martedì 30 maggio 2017

La trappola del surgelato. La profonda insensatezza di "Del dirsi addio" di Marcello Fois, un pasticcio tra Bolzano, neve, preti e cronaca.

 Quando ero pendolare tra il mio paese e Roma (ma anche prima), grande solazzo creavano in me e in molti altri, alcune grandi hit delle tre free-press dell'epoca

Uber alles: 

 1) Gli annunci che la gente metteva su "Leggo" con la speranza di beccare la "Tipa di 26 anni apparenti, capelli corti, pantaloni tartarugati al ginocchio che ieri alle 17:34 è scesa alla fermata Villa Bonelli" o il "Ragazzo di 42 anni, tatuaggio di un serpente attorcigliato a Titti che inciampava fuori dalla fermata Baldo degli Ubaldi alle ore 6:47 del mattino".

2) Le recensioni dei film di Alessio Guzzano, brevi, veritiere, scritte benissimo ed estremamente godibili su City.

 A lui debbo un'indimenticata verità che all'epoca era riferita a un film di Piccioni: "Luce dei miei occhi", strana pellicola con Luigi Lo Cascio e Sandra Ceccarelli nelle vesti delle classiche due tragiche vite solitarie che si sfiorano senza però mai riuscire davvero a toccarsi.

 Lei sola con una figlia che i nonni paterni vogliono in affidamento, lui lievemente disadattato (infatti, tanto per calcare la mano sulla questione è OVVIAMENTE un appassionato di romanzi di fantascienza), si incontrano, ma non riescono mai davvero a comunicare, intrappolati in un perenne gelido inverno interiore.
 Il punto qual è.

 Che Lo Cascio non solo è un trentenne che legge ancora fantascienza, ma fa l'autista per ricchi e lei possiede un negozio di surgelati.

 Ricordo ancora la recensione che recitava a grandi linee: "In Italia per insistere sulla freddezza dei sentimenti, non si trova niente di più didascalico che usare come protagonista una che possiede un negozio di SURGELATI".

 Ecco, queste parole mi risuonano nella mente tutte le volte che uno scrittore italico decide, per farci comprendere le fredde lande dei sentimenti, di piazzare i personaggi in montagna.

 Grandi silenzi fffffffuuuuuuu, nevicate fffffuuuuuu, il carattere duro dei montanari fffffuuuuu, la "riservatezza" di chi abita in montagna (che misteriosamente quando passi il Tevere cambia nome e diventa omertà) fffffffuuuu, le asettiche stanze di chi possiede troppa ricchezza fffffffuuuuuu, e le montagne fffffuuuuuuu che tutto sanno e che vegliano su di noi, lontane e sagge.

 Insomma, io quando capisco la mala parata, penso sempre al negozio di surgelati dei sentimenti.

 Poiché Marcello Fois mi piace moltissimo come scrittore e possiede quel certo non so che di ambiguo, direi quasi di torbido talvolta, che manca a tutti gli altri scrittori italici, mi sono detta "Vabbeh, ha ambientato un romanzo a Bolzano, ma non per forza deve parlare dei gelidi sentimenti, magari trova solo interessante ambientare un romanzo lassù".

 Purtroppo no. Purtroppo anche Fois è caduta in quella che possiamo ribattezzare "la trappola del surgelato".

 La storia è pessima su tutti i fronti, talmente pessima che persino l'ottima e raffinata scrittura di Fois, scade parecchie volte nel telefonato e/o nella frase fatta.

 Partiamo dall'inizio. Il commissario Sergio Striggio è un bell'uomo e vive a Bolzano, ha una relazione da sette anni col bellissimo Leonardo, detto Leo, ma i suoi colleghi non lo sanno e, soprattutto una collega spera sempre di infilarsi nel suo letto.
  Un giorno molto freddo, una coppia molto ricca e ovviamente in grande crisi (a causa della depressione di lei e delle scappatelle di lui), si ferma al limitare di un bosco per far fare i bisogni al figlio e puf il ragazzino, un dodicenne borderline con la sindrome di Asperger, sparisce nel nulla.
 Passa di lì casualmente il prete e chiama la polizia.

 Mentre apprendiamo da lunghe intro ai capitoli che il commissario Striggio nutre una strana passione per Leon Battista Alberti, suo padre, malato terminale di cancro al cervello, si trasferisce a Bolzano e inizia tra i due una sorta di silenziosa resa dei conti.

 Su di loro aleggia infatti il fantasma della madre morta anni prima, amatissima dal padre e anche da Striggio. A un certo punto sembra di intuire un grande equivoco: i genitori pensavano che il figlio fosse strano perché loro erano in crisi, mentre Striggio da ragazzino era strano perché era gay e non riusciva ad ammetterlo (una cosa, almeno questa, verosimile).

  Nel frattempo le indagini vanno avanti in modo fumosissimo: il prete non dorme bene, qualcuno gli brucia la macchina, i genitori del bambino scomparso, Gea e Nicola, fanno sesso (e ricordano il modo in cui si sono conosciuti: lei era stata affidata da ragazzina alla famiglia di lui), Leo guarda film strappalacrime, Striggio ha un insensato momento etero, la gente parla in tedesco random (senza traduzione), ci sono delle cliniche, il padre di Striggio fugge, una maestra del bambino muore annegata in un fiume ecc ecc

 Ve lo giuro un mescolone senza senso, peggiorato dal fatto che a Bolzano nevica, che nessuno riesce a fidarsi dell'altro, che il gelido vento dei balcani (cit) soffia tra di loro, che la polizia a Bolzano si vanta che non ci siano delitti e, insomma, 'sto ragazzino scomparso è proprio una rogna.

 Insomma, siamo in pieno surgelato time.

 Il finale è comunque la parte peggiore: una ridicolaggine contorta così estrema che io mi domando come abbiano potuto pubblicarlo. Cioè, c'erano mille finali più plausibili e meno contorti, invece, in cinque pagine scopriamo cinquemila altarini e un piano che neanche un film di fantascienza.

 L'unica cosa che salvo del libro è l'originalità della scelta di un commissario gay in una storia non nata per essere appositamente gaya. 
 Finalmente anche nella narrativa italiana un personaggio la cui specificità non è essere IL GAY, ma un commissario di polizia con un indagine che è ANCHE gay. Anche quindi, una cosa complementare, come lo è essere etero.

Bolzano, io ti ho vista questo inverno e devo ammetterlo: non mi hai colpita.
 Un grosso paesone tra le montagne dove non vivrei mai, ma sono certa che sei piena di ottime qualità e che di certo meriti di meglio che far da cornice alle storie da surgelato. Insomma, oltre le montagne c'è di più.

 Scrittori italici, vi prego, smettetela di piazzare personaggi in crisi personale, in lutto, in dramma, in gelo in montagna, solo perché la neve gli dona. Ho capito che la stagione fa molto, ma si può essere tristi pure in pianura, ve lo assicuro.


CONSIDERAZIONE SPOILER DA SALTARE SE VOLETE LEGGERE IL LIBRO PERCHE' SVELA IL FINALE


 Dunque, nel finale si scopre che il prete era il fratello gemello di Gea, la madre del bambino. Entrambi vittime di un padre abusante erano riusciti a sfuggirgli in un modo non chiarissimo: il prete, da ragazzino, era scappato ed era riuscito a far perdere le sue tracce facendo ricadere la colpa della sua scomparsa sul padre, quindi suicida.

 Sì lo so. è contorto.

Anni dopo, ormai prete (non si capisce come abbia fatto ad avere una nuova identità), riceve la richiesta di aiuto di Gea: ha saputo da una delle amanti del marito che egli (il marito) molesta il figlio (una calunnia per inciso).

 Per salvare il bambino, invece di divorziare, denunciare e/o chiedere spiegazioni, decide di far rapire il figlio dal prete/fratello e dalla perpetua e di tenerlo nascosto nella canonica.

 Una soluzione che manco Pupi Avati in un film horror.

 Quando la polizia sta per scoprirli, il bambino viene trasferito in una sorta di convento, ma Gea confesserà solo dopo che il fratello prete si sarà suicidato.
 Lo so, è una storia SENZA SENSO.

