martedì 17 ottobre 2017

La zucca, il teschio e il grande incubo. Cinque racconti dell'orrore da autore e da cui sono stati tratti altrettanti film: teschi maledetti, mani malvagie, spaventapasseri e la notte di Valpurga.

 Natale di, presumo, almeno 25 anni fa.

 Ero una tranquilla bambina delle elementari il cui massimo livello di horror affrontato era qualche cartone animato giapponese un po' più pauroso. Per il resto, come è anche normale che sia, non avevo mai visto un film horror in vita mia. Poi, il trauma.

 I miei numerosissimi cugini da parte di padre, che vedevo solo in occasione di noiosissimi natali passati a Napoli (e dai cui giri ero esclusa essendo io e mia sorella le uniche cugine del centro Italia), decisero che era giunto il momento che anche io vedessi uno dei loro film preferiti: "Nightmare".

 Non paghi, in un allucinante pomeriggio che mi ricordo benissimo (ricordo ancora persino cosa indossassi, ossia un improbabile completo gonna e giacca rosa di lana cotta), a ruota misero il secondo.

 Risultato: non dormii sonni tranquilli per mesi e, per molti anni, ebbi un rifiuto totale verso i film horror che tanti incubi mi avevano causato da infante.

 Le cose presero una piega migliore solo quando, ormai al liceo, accettai di vedere "Profondo rosso" a casa della mia citata amica Marta, il cui padre era un grande appassionato di cinema di genere.
 Davanti al mio deciso rifiuto, il buonuomo decise infine di venire incontro alle mie resistenze dicendo "Se hai paura immagina sia tutto finto, che c'è un regista, un cameraman e tanta altra gente lì intorno al set". 


 Come, totalmente a parte, è la mia storia con gli horror orientali che trovo talmente surreali da non percepirli come tali.

 In ogni caso, fu solo pochi anni fa, quando nel tentativo di trovare film che mi facessero atmosfera halloweenosa mentre disegnavo fumetti che scoprii il magico mondo dei gialli all'italiana (e scoprii anche un nuovo tipo di frustrazione: no abbastanza soldi per libri, no abbastanza soldi per film).

 Ma, appunto, per ora mi sono limitata quasi solo alla produzione italiana (e ce n'è ancora da vedere), mentre per quel che viene dagli Stati Uniti rimango ancora guardinga.

 Da una parte continuano a inquietarmi troppo, dall'altra fatico proprio a trovare convincente uno dei loro generi horror preferito: lo slasher.

 Quello che, tanto per intenderci, prevede un gruppo di adolescenti e/o ragazzi che decidono di andare a fare una gita e, proprio mentre stanno quagliando, ecco che ti arriva un maniaco a scotennarli.
 E' un genere che mi richiede una sospensione della credulità eccessiva e manca di quella sottile inventiva, anche folle e surreale, che rende invece favolose le pellicole italiche.


 Il giorno del mio compleanno di quest'anno però, sono finalmente entrata nel luogo che so, mi condurrà sulla retta via cinematografica: "Bloodbuster".

 Si tratta di una Videoteca/Libreria di Milano che si occupa principalmente di film, libri, dischi, fumetti e gadget (ma in prevalenza film) di genere horror/poliziottesco (ma anche altra produzione sempre di genere).

 Ivi, per farmi un autoregalo, ho comprato un'antologia di vari anni fa, chiamata "A cinema con il mostro", in cui ci sono una ventina di racconti dell'orrore che hanno ispirato altrettanti film.
 Preso sulla fiducia (era impacchettatissimo) si è rivelato una miniera: stiamo parlando infatti di racconti di grandissimi scrittori, alcuni introvabili, tutti gli altri contenuti in antologie.

 Ho scoperto che molte invenzioni che attribuivo al cinema vengono, come sempre, dalla carta stampata e ho pensato bisognasse divulgarlo urbi et orbi!

 Ecco a voi una piccola selezione dei racconti da ritrovare!
 NB. Ho messo come primo il titolo del racconto e come secondo quello del film.


"LA BESTIA DALLE CINQUE DITA"/"IL MISTERO DELLE CINQUE DITA" di William Fryer Harvey:

 Parlando a una mia amica che ha vissuto molti anni in Inghilterra di questo racconto, era venuta fuori un'usanza di epoca vittoriana riguardo mani apposte alle finestre tipo decalcomani
a.

