Prima di passare il fine settimana a fare cose fondamentalissime come gli assaggi per il pranzo di nozze e appuntamenti diffusi vari (vediamo il lato positivo: presto nuovo fumetto in arrivo), volevo riuscire a portare avanti parte delle recensioni in coda, soprattutto quella, molto pasciuta su "Le ferite originali" di Eleonora C. Caruso.
Purtroppo il tempo a mia disposizione, al solito, è very tiranno, quindi sono riuscita solo a finire decentemente questo piccole recensioni tra amici che mi trascinavo tra un po'.
Martedì spero di presentarvi la recensione lard lard.
Good lettura a tutt*!
TUTTA COLPA DI MIGUEL BOSE' di Sciltian Gastaldi ed. Fazi:
Ero una tenera giovinetta squattrinata quando scroccai per la prima volta e ultima volta un libro intero alla fu Melbooks di Roma.
Si trattava di "Generation of love" di Matteo B. Bianchi. Lo lessi lì in un pomeriggio, in piedi, appoggiata allo scaffale nel tentativo di non far sembrare che lo stessi leggendo proprio tutto tutto (so che non si fa, ma la povertà imperava), poi l'anno dopo lo comprai nella libreria del mio paese.
Era uno strano libro, piccolo eppure folgorante, non aveva (non ha, è ancora in commercio) nessuna particolare trama eppure era impossibile smettere di leggerlo.
Raccontava la breve infanzia e giovinezza di un ragazzo della provincia lombarda che si scopriva gay e aveva fondamentalmente una cotta monumentale per uno che non era mai riuscito a capire se fosse davvero bisessuale.
"Tutta colpa di Miguel Bosè" di Sciltian Gastaldi cerca con evidente ardore epigonico di entrare nello stesso filone, ma pur avendo dei momenti degni di nota, non riesce mai ad avere quel fuoco incantato del suo predecessore.
La storia racconta l'infanzia e la giovinezza di Evandro, figlio bisex (rarissimi i personaggi realmente bisex, come i quadrifogli) di un militare e di una mamma sex e vaporosa, provvisto di due fratelli maggiori, uno fascistissimo e una cattolicissima.
Il problema del libro, pieno zeppo di riferimenti anni '80 (come già dal titolo) è che alterna momenti di vita tragicomici, ad altri completamente esagerati, troppo esagerati, praticamente macchiettistici,
Certo, è possibile nascere in una famiglia dove ti danno un nome strano (lo stesso autore non ne è immune) e dove tutti vivono in qualche modo estreme passioni, ma bisogna saperle raccontare, altrimenti si precipita a tratti in una sorta di farsa che letteralmente toglie smalto al libro.
Un peccato perché comunque si legge in modo godibile (anche se io avrei sfoltito un bel po', soprattutto all'inizio va troppo lento per essere una ritmata commedia) e ci sono alcune scene particolarmente azzeccate.
Il momento in cui, bambino, implora il padre di andare in palestra a fare pugilato (e la sua parvenza di eterosessualità campa poi per anni su quei sei mesi di protovirilità) o quello in cui dirotta scientemente la gita di classe del liceo per andare al Cassero (il primo circolo arcigay italiano) a Bologna, sono fantastici.
Ed è un peccato si perdano in un pappardellamento spesso eccessivo o in scelte narrative un po' telefonate: la sorella cattolicissima che sforna un imprecisato numero di figli e diventa una fanatica senza che nessuno in famiglia dica niente, il fratello che si innamora di una ragazza di colore e lascia perdere il fascismo (bastasse quello, ne conosco di gente contro i migranti sposata con stranieri).
Lo consiglio a chi ha voglia di leggere qualcosa di leggero (resistete duramente per le prime 100 pagine, poi ingrana), a chi ha nostalgia degli anni '80, a chi ha voglia di una storia lgbtq che non finisca in tragedia.
NON E' TE CHE ASPETTAVO di Fabien Toulmè ed. Bao Publishing:
In libreria ultimamente c'è una grossa produzione di libri scritti da genitori sulla loro esperienza di vita con la disabilità di un figlio.
A parte alcuni luminosi casi, come "Se ti abbraccio non aver paura" di Ervas (non per nulla scritto da uno scrittore di professione sulla base di un'esperienza non sua) o "Pulce non c'è" di Gaia Rayneri , le storie sono ricche di una grandissima umanità, ma non hanno un grande livello letterario (anche perché, in verità, la maggior parte, non aspira neanche ad averlo).