 Ho provato a capire cosa possa mai aver contortamente pensato Fois e mi è tornato alla memoria un vecchio fatto di cronaca: nell'estate del 2006 una coppia di coniugi liguri rapì la bambina che avevano avuto in affidamento.

 Era uno di quegli affidi che si facevano in estate dalla Bielorussia; i bambini di Cernobyl e dintorni venivano mandati in Italia qualche mese presso delle famiglie per respirare un po' di aria migliore (anche la famiglia di una delle mie migliori amiche lo fece per anni).

 In quel caso, la famiglia, adducendo come motivazione i maltrattamenti nell'orfanotrofio dove si trovava la bimba, non la restituì e la nascose per qualche settimana in un convento, col benestare delle suore.

 Dopo parecchia tensione, la bimba fu riconsegnata e, come prevedibile, rimandata in Bielorussia e affidata col fratello a una famiglia del posto.

 Ecco, l'unico vago appiglio che riesco a trovare è questo: un caso di cronaca da cui scaturisce un'idea che però diventa difficile da gestire, anche perché eccessivamente carica.
 Altrimenti io non so davvero che cosa possa aver indotto Fois a frullare in un unico romanzo una tale quantità di insensato delirio.

lunedì 29 maggio 2017

L'avventuroso resoconto de "Il salone del Salone del Libro di Torino 2017" (parte prima)! Tra la vita del beato porco, lounge esclusivi, succhini, sfingi e bistecche!

Ed ecco che finalmente riesco a tornare a postare.

 La scorsa settimana, tanto per cambiare, sono tornata nel Lazio, dove ho fatto una bellissima presentazione alla libreria Etruria a Viterbo e sono stata ben un giorno all'Arf (i cui miei ricordi principali sono: la dedica di Giopota al suo libro con Vanzella "Un anno senza te", Rodolfo Torti che cerca di convincermi che "se i miei fumetti comunicano non importa come sono disegnati", Angel de la Calle che mi fa un disegno e il caldo assassino dentro il Macro Testaccio).

 Una volta tornata a casa, sono stata frullata dal lavoro e, ora, eccomi qui con la prima abbastanza lunga parte del resoconto del Salone del libro di Torino (spero di fare la seconda sempre in settimana).

 Che dire? Bando alla ciance! Vi lascio col fumettazzo: l'avventuroso resoconto de "Il salone del libro di Torino 2017"(parte prima).











giovedì 25 maggio 2017

20 Ministorie di chi entra in libreria. Parafrasando un articolo di Vice, 20 piccoli clienti che vagano in libreria e perché.

Ieri, mentre scrollavo fb, sono incappata in un grazioso articolo di Vice in cui si parafrasava un articolo del New Yorker sui "30 under 30 più deludenti d'Italia".

L'idea (che potete trovare al link) è carina: 30 piccole vite inventate per descrivere 30 tipologie di ventenni e i loro diversi modi di annaspare tra tentativi digitali, lavoretti, fidanzate e quotidianità più o meno spesa male.

 Ho pensato fosse un'idea carina e mi è venuto in mente di modificarla a uso e consumo della libreria.
 Ecco "20 piccole storie di chi entra in libreria".

 Ci ho preso talmente gusto che credo ne farò di certo uno o più seguiti, intanto godetevi questa!


Anna, 54 anni. Lavora come impiegata da anni nella stessa azienda, ha due figli ed è famosa tra le amiche per essere quella "colta" perché è l'unica che legge. Per mantenere questa fama, consolidata negli anni, ogni mese va in libreria e chiede al libraio di dargli i cinque titoli più venduti (ma li compra solo se sono diventati veramente veramente famosi).

Annaclara, 34 anni. Si apposta dietro gli scaffali della libreria sperando di incontrare il grande amore, come nei libri. Generalmente porta cioccolatini ai librai carini e pensa che la Mazzantini sia l'apice della letteratura italiana.

Yu Fa. Età indefinita. Entra in libreria pensando che qualcuno comunque sappia il cinese, o lo capirà in qualche modo. Dopo dieci minuti di incomprensibili vicendevoli grugniti col libraio, si arrende all'evidenza che il cinese non è una lingua romanza. Comunque cercava il bagno.

Esther, col th che ci tiene, 39 anni. In casa ha una libreria con un piccolo altare dedicato a Paolo Fox, del quale conserva gelosamente anche una foto firmata. Si diletta a fare le carte alle sue amiche ed ogni giorno controlla quando uscirà l'oroscopo dell'anno successivo, previsto dal suo idolo. Quando riceve la tredicesima, si concede il lusso di un nuovo mazzo di tarocchi.

Michele, 40 anni. Ha un lavoro smart e trova una perdita di tempo tutto quello che non può delegare. Ogni sei mesi fa una vacanza in capo al mondo e abbotterà fb di selfie nelle acque cristalline al grido #tuttavita #sonoqui #tramonti #albe. In libreria entra solo per cercare la guida e, puntualmente, troverà irritante l'assenza di una lonely planet di 600 pagine su una micro isola della Polinesia o sugli itinerari montani del Buthan. Nessuno sa più lavorare al giorno d'oggi, signora mia.

 Ginevra. 44 anni. Laurea e lavoro da libera professionista. 12 anni di psicanalisi e una passione erotica per Recalcati che sublima inseguendolo a tutte le sue presentazioni. Da tempo pensa di iscriversi di nuovo all'università e coronare il sogno di diventare psicologa. Per diventare il sogno erotico di qualcuno, che poi, a sua volta, diventerà psicologo.

 Erika, 28 anni e una figlia. Viene in libreria per cercare libri per la sua pargola, ma li compra solo se sono completamente rosa, altrimenti non si fida. Il suo settore preferito è quello delle fate-danzatrici-top model.

 Umberto, 59 anni, musicista. Considera chiunque non lo sia, un povero idiota e si sospinge in libreria solo per cercare libri sul tema, stupendosi sempre della soverchia ignoranza del libraio di turno che osa non conoscere il 75° lieder di Bach e la 452728289 sonata di Beethoven. Dove andrà a finire questo mondo.

 Lucetta, 67 anni. Quando era giovane lei, si andava in libreria per comprare libri che ti spiegassero un po' come andava il mondo. Questo, incrociato a una vecchia militanza nel Pci e a un amore perverso per D'Alema, la spinge a comprare ogni santo libro che egli annualmente sforna per Laterza. Quando c'è penuria cerca quelli di Bertinotti o Bersani.

Vincenzo, 28 anni. Dopo la laurea in filosofia si è lasciato convincere dai suoi genitori a provare i concorsi pubblici. Ha resistito quei due anni d'ufficio, poi un giorno entra in libreria e fa man bassa di qualsiasi manuale della Maggioli e della Simone. E' ora di mettere la testa a posto.

Sergio, 47 anni. Entra in libreria con la stessa ansia che ha quando entra in ospedale. Ha letto sulla Gazzetta (o sentito alla radio della squadra del cuore) che il suo idolo calcistico ha scritto un'autobiografia ed 

Carolina, 15 anni. Passa le serate su wattpad e youtube e finalmente la sua storia preferita, "Il fuoco nei tuoi occhi di perla marina", in cui Kevin il ragazzo maledetto e bellissimo e Lily la dolce liceale dal cuore grande, è arrivata in libreria. Lei l'ha già letta tutta, ma vuole assolutamente il libro perché l'autrice, @cuoricinaxoxo2002, l'ha messa tra i ringraziamenti. Assieme agli altri 600 fan più assidui.

Ivano, 51 anni. Ha la collezione dei libri di Travaglio a casa, ogni tanto fa un giro in libreria ed esce con tutto quello che contiene "Casta" "Ladri" "Sanguisughe" "Corrotti" "Fate schifo" "Ci avete stufato" nel titolo. Ultimamente subisce il fascino della sirena "Poteri forti".

Irina, 42 anni. Ha lasciato il lavoro dopo l'arrivo del tanto atteso pargolo a cui dedica tutte le sue energie. A 3 anni il bambino studia già inglese, cinese, russo e spagnolo (il francese no perché ha perso importanza geopolitica). Poiché non ha abbastanza soldi per iscrivere il bambino a una scuola privata, si imbottisce di libri sulle attività Montessori da proporgli autonomamente. Due anni dopo li butterà perché una madre dall'aria vissuta le consiglierà caldamente Steiner.

