sabato 27 ottobre 2018

"Il giro del Giappone in 15 giorni. Una storia Mango-manga" parte I! La prima parte di una serie di fumetti sul mio viaggio di nozze in Giappone! Stavolta a voi: intro e cibo :Q

Finalmente, ora che ho avuto un po' di tempo, ho iniziato a fumettare il viaggio in Giappone.

Mi servirebbe un intero libro in realtà e volevo fare una serie di cartoline, tuttavia il pezzo sul cibo mi ha preso la mano, anche se non sono neanche riuscita a inserire tutte le cose deliziose che ho mangiato :Q
 Vabbeh, posso fumettare quanto voglio nelle prossime settimane e mostrarvi la temibile omelette giapponese.

 Bando alle ciance, ecco a voi il primo pezzo, "Il giro del Giappone in 15 giorni. Una storia Mango-manga" parte I!










 Fine prima parte!

 Ed ecco il cibo reale!









giovedì 25 ottobre 2018

La giovane libraia al Lucca Comics! Ci vediamo lì dal 31 ottobre al 3 novembre!

 Finalmente, all'alba del 25 ottobre, ho gli orari e i giorni in cui sarò presente al Lucca Comics!

Potrete trovarmi allo stand 001 edizioni Padiglione Napoleone NAP 207 dal 31 ottobre al 3 novembre!


martedì 23 ottobre 2018

Piccole recensioni tra amici! Il queerissimo "La sfida di Harlan", il curioso spokon "Il giovane robot" e il falso giallo "La casa della bellezza".

 Durante le prime due settimane di settembre, nonostante il lavoro e la quantità di cose da finire, il nervosismo mi ha portato a leggere libri come fossero caramelle.

 Devo dire che non sono incappata in niente di memorabile, ma ho sfoltito di molto le mie riserve auree (ora prontamente rimpolpate in biblioteca).

 Eccovi quindi un bel piccole recensioni tra amici per smaltire un po' di recensioni, poi domani si va di libri sull'epoca vittoriana per Halloween! Yuhuu!

 Piccole recensioni tra amici todo per voi!


LA CASA DELLA BELLEZZA di Melba Escobar ed. Marsilio:

 Classificato come giallo e con una quarta di copertina ingannevole, in verità "La casa della bellezza" è un bel libro che di giallo, in verità, ha ben poco.

 Ci troviamo più che altro davanti a una sorta di dramma sociale dai toni quasi ottocenteschi (nei temi, non nella scrittura) in cui l'eroina principale, bella e talentuosa, ma povera e con figlio a carico da padre ovviamente scomparso, nonostante i suoi intensi sforzi per emanciparsi e vincere sulle avversità, ne viene invece divorata.
 La protagonista è un' avvenente estetista di Bogotà, Karen, venuta in città nel tentativo di guadagnare abbastanza soldi per mantenere dignitosamente (e anche più che dignitosamente) lei e suo figlio, momentaneamente affidato alla nonna.

 Mentre Karen si affanna a fare cerette e a risparmiare, due disgrazie contemporanee si accaniscono sulla poveretta: una giovanissima cliente che lei ha visto per ultima viene trovata uccisa e, tornando dal suo funerale, Karen viene derubata e violentata dal suo padrone di casa.

 Cosa fare? Dove andare a vivere? Continuare a lavorare? Tornare al suo paese? Aiutare la famiglia della ragazza a scoprire l'assassino o tenersi la loro ultima conversazione per sé?

 Si vorrebbe poter dire che esiste una risposta giusta a tutti questi quesiti, quella che se solo Karen avesse imbroccato avrebbe potuto cambiare il suo destino MA non è così.

 Questo perché in effetti esistono davvero dei poteri forti, hanno dei nomi, ma non hanno manine, solo milioni di subdoli tentacoli che stritolano i poveri e i deboli: capitalismo e patriarcato.

