domenica 20 dicembre 2020

I consigli regalo per i libri del Natale 2020! Parte II! Neve, amori proibiti, libri censurati, Maradona, capelli rossi, Groenlandia, Francia e Napoli.

 Ed ecco, come vuole tradizione, la mia seconda tranche di consigli natalizi quasi in extremis (almeno quest'anno ho la scusa del trasferimento però).

 Quest'anno, molto più degli scorsi anni, ho regalato praticamente solo libri e fatto qualche altro dono ad hoc equo e solidale e quest'anno, più degli altri anni, mi viene da fare la persona inopportuna e insistere perché sia questo l'andazzo generale.

  I tempi sono oscuri, ma possiamo renderli migliori anche con una mirata resistenza economica e un consumo critico.

 Quindi prima di passare ai bei consigli, termino il mio pippone invitandovi a comprare i libri (in sicurezza) nelle librerie fisiche e, se questo non fosse possibile, a usare Bookdealer o Libri da Asporto (NO, non mi pakano per dirvelo!?!).

Poi, ovviamente, vale sempre che ognuno fa quel che vuole, ma insomma Bezos ha sicuramente meno bisogno dei vostri soldi delle librerie fisice, indie o di catena.

 E ora, buoni consigli a voi!


"AUTOBIOGRAFIA DELLA NEVE" di Daniele Zovi ed. Utet:


 Col bianco tuo candor, neve, sai dar la gioia ad ogni cuor.

 Bambin* di tutta Italia cantano da decenni questa canzone ostentando sicurezza anche se magari vedono la neve una volta ogni 5 anni o, peggio, non la vedono praticamente mai.

 Eppure i sogni natalizi sono colmi di valli innevate, abeti carichi di ghiaccio, laghetti sui quali pattinari e pupazzi di neve. 

 Ora, probabilmente prima del riscaldamento climatico, era un fenomeno atmosferico più frequento, ma adesso la neve ha i mitici contorni di qualcosa di ormai scomparso, dei bei tempi che furono, il sogno lontano di un’epoca migliore. 

 Un po’ tutte le caratteristiche che ha l’infanzia agli occhi degli adulti.

 Un bel regalo per questo Natale può essere questa “Autobiografia delle neve” di Daniele Zovi, ex forestale con la passione (direi non insolita per un forestale) per gli alberi e la boschività. 

Un racconto personale da seguire come orme sulla neve, di ricordo in montagna, di aneddoto in dato scientifico.

 Molto molto natalizio.


"LOVING" a cura di H. Nini, N. Treadwell, Paolo Maria Noseda e Francesca Alfano Miglietti, 5 Continents Edition:


 
Come si può non consigliare questo tenero, fantastico volume fotografico frutto del ventennale lavoro di due coniugi texani
che per caso trovarono la vecchia foto in bianco e nero di due uomini innamorati. 

 Se si pensa non tanto all’iconografia gay, ma quanto all’immagine di coppie di uomini e donne innamorat*, ci si rende conto che salgono alla memoria solo immagini moderne. 

 E’ vero che l’affetto omosessuale si mostra (e ancora tra mille difficoltà e pregiudizi, chiedetevi quante coppie gay vedete non dico baciarsi, ma tenersi per mano in pubblico) pubblicamente solo da pochi anni, ma in effetti, è davvero possibile che nessuna coppia gay abbia pensato a farsi una foto insieme prima del 1980?

 Improbabile. E questo libro lo dimostra raccogliendo foto di coppie omosessuali scattate tra il 1850 e il 1950. 

 Un libro tenero, appassionato e direi involontariamente militante perché tra i più grandi limiti ancora vigenti per una coppia omosessuale, uno dei più frustranti è di certo il non potersi dare un bacio, una breve carezza in pubblico, camminare sotto braccio o prendersi per mano.

 Tutti gesti che per una coppia eterosessuale sono scontati e vissuti dagli altri con tenerezza e dolcezza, quasi partecipazione, ma che diventano quasi pericolosi quando a compierli è una coppia gay. 

 Più affetto in questo mondo, miei cari, e regalate “Loving” a destra e a manca.

 

"LA BIBBIA AL ROGO" di Gigliola Fragnito ed. Il Mulino:


Una cosa di cui mi capacito sempre molto poco è la mancanza di comparazione tra l’epoca dell’invenzione della stampa e l’avvento di internet. 