Giorgio, 19 anni. Vorrebbe avere i soldi per i fumetti che gli piacciono, ma non li ha. Perciò scrocca pile di manga nell'angolo più nascosto della libreria, dove legge per ore. Il libraio, in genere, ricorda quando era lui ad essere giorgio, e lascia correre.

Rebecca, 2 anni. Lasciata allo stato brado da un genitore distratto al telefono, riesce in tre secondi netti a percorrere mezza libreria di corsa puntando dritta alla porta. Generalmente viene afferrata da un adulto a caso. L'adulto non viene quasi mai ringraziato dal genitore, solitamente infastidito che qualcuno abbia osato sfiorargli la pupa.

Oneto, 82 anni. Viene in libreria con la moglie, con la quale bisticcia tutto il tempo. Non appena l'anziana coniuge si allontana, tuttavia, perde il controllo e inizia a cercarla ovunque. In preda al panico costringe il libraio a vivavoce continui per richiamare la sua amata "Gilda" perchè: "Sa, signorina, io il cellulare ce l'ho, ma non so usarlo. Me l'hanno comprato i miei figli."

Lionel, 22 anni, americano. E' venuto a Milano per studiare design e cerca solo libri iperspecialistici in inglese, generalmente editi da qualche università estera. Con fare affabile costringe il libraio a controllare se è possibile reperire i 30 titoli di cui ha bisogno. Il libraio cerca di sfuggire alla tortura spergiurando che è inutile cercare, tanto non sono in commercio in Italia. Lionel però non si arrende, lo hanno messo in guardia dall'imprecisione e dall'indolenza italiane e non si lascerà fregare.


martedì 23 maggio 2017

Piccole recensioni tra amici! "Sabine", "Babyji" e "Residenza Arcadia", pessimi vampiri francesi, ragazzine indiane e indifesi e terribili vecchietti.

Per l'ennesima volta scrivo il post il giorno di un attentato, peraltro un attentato a dir poco vigliacco. 
 Non che gli attentati solitamente non lo siano per definizione, ma fare strage di ragazzine e bambini è davvero l'apice della vigliaccheria.

 Come tutte le volte precedenti, dopo lo sconcerto, viene sempre la stessa domanda: che cos'è che possiamo fare?
 E la risposta, almeno per me, è sempre la stessa, ossia continuare come se nulla fosse.
 E non perché non è accaduto niente, perché, come al solito, se penseremo che allora, forse dovremmo veramente modificare le nostre abitudini, allora avremo perso davvero.

 Se i nostri genitori e i nostri nonni hanno affrontato la guerra e gli anni di piombo, mi ripeto (e ripeto) ogni volta, allora anche noi, immagino, riusciremo a farcela, restando sempre umani a resistere, resistere, resistere.

 Perciò oggi, come tutte le altre volte che c'è stato un attentato, ho comunque scritto un post, come se fosse una giornata come le altre e non perché lo sia, ma perché è quello che deve essere fatto.

Curiosamente, i due libri dei tre libri che recensisco oggi hanno per protagoniste due adolescenti, una ragazza inglese negli anni '50 in Francia e un'intraprendente ragazza indiana contemporanea. Uno è un bel libro, l'altro no. Il terzo, invece, è una graphic.

Forza e coraggio! Si comincia!

SABINE di A.P. Neri Pozza ed.: 

 Lo avevo adocchiato quando ero uscito, ma già allora avevo letto recensioni poco lusinghiere e così avevo lasciato perdere. 
 Tuttavia, la scorsa settimana, cercando un regalo di compleanno (che poi non ho trovato), l'ho recuperato all'usato in ottime condizioni e ho deciso di fidarmi di questa storia "di un amore proibito nella Francia degli anni '50" (cit.) con in copertina una di quelle sane illustrazioni dei pulp lesbici dell'epoca.
 Lo dico subito: è pessimo. Molteplici sono i motivi.

 Nella mia ingenuità l'ho scusato fino ai due terzi delle pagine, convinta che si trattasse di un libro come "Olivia" della Strachey, ossia un documento dell'epoca che fu.

 Quindi insomma ci poteva stare che fosse superato e scritto alla carlona: dopotutto quello che era davvero interessante era il suo valore come documento storico. Quando, verso pagina 150, ho cercato informazioni su internet scoprendo che è un'opera contemporanea, mi è preso un colpo.

Dunque, siamo nella campagna francese degli anni '50, si inizia a respirare aria rivoluzionaria, ma per il momento, il massimo della vita rimangono gli esistenzialisti francesi capitanati da Sartre e la de Beauvoir.
 Viola è una ricca donzella inglese mandata dal padre a studiare in Francia in questo curioso collegio misto. Ci sono infatti ben 5 alunni, 4 femmine e 1 maschio (che, mi pare di aver intuito, noi dovessimo intuire fosse gay), reclusi in un maniero francese a imparare un po' niente.
 Veglia su di loro la direttrice Aimee, che, come specie di maitresse, porta gli sventurati giovani a balli molto spinti che si delizia di guardare con lussuria.

 Un giorno arriva nel maniero Sabine, la nuova insegnante, una studentessa di medicina provvista, dobbiamo supporre, ha qualche tendenza lesbica avendo "qualcosa di mascolino" e Viola se ne innamora perdutamente. La cosa abbastanza grave è (oltre alla pessima scrittura e alla mancanza di senso del ridicolo) che la promessa storia d'amore proibita in realtà non c'è.

 A.P., chiunque esso sia (perché non ha neanche avuto il coraggio di firmarsi), ci dice vagamente che sono state felici per tre mesi e che non c'è stata penetrazione di alcun tipo (cosa che avremmo anche potuto ignorare visto che non viene descritto neanche mezzo bacio), poi, durante un ballo in maschera, Sabine cade tra le braccia di Roland, il figlio di Aimee, curiosamente vestito da Ofelia.

 Da quel momento in poi Sabine si interessa a Roland gettando Viola nella più cupa disperazione.
 In contemporanea però Sabine inizia a diventare anemica, e, per motivi discretamente inspiegabili, i genitori dei cinque collegiali si preoccupano per un'eventuale "epidemia", ritirando i figli dalla scuola.
 Viola si fissa allora con l'idea che in realtà Roland sia un vampiro e che Sabine sia diventata sua succube (cosa che spiegherebbe sia l'anemia, sia l'improvviso cambio di orientamento sessuale).

 Mentre tu sei lì che pensi a quanto sia delirante l'adolescenza, A.P. decide di stupirti e di trasformare una stramba storia di lesbismo in collegio in un racconto di vampiri. Inizia quindi a seminare il dubbio e poi la certezza che, effettivamente, Viola abbia ragione.

 Non vi racconto il finale anche perché, onestamente, non l'ho neanche capito. Statene alla larga.


BABYJI di Abha Dawesar ed. Feltrinelli:

 Per vari anni ho girato, un po' incerta, attorno a questo libro, nonostante avesse tutte le caratteristiche per piacermi, compresa la collana (anche se fa parte di quel brevissimo periodo in cui i Canguri Feltrinelli avevano quella specie di insensato bollino al centro che deturpava la copertina).
 Avevo l'impressione che non mi sarebbe piaciuto, poi anche in questo caso l'ho trovato all'usato ad appena tre euro e ho deciso di dargli una possibilità.

 Mi sbagliavo grandemente. E' un ottimo libro, scritto bene, con grazia e ha come protagonista un'intelligentissima ragazzina dalle idee molto chiare ed estremamente determinata.

 La storia è quella di Babyji, (che in realtà è il suo soprannome affettuoso, ma mi sembra che non venga chiamata mai col suo vero nome), sedicenne appartenente a una delle caste indiane più elevate nonostante la sua famiglia non sia particolarmente benestante.

 Frequenta un liceo privato e i suoi progetti per il futuro sono: non sposarsi e diventare astrofisica.
 Bisogna dire che i genitori sono ben felici che lei studi (anzi, vorrebbero diventasse ingegnera perché guadagnerebbe più soldi), inoltre sono molto presenti e ha con loro un ottimo rapporto.