 E di capitalismo e patriarcato si muore, anche se cerchi disperatamente di salvarti e ti dibatti fino all'ultimo come un pesce che muore sulla riva asciutta.
 Forse è bene ricominciare a ricordarseli i nomi dei VERI colpevoli per mezzo dei quali molti (e anche noi talvolta) agiscono.


IL GIOVANE ROBOT di Yosuke Sakumoto ed. E/O:

 Onestamente poco invogliata da una copertina davvero respingente (lo so che sembra banale, ma brutta è davvero brutta) si tratta di un curiosissimo libro che inizia come una storia di fantascienza e termina come uno spokon (manga a tema sportivo, stile Holly e Benji o Mila e Shiro).

 La storia è raccontata in prima persona da un giovane robot progettato per essere invito in un mezzo a un gruppo di liceali per comprenderne le dinamiche a fini scientifici: dorme per ricaricarsi, mangia come tutti, ma guarda tutto con distacco ed è perennemente terrorizzato dal commettere qualche errore che sveli la sua identità, condannandolo in tal modo alla rottamazione.

 In verità, pian piano si trasforma in un altro libro (ma non posso dirvi esattamente come altrimenti svelerei il principale e unico plot twist del libro) e dalla fantascienza si passa alla cruda realtà quella in cui, inspiegabilmente eppure ineluttabilmente, finiamo per essere più crudeli proprio con le persone che dovremmo amare di più.

 Ah, il finale spokon. 

 Mmm, non so, io l'ho trovato un po' appiccicato lì. L'idea di guarire attraverso una grande passione va bene MA la foga e l'assoluto con cui l'autore si dedica improvvisamente a spiegarci la nobile arte del ping pong sono onestamente soporiferi.
 Voto insomma. Da leggere solo se molto appassionati di autori orientali.


LA SFIDA DI HARLAN di Patricia Warren ed. Fazi:

Seguito del best seller "La corsa di Billy", a quanto sembra fu un libro all'epoca implorato da casa editrice e fan.

 "La corsa di Billy" (qui la mia recensione per chi se lo fosse perso) è una sorta di pietra miliare della narrativa lgbt e, più in generale, un romanzo in cui si comprende cosa voglia davvero dire discriminazione.

 Pare che adesso se dici "mah guarda le minoranze sono discriminate", parecchia gente venga presa dalle convulsioni e con la bava alla bocca inizi a gridare che no "ora è discriminata la maggioranza che non è più libera di fare polpette di chi vuole, giuridicamente, linguisticamente e ovunquemente e qualunquemente". 

Ecco ad essi farebbe bene questo libro per capire di cosa stiamo parlando.

 Senza farla tanto lunga ne "La corsa di Billy" si raccontavano le vicende di tre talentuosi corridori gay e del loro allenatore, gay anch'esso, e della loro lotta per non essere emarginato nel sistema sportivo americano.

 Tu dici: com'è possibile?

 Eh, io pensavo che bastasse essere i più forti, portare i risultati e via alle olimpiadi, ma a quanto sembra, almeno negli USA, almeno negli anni '60-'70, senza l'autorizzazione delle federazioni sportive di categoria, potevi pure essere Carl Lewis e non fregava niente a nessuno, al massimo continuavi a correre nel cortiletto di casa.

 E' un po' quello che succede ai tre ragazzi, ma Billy, il più bravo dei tre, quello che inizia la storia con l'allenatore, Harlan, riesce a combattere il sistema e ad andare alle olimpiadi solo che...


SPOILER MA SE VOLETE LEGGERE LA RECENSIONE DE "LA SFIDA DI HARLAN" E' NECESSARIO


...un fanatico finisce per ucciderlo durante la gara.

 "La sfida di Harlan" racconta sostanzialmente la vita del suo allenatore e amante Harlan dopo la triste faccenda ed è un libro COMPLETAMENTE FOLLE.

 Mentre "La corsa di Billy" manteneva una parvenza di verosimiglianza (per quanto la trama avesse richiesto alcune estremizzazioni), "La sfida di Harlan" è una sorta di fantascientifico action movie gay che spero qualcuno un giorno giri sul serio.