I turbamenti, le problematiche, le fake news, il concetto di autorità, le interpretazioni personali, i complotti, presentano davvero un grande di affinità rilevante e del resto la matrice è comune: un cambiamento epocale della modalità di trasmissione dell’informazione.

 Questo saggio di Gigliola Fragnito può forse aiutare a capire il concetto partendo dalla domanda: perché la religione cattolica proibisce, al contrario del mondo protestane, la lettura personale delle sacre scritture? Quale scissione si creò realmente durante il periodo della riforma e della controriforma e che ruolo ebbe la stampa in questo senso?

 Per chi vuole capire i problemi attuali, partendo dal passato.

 

THERESE E ISABELLE di Violette Leduc, ed. Neri Pozza.:


Tra i classici che potete regalare al classico lettore che non legge libri il cui autore non sia morto da un numero accettabile di anni (è una fissa di un personaggio di "Norwegian wood" di Murakami, ma ho poi conosciuto persone che ragionano DAVVERO così), ecco la chicca: "Therese e Isabelle".

 Libro prima respinto, poi pubblicato censuratissimo in quel degli anni ’60 in francia da Violette Leduc, amica di Simone de Beauvoir, vede finalmente, all’alba del 2020, la sua pubblicazione estesa.

 Quale immane scandalo racconta? La storia, altamente erotica (ma incredibilmente poetica) tra due ragazze adolescenti all’interno di un collegio.

 Direi che era anche ora che qualcuno lo desse alle stampe. 

 

"LEGGENDE GROENLANDESI" Iperborea ed.:


Capita sempre di dover fare un fatale regalo a qualcuno che "non si conosce bene"

 Dico subito che se vi orientate a donare libri almeno dovreste avere la certezza che sia un lettore (o conoscere una sua passione x che vi orienti su un libro specifico). Se avete appurato questo piccolo particolare, visto che scegliere un libro non è mai semplice, vi consiglio una delle raccolte di leggende o fiabe nordiche della Iperborea.

 Le fiabe non rispondono alle regole standard della letteratura: parlano di fantasia e non di stile e, appunto, se non conoscete bene l'interlocutore, rimane la scelta migliore.

 Quest'anno sono tra noi le leggende groenlandesi. Della Groenlandia si sa poco e niente, indicativamente che ci abitano gli inuit e che ci sono gli igloo, forse qualcuno sa che sono un protettorato danese, ma poi il niente.

 Queste leggende restituiscono un immaginario per noi incredibile e meraviglioso, selvaggio e inusuale, lontantissimo eppure in qualche modo intuito.

 Farete un'ottima e raffinata figura e potrete sempre farvelo poi prestare (così magari avrete anche una scusa per conoscere meglio l'altra persona, insomma, il Covid prima o poi finirà).


"BREVE STORIA DEI CAPELLI ROSSI" di Giorgio Podestà, Graphe edizioni:

Questo piccolo, grazioso saggio, è il regalo del Natale per tutti i rossi che conoscete. 

 Io sono provvista di madre e gemella di madre rosso peldicarota e ho letto con gusto questo grazioso libercolo pieno di aneddoti su questa variabile genetica che molte gatte ha dato da pelare ai suoi possessori nel corso della storia.

 Simbolo di bellezza, ma anche di stregoneria e di supposta malvagità (quante lacrime sono state versate dai liceali sul povero rosso malpelo, condannato a morire in miniera solo per aver osato nascere rosso in Sicilia).

 Un’idea originale che risolverà tutti i vostri contatti color tiziano.

 

"NAPOLI" a cura di LAN, Benoit Jallon e Umberto Napolitano, ed. Quodlibet e "Maradona. 101 pillole di saggezza", Alcatraz edizioni:

 Per ragioni anagrafiche non posso esimermi, come ogni anno, dai consigli mirati su Napoli.


  Anni di parenti partenopei mi hanno insegnato che non bisogna farsi trovare impreparati sul tema e così ho due consigli: uno più intellettuale e uno nazionalpopolare.

 Per l’intellettuale non si può non consigliare “Napoli. Super modern” che racconta Napoli attraverso la sua architettura a cavallo tra gli anni ’30 e gli anni ’60.