 La parte del conflitto con le figure genitoriali è quindi completamente assente, anche perché Babyji, da ragazza intelligente quale è, sa benissimo che l'unico modo per fare quello che le pare è fingersi una studentessa e figlia modello. 

 Fingersi perché a sedici anni scopre di essere una latin lover e intreccia ben tre relazioni in contemporanee: con India, una quarantenne sofisticata, con la sua nuova domestica (che contribuirà a istruire e a salvare da un marito molesto) e con una sua compagna di classe.

 Nessuna delle tre però, nonostante i suoi sforzi, si rivela una relazione paritaria o degna di una vera storia d'amore: la compagna di classe vuole solo giocare e sperimentare, la domestica è talmente grata che per lei si darebbe anche in pasto ai leoni e India sa benissimo da sola che vent'anni di differenza, a quell'età, possono esser troppi (non è una signora Macron).

 Nel frattempo altri personaggi si animano intorno alla bella Babyji: il padre del suo migliore amico. un irascibile compagno di classe di casta inferiore che per qualche inspiegabile motivo (ho immaginato una sorta di specchio nel quale Babyji si vede riflessa) aiuta sempre e il figlioletto di India.

 Non ci sono drammi, ma la precisissima fotografia dell'anno che tutti abbiamo avuto: l'anno in cui tutto cambiò e diventammo adulti. 

 Quello che rende davvero particolare Babyji rispetto ai protagonisti di quasi tutti i romanzi di formazione è l'intelligenza che riesce, incredibilmente, a preservare in lei quella sorta di meraviglia verso il mondo.
 Nessun adulto riesce a schiacciarla, nessun coetaneo a farla sentire meno di quel che è. Lei va avanti dritta per la sua strada e di sicuro il mondo sarà suo.


RESIDENZA ARCADIA di Daniel Cuello ed. Bao Publishing:

 Su fb seguo vari autori di fumetti e, devo dire, che Daniel Cuello è uno di quelli che preferisco. 

 Mi piace il tratto e mi rivedo in molte vignette (già che ci sono rivelo che anche gli altri miei preferiti: Lorenza Di Sepio, Stefano Tartarotti e Odde), soprattutto quelle in cui si dispera per la malvagità che circola sul web.

 "Residenza Arcadia" è la sua prima graphic, dopo varie opere di altro genere e, secondo me, Cuello ha avuto la grande intelligenza di puntare sul suo pezzo forte: gli anziani.

 Non ci sono molte graphic che abbiano come protagonisti assoluti degli anziani, quella più famosa forse è "Rughe" di Paco Roca (meravigliosa, COMPRATELA), anche perché ci vuole, oltre che una mano felice, anche una sensibilità felice per affrontare quest'età della vita.

 Gli anziani di Cuello sono intrattabili e molesti, bruschi e despotici, ma al contempo teneri e, soprattutto, indifesi.

 "Residenza Arcadia" si svolge tutto all'interno di un condominio, fuori c'è una sorta di regime militare in stile Sudamerica (anche Cuello è sudamericano anche se vive in Italia da anni), perennemente alla ricerca degli ultimi dissidenti da stanare.

  Dentro il condominio varie famiglie convivono, loro malgrado, incontrandosi e scontrandosi con quel mix di falsa cortesia e rabbia repressa che ben conosce chi ha sempre vissuto in palazzi in condivisione.

 Nel palazzo vivono, tra gli altri, due anziani, la signora Marta e il signor Attilio. 
 Entrambi soli con il loro animali, apparentemente abbandonati a loro stessi, scorbutici e combattivi. Tra loro sembra esserci stato qualcosa in passato ed è lì la terribile, struggente, chiave di questa graphic.

 Perché gli inquilini non vogliono la nuova famiglia che sta per trasferirsi? Perché la signora Marta è così furiosa? Chi era il signor Attilio?

 Cuello ha misura e soprattutto possiede quella compassione che serve a raccontare la vita di chi è quasi arrivato alla fine e fa i conti col proprio passato, arrabbiato e indifeso.

 Straconsigliato (e preparate i fazzoletti).
 Per un po' di pagine di anteprima potete andare al link.

lunedì 22 maggio 2017

Post Salone del libro di Torino 2017! Grazie a tutt*, è stato bellissimo!!

Ordunque, oggi vorrei scrivere un piccole recensioni tra amici, intanto però mi pare doveroso rimpinzare di ringraziamenti tutte le persone che sono passate e non seguono i miei vari social (dove già ho ammorbato il mondo di grazie grazie grazie).


Questa edizione del salone del libro di Torino, passata per la prima volta dall'altra parte della barricata, è stata bellissima. Non avrei mai immaginato che sarebbero passate così tante persone e non potete capire quanto mi abbia fatto piacere.

 Lo so che avendo un blog e social misti non si direbbe, ma io strapreferisco il contatto umano (e trovo internet solo un interessante strumento che però non lambisce neanche vagamente la bellezza del contatto "analogico") e finalmente ho potuto vedere dal vivo tante persone con cui ormai mi scrivo da anni, commentano assiduamente o, anche se non commentano, erano visibilmente felici anche loro di essere uscite fuori dallo schermo per incontrare un essere umano.

 Inoltre davvero, siete venuti in tantissimi e anche molte persone che non conoscevano già il blog hanno preso il mio libro sulla fiducia (da libraia so che affidarsi all'autore ignoto, quando sei in un posto dove hai tutta la possibilità di scelta del mondo, è qualcosa di enorme).

 Presto tenterò di finire il reportage del salone che, ingenuamente, credevo avrei avuto il tempo di disegnare, mentre sono riuscita a vergare solo due paginette.

 Anche qui ringrazio la 001 e la Matita Rossa (che nel reportage capirete infine chi sono), e, per citare Guido Cavalcanti "Perché io spero di tornar sì presto, libretto mio, a Torino!".

Ps. Anche qui mi faccio vanto di aver ricevuto la visita dei metallari della Tsunami Edizioni! Ora ogni volta che i magazzinieri saranno ostili, userò questo argomento per guadagnarmi il loro rispetto.



venerdì 19 maggio 2017

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Forza Maggica".

Stand 001 per la serie non potete non notarmi.
In questi giorni sono un po' concitata, tanto per cambiare perché c'è l'ultima (almeno per adesso) grande tornata di presentazioni del libro.

 Ricordo alle masse che:

 Il 20-21 sarò al Salone del libro di Torino allo stand della 001 edizioni.
 Il 25 sarò alla Libreria Etruria di Viterbo.
 Il 26 sarò all'Arf, il festival del fumetto Roma "siamo più fighi del Romics", al Macro Testaccio, sempre ovviamente stand 001 edizioni.

 Vi lascio, prima di svenire al letto con la vignetta di oggi, nella quale potrete ammirare tutti i danni fatti da "I Cesaroni" et similari ai romani fuori sede.

 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Forza maggica"!



martedì 16 maggio 2017

La mysteriosa fantascienza femminista parte II! Binarismo sessuale e riproduzione tra Alien, cambi di sesso, ermafroditi ed astronaute.

Ed eccoci alla seconda parte sul post rieduchescional ciannel "Che cos'è la fantascienza femminista"?

 Nella prima parte ho parlato di mondi utopici/distopici in cui gli uomini sono assenti (generalmente scomparsi a causa di vari virus, ma c'è anche la variabile aliena che vede popolazioni di un solo sesso), ora veniamo al secondo e terzo tema: binarismo sessuale e riproduzione.

 Per sgomberare il campo da ogni pregiudizio e leggere in santa pace questo post provate a domandarvi cosa penserebbe di noi, del nostro sistema riproduttivo e delle leggi (spesso deliranti perché dettate più dalla morale e dalla religione che dal raziocinio) in merito, un alieno giunto sulla terra in visita.

 Troverebbe sensata la nostra polarizzazione culturale dei due sessi? Ossia il fatto che l'appartenenza a un sesso sia oltre che biologica anche determinata da fattori culturali che incidono sull'individuo dal primo momento in cui apre gli occhi su questo pianeta? 