 Harlan, infatti, perde tutto: licenziato dall'università, privato del suo amore e schifato dai figli avuti dal primo matrimonio (con tanto di ex moglie psycho), viene perseguitato dal complice dell'uomo che ha ucciso Billy.

 Egli lo segue ovunque vada ed è per questo che entra in gioco una sorta di task force di mercenari gay veterani del Vietnam, pagati da un mysterioso magnate gay che nessuno conosce ma che sostiene la causa.
  
Come se non bastasse, uno dei due amici di Billy sopravvissuti, l'avvenente Vincent, decide di abbandonare le notti brave per entrare a far parte di una sorta di gruppo tipo Pantere arcobaleno, cioè le pantere nere, ma gay, in nome della rivoluzione lgbt nel mondo.

 La follia. 

 La storia poi non è che migliora, ma diventa sempre esponenzialmente più folle, o almeno è così finché non si comprende che l'unico stato d'animo con cui ad un certo punto va letta è  il RuPaul mood.

 Non importa quello che stai vedendo, se quello che stai vedendo è favolosoh.

 Spero che qualcuno ne tragga un film molto colorato.
  Consiglio la lettura solo a chi ha amato il primo libro (onestamente bellissimo) e chi è alla ricerca di letture lgbt.


venerdì 19 ottobre 2018

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "E tutto quel che voglio pensavo".

Questa prima settimana di rientro a lavoro è stata per metà "Oh mio dio dove sono?" e per metà "Non arriva mai il giorno di riposo?".

 Ce l'ho quasi fatta e ho anche guadagnato una nuova vignetta.
 Eccola tutta per voi!

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "E tutto quel che voglio pensavo"!

Ps. Vi ricordo che domani sabato 20 sarò a Torino alla Nora Book & Coffee libreria alle 18:30 per parlare dei libri di fumetti e chiacchierar amabilmente.

Ps2 Si va sicuramente a Lucca, presto più dettagli (anche perché è tra 10 giorni)!






lunedì 15 ottobre 2018

L'amore non sempre vince sul dolore. Una recensione di "Una vita come tante" di Hanya Yanagihara tra gli abissi della miseria umana e il potere dell'amicizia che non guarisce sempre, ma (quasi) sempre salva.

 Non è semplice scrivere una recensione di "Una vita come tante".

 Ne ho cercate alcune su internet per capire cosa altri pensassero e provassero dopo un libro del genere, ma tutte quelle che ho trovato (mi scuseranno gli autori) mi sono sembrate in un certo senso inadeguate.

 Non è una colpa, il punto è che davvero difficile non essere inadeguati davanti a un libro che ti mette davanti alla stessa sensazione che si prova, talvolta nel corso dell'esistenza, quando qualcuno decide di metterti a parte di un grande, spiacevole, segreto sulla sua vita.

 Raramente ti trovi preparato quando succede una cosa del genere. 

 Il più delle volte, invece di avere la giusta reazione, inizi a ridere nervosamente o annuisci gravemente e in entrambi i casi il tuo cervello mulina a velocità supersonica qualche frase intelligente da dire che non ti faccia sembrare troppo freddo, ma neanche troppo disinteressato, ma neanche troppo stupido.
 In genere vuoi avere la reazione giusta, ma non ce l'hai. 

 Ecco, "Una vita come tante" è un libro del genere, vorresti dire la frase giusta, ma non sai quale sia.

 Il dolore, scrivevo in un'altra recensione, può avere amici, ma è vero anche che è più facile non li abbia perché ha sempre due canali di comunicazione, due vie che devono essere contemporaneamente aperte e senza ostacoli: quella di chi il dolore lo prova e quella di chi il dolore accetta di provarlo o almeno di capirlo assieme a te.

 Le possibilità che questo accada sono, se non altro, rare. 

 E' difficile capire un grande dolore ed è difficile condividerlo e, per quanto tutti i film e molti libri si affannino a spiegarci il contrario, bisogna accettare l'evidenza che spesso, non sempre per fortuna, il dolore amici non ha. 