 Lo inserirei a titolo nel classico “Mi consiglia un BEL regalo?” che ci veniva chiesto in libreria a totale caso per far bella figura con qualcuno. Farete una bella figura e sarete anche originali (e con questa chiusa, posso candidarmi a scrivere articoli per “Vanity Fair”).

Il consiglio nazionalpopolare, invece, non può non coinvolgere Maradona.

 Avendo un padre napoletano so di riflesso cosa questo sportivo abbia significato per Napoli. 

 Come ho scritto su fb, mi ricordo benissimo mio padre che nel 1990, carica me, mia madre e mia sorella in macchina per strombazzare in giro per lo scudetto del Napoli. Solo che eravamo a Bracciano (Roma) ed eravamo gli unici. Ma la gioia era tale che valeva un momento da film alla Kusturiza.


Se permane un livello di adorazione che sfora nella venerazione non dipende certo solo dal calcio, ma da quello che Maradona ha saputo dare,
in senso lato, ai napoletani: un riscatto. 

 Una città povera, bistrattata dal ricco nord (che sta uscendo solo in questi anni da quel certo razzismo verso il meridione), posta in condizione di minorità e persa tra mille difficoltà, ha avuto il regalo di essere prima, di trionfare quando non avrebbe mai pensato. 

 Maradona ha letteralmente regalato un sogno e se non merita venerazione questo, non so cosa possa farlo.

 Si potrebbero consigliare millemila libri sul Pibe de Oro, ma ho scelto le 101 pillole di saggezza edite da Alcatraz edizioni perché è secondo me il libro più adatto a tanti tifosi, magari poco avvezzi alla lettura e che però vogliono conservare alcune parole del loro idolo. 101 aforismi che svelano l’affinità incredibile che lo legava a Napoli.

 E voi che libri regalerete a Natale?

lunedì 14 dicembre 2020

I consigli di Natale 2020! Parte I! Downton Abbey, anni incerti, raccolte di gialli, Lovelace e Babbage, Vienna e Paolina Leopardi.

Causa trasferimento ormai prossimo venturo (io vi dico, se volete augurare qualcosa di male ad un vostro nemico, vi consiglio di raccomandargli un trasferimento tra regioni durante una pandemia), in questo periodo ho poco tempo per dedicarmi alla mia attività favorita: i libri.

 Non temete, presto ne avrò anche troppo di tempo libero, quindi potrei tornare ai fasti dei 3-4 post a settimana! 

 Ma bando alle ciance, voi siete qui non per i miei lamenti, ma per i consigli natalizi!

 Credevo di non avere molto da consigliare e invece i libri, grazie al cielo, non finiscono mai e sono qui con la mia prima tranche del 2020.

 Il mio consiglio aggiuntivo, se ovviamente potete farlo in sicurezza, è di andare direttamente in libreria a procacciare il vostro tomo o di avvalervi di due novità: Bookdealer e Libri da Asporto.

 Forza, che quest'anno bisogna resistere in tutti i modi, anche coi regali!


"GLI ANNI INCERTI" di Emiliano Incerti ed. Effequ:

Non lasciatevi ingannare dalla copertina (non me ne vogliano i grafici, ma certe volte mi chiedo: perché?), quel coniglio indaco non esprime il potenziale di questo bel romanzo in cui due lui e una lei (in un ordine amoroso molto sparso e molto misto) attraversano un'infanzia e una giovinezza letteralmente mano nella mano, uniti contro il mondo.

 Tutto inizia quando sono neonati. Gerry nasce a NY, figlio di una figlia dei fiori italiana che cerca la libertà in America tra acidi, woodstock e amore libero; Giulia ad Assisi figlia di due genitori attempati, (con picchi di religiosità) e Guido invece a Livorno, terzo figlio maschio di una giovanissima coppia decisamente proletaria.

 I tre si ritrovano, bambini, nella stessa scuola elementare livornese è inizia per loro un'amicizia appassionata che non si affievolirà mai negli anni. 

 Amore e amicizia scolorano più di una volta qui e lì, in fidanzamenti, notti appassionate, allontanamenti, viaggi e pericoli e devo dire che Emiliano Dominici riesce in diversi voli piuttosto pericolosi. 

 Innanzitutto regge benissimo una storia, tutto sommato, abbastanza lunga (368 pag), senza mai annoiare, senza dare l'impressione di aver perso tempo in meandri poco interessanti o di aver intrapreso strade poco convincenti. Inoltre, rende credibile quella che è un'ossessione di molti scrittori: il rapporto a tre.