Generalmente non amo molto questo genere di testi perché ne capisco la necessità e le motivazioni, ma mi sembra, devo dire, di essere sempre un'intrusa, come quando qualcuno che conosci molto poco decide di raccontarti un qualcosa di sé straordinariamente intimo a bruciapelo (mi riferisco, non alla disabilità propria o dei propri congiunti, ma alle sensazioni altalenanti interiori).
I buoni testi autobiografici però sono buoni per un motivo ossia riescono a scavallare questa sensazione d'intrusione.
Ti accolgono nel loro mondo e ti fanno sentire un amico che non spia, ma segue, rispettosamente, le vite degli altri.
A lavoro ultimamente è arrivato "Non è te che aspettavo", un memoir di Fabien Toulmè, un giovane ingegnere francese, sposato con una ragazza brasiliana con la quale prima dei trent'anni aveva già due figlie, di cui la seconda nata con la sindrome di down.
Quando si parla di disabilità l'editoria è molto netta: o siamo dalle parti dell'agiografia estrema (il Signore mi ha benedetto con questo figlio) o dalle parti della tristezza estrema ( "Zigulì" era un libro molto sincero, ma davvero molto molto forte).
Da una parte è comprensibile, dall'altra mi sono sempre chiesta quanto l'editoria giocasse un ruolo in questo scegliendo di pubblicare solo storie che raccontassero le due sponde estreme.
"Non è te che aspettavo" è invece, forse grazie anche alla libertà data ancora dai fumetti rispetto alla narrativa, una storia molto più agrodolce, con momenti terribilmente agri, e momenti molto sinceramente dolci.
La storia comincia senza mezzi termini: Toulmè ha il vero terrore che il suo secondo bebè nasca con la sindrome di down, specificatamente, tra l'altro, quella.
La moglie si sottopone a una quantità di analisi infinita (curiosamente non quella apposita per acclarare la sindrome) e tutto sembra regolarissimo.
Poi la bambina nasce e Toulmè vede la sua ossessione diventare realtà.
Per i primi lunghi mesi non accetta la bambina, non vuole neanche cambiarla, piange sempre e anche sua moglie, sebbene in modo minore, non sembra averla presa benissimo.
L'unica assolutamente felice è la prima figlia, Louise, fuori di sé dalla gioia per la nascita della sorellina.
La storia in verità diventa interessante perché non si concentra sulla bambina (io trovo sempre inquietante quando i genitori parlano per interposta persona dei propri figli), ma su quello che Toulmè si trova ad affrontare: da una vita regolare e tranquilla, passa a una vita in cui è necessario vedere specialisti, andare di frequente in ospedale (la bambina ha un problema al cuore) e cercare di cambiare, completamente, forma mentis.
Se ne accorge quando vede le altre famiglie e piange sul quello che lui ritiene il suo triste destino, quando soffoca tutte le sere le lacrime nel letto e quando si accorge, con la figlioletta in ospedale per l'operazione, di pensare la cosa più brutta.
E' un libro molto molto sincero, in certi momenti brutale, eppure sempre leggero, quasi allegro paradossalmente.
Non c'è l'agiografia né lo sconforto, e non c'è neanche la vita della figlia (io riprovo moltissimo i genitori che mettono in piazza la vita dei propri figli minori, è la LORO storia quella, non la TUA), c'è solo lui con le sue paure, i suoi terrori per il presente e il futuro, ma anche il suo coraggio e la voglia, la pretesa di continuare a essere felice.
Toulmè si trasferisce in un bel posto (non è poi sempre vero che se sei triste dentro ogni luogo dove vivere è uguale) e ci mette un po' per capire che precipitare in una nuova non calcolata vita può essere difficilissimo all'inizio, ma solo perché è nuova, non perché peggiore.
Delicato, lo consiglio a tutti e in particolar modo ai papà.
Ps. Leggevo che casualmente oggi è la giornata mondiale della sindrome di down. What coincidenza!
IL MARITO DI MIO FRATELLO II di Gengoroh Tagame ed. Panini:
Non è una recensione, ma una segnalazione d'uscita visto che so che molti hanno letto la prima parte dopo il precedente post.
Ebbene, se siete curiosi di sapere come va a finire la visita di Mike in Giappone dal gemello del suo defunto consorte, avrete le vostre risposte. Preparate fazzolettame vario.
Grazie per la rece al fumetto di Toulmè. L'avevo già adocchiato, prima sui cataloghi e poi in libreria, e mi ispirava un sacco, ma ero comunque un po' titubante (per i difetti che anche tu elenchi riguardo a certa "narrativa della disabilità").
RispondiEliminaMi sa che, appena possibile, me lo procuro :)