 Gli amici possono alleviare ed enormemente le ferite del passato, ma non sempre possono guarirle perché il passato per alcune persone è un eterno presente dal quale non possono fuggire.

 E' di questo che parla "Una vita come tante", mille pagine di libro che mi avevano un filino inquietato (quando un libro ha 1000 pagine raramente vale la pena leggerle davvero tutte, si invoca di tanto in tanto una sapiente scorciatina) e che invece fuggono nella lettura velocissime.

 Inizia come una grande storia d'amicizia, quella tra quattro ragazzi promettenti che vivono in una sorta di New York senza tempo in cui lo sfondo storico è completamente assente (aggiungerei "Grazie a dio" visto che di traumi interiori per la morte di JFK ne ho letti abbastanza): JB, aspirante artista figurativo, Malcolm, aspirante architetto, Jude, aspirante avvocato e Willem, aspirante attore hollywoodiano.

 Dopo l'università tutti stanno attraversando quel tipico momento nella vita in cui devi trovare il modo di far diventare i tuoi sogni realtà

 In teoria dovrebbe essere l'istante più esaltante dell'esistenza, quello per il quale ti sei preparato anni, in realtà scopri che sei solo terrorizzato di fallire: hai poco, pochissimo tempo per concretizzare prima di dover passare a un qualsiasi tipo di ripiego e, in secundis, sai che se ciò dovesse accadere vivrai una vita di rimpianti e di delusioni.

 Insomma, sei in quel momento dell'esistenza in cui hai mille strade da imboccare, ma solo una è quella giusta, se sbagli, al 99% hai buttato al macero la tua esistenza (o almeno la penserai così per un buon numero di anni successivi).

 Per circa 400 pagine la storia fila così tranquillamente: io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla, come i pini di NewYork la vita non li spezza, questa notte ancora nostra.

 Devo aggiungere che è un gran leggere perché Hanya Yanagihara fa in modo che in questa amicizia non ci siano ombre: tutti sono animati dai migliori e genuini sentimenti d'amicizia, sono persone, pur con tutti i loro difetti, completamente pure.

 Non ci sono doppi fini o tentativi di tradimento, non c'è mai quel sotto testo malvagio che a un certo punto prende il sopravvento a indicarci che tutti, davvero tutti, dopotutto, abbiamo un lato oscuro.

 I quattro amici si vogliono davvero bene e davvero morirebbero l'uno per l'altro.
 Sono, fatto raro nella vita, ma ancor più nella letteratura, quattro brave persone, quattro buone persone.

 Mentre leggi pensi che è davvero un libro meraviglioso sull'amicizia, sentimento spesso subordinato all'amore al quale viene sacrificato come fosse incontrovertibilmente giusto così, come se l'amicizia non fosse altro, a un certo punto, che una versione depotenziata del GRANDE amore, unico e inimitabile al cui cospetto tutto deve inchinarsi.

 Poi passano gli anni e il focus si sposta.

 Il protagonista assoluto diventa Jude. Nella prima parte del libro, oscuramente, abbiamo appreso che ha degli imprecisati problemi alle gambe e un passato oscuro, ma niente vi prepara alla parte centrale del romanzo, quella in cui scopriamo PERCHE' Jude ha quei problemi e qual è DAVVERO il suo passato.

 E' una parte molto molto molto tosta, non solo perché descrive degli abusi innominabili, pur non descrivendoli nella sua parte più cruda (si dice ciò che accade, ma almeno non come accade perché penso che non avrei mai avuto lo stomaco di leggerli), ma distrugge qualsiasi speranza hollywoodiana.

 Sempre, in tutte le storie, c'è il momento in cui accade qualcosa che è salvifico per il protagonista e gli permette di andare avanti
 Puoi tirare la molla per un tempo che sembra infinito, diceva un mio professore di sceneggiatura, ma ad un certo punto inevitabilmente salterà.
 Raggiunto il fondo puoi solo risalire.