 La coppia è un qualcosa di sviscerato in lungo e largo, quando si tenta però di approcciare il mondo delle relazioni a tre si finisce spesso in regioni esplorate malissimo

 Si dà sempre l'idea che il fattore sessuale sia preponderante o che, fatalmente, uno dei tre sia l'anello debole della catena, oppure che la catena si fondi su una serie di amori non corrisposti che stanno insieme finché qualcosa non la tende fino a distruggerla.

 Dominici riesce invece a raccontare una relazione tra tre persone come se fosse esattamente quel che è: una relazione. Senza pruderie, ma piena d'amore, di stato di necessità reciproca, di storia comune, di comunione. E' il bel romanzo che vi consiglio per questo natale: fresco, scorrevole, interessante.

Bravò.


"DOWNTON ABBEY. Il ricettario ufficiale di Natale" ed. Panini e "AFTERNOON TEA" di Marina Minelli:

Quest'anno, vai a capire perché, una delle poche cose che riescono a rilassarmi è la passione per i reali (e incomprensibilmente per i gioielli, ora so riconoscere un diamante taglio cuscino) quindi non potevo esimermi da un doppio consiglio a tema aristocrazia inglese.

 Il primo, "Downton Abbey. Il ricettario ufficiale di natale", mi sembra assolutamente adatto a questa annata, nella quale il tempo in casa sovrabbonda e c'è tutto il tempo per dedicarsi a elaboratissimi manicaretti in salsa dickensiana. Arrosti, salse, biscotti e pudding per ricreare (fosse mai che ci riusciamo) una calda e scintillante atmosfera natalizia.

 "Afternoon Tea" di Marina Minelli (lei è una delle mie scoperte della quarantena, una royalwatcher che non fa gossip e racconta un sacco di aneddoti storici interessantissimi) racconta invece la nascita del rito per eccellenza: quello del tè pomeridiano inglese. 

 Chicche storiche, allestimenti e ricette in questo libro autoprodotto (credo sia il primo libro autoprodotto che consiglio) per parenti e amici appassionati di vere facezie britanniche.


AA. VV. "IL GRANDE LIBRO DEI GIALLI NATALE" ed. Mondadori:

 Questa raccolta è una vera, debordante, sorpresa. 

 Al contrario delle solite antologie che ripropongono, per carità in modo meritorio, ma un po' stantio, sempre gli stessi racconti classici, qui c'è stato un grande lavoro di cura e selezione. 

 Il libro si divide in sezioni "Un piccolo natale pulp", "Un piccolo natale classico", "Un piccolo natale spaventoso" ecc. e propone racconti gialli non solo classici, ma anche contemporanei, in una carrellata davvero gustosa.

 Secondo me è la chicca del Natale sotto l'albero per tutti coloro che amano i gialli. Anche il prezzo (25 euro) è davvero proporzionato al contenuto. 

Certo, è un po' cicciotto, ma sotto l'albero e in libreria farà la sua norcina figura.


"VITA E LETTERATURA DI PAOLINA LEOPARDI" di Elisabetta Benucci ed. Le Lettere:


Forse non tutti sanno che Leopardi aveva una sorella.
 

 Io ne ricordavo l'esistenza perché, in effetti, alle superiori, la mia professoressa aveva speso qualche parola per questa donna dall'intelligenza vivissima, costretta da due genitori oppressivi a vivere una vita da semireclusa, avvolta in vesti nere e mortificanti, fino alla loro morte (abbastanza tardiva). 

 Brillante, ma bruttina, vide tutte le numerose trattative matrimoniali nei suoi confronti infrangersi su qualche scoglio. Di un papabile marito s'innamorò, ma lui le preferì una vedova avvenente, con altri le cose non andarono in porto per ragioni varie ed eventuali e così si ritrovò sola tra le mura familiari, impossibilitata a vivere una vita sua (il fratello almeno aveva potuto scappare a gambe levate appena aveva potuto). 

 Fu solo verso un'età abbastanza avanzata che poté vivere la vita che desiderava, viaggiando per l'Italia, correndo incontro alla vita che i suoi genitori le avevano precluso. 

 Una biografia per conoscere questo personaggio particolarissimo e ingiustamente dimenticato.