ERMAFRODITI E BINARISMO SESSUALE:

 Il primo libro che cito in merito è italiano ed è una particolarissima opera di Bianca Pitzorno,  che nel 1979 scrisse questo gioiellino.

 La terra e un pianeta di nome Deneb partecipano a uno scambio culturale: i bambini dei due pianeti vengono mandati in una sorta di vicendevole Erasmus intergalattico per una decina di anni.

 Il problema è che mentre sulla terra la differenziazione sessuale è palese sin dalla nascita, su Deneb viene fuori molto dopo e quindi la famiglia che ospita il piccol* alien* Mo non sa come crescerlo. 
 Prima decidono che è un maschio e quindi lo vestono come tale e lo inducono a fare tutta una serie di cose ritenute maschili, (giocare a calcio, lanciarsi in giochi scavezzacollo), poi scoprono da complicate analisi che è femmina e cambiano completamente registro, vietandogli tutto quello che faceva prima e inamidandola in vestiti leziosi.

 Eppure Mo è sempre la stessa PERSONA.

 Se però la Pitzorno segue comunque un andamento fisico binario, altre autrici ne hanno proposto un superamento completo.

 Capolavoro e sottolineo tre volte capolavoro imprescindibile rimane "La mano sinistra della tenebre" di Ursula K. Le Guin, per la serie, se tra tutti i libri che vi ho proposto non sapete bene quale leggere, questo è FONDAMENTALE.

Innanzitutto è uno dei libri più struggenti che abbia mai letto, secondo poi riesce a parlare, senza neanche dilungarsi troppo di: pregiudizio, amore, riproduzione e tabù.
 La storia segue l'espediente tipico dell'inviato dall'ecumene galattico, Genly Ai, sul pianeta Inverno/Gethen, un pianeta provvisto di una società avanzata, ma che ancora (per una serie di beghe politiche interne molto complicate) non si è unito alla federazione gallattica generalissima.

 Genly arriva lì fiducioso di dover fare solo l'ambasciatore e presentare i benefici dell'entrata nella grande unione galattica e invece rimane coinvolto nelle suddette beghe politiche, ai suoi occhi rese ancor più complicate e incomprensibili dal fatto che la società, seppur simile a quella terrestre, è in realtà molto diversa per un motivo fondamentale: i getheniani sono tutti ermafroditi.

 Hanno una sorta di periodo mensile, chiamato kemmer, in cui sono attivi sessualmente e si polarizzano fisicamente su uno dei due sessi senza un motivo apparente.

 Tutti quindi possono procreare. I getheniani hanno poi una serie di tabù molto diversi da quelli terrestri: il suicidio è considerato cosa di gravità inaudita (la cosa più grave che un individuo possa compiere, peggiore dell'omicidio), possono "sposarsi" (anche tra fratelli) una sola volta in tutta la loro esistenza (ma avere rapporti con altri anche dopo) e, anche rimanendo vedovi, non possono contrarre una seconda unione.

 Gently, costretto a un lungo viaggio periglioso con un getheniano, si trova a riflettere su quanto la mancanza di binarismo sessuale incida sulla costruzione di una società:

 "Riflettete: non c'è divisione dell'umanità in due metà, una forte e una debole, protettivo/protetto, dominante/succube, padrone, strumento, attivo/passivo. In effetti, l'intera tendenza al dualismo che pervade il pensiero umano si può ritrovare diminuita, o cambiata, su Inverno. 
 Quando incontrate un getheniano non potete e non dovete fare ciò che un appartenente alla razza bisessuale compie naturalmente, cioè porlo subito nel ruolo di Uomo o di Donna, adottando verso di lui un ruolo corrispondente, che dipende dalle vostre aspettative sulle interrelazioni conosciute o conoscibili, stereotipe o ipotizzate, tra persone dello stesso o dell'opposto sesso. 
Qui l'intero nostro schema dell'interrelazione socio-sessuale non esiste. Loro non possono giocare il nostro stesso gioco."

 La questione diviene, per il povero Genly, particolarmente spinosa quando si accorge di provare attrazione per il proprio compagno di viaggio poiché si rende conto che anche l'orientamento sessuale, nel mondo terrestre, è determinato dal binarismo dei sessi. 
 Cos'è dunque quella che prova? Una tendenza omosessuale da reprimere e condannare? Un qualcosa da ritenere "normale"? E' altro?

 Marion Zimmer Bradley nel ciclo di Darkover riprende l'idea di un antico popolo ermafrodita (i Chieri) dai grandi poteri che abita Darkover, gelido pianeta su cui fa naufragio una navicella di coloni diretta altrove.
 In un romanzo in particolare, "Il ribelle di Thendara" si racconta la storia d'amore tra un terrestre e un chieri, molto travagliata a causa dell'omofobia interiorizzata del terrestre (che non sa come comportarsi davanti alla sua attrazione per un individuo non binariamente classificabile).

 In merito a questo libro voglio togliermi un sassolino dalla scarpa. 

 Nella serie di Darkover edita da Tea, il curatore, nella bibliografia finale, diceva che questo romanzo aveva costretto, per esigenze d trama a inserire il tema tabù dell'omosessualità femminile e che questo procurò alla Bradley la fama, del tutto involontaria, di simpatizzante della causa omosessuale.

 Dopo anni voglio dire che:

1) Fate scrivere le postfazioni a gente che ha letto prima i libri perché TUTTA la saga di Darkover è piena come un uovo di personaggi lgbt (c'è persino una tipologia di unione tra persone dello stesso sesso che somiglia molto alle unioni civili).
2) Per esigenze di trama c'è al massimo dell'omosessualità maschile.
3) La Bradley era volontarissima visto che da giovane scrisse persino dei romanzi pulp a tema lesbico.

 Un'altra variabile sul tema è il cambio di sesso per motivi fantascientifici.

 Un esempio calzante è "La passione della nuova Eva" di Angela Carter.

Premetto col dire che io ho proprio dei problemi con Angela Carter che, in generale, trovo noiosissima, come trovai noiosissimo questo libro (che invece piacque molto a una mia insospettabile amica tutta cuori, carlini e unicorni).

 Il romanzo è quello che io definirei un "romanzo a tema", ossia un romanzo scritto in modo palese e schematico per dimostrare uno specifico tema che in questo caso è "maschio sciovinista devi capire come le tue azioni impattano sul genere femminile" (teniamo presente che è del 1977 e ha un intento chiaramente satirico).

 Il mondo è nella classica situazione post qualche catastrofe. In quel di NY il professor Evandro incontra un'avvenente cubista che mette incinta per poi abbandonarla al suo tristissimo destino. Subito dopo viene catturato e trasformato, tramite operazione chirurgica, in una donna, Eva, da una misteriosa divinità, la Madre.

 A seguito di ciò vivrà una serie di assurde avventure dal forte sapore, più che  fantascientifico, direttamente surrealista (il libro presenta situazioni e personaggi archetipali, quasi mitici).
 Se volete della fantascienza femminista very strong (ma ripeto io non la amo particolarmente).
 

TRA ALIENI E PARASSITI, PARTORIRE CHE DOLOR!:

 Per capire questa parte partiamo da un assunto: persino Alien, da un certo punto di vista, potrebbe essere considerato fantascienza femminista.

 Il motivo non è che la protagonista, Ellen Ripley, mena come un fabbro, ma che mette al centro della trama il tema della riproduzione aliena. 
 L'idea di un alieno che parassiteggia il corpo di un altro essere vivente per nutrirsene e infine nascere fa parte della complessa serie di incubi legati alla maternità.

 Un altro famosissimo libro (horror/fantastico) che parla dei terrori legati alla maternità è "Rosemary's baby" di Ira Levin e racconta, come tutti sapranno, l'angosciosa storia di una giovane moglie che rimane incinta del marito. Niente di più normale se non fosse che l'intera gravidanza è costellata di strani fatti, morti e dall'invadenza dei vicini. Di chi è davvero il bambino che porta in grembo?

 Tuttavia né Alien né Rosemary's baby rientrano, almeno a mio parere, nel campo della fantascienza femminista.