Tuttavia, facendo ricerche su internet, l'unica cosa che ho trovato al riguardo parla di una sorta di moda precedente, quella della della Regina Anna, in cui appunto usava decorare le finestre con immagine di svariati tipi, comprese mani effettivamente parecchio spettrali.

 In ogni caso, questo è forse il mio racconto preferito dell'antologia, sia perché smaccatamente di Halloween (nella storia viene anche citata la notte di Ognissanti), sia perché mi ha svelato l'esistenza di un topos letterario dell'orrore che credevo solo cinematografico: la mano che sopravvive all'essere umano e continua a vivere, malvagiamente, sulla terra.

 Ebbene sì, proprio la mano citata (a questo punto mi aspetto di scoprire un'altra valanga di citazioni nascoste) ne "La famiglia Addams", in cui è addirittura un componente della famiglia.

 La storia racconta l'infelice disavventura occorsa a Eustache Borslover unico erede di una famiglia senza molta voglia di sposarsi e riprodursi.
 Il giovine riceve, alla morte di un caro zio che effettivamente aveva sviluppato in tarda età la capacità di "scrittura automatica", molti libri e una scatola con un misterioso animale dentro.

 La scatola gli viene recapitata nella magione in cui vive col suo più caro amico (non indaghiamo su questo fatto), ma l'animale scappa.
 Peccato che quando viene fortunosamente ritrovato, Eustache scopra un'agghiacciante verità: il caro zio defunto non gli ha fatto recapitare un gatto o, alla peggio, un topo.

 No. Nella scatola c'era la sua mano: viva, vegeta e animata da crudelissime intenzioni.

 Un racconto gotico originalissimo e scritto davvero davvero bene. Perfect per questo periodo (sempre che, prima o poi, finalmente piova sigh).

 In realtà, facendo le opportune ricerche, ho scoperto che il libro alla base del film "Il mistero delle cinque dita" sarebbe un altro, peraltro precedente al racconto di Harvey: "Le mani di Orlac" di Maurice Renard del 1921.
 Il libro, una sorta di curioso poliziesco fantastico, parla di un pianista di successo che perde entrambe le mani in un incidente. Un chirurgo gli trapianta quelle di un assassino e da quel momento iniziano una serie di delitti.

 In qualsiasi caso, ben due suggerimenti di lettura!
 Al momento si può trovare in un'antologia recentemente edita dalle edizioni Hypnos.


"IL TESCHIO DEL MARCHESE DE SADE"/ "IL TESCHIO MALEDETTO" di Robert Bloch:

 Ho adorato Indiana Jones, è stato direi fondamentale per le mie scelte esistenziali (la qual cosa spiega come sia finita nello stato in cui sono), MA solo i primi tre film. Il quarto film è di una tale sconcertante bruttezza che dovrebbe essere gettato in pasto ai coccodrilli e rinchiuso nella segreta di un tempio maledetto per sempre.

 La storia infatti vede Indy, ormai sul viale del tramonto, imbarcarsi alla ricerca dei dodici teschi di cristallo, il cui segreto millenario nessuno era mai riuscito a svelare. Finisce in un modo così ridicolo che non vale neanche la pena spoilerarlo (ma non vedetelo).

 Questo topos del teschio maledetto, che è alla base del racconto "Il teschio del Marchese de Sade" di Robert Bloch, trae ispirazione dal fenomeno dei teschi di cristallo, apparso in Europa nell'800 in pieno revival esoterico-spiritista.

 Collezionisti e appassionati sostenevano, senza prova alcuna, che questi teschi fossero manufatti di origine precolombiana e che, ovviamente, possedessero poteri magici.

 Pare fossero falsi per ghiotti collezionisti di antichità misteriose e in odor di magia (o macabro), proprio come il protagonista del racconto di Bloch, un uomo che ci viene presentato intento a carezzare il suo ultimo acquisto: un libro con la copertina foderata in pelle umana (NB esistono).

 Mentre è lì, intento a capire se la pelle sia di un uomo o una donna, suonano alla porta e si presenta, trafelato e un filino terrorizzato il suo venditore di "antichità peculiari" di fiducia: Marco.