"UN INVERNO A VIENNA" di Petra Hartlieb ed. Lindau:

 Delizioso romanzo, primo di una tetralogia dedicata alle stagioni (gli altri non sono ancora stati tradotti, ve lo dico perché ora io trepido per vederli), con uno spirito natalizio che più natalizio non si può.

Ambientato in una Vienna al tramonto dell'impero, ancora lontana dagli orrori nazisti (ma qui e lì le crepe iniziano a notarsi), vede protagonista una giovanissima bambinaia di provincia che riesce fortunosamente a farsi assumere dal drammaturgo Arthur Schinztler per badare ai suoi due figli.

 Il racconto procede in modo quasi fiabesco, ovattato come la molta neve che cade nel corso della storia, ma è un vero incanto natalizio, con tutti i crismi: la storia d'amore, una splendida libreria, i sogni e le paure di una ragazza il cui destino dipende dalla benevolenza dei padroni e una Vienna meravigliosa come sfondo.


"LE MIRABOLANTI AVVENTURE DI LOVELACE E BABBAGE" di Sydney Padua ed. Mondadori:

 Sapevo dell'esistenza di questo fumetto da almeno una decina di anni, quando lo scovai durante la mia tesi sul cyberfemminismo. Finalmente hanno tradotto anche in Italia le avventure steampunk di Ada Lovelace e Charles Babbage. 

 Insieme i due posero le basi dell'informatica, Babbage creando la prima macchina differenziale e Lovelace, matematica, (figlia di una matematica e di Lord Byron), il primo sistema di programmazione.

 In questo fumetto avventure fantascientifiche si mescolano ad aneddoti e curiosità storiche, in un mix delizioso per amanti dell'epoca vittoriana, del genere steampunk, della fantascienza e delle storie rocambolesche.

 (Adatto anche a nipotin* avventuros* e dall'animo scientifico).

domenica 6 dicembre 2020

Una piccola recensione tra amici! "Acqua buia" di Lansdale, una piccola "Odissea" nel sud degli Stati Uniti.

Erano anni che mi dicevano “Devi leggere per forza qualcosa di Lansdale!” e anni, che, ovviamente, non lo facevo (sono pessima nell’accettare consigli libreschi se per qualche motivo oscuro non mi sento convinta). 

Alla fine, bramosa di un titolo “alla Stranger Things”, ho ceduto a mia sorella che spergiurava questo libro fosse perfetto. 

 Il libro, lo dico subito, è bello, ma non ho visto atmosfere simili a “Stranger things”, probabilmente, credo, perché la storia è ambientata durante la grande depressione, quindi la mancanza di luci al neon e immaginario ormai più fantastico che nostalgico del periodo, si sente molto.

Detto ciò, il libro fila via benissimo.

 Siamo in uno di quegli stati del sud degli Stati Uniti che ogni volta che leggi un libro ambientato da quelle parti ringrazi il cielo di essere nata in Europa. Povertà, machismo e razzismo, con una spruzzata di alcolismo, tutto all’ennesima potenza.

 La storia inizia con un cadavere che viene a galla in un fiume. 

 La bella May Lynn, uno di quei tragici fiori di profonda provincia, bellissimi e con grandi sogni, ma con famiglie disastrate, viene a galla nel fiume Sabine con indosso il suo unico vestito, tagliato dalla defunta madre direttamente dalle tende di casa.

 A rinvenirla è la sedicenne (anche se è più semplice immaginarla come una tredicenne devo dire) Sue Ellen assieme a suo padre, a suo zio (due tizi ovviamente alcolizzati e violenti) e il suo migliore amico, il bellissimo e probabilmente omosessuale, Terry Thomas. Gli adulti vorrebbero ributtare il cadavere in acqua e addio, ma Terry si rifiuta e così si chiama la polizia.

 Ma Terry non è pago della soluzione. Sa che il colpevole non verrà mai trovato, così propone di portare le ceneri di May Lynn lì dove lei voleva andare: a Hollywood. Ci sono però vari problemi: devono trovare il modo di cremarla, scappare dalle famiglie e raggiungere la città senza un soldo. A meno che, il fratello defunto di May Lynn, ex rapinatore, non abbia nascosto un gruzzolo che tutti cercano e che potrebbe risolvere tutti i loro problemi.

 Sue Ellen, che inizia ad avere problemi di abusi col padre, decide di assecondare Terry e coinvolgono anche la loro amica Jinx, atea, di colore, con la lingua pungente, perseguitata per tutte queste cose insieme.