 La fantascienza femminista tende infatti a usare il grande tema della maternità per mettere in luce non tanto i terrori legati all'evento (che comunque, personalmente trovo un ottimo tema visto che si tratta di un evento enorme e fisicamente "invadente" per la donna), quanto per evidenziare come essa sia IL tema centrale su cui si è fondato per millenni il rapporto tra uomini e donne.

 Preoccupati, in epoca pre-test del dna che i figli nati fossero senza ombra di dubbio loro e solo loro, gli uomini hanno inventato, nei secoli, millanta sistemi di controllo verso la compagna prescelta per il sacro compito.

 Non solo, ma il controllo di TUTTE le donne prima del matrimonio.
  Il gioco del bollino "questo figlio è mio e proprio mio" funziona  ovviamente, solo se la donna ha fama comprovatissima di essere pura, illibata e a prova di sospetto (anche se comunque sempre sospettabile).
 Basti pensare che un'ubriacatura, nell'antica Roma, poteva costare a una donna sposata, la condanna a morte (vai a capire cosa poteva fare quando non era lucida).

 Non solo, ma il rapporto di forzata interdipendenza tra i sessi mette nell'ambito riproduttivo l'uomo in un ruolo potenzialmente minoritario. Ossia è il momento in cui l'uomo ha più bisogno della donna e nel quale ne ha il minor controllo, ossia il corto-circuito totale del rapporto attivo/passivo, dominante/dominato.

 Tale corto-circuito è il punto focale dei romanzi di fantascienza femminista sul tema.

 Il più famoso, perché recentemente riportato agli onori di Hulu, è "Il racconto dell'ancella" di Margaret Atwood. 

Nella storia ci troviamo negli Usa dopo una qualche catastrofe nucleare che ha portato un vero terremoto all'interno della tranquilla società statunitense. Un regime teocratico è infatti salito al potere e ha sequestrato i beni di tutte le donne, poi le ha divise a seconda della loro fertilità (moltissime ormai non lo sono più a seguito della catastrofe).

 Le non fertili, le dissidenti e le lesbiche vengono spedite a trattare i rifiuti radioattivi e muoiono in breve tempo, alcune vengono adibite al ruolo sostanzialmente di colf (le marte), e quelle che possono ancora procreare vengono chiamate "ancelle".

Poiché molte mogli dell'oligarchia al potere sono ormai sterili (e a trattare i rifiuti radioattivi loro non ci vanno) le ancelle hanno tempo tre anni per sfornare pargoli per procura.

 E' la Bibbia, secondo loro, a indicargli la via:
 «Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli, se no io muoio!».
Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: «Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?».
Allora essa rispose: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei».
Così essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei»,

 Secondo questo verso, l'ancella si siede sulle ginocchia della moglie mentre il marito la penetra, sperando che rimanga incinta
 Se il lieto evento avviene, l'ancella riceve tanti onori ed è salva dalle lande radioattive, ma non avrà mai suoi figlio, considerato della coppia di cui era l'ancella.

 Un romanzo molto sottovalutato "Solo per sempre tua" di Louise O'Neill uscito l'anno scorso, ha un debito davvero enorme verso il romanzo della Atwood del quale sembra una sorta di sequel. 

 Siamo in un futuro distopico in cui vengono fatte nascere tre donne per ogni uomo affinché, da adulto, egli abbia più possibilità di scelta tra le mogli.
 Queste donzelle vengono cresciute fino ai sedici anni in una scuola dove gli insegnano ad essere bellissime, alla moda, magrissime e a vivere nella venerazione degli uomini che verranno a "sceglierle" in base al ranking nel quale si classificheranno alla fine del percorso scolastico. Regola delle regole: essere civettuole, ma non darla mai.

 Chi non diventa moglie ha poi tre strade: finire nel sottosuolo a fare lavori usuranti che la uccideranno o diventare una sorta di colf o una concubina, ossia finire in un bordello dove gli uomini verranno a trastullarsi.

 A questo punto è però doveroso citare lei, Octavia Butler, una delle rarissime scrittrici di fantascienza afroamericane che ha mescolato alla scifi femminista il tema del razzismo.
 Autrice di vari romanzi, affronta il tema della riproduzione nel ciclo della Xenogenesi in cui, a seguito di una catastrofe che ha portato alla morte della popolazione mondiale, alcuni umani sono stati scelti dagli Oankali per sopravvivere.

 Chi sono gli Oankali? Sono una sorta di razza aliena (che per inciso ha tre sessi, maschio, femmina e ooloy) che vaga nell'universo alla ricerca di altre razze con cui intessere rapporti simbiotici.

 Gli Oankali infatti salvano la terra, ma in cambio desiderano unirsi ai terrestri che hanno salvato dall'olocausto.
 Il fatto è che, non solo non sono antropomorfi, ma quando si uniscono ad altre razze, l'ibrido che ne vien fuori è geneticamente modificato (ossia è come una razza nuova che non è né Oankali né, in questo caso, umana).

 Un racconto molto interessante, contenuto in una vecchia raccolta "Alieni, amazzoni, astronaute" è invece "Bloodchild" che è, sostanzialmente, una versione affettuosa di Alien.

 Gli esseri umani infatti sono caduti tra le grinfie di una razza aliena, i Tlic (che hanno l'aspetto di enormi millepiedi mostruosi, o almeno così mi ricordo) che sono senzienti, intelligenti e hanno bisogno di un corpo "ospite" per riprodursi. 

 Il racconto parla dell'aliena T'Gatoi che cerca di convincere il giovane umano da lui scelto, Gan, a ospitare le sue uova in cambio della protezione che lei saprà dargli (i Tlic possono essere violenti contro gli uomini non protetti da altri Tlic).

 La storia ,messa così sembra tipo "mafia e alieni", in realtà è raccontata benissimo e parla dell'interdipendenza tra esseri viventi, senso del dovere, desiderio di sopravvivenza e anche amicizia.
 T'Gatoi potrebbe imporsi e inserire violentemente le uova dentro Gan (in stile Alien) e poi lasciarlo morire tra atroci dolori dopo la schiusa, ma non vuole.
 Lei vuole che Gan comprenda le ragioni della sua specie (che è costretta a questo perché incapace di procreare in altro modo) e poi accetti una relazione che, portata avanti in modo consenziente, si risolve invece per il meglio.

 La scrittura è eccezionale, purtroppo in giro di questa autrice straordinaria si trova solo "Legami di sangue" (io avevo letto anche "La luce del sole" che era una strana storia a tema vampirico scritta benissimo e che comunque ha il tema simbiotico come centrale).

Voglio finire questa angosciante rassegna con "Memorie di un'astronauta donna" di Naomi Mitchinson, che è in commercio (ed. Castelvecchi) e racconta le avventure di una donna astronauta (come si poteva facilmente intuire dal titolo).

 La particolarità del libro è che questa astronauta, potenzialmente immortale (nel futuro hanno inventato un metodo per ringiovanire continuamente) descrive, nelle sue varie avventure per i mondi (divise per capitoletti separati), vari tipi di unioni con alieni.

 C'è l'inquietante simbiosi con una sorta di ameba, la figlia sostanzialmente riprodotta per partenogenesi (in realtà avuta a seguito di un rapporto con un abitante di Marte, ermafroditi che mutano sesso durante l'atto, come i genethiani, ma geneticamente sterili), i suoi altri due figli e i loro padri alieni.

 La cosa interessante, oltre alla scrittura davvero scorrevole, è che in questo caso la sessualità e la riproduzione sono estremamente libere da pregiudizi e l'intero racconto è pervaso da una sorta di allegria priva delle angosce delle altre autrici.

 In un mondo futuro, quando saremo centinaia di migliaia di razze diversissime sparse per l'universo, persi tra razze aliene con sedici sessi (o nessuno), in grado di saltabeccare tra secoli, forse saremo finalmente liberi da pregiudizi e terrori, da paure e timori e la vita sarà finalmente più serena, per tutti quanti.

lunedì 15 maggio 2017

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "L'ordine alfabetico".