 Il buon Marco ha con sé un grosso involto all'interno del quale c'è lui: il teschio satanico del Marchese de Sade.

 Si dipana quindi un racconto tanto breve tanto inquietante, fatto di sogni, torture e delitti, forse un po' datato nella parte centrale, ma molto vivido in quella iniziale e nel finale.
 Eviterò di prendere decorazioni teschio per Halloween.

Purtroppo, sigh, pare introvabile se non in qualche racconta di una trentina di anni fa (se qualcuno sa altro, batta un colpo! Malvagissimo ovviamente).


"L'OSPITE DI DRACULA"/ "LA FIGLIA DI DRACULA" di Bram Stoker:

 Dopo aver letto questo breve racconto di Stoker, in realtà una dozzina di pagine che furono tagliate dalla stesura definitiva di "Dracula", mi sento di aver forse individuato un antenato del succitato genere Slasher.

 Il protagonista, lo stesso Jonathan Harker di "Dracula", che nel mio immaginario ha ormai la faccia di Keanu Reeves, decide di fare una gitarella nella notte di Valpurga, una sorta di Halloween primaverile (ora che lo so, c'è il serio rischio che colga l'occasione di festeggiare anche questa).

 Cos'è la notte di Valpurga? 

La cosiddetta "Notte delle streghe" in cui costesse si lanciano in danze sfrenate per adorare spiriti elementali, demoni e varie altre divinità di epoca precristiana ficcate per cristiano ufficio nell'inferno.

 In realtà, esattamente come la notte di Halloween, rappresentava una sorta di soglia da oltrepassare, quella specificatamente verso una primavera inoltrata che doveva essere feconda e propizia e racchiudeva in sé tutta una serie di riti precristiani connessi alla primavera.
 Il nome, curiosamente, è proprio un nome proprio di persona e per giunta di una santa inglese andata a evangelizzare i tedeschi: santa Valpurga.

 Oltre al nome tenerissimo, la santa, come molti santi cristiani, si fregia anche di una leggenda macabra: la sua tomba, pare, avrebbe trasudato per giorni un unguento con poteri taumaturgici (non voglio manco immaginare cosa fosse realmente).

 Ebbene, in questa notte tranquillissima, nel bel mezzo della Transilvania, già ospite di un sordido individuo di nome Dracula, il buon Harker decide di fare una scampagnata in un villaggio abbandonato e circondato da boschi infestati da lupi. Un villaggio dove si racconta che i morti dormano nelle loro bare, incorrotti e con un bel rivolo di sangue accanto alla bocca.


 Harker, che passeggia fin lì incurante dei moniti disperati della gente, (dovete immaginare il suo conducente che gli dice in tedesco "E' la notte di Valpurga! Sangue! Morte! Streghe! Vampiri!" e lui che, candidamente risponde, "Non capisco, cos'è Valpurga?") giunge infine nel famoso villaggio nota una strana scritta su un muro: "I morti corrono veloci" e un dubbio finalmente lo assale.
  Fortunatamente per lui la cavalleria arriva.

 Il film che ne è stato tratto non ha quasi niente a che vedere e prende probabilmente spunto dal fatto che, nel suo girovagare per il paesello infestato, Harker trova la tomba di una bellissima nobildonna.
Il racconto si trova, col testo originale a fronte e ad appena 6 euro, per la Leone editore.


"LA MOSCA"/"L'ESPERIMENTO DEL DOTTOR K"di George Langelaan:

 Traumatizzata da Nightmare, niente e nessuno è mai riuscito a convincermi a vedere "La mosca", celebre film di Cronenberg degli anni '80  in cui uno scienziato, per motivi che fino alla lettura di questo racconto mi erano ignoti, si trasforma in una mosca gigante.

 Ora che ho letto il bellissimo racconto, forse quasi più di fantascienza che d'orrore, penso vedrò il primo film, omonimo della novella, del 1958, più fedele allo scritto.

 La storia parte da un insolito omicidio: una donna uccide il marito, valente scienziato, con una gigantesca pressa, senza che voglia spiegarne il perché. Riconosciuta pazza, viene internata in un manicomio, ma il fratello della vittima è certo che dietro al gesto ci sia un mistero che la donna ha deciso di custodire gelosamente.