 Il libro è scritto ovviamente benissimo, l’ho ingoiato in davvero poco tempo, ma si svolge quasi tutto sul fiume senza mai arrivare al compimento del viaggio.

 Sue Ellen, i suoi amici, e persino sua madre che decide di tornare lì dove era stata giovane e felice neanche troppi anni prima, compiono alcune tappe infernali, sempre perseguitati e ricattati dalle varie persone lungo il fiume, talvolta aiutati, e molto inseguiti da una strana creatura mitologica: un ex schiavo dalla forza sovraumana e l’invincibile malvagità.

 L'idea di base di Lansdale, credo, fosse quella di una sorta di "Odissea" con tanto di mostri, aiutanti, isole di Calipso, lotofagi, annessi e connessi, anche se in tal senso si interrompe un po' troppo presto, quando il viaggio è, diciamo, appena a metà.

 Il libro è volutamente in tono ironico, cosa che, se ho ben capito, è la cifra di Lansdale, ma il tono ironico non giova particolarmente alle atmosfere inquietanti se non in dosi molto molto calibrate, altrimenti è difficile prendere sul serio mostri boschivi e mostri umani generati dall’ignoranza.

Forse mi aspettavo troppo (ultimamente mi aspetto cose enormi dai libri che puntualmente vengono disattese, forse è più colpa mia che loro). Ritenterò sicuramente a breve e di sicuro sarò più fortunata.

giovedì 3 dicembre 2020

La sorelle Mitford. Storia di sei sorelle che si gettarono a capofitto nella vita e nel mondo tra guerre, ideologie, letteratura ed estremismi.

 Trovo ci sia un certo filo comune nella vita degli autori e personaggi che hanno vissuto la loro infanzia e giovinezza in condizione di particolare isolamento familiare.

Tendenzialmente sono sospesi tra due estremi affascinanti: non avendo avuto un forte condizionamento all’omologazione coi propri coetanei diventano persone particolarmente originali, ma rischiano anche di liminare verso un certo estremismo personale.

 Probabilmente ci saranno svariati studi scientifici in merito, ma non essendo una psicologa, mi attengo alle prove letterarie.

Le sorelle Mitford, da questo punto di vista, sono molto interessanti.

 In Italia non sono molto conosciute, ma in Inghilterra sono personaggi così impressi nell’immaginario collettivo da essere diventate anche le protagoniste di una serie di romanzi storici by Jessica Fellowes, editi da noi da Neri Pozza. 

 E sempre Neri Pozza ha edito in Italia una bellissima, coinvolgente, lunga (eppure troppo breve) biografia: “Le sorelle Mitford” di Mary S. Lowell, il cui unico difetto è una certa piaggeria cerimoniosa.

Si trattava di sei sorelle (e un fratello, l’indispensabile maschio senza il quale titolo ed eredità finiscono al primo parente maschio, pure se di vertordicesimo grado come si vede bene in “Downton Abbey”), figlie del David Freeman-Mitford, barone Redesdale e di sua moglie Sidney.

 A parte il figlio maschio, che ebbe un cursus honorum di studi abbastanza normale, (prima di morire in guerra nonostante vaghe simpatie naziste), le sei sorelle furono cresciute in casa, con rapporti abbastanza limitati con l’esterno e la convinzione della madre che il corpo fosse in grado di guarire da solo (quindi anche con pochi medici in giro e solo in casi estremi, tipo l’appendicite).

 Se sia stata questa infanzia tutto sommato molto tranquilla, ma anche molto isolata, a scatenare l’immaginazione di queste sei ragazze molto intelligenti, è un dubbio che sorge spontaneo in relazione, soprattutto ad alcune di loro.

 La maggiore, Nancy Miford, era la classica ragazza brillante e arguta che, una volta debuttato in società ci sguazzò dentro con insolito fervore. Si innamorò delle persone sbagliate (per orientamento sessuale o per poca corresponsione), sposò un uomo abbastanza sbagliato perché si stava avvicinando ai trenta e troppi treni erano già passati invano, e scrisse alcuni famosi libri, piuttosto arguti, sul dorato mondo della nobiltà inglese.

