In questi giorni, in quel di Torino, c'è stato un finto processo al liceo classico.
Attaccato da più parti con l'accusa di essere obsoleto e inutile per l'attuale mercato del lavoro (se leggi mercato delle vacche stai solo avendo un serio misunderstanding freudiano), poco "cool" e poco sensato nel nostro globalizzato mondo dove o conosci sei lingue e sai usare il computer come un hacker o non sei nessuno, ha visto quest'anno un tracollo delle iscrizioni.
Con mio sommo sbalordimento pare che solo il 6% dei neoiscritti alle superiori abbia scelto quella che la generazione del mio non troppo vecchio padre considerava la scuola in grado di sfornare "la nuova classe dirigente".
Credo di averlo detto più di una volte: io ho frequentato il liceo classico.
Non l'ho fatto perché speravo di dirigere qualcuno o perché lo consideravo un liceo d'elite o per volontà dei miei genitori (i quali anzi, avevano ampiamente caldeggiato lo scientifico) o perché, poeticamente, credevo che mi avrebbe aperto sterminati orizzonti.
L'ho fatto, molto più prosaicamente, perché ero una fan sfegatata di Indiana Jones e sognavo, un giorno, di girare il mondo alla ricerca di anfore maledette, oggetti introvabili e specificatamente la tomba di Alessandro Magno. I miei, che non navigavano certo nell'oro, avrebbero potuto fare ciò che fanno con molta più solerzia molti genitori (soprattutto quelli che nell'oro ci navigano e ci tengono a che i loro figli continuino il loro aureo percorso) ossia persuadermi che con materie più scientifiche alla mano mi sarei arricchita con soverchia facilità.
Non lo fecero. Si fidarono, in linea di massima, di quell'ormai nebuloso principio che è lo studiare ciò che piace e ciò per cui si è portati. Io ero sempre stata una capra in matematica e bravissima a scrivere (e facevo giù inutili furori in latino in terza media, durante le ore che il professore di italiano ci propinava di rapina) così, non videro motivazioni per costringermi a capreggiare al liceo tradendo le mie naturali inclinazioni.
Da quel che leggo e da quel che sento da svariati anni , con più forza da quando mi sono laureata in una materia assolutamente non spendibile nel mercato (anche perché si tratta di una materia che non ha mercato, ma rientra nell'ambito dei servizi al cittadino e quindi non è per sua natura in grado di produrre denaro),
le materie umanistiche sarebbero ormai carrozzoni del passato completamente inutili.
In realtà trovo l'odio verso il liceo classico non solo miope, ma anche abbastanza cretino. Studiare in un liceo del genere non preclude certo la possibilità di iscriversi a materie scientifiche. Non parlo di rarità, ma di numerosi studenti che scelgono medicina e non ultimo il migliore, documentato e reale, amico di mia sorella, che ha appena vinto un dottorato in Fisica in un'assai importante università pubblica. Liceo classico alle spalle e nessunissimo pentimento al riguardo.
Collegare perciò la frequentazione del liceo classico all'automatica iscrizione a Lettere e Filosofia è perciò, a mio parere, la prima delle cretinate.
La seconda è credere che il problema si annidi in quello che non solo è un ottimo liceo, ma farebbe benissimo alla stragrande maggioranza degli italiani.
Quando, prima dell'avvento dei social network, le statistiche dipingevano un popolo di analfabeti, io strabiliavo assolutamente convinta di un macroscopico errore di valutazione.
Certo, i casi disperati alle scuole medie ce li avevo anche io, ma erano, sembrava, uno o due pecore nere di cui tutti dopo la licenza media persero le tracce (ok, avevo anche una compagna di classe che durante gli esami confuse l'Africa con l'America del Sud, ma era appunto una su 25).
Ora, il meraviglioso mondo di internet, mi ha permesso di vedere coi miei occhi e toccare con la mia tastiera l'abissale ignoranza linguistica di un popolo che se Dante potesse vedere precipiterebbe all'inferno seduta stante.
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L'ho pescata da internet e faccio notare come il tizio che si è
occupato di fondellare la ragazza, abbia sottolineato il verbo,
completamente dimentico del fatto che "Un'altra vita" chiede
l'apostrofo, anzi, direi che lo implora. |
Gente che non ha ancora compreso che l'italiano non è il francese e infila accenti non richiesti in ogni dove "stà invece di sta, sò invece di so", la totale incomprensione di quello strambo fenomeno linguistico che è il troncamento (innumerevoli gli italiani che nei tatuaggi sognanti si fanno scrivere "Ho bisogno di un pò di vita"), e questo senza infilare il dito nella sintassi, questa sconosciuta.
Com'era possibile che dopo innumerevoli anni di scuola dell'obbligo si potesse arrivare a non mettere due parole in fila e quattro in croce?
Tale ignoranza pervicace di italiani che, stando alle statistiche non hanno abbandonato certo la grammatica in favore della fisica (
statistiche internazioniali ci danno zappe in entrambi i campi),
genera plotoni estremisti altrettanto folli: i grammarnazi che stanno lì con la penna da errore blu a carpire l'errore certo in cui incorrerai, il congiuntivo che dimenticherai, la virgola che metterai tra soggetto e verbo.
La penna blu aiuterà il loro ego, ma certo non consente loro di vedere il vero fulcro del problema che non è quello di riuscire a portare a casa un dieci e lode sul tema.