 La confessione, che avviene sotto forma di una lunga lettera lasciata dalla donna prima di suicidarsi, racconta una storia allucinante: lo scienziato, infatti, dopo anni di studi avrebbe sviluppato la tecnica del teletrasporto, tramite la smaterializzazione e ricomposizione degli atomi. 
 Una tecnica che, dopo vari esperimenti su cose e animaletti, egli avrebbe tentato anche su sé stesso.

 Peccato che nel fatidico momento della smaterializzazione, una mosca si fosse posata su di lui...

 Scritto benissimo, ha tutto quello che mi attendo da un racconto: ossia non brevi frame di vita quotidiana che dovrebbero oscuramente suggerirmi qualcosa sulla vita, ma un'idea potente e una resa efficace in poche folgoranti pagine.
 Da LEGGERE.
Purtroppo le edizioni più recenti sono di fine anni '80. Largo alla ricerca in biblioteca!


"PENNACCHIO"/"PASSIONI PURITANE" di Nathaniel Hawthorne:

 Entrambi i titoli (il primo è quello del racconto, il secondo del film) secondo me non rendono giustizia a una storia che inizia come un horror e finisce come satira sociale.

 La storia prende le mosse nel New England, dove una strega che nel mio immaginario era più da New Orleans (e che io ho immaginato come una robusta signora di colore pronta a scodellarmi focaccine d'avena, apple pie e pollo fritto) Mamma Rigby, decide di costruire uno spaventapasseri per il suo campo coltivato, già preda di corvi.

 Lo costruisce con zeppi, un sacco di farina e una bella zucca al posto della testa, poi lo veste di tutto punto, come un vero gentiluomo.

 La resa, a suo dire, è così bella che decide di dargli vita tramite i propri poteri magici, così, riempie una pipa col carbone del suo camino e la ficca nella bocca dello spaventapasseri, ordinandogli di inspirare e vivere.

 Recalcitrante, il pupazzo, che prenderà il nome di Pennacchio, obbedisce e inizia a muoversi. Deliziata, Mamma Rigby decide di incantarlo dandogli le sembianze di un avvenente nobiluomo europeo, ricchissimo e spavaldo.

 Non paga, con vero fare luciferino, gli ordina di conquistare la figlia di un magistrato con cui ha alcuni conti in sospeso. Fin qui, la storia viaggia sulla carreggiata dell'orrore.

 Poi, cambia completamente registro facendo dell'uomo dalla zucca vuota e nessun pregio, semplicemente rivestito da una patina di ricchezza e nobiltà, l'emblema del vuoto apparire di troppe persone che consideriamo potenti. E il finale viaggia sulla stessa metafora.

 Bello, piacevole. Personalmente avrei preferito che si scegliesse un solo registro, ma chi sono io in confronto ad Hawthorne?
 Il film che ne è stato tratto è del 1923 ed è muto e, devo dire, la trama si presta particolarmente per un'opera senza sonoro traendo molta sua forza nelle immagini, davvero vivide.

 Malgrado la produzione horror di Hawthorne e le varie raccolte, questo sembra purtroppo non essere contenuto in nessuna di recente stampa.
 In ogni caso mi rifarei comunque con gli altri! Io voglio trovare "La casa dei sette abbaini" (e vedere un film con uno spaventapasseri malvagio).

E voi ne avete letto qualcuno? Ne avete altri, simili, da suggerire? Scrivete!

3 commenti:

  1. Il primo film di Oliver Stone parla di una mano trapiantata su un MIcheal Caine (pittore, pianista? non ricordo) che ha vita propria.
    Mi sembra una versione de Le mani di Orlac.
    Tra l'altro nel romanzo Sotto il vulcano si parla spesso del film con Peter Lorre la cui locandina si vede spesso per il paese. se ricordo bene.
    Non ricordo ve ne sia traccia nel film.

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  2. Mi hai fatto tonare in mente "L'ospite del conte Dracula", l'ho letto diversi anni fa, avrebbe dovuto essere il primo capitolo del romanzo, poi qualcuno fece notare al buon Stoker che somigliava troppo all'incipit di "Carmilla", così rimase in un cassetto da cui fu tirato fuori solo dopo la morte dell'autore.
    Buoni terrori!

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  3. Indiana Jones non ha mai fatto un quarto film -_-

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