Il più famoso rimane “L’amore in un clima freddo” che racconta le vicende di Fanny che assiste al disfacimento della ricca famiglia Montdore. Lady e Lord Montdore, dopo molti anni di matrimonio, riescono ad avere una sola adorata figlia, Polly, e la crescono viziatissima tra gli agi riponendo in lei grandi speranze (matrimoniali). Tuttavia, pur essendo molto bella, la ragazza risulterà poco attraente ai suoi coetanei gettando sua madre nella disperazione: se non si sposerà, a cosa sarà servito tutto ciò che hanno fatto per lei?

 Le cose precipitano quando Polly, con un abile colpo di scena, decide di sposare un suo zio acquisito, da poco vedovo e abbastanza attempato. I suoi genitori la diseredano e sono costretti a cercare il primo parente maschio disponibile per addossargli tutta la loro fortuna, ma anche le loro morbose attenzioni.

 Il libro sembra, da un certo punto di vista, rispecchiare pienamente quanto si racconta di Nancy Mitford: è brillante, arguto, spiritoso, sa cogliere le evidenti contraddizioni e follie di un sistema che si basa su matrimoni e figli, figli e matrimoni. 

Tuttavia a me non è piaciuto particolarmente: mi sembra manchi la giusta profondità che dia un senso al tutto. 

Ha le vesti di una sorta di satira che però non affonda davvero il coltello nella piaga. Del resto Nancy nel belmondo rimase tutta la vita, rimanendo fedele in qualche modo alla sé stessa che era stata da giovane, nel bene, ma anche nel male.

 L’ho trovato freddo, proprio come il titolo e il finale è, a mio parere, abbastanza agghiacciante.

 Non fu però l’unica sorella scrittrice. Altre si tentarono e quella che lo fece con maggior successo fu Jessica, detta Decca, la sorella comunista, autrice di un’autobiografia (a cui purtroppo ha dedicato un solo volume che si interrompe troppo presto), “Figlie e ribelli”, in cui racconta la sua infanzia e la sua prima giovinezza.

 E’ da lei che  la Lowell pesca a piene mani per raccontare il tedio dell’isolamento al quale le sorelle erano costrette, ingegnandosi con continui giochi tra di loro. Jessica cercò di convincere la madre a mandarla a scuola, ma ci riuscì solo per brevissimo tempo e venne ritirata quasi subito, dopo un innocuo gioco tra bambini.

Passò quasi tutto il suo tempo a desiderare il mondo esterno, tanto che, ragazzina, aprì in banca il conto “Fuga da casa”, sul quale riversò i soldi di varie paghette e regali per anni. Giovanissima, si appassionò al socialismo e venne a sapere che un altro suo lontano parente, il giovane Edmond Romilly, nipote di Churchill, era un fervente comunista. Riuscì a incontrarlo, fortunosamente, solo anni dopo, quando, dopo aver debuttato in società, si ritrovarono allo stesso tavolo.

 Bastò una cena e pochi mesi dopo, con uno stratagemma, riuscirono a raggiungere la guerra civile spagnola. Fu addirittura mandato un cacciatorpediniere a recuperarla, ma non ci fu modo di dissuaderla. Tutto ciò che ottennero fu che si trasferissero a Parigi, dove si sposarono e vissero per qualche tempo in condizioni di relativa povertà.

 La sua è una vita avventurosissima. Dopo poco decisero di raggiungere gli Stati Uniti, dove svolsero i lavori più disparati, sempre in un crescendo di incoscienza giovanile, fedeltà agli ideali e genuina voglia di divertirsi e prendersi DAVVERO gioco del sistema.

 Se Romilly morì giovane in guerra, lei ebbe ancora molti e molti anni che passò tra battaglie per i diritti civili, figli, matrimoni, inchieste sul lucro nel sistema funerario americano (libro che la rese famosissima e che mi piacerebbe leggere), comunismo e molto altro. Il suo libro è un vero gioiello (purtroppo, come dicevo, si interrompe troppo presto).

 Mettendo a confronto i due libri, a mio parere, è lampante la differenza di intenti e personalità tra le due sorelle.

 Delle altre, due furono un po’ meno straordinarie:

 Pamela si dedicò alla campagna, si sposò, divorziò ed ebbe una lunga relazione con una donna, la cavallerizza italiana Giuditta Tommasi (che è stranamente omessa nella biografia, dove, a quanto sembra, va bene parlare di nazismo, ma non di lesbismo, che insomma sappiamo sempre che è meglio fingere che le lesbiche non esistano).