Ed ecco in questa infausta giornata in cui gli stupidi animali infestanti hanno inaugurato la loro stagione in casa, come ogni anno, (perché Milano è seduta sulla bocca dell'inferno?? Perchè??) che vi posto una vignetta fresca fresca.
 Mi pare di ricordare ce ne sia già stata una sull'ordine alfabetico, ma non è colpa mia se continuano a sbagliarlo o misconoscerlo, sigh.
 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "L'ordine alfabetico"!

Ps. Domani seconda parte del post sulla fantascienza femminista!



venerdì 12 maggio 2017

La mysteriosa fantascienza femminista parte I! Cos'è e perché esiste? Grande tema numero uno: come sarebbe un mondo dominato dal genere femminile (e in cui gli uomini non ci sono proprio più)?

 Uno dei primissimi post che scrissi per questo blog fu sulla fantascienza femminista.
Grazie Margaret Atwood

 All'epoca ero ancora giovine e inesperta e mi fidavo di chi diceva che "se fai post troppo lunghi poi nessuno li legge" così tendevo a limitarmi, finché a un certo punto ho capito che: 

 A) Non era vero.

B) Anche fosse stato vero, nessuno mi pagava o controllava, quindi tanto valeva fare come mi pareva.


 Poiché grazie alla serie su "Il racconto dell'ancella" tale misconosciuto genere letterario è improvvisamente balzato agli onori della cronaca come fosse un'invenzione dell'altroieri, ho deciso di scrivere un nuovo post, più argomentato. 

 Codesta decisione è dovuta anche al fatto che a me la fantascienza femminista ha letteralmente cambiato la vita

Come? Abbiamo bisogno di un flashback.

Anno 2006

Pasciuta e un po' rincoglionita, ancora in stile vergine delle rocce nerd, avevo molte idee e tutte confuse, il che, come si suol dire, equivale a non avere nessuna idea.
  Un giorno, mi trovavo in un internet point (nel 2006 mio padre era convinto che internet fosse una perdita di tempo e non avevamo la connessione in casa, il protozoico insomma), mentre cercavo info su luoghi femministi romani in cui sarei potuta incappare, scoprii che due giorni dopo si sarebbe tenuto alla Sapienza un convegno sulla fantascienza femminista.

Per la cronaca è anche uscito un libro con gli
atti di quel convegno, ed è questo qui
 La mattina dopo, presi il treno per andare a recuperare le dispense in una delle millemila copisterie di San Lorenzo e in poche ore avvennero tre cose fondamentali, così fondamentali che non so bene come sarebbe andata la mia vita se non avessi deciso di recarmi al convegno.

 La prima fu che sul treno incontrai in una mia compagna delle superiori che non avevo praticamente più rivisto, ma che, per effetto di qualcosa che ancora bene non mi spiego, da quella mattina divenne una mia inseparabile compagna di gioventù (e che tuttora è una delle mie migliori amiche).

 La seconda fu che in copisteria incontrai la prima ragazza per cui provai qualcosa nella mia esistenza.

 La terza invece era subdolamente nascosta nel gigantesco pacco di dispense.

 La mattina dopo mi accorsi infatti che non si trattava di dissertazioni filosofiche noiosissime su qualcuno o qualcosa, ma di un romanzo di fantascienza, fuori commercio da millanta anni e di cui ho spesso parlato qui, "Female man" di Joanna Russ.

 Ogni tanto leggo di autori che raccontano di come questo o quel libro abbia cambiato loro la vita e io SO che non stanno mentendo. 

 Perché ricordo con estrema chiarezza come abbia divorato quel libro pensando "Questo libro dice tutto quello che penso, TUTTO". 

 Era assolutamente sconcertante trovare nero su bianco i miei pensieri e capire, con sollievo, che quello su cui mi arrovellavo da anni l'aveva già pensato nello stesso identico modo qualcun altro. Non ero esagerata, non ero strana, non ero pazza, era tutto lì e io mi riconoscevo parola per parola. 

 E' un'esperienza che non ho provato mai più.

 So che quando sono arrivata al convegno ero stordita e che quello stato di stordimento perdurò per i tre giorni successivi perché in 48 ore mi si aprirono due mondi a catena.

 Innanzitutto la ragazza della copisteria era lì presente (niente casi della vita, semplicemente l'avevo incrociata perché anche lei era lì a ritirare le dispense il giorno precedente) ed ebbi in tal modo la mia grande epifania lesbica.

 Secondo poi, scoprii che quella straordinaria emozione che avevo provato leggendo il libro in dispensa poteva essere  ripetuta, seppur con minore intensità, più e più volte, perché apparteneva a un genere che avevo sempre ignorato: la fantascienza femminista.

Fine flashback


 Che cos'è la fantascienza femminista ordunque?
 Visto che molti lo penseranno vagamente, sgombro il campo dai dubbi: NO non è un libro di fantascienza che ha per protagonista un personaggio femminile forte. Non è quello il senso di fantascienza femminista.

 La fantascienza femminista è una variabile del genere fantascientifico, utilizzata quasi sempre da scrittrici donne (che non vuol dire che quasi sempre le scrittrici di fantascienza donne scrivono di questo) che mette al centro delle trame delle tematiche legate alla condizione femminile.

 Esattamente come la fantascienza sociale usa il genere per parlare delle contraddizioni e delle derive inquietanti e orribili delle storture varie dell'umanità (razzismo, omofobia, regimi autoritari, gap economici tra classi sociali, tecnofobia, controllo delle masse, delle nascite, delle emozioni ecc ecc ecc) ipotizzando futuri tendenzialmente assai più inquietanti dei nostri presenti (o presenti alternativi, nel caso delle ucronie), la fantascienza femminista si concentra sulle storture che caratterizzano specificatamente le donne come gruppo sociale.

 Trattate sempre come una minoranza messa in relazione con una maggioranza, le donne rappresentano la metà della popolazione del pianeta, ma nessuna società ancora se n'è resa conto, preoccupata com'è a controllarle in ogni modo.

 La motivazione per cui le donne vengono controllate e vessate può avere milioni di variabili e concause ma una sola radice: il corpo, oggetto sessuale e riproduttivo e mezzo per rivendicare la propria capacità di dominio da parte dell'uomo che ha bisogno di un "altro" per mostrare la propria supremazia e "virilità".

 La condizione di "altro dominato", il corpo perennemente sessuato e la riproduzione sono i tre grandi temi che hanno come punto focale il genere femminile.

 Su queste tre  basi si snodano  le principali problematiche femminili e le trame di fantascienza femminista.

 Gli stessi temi sono spesso presenti nella fantascienza classica, ma generalmente in chiave negativa: la donna come altro rappresenta il mostruoso, il nemico, il femminile come diabolico o elemento di disturbo di un maschile che, senza, se la caverebbe indubbiamente meglio.

 Ovviamente ho tagliato con l'accetta questo discorso che, per chi vuole approfondire in modo serio, viene diffusamente trattato da Rosi Braidotti nel saggio "In metamorfosi: verso una teoria materialista del divenire" ed. Feltrinelli.

Passo ad alcuni consigli per chi volesse avventurarsi:


TERRADILEI, AMAZZONI E UOMINI SOLITAMENTE UCCISI DA QUALCHE VIRUS:


 Non so se esista qualche distopia in cui le donne sono state spazzate via dal mondo, ma ne esistono varie in cui gli uomini, per motivi vari, non ci sono più. 

Il senso non è la speranza che il genere maschile scompaia, ma la grande domanda: cosa accadrebbe in un mondo in cui le donne non solo detengono il potere, ma hanno creato un sistema matriarcale alla radice?

 "Terradilei" di Charlotte Perkins Gilman è del 1915 e racconta di questa landa misteriosa in cui tre uomini riescono ad arrivare grazie a un aeroplano.

  Isolata dal mondo, è abitata da una popolazione esclusivamente femminile che si riproduce per partenogenesi (gli uomini sono tutti morti secoli prima) e in cui le donne sono forti, sane, sportive e riescono a essere autosufficienti grazie a una diversa concezione del progresso. 

 Il progresso infatti non è fine a se stesso, ma di sussistenza e le energie, che in un mondo popolato da un unico sesso sono minori, vengono sfruttate al massimo con ottimi risultati. La questione sessuale è completamente tralasciata e il finale è deludente, ma rimane un documento interessante.