Il punto è che si incolpa il liceo classico di un innumerevole serie di nefandezze di cui è completamente esente.
1) Chiunque imbocchi il liceo, anche scientifico, anche linguistico, sa con cognizione di causa che dovrà necessariamente iscriversi ad un'università per completare la sua formazione.
2) Se c'è un istituto che viene trattato in modo obsoleto, ebbene, quella è l'università.
Ho studiato come una pazza materie di cui non solo mi domando tanto l'esistenza, ma soprattutto il motivo di esistenza nel piano di studi. Cattedre tenute in piedi per professori che dovevano andare in pensione da tremila anni, crediti sparsi in ogni dove come bollini del latte in materie che post-riforma Moratti non si sapeva dove infilare. Il problema di abolire robe come "Storia degli ordinamenti degli stati italiani" in corsi di laurea che beneficerebbero assai di più di corsi specifici su programmi informatici inerenti alle materie di studio (ce ne sono a pacchi anche per gli umanisti, non crediate che a loro non serva conoscere il codice html o xml), è dell'università, non del liceo classico.
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La protagonista della seconda serie de "I liceali", una rarissima
serie tv italiana a mio parere fatta bene. Nella seconda serie il tema
del "A cosa serve studiare ora? A cosa serve studiare una materia
umanistica a ora? A cosa serve studiarla se sei una persona con
pochi mezzi economici?", viene trattato benissimo. |
Il liceo classico, per l'età particolare dei suoi studenti, rientra nel campo della formazione non solo culturale della persona, ma della persona stessa.
Si studia filosofia non per diventare filosofi, ma per comprendere che il mondo non è quello che ci danno per certo.
La storia, la letteratura greca, quell'assurdo popolo folle che erano gli antichi greci, in grado dalle loro microscopiche città stato di creare le basi di una civiltà che esiste tutt'ora, sono le chiavi che uno studente ha per sempre nelle sue tasche per interpretare liberamente il mondo.
La tristezza del vedere persone laureate fidarsi della prima bufala web che passa, del primo linciaggio mediatico, dedicarsi all'indignazione cieca davanti ad un servizio di denuncia in tv, ad un articolo, senza porsi delle domande, sentire il bisogno di una ricerca, provare la sensazione di non sentirsi trattato come una pecora, ma come un essere pensante che pone domande, ebbene la tristezza è ormai all'ordine del giorno.
La camera mortuaria che si sta preparando al liceo classico, in favore di materie "cool", economia in particolare, fa parte di un più ampio disegno, per niente complottista, ma estremamente rapace, della modellazione del mondo secondo nuovi (e in un certo senso anche antichi) criteri. Criteri che non hanno basi solidali, non hanno basi sostenibili, non hanno a cuore i desideri e i bisogni di tutti, di coloro che hanno meno possibilità, sia materiali che mentali, che non hanno in mente una società equa.
Il mondo, ci insegnano i nuovi rampanti che inneggiano alla morte delle materie inutili perché non produttive, è di chi guadagna, di chi produce denaro, di chi si appropria del maggior quantitativo di moneta sonante.
Ed è estremamente necessario a chi questa moneta sonante ce l'ha effettivamente in mano, che non solo tutti diventino il più individualisti e competitivi possibile, ma che costoro non si pongano mai domande, non si chiedano mai se c'è qualcosa di errato nell'interpretazione della realtà che viene loro offerta.
Inoltre deve ormai passare chiaro un concetto:
Se non ce la fai non è il mondo che sta prendendo una chiara piega, sei tu che, evidentemente, non ti sei impegnato abbastanza. Perché non hai superato tutti gli ostacoli? Perché non hai lavorato sodo? Perché non hai studiato? Tutto era per te possibile, sei solo tu che non l'hai voluto. Certo avevi meno soldi di altri, eppure persone più povere di te ce l'hanno fatta, la tua è tutta una scusa.
I
l tuo destino è quello che ti meriti, non prendertela con la società, non cercare altre interpretazioni
Il messaggio è già passato, il senso di colpa per non essere diventati abbastanza già instillato. L'attacco al pensiero, al metodo, a quella scintilla che può accendere ancora le menti è già iniziato. Ovviamente non dico che non si possa avere capacità di pensiero e interpretazione studiando materie scientifiche, anzi. Ma provate a pensare all'assurdo contrario: studiare le materie scientifiche non è cool, le materie umanistiche sono l'unica vera via. E' un'imposizione orrenda, insensata, ingiusta e soprattutto folle.
In tempi in cui di denaro non ce n'era, in un'Italia devastata, veniva scritto nella costituzione,
"Art.4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società."
Ora, opulenti e bramosi di ulteriore opulenza, in troppi rincorrono con assai più foga quelle figure imparruccate che infestano la sezione di economia, Donald Trump che manda tutti al diavolo, Kiyosaki che consiglia, nei suoi saggi sul produrre denaro come ragione di vita, a non leggere libri se non quelli di economia.
Sirene che rendono folli i marinai sciocchi che tra le tempeste ascoltano canti dolcissimi e mortali infrangendosi sui marosi.
E' questa solo una sciocca citazione omerica, eppure chissà perché e chissà per come, anche i più sfegatati sostenitori delle materie economiche non potranno non vederci la più esatta delle fotografie della realtà.
Ps. E comunque, sottolineo, se fossi stata brava nelle materie scientifiche mi sarei iscritta più che volentieri a Chimica, solo che, ahimè, non era nelle mie naturali inclinazioni.