 La più giovane, Deborah, divenne duchessa dopo che suo marito, a seguito della morte del fratello maggiore in guerra, ereditò titolo e magione alla Downton Abbey.

 Ultime, ma non certo per importanza, vengono Diana e soprattutto Unity, le sorelle naziste.

 Diana era ritenuta, per l’epoca, di straordinaria bellezza e fece, giovanissima, un ottimo matrimonio con l’erede Guinness, a cui diede due figli. Pochi anni dopo però, si innamorò di Oswald Mosley, un politico britannico che, parabolò da idee conservatrici a idee fasciste, fondando quello che fu il partito fascista britannico.

 La sua storia è molto interessante per comprendere la fascinazione che parte della nobiltà inglese ebbe, tutto sommato, nei confronti del nazifascismo. Non solo Edoardo VII, il re che aveva abdicato (e forse pensava di tornare sul trono grazie a Hitler), ma se ne parla anche in “Quel che resta del giorno”, in cui il duca mostra simpatie naziste davanti alle quali lo sconcertato e fedele maggiordomo non sa come comportarsi.

 Prima dell’eroica resistenza inglese agli attacchi nazisti, ci fu anche la tentazione di un’alleanza o di una non belligeranza coi tedeschi, e la storia di Diana e di quello che divenne il suo secondo marito è davvero interessante in questo senso.

 Ma ancor più interessante è la figura di Unity, il vero personaggio da tragedia greca (o farsa suprema) della schiera di sorelle. I genitori, che la concepirono inquietantemente a Swastika, le appiopparono anche un nome improbabile, Unity Valkirye, che non promise bene sul resto della sua esistenza.

Unity Mitford

 Da ragazza sembra fosse brillante, spiritosa e originale, e scoprì. grazie a Diana e al marito le idee fasciste della quale divenne fervente sostenitrice. Convinse i suoi a inviarla, per il suo anno all’estero, non a Parigi come tutte le altre sorelle, ma a Berlino e lì, non appena ebbe imparato il tedesco, iniziò una minuziosa opera di avvicinamento a Hitler.

Pedinandolo in uno dei suoi ristoranti favoriti, riuscì a farsi rivolgere la parola e col tempo entrò nella sua cerchia più ristretta. Il loro rapporto divenne così intimo che non solo Eva Braun fu  gelosissima di lei, ma girarono voci che avesse avuto un figlio segreto da Hitler o che lui volesse sposarla.

  Il suo sogno era un’alleanza tra Inghilterra e Germania e lavorò alacremente anni per questo. Quando però divenne evidente che ci sarebbe stata una dichiarazione di guerra, sospesa tra la fedeltà alla patria e quella verso Hitler, si sparò alla testa.

 Incredibilmente sopravvisse e venne rimpatriata con l’aiuto del dittatore che teneva moltissimo a lei. Non fu, ovviamente, più la stessa, e morì una decina di anni dopo per complicanze dovute alla ferita.

Diana Mitford 
 La cosa interessante è che lei e Decca, politicamente ai due antipodi, erano anche, reciprocamente, sorelle preferite, anche per la vicinanza d’età. 

 Quando anni dopo Decca scriverà la sua autobiografia, non riuscirà, nonostante le distanze siderali tra di loro, ad averne un ricordo o un giudizio negativo. Anche questo è notevole nel suo libro: la mancanza di tesi e lo spazio a quell’ambiguità dei sentimenti che ti consentono di voler bene a qualcuno che non vedi da decenni e che ha commesso le azioni peggiori. I fratelli e le sorelle sono anche questo.

Leggere “Le sorelle Mitford” è una grandissima avventura, trepidante, piena di colpi di scena, di azioni incredibili e avventurose, di guerre e prigioni, ideologie e prese di posizione. Furono tutte, indubbiamente, delle donne non solo brillanti, ma anche abbastanza coraggiose da gettarsi nella vita.

Da un certo punto di vista fanno tenerezza i genitori.

 Come molti genitori di persone particolarmente intelligenti e spericolate, sono invece pacatissimi e ordinari (pur con qualche fondamentale stranezza che ha comunque impostato il corso degli eventi) e non si capacitano dei continui colpi di testa della loro prole.

 La mela, si dice, non cade lontano dall’albero, ma certe l’albero sottovaluta la sua natura.

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