ha dedicato una biografia ad Eleonora d'Arborea, straordinario
personaggio storico che governò per ultima una Sardegna libera dal
giogo straniero ed emanò la Carta de Logu.
Lei pensa ci sia una
differenza tra il modo di esercitare il potere da parte degli uomini
e delle donne?
R-
No, non credo.
Eleonora d'Arborea |
Penso dipenda dalle convinzioni e dalla sensibilità
personale. Eleonora d’Arborea non avrebbe potuto essere quella che
fu senza l’educazione ricevuta dal padre Mariano, che per primo tra
i principi europei medioevali liberò i servi della gleba.
Che
promulgò un codice di leggi di cui la Carta de Logu di Eleonora fu,
per sua stessa dichiarazione, l’adeguamento ai tempi mutati.
Senza
la mentalità familiare tramandata da suo nonno Ugone, che agli inizi
del Trecento lasciò scritto che la figlia secondogenita, destinata
secondo la tradizione al convento, se non
voleva (si noluerit)
poteva non andarci, perché a lui importava solo che fosse
contenta. Tenere in
considerazione la volontà e la felicità (contentezza) di una
ragazzina per quegli anni era qualcosa di straordinario.
Nessuna
meraviglia se con tanto nonno Eleonora nella Carta de Logu scriverà
che lo stupratore estingue il reato non sposando la vittima, ma
procurandole un marito che
piaccia a lei.
Di
tutti i libri che ha scritto, qual è il suo preferito e perché?
R-
Nessuno. Una volta che sono stampati e vanno in giro per il mondo me
ne distacco e penso solo al prossimo che scriverò.
La
Sardegna ha dato i natali a molti scrittori importanti e ha sempre
nuove voci interessanti, vorrebbe segnalare un autore o autrice o un
libro sardi poco conosciuti che l'hanno particolarmente colpita?
R-
Un autore sardo che oggi viene un po’ trascurato è Giuseppe Dessì,
scrittore finissimo, noto soprattutto per "Paese d’ombre".
Tra
i suoi romanzi il mio preferito è "Introduzione alla vita di
Giacomo Sgarbo", che presenta una Sardegna affatto di maniera, come
purtroppo oggi è di moda.
Ci
sono stati dei libri particolari che hanno cambiato la sua vita? E
quali?
R-
Germinal, di Emile Zola. Storia di uno sciopero di minatori finto
tragicamente. Spiega le dinamiche spietate del capitalismo molto più
di qualsiasi trattato.
Sul
suo sito, ho letto che la famosa e rimpianta collana Gaja Junior, era
nata con l'idea di proporre alle ragazzine qualcosa di più serio dei
classici romanzi d'amore per giovinette, obiettivo centrato per anni
con grande successo.
Adesso la narrativa per i cosiddetti giovani
lettori sembra però nuovamente tendere ad una romanticizzazione
molto stereotipata, anche nei ruoli di genere (la ragazza di buona
famiglia, intelligente e buona, fragile e indifesa, il ragazzo bello
e maledetto da salvare con l'amore).
Lei cosa pensa dell'attuale
editoria per giovani lettori e lettrici?
R-
Dai tempi di Tornatràs
(2000) non scrivo più libri per ragazzi e neppure ne leggo.
Dalle
poche notizie che mi arrivano mi pare che gli obiettivi odierni siano
due, non so quale meno nobile dell’altro: la vendibilità,
ammiccando a temi di moda o di attualità, e la spiegazione
alle giovani menti dei problemi attuali, fatta attraverso la
fiction e non una onesta saggistica.
Tutto il contrario di quello che
ispirava noi autori degli anni Ottanta, che era la pura e semplice
LETTERATURA, qualità, profondità, trasfigurazione dell’esperienza
personale. Anche se qualcuno ritiene il loro ritmo troppo lento,
preferisco di gran lunga i classici ottocenteschi alle odierne
collane per young adults.
Proprio
in questi giorni a Venezia, il sindaco appena insediato ha emanato
una circolare per il ritiro di 49 libri considerati aderenti alla
cosiddetta “teoria del gender” dalle scuole materne e dagli asili
nido.
Lei, che molti anni fa scrisse uno storico libro
“Extraterrestre alla pari” sui ruoli di genere, che cosa ne pensa
di questa storia?
R-
La storia non è nuova. Protestammo già con la mia amica Patrizia
Colosio un paio d’anni fa. Però trovo anche stupido far diventare
l’educazione alla parità una ‘materia specifica’ e non
qualcosa che attraversa e permea in maniera diffusa tutti gli
argomenti.
Cosa
leggeva da bambina?
R-
Di tutto. Specialmente avventure. Salgari, Tarzan, Fenimore Cooper,
Zane Grey…
Ma anche la serie della amatissima Bibi di Karin
Mikaelis, e poi i libri per adulti e i miei genitori, i romanzi
ungheresi di mia madre, Hans Fallada, i grandi classici (ovviamente
in edizione integrale) di cui capivo molto poco ma che proprio per
quello mi piacevano moltissimo.
E poi molte riviste, tutte quelle che
uscivano in quegli anni, comprese quelle mediche che riceveva mio
padre.
C'è
qualche festival o occasione d'incontro particolare questa estate in
cui i suoi lettori o lettrici potranno incontrarla?
R- Ho una pagina Facebook dedicata solo all’ultimo romanzo, dove indico volta per volta i prossimi incontri in Sardegna. Il 13 settembre poi sarò a Mantova col mio ultimo romanzo. Non so ancora l’orario, ma tra un poco sarà pubblicato il programma del Festival.
Tra le domande che avevo posto a Bianca Pitzorno ce ne erano alcune che riguardavano le modalità di stesura delle sue opere.
Lei mi ha saggiamente indicato alcuni libri in cui ne aveva già parlato diffusamente, vi lascio le indicazioni che mi ha citato:
- Il capitolo da lei scritto per "Come si scrive un romanzo", manuale curato da Mariateresa Serafini per Bompiani. Tredici autori tra cui Eco, Bufalino, Maraini, Loy e Malerba descrivevano le loro modalità di stesura di un libro.
(Mi manca, devo recuperarlo!)
- "Storia delle mie storie" uscito nel 1995 per Pratiche, oggi Il Saggiatore.
- Il saggio scritto sulle sue opere e personaggi da Mirca Casella, "Le voci segrete" ed. Mondadori.
Ringrazio ancora tantissimo Bianca Pitzorno per la disponibilità e la generosità delle risposte.
Questa intervista è una delle cose più belle che mi sono capitate con questo blog e di questo ringrazio anche Angela Ragusa, tantissimo.
Che bella intervista! E' stato un piacere leggerla. Grazie! :)
RispondiElimina:D
EliminaNoo, me l'ero persa questa intervista! Per fortuna l'ho ripescata. Lei è l'autrice che da piccola adoravo e sognavo di scrivere storie altrettanto esplosive. Il libro l'ho già adocchiato, lo comprerò di sicuro appena trovo un lavoro!! grazie grazie per l'intervista
RispondiEliminaCiao, ho capito che sei una lettrice incallita. Potresti consigliarmi un libro per una ragazzina di 11 anni? Grazie mille!
RispondiElimina