 Stessa idea di partenza, aggiornata ai tempi, ma rapporti meno idilliaci in "Houston Houston ci sentite?" di James Tiptree jr aka Alice Sheldon.

 L'autrice ha una storia molto particolare, benissimo spiegata in questo ottimo articolo del blog delle edizioni Sur, in ogni caso è emblematico anche del ruolo delle autrici nella fantascienza. 

 Per molti anni infatti, dagli anni '40 ai '70 principalmente, (ma persino la Rowling ha il nome puntato perché a inizio carriera le consigliarono di non far capire subito di essere una donna), molte scrissero usando uno pseudonimo maschile perché si riteneva, a ragione, che molti lettori altrimenti non avrebbero comprato i loro libri (tenete presente che una lettrice del blog ha appena scritto su fb di aver letto una discussione sul tema "Vale la pena leggere autrici donne?" su un forum dei giorni nostri).

 Successe a C.L. Moore, a Julian May, André Norton e, soprattutto, ad Alice Sheldon. 

 Nel suo caso la cosa assunse vette di rara assurdità in un celebre episodio: un suo racconto fu ammesso in un'antologia assai famosa e Harlan Ellison nell'introduzione scrisse che "Quest'anno la donna da battere è Kate Wilhem, ma James Tiptree Jr è l'uomo!"
 
L'autrice cercò in ogni modo di mantenere il segreto e quando la storia, contro il suo volere, venne fuori, casualmente i numerosi premi che riceveva, si interruppero.

 In ogni caso in "Houston Houston ci siete?" racconta la storia di tre astronauti che per un errore vengono sbalzati nel futuro e scoprono una terra in cui gli uomini sono tutti morti e le donne si riproducono per clonazione. A differenza di Terradilei non saranno però particolarmente contente di rivederli.

 In "Female man" di Joanna Russ si ipotizza invece l'incontro casuale tra lo stesso fenotipo di donna, cresciuta però in 4 futuri alternativi: un'ucronia in cui la Germania non ha perso la guerra, il nostro presente, un futuro in cui uomini e donne vivono in due nazioni separate (e non vanno molto d'accordo) e uno in cui un virus li ha uccisi tutti e le donne si sono riorganizzate. 

 Qui è l'ingegneria genetica che ha concesso la riproduzione, il mondo è organizzato in modo radicalmente diverso, esistono matrimoni, ma l'amore viene visto come un'assurdità (tanto che la donna del futuro ha sposato la donna di cui era perdutamente innamorata solo dopo che l'amore era finito). 
 Interessante che anche qui l'idea sia che in un mondo senza uomini le donne esprimano il massimo del loro potenziale non solo intellettivo, ma anche fisico, come se la presenza degli uomini, al contrario, le frenasse.

 Segnalo poi "Le rovine di Isis" di Marion Zimmer Bradley, la mia autrice favorita in assoluto. Devo dire che i suoi libri spaziali mi piacciono meno degli altri e, in effetti, anche "Le rovine di Isis" (che comprai fortunatamente anni fa, quando esisteva ancora un'edizione Fanucci, adesso anche questo è introvabile) non è tra i migliori.
  Tuttavia c'è una variabile interessante del mondo senza uomini: gli uomini infatti ci sono eccome, solo che sono di meno (non ricordo onestamente il motivo) e sono sottomessi, in un gioco di ruoli completamente ribaltato. 
 In questo caso l'agente esterno che trova assurda la situazione è un'antropologa giunta da una sorta di ecumene galattico a esplorare il pianeta, solitamente molto isolato, perché sulla sua superficie vi sono i resti di una remota civiltà aliena.

 L'antropologa giunge col marito, un maschilista della peggior specie, che, dovendosi adattare alle usanze locali (quindi finendo per dover sottostare a tutte le imposizioni che di solito sono appannaggio della moglie) sostanzialmente fomenta una specie di rivoluzione con conseguenze catastrofiche.
 L'idea è che il dominio non funziona mai né se domina il genere maschile né quello femminile, l'ideale sarebbe collaborare in modo egualitario.

A tal proposito, facendo delle ricerche per questo post mi sono imbattuta ne "Il segreto delle amazzoni" di Ryan Reynolds, un vecchissimo Urania che in qualche modo ritroverò.


 La trama parte in modo rivisto e finisce in modo strano.
 Un agente segreto della solita federazione galattica magnum viene spedito a indagare su un pianeta dove le donne sono delle virago dominatrici e gli uomini una massa di effemminati potenzialmente gay.

 Solo che, colpo di scena! E' tutta una finzione per ingannare l'agente segreto e la federazione in generale. Donne e uomini sono d'accordo e stanno in realtà brigando per ottenere una società perfettamente egualitaria. In che modo la messa in scena possa aiutarli non lo so, ma ho appena scoperto che lo vendono all'usato a 4,5 e lo ordino quanto prima!

 Da citare altri due titoli: "La difesa di Shora", nel quale un bellissimo pianeta popolato da sole donne (niente uomini uccisi da virus, non ci sono mai stati) che si riproducono per partenogenesi subisce un attacco esterno da parte del pianeta vicino che, invece, ha sviluppato una società di stampo patriarcale.
 Il fatto è che le donne di Shora hanno come mantra la nonviolenza, vale la pena uccidere i propri principi per sopravvivere?

 Il secondo titolo ve lo cito per starne abbondantemente alla larga: "Il libro segreto delle cose sacre" di Torsten Krol è l'esempio di un tema usato male e scritto peggio.
  Un pianeta in cui una catastrofe naturale ha ucciso il 90% della popolazione, vede una sorta di gruppo di sacerdotesse vegliare sul mondo e pregare perché torni la notte e non rimanga il sole a picco. Un giorno arriva un pasciuto contadino che decide di ristabilire l'ordine patriarcale e in tre secondi lo fa. Il sole rimane a picco. Muoiono tutti.
 Un libro raramente cretino.

 Precisazione: 

Questo genere di distopia, ha avuto una controparte che incarnava il terrore maschile della dominazione femminile.

  Cioè mentre alcune autrici hanno provato a immaginare, come avrebbe potuto essere un mondo senza uomini (e siccome siamo nell'ambito della fantascienza è OVVIO che non è una speranza, ma una possibilità immaginativa volta a sottolineare per assurdo i lati oscuri del patriarcato), alcuni autori hanno usato lo stesso pretesto narrativo per dar vita ai loro peggiori incubi: mondi popolati da terribili amazzoni che ovviamente l'avventuriero di turno castiga e riporta all'ordine, soprattutto sessuale.

 Anche perché, anche se la stragrande maggioranza delle trame lo tace, è implicito che in un mondo di sole donne ci si innamora e si fa comunque sesso. 

 Anzi, il tema lesbico è generalmente più esplicito in questa versione maschile (dove le donne sono tutte delle virago cattivissime e perfide) perché, oltre alla solita fissazione voyeuristica, ovviamente la prima preoccupazione di un uomo che arriva su un pianeta o in un futuro senza uomini è ristabilire "l'ordine" anche da quel punto di vista, sia mai che si sia sopravvissute senza di lui.

 Ne cito uno su tutti, "Considera le sue abitudini" (in originale "Considera le sue vie") del generalmente ottimo Wyndham, parla di un futuro popolato solo da donne (gli uomini sono stati tutti uccisi da un virus tanto per cambiare) in cui però c'è una rigida divisione dei ruoli, così rigida che le donne adibite alla riproduzione sono costruite geneticamente in modo da starsene ferme su un letto a sfornare pargoli. 

 Casualmente, anni fa, vidi il film per la tv che Hitchcock ne trasse, "Le formiche del futuro", con la scienziata del futuro che, ispiratissima, ci informa come le donne abbiano avuto la geniale idea di riorganizzarsi così una volta rimaste sole: "Abbiamo fatto come le api".


FINE PRIMA PARTE. Qui la seconda PARTE.

Disclaimer: Non verranno tollerati commenti cretini come "Donne contro uomini o uomini contro donne" NON è di questo che parla la fantascienza femminista e gli uomini e le donne intelligenti lo sanno benissimo.
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