 Jude ci racconta la parte più dura: abbiamo sempre creduto a una menzogna.

 E' vero, puoi risalire, c'è questa possibilità, ma puoi anche non farlo, una volta raggiunto il fondo puoi davvero rimanere sotto il mare per sempre.

 Hanya Yanagihara tira questo suo ragionamento alle estreme conseguenze perché fa vivere a Jude l'infanzia e l'adolescenza più orribili che si possano immaginare e poi gli regala la vita dei sogni, una vita in cui ha tutto: due genitori adottivi amorevoli e che lo adorano, degli amici che farebbero ogni cosa per lui, una grande carriera e un amore da film.

 Eppure tutto il bene che il mondo riesce a regalargli non può colmare tutto il male.

 E' una cosa su cui Jude si aggroviglia per tutta l'esistenza: perché non riesce a dimenticare? Perché quello che è stato non passa mai e rimane sempre in agguato in un angolo delle sue giornate? Perché il suo passato è il suo presente?

 E', ve lo dico, la cosa più difficile da accettare di tutto il libro. Il fatto che, pur disperando, pur sperando, quell'attimo di redenzione, quel momento in cui la molla si tende e poi di colpo torna indietro mettendo tutto a posto, non arriva mai.

 E poi c'è Willem.
 Ad un certo punto del libro (ve lo spoilero, ma vi assicuro che è uno spoiler fino ad un certo punto), Jude e Willem iniziano una storia d'amore.

 Mentre JB e Malcolm diventano dei personaggi di contorno e Jude viene assurto a protagonista assoluto, al suo fianco continua a brillare di una speciale luce propria Willem, il suo migliore amico e, infine, suo compagno.

 C'è un punto che non ero riuscita a sviscerare nella recensione di "Chiamami col tuo nome" e che torna, in un altro modo, eppure incredibilmente simile in questo libro: quella certa mimesi delle due parti che è propria dell'amore omosessuale.

 Quando sei molto giovane e inizi a capire di essere gay (per chi non lo sa da subito) in molti cercano di convincerti che la tua "è solo una fase" e che stai in qualche modo confondendo "l'amore con l'ammirazione". 
 In tanti cercano di dirti che quando ti interessa qualcuno del tuo stesso sesso non sta succedendo perché lo vuoi, ma perchè "vorresti essere lui".

 E' una cosa che non può succedere nell'amore eterosessuale per due motivi:
 1) Nessuno cerca mai di convincerti che l'eterosessualità è una fase.
 2) Le relazioni eterosessuali vengono culturalmente basate su un'ossessiva differenza. Le donne fanno questo, gli uomini quest'altro, i mariti si comportano così, le mogli cosà. Se ascoltate qualsiasi programma radio, tv, pubblicità con attenzione, scoprirete che è un punto presente in un modo quasi disturbante.

 Nell'amore omosessuale questa costrizione culturale non c'è, non hai bisogno di dirti che sei differente ogni tre secondi, non hai ruoli da rispettare (NB non penso assolutamente che tutti gli etero ci si trovino bene in questa ossessiva differenziazione, anzi non invidio per niente questa categorizzazione a tutti i costi), e in effetti è innegabile che esista una sorta di zona grigia in cui amore, ammirazione e amicizia s'incontrano.

 Alcune volte è difficile comprendere dove si ponga quel confine sottile tra desiderio dell'altro e di essere l'altro e, cosa più assurda, quel confine la maggior parte delle volte non esiste perché nell'amore c'è sempre una componente di totale fusione.

 E' quello che succede tra Willem e Jude. Non c'è un colpo di fulmine o un momento esatto in cui s'innamorano, ma quando accade, entrambi capiscono che è un processo in atto da molto tempo, forse dal momento esatto in cui si sono conosciuti e riconosciuti.

 Tu stesso lettore non puoi fare a meno di pensare che doveva finire così perché c'è una sorta di complementarità nei due personaggi: entrambi di una sconfinata bontà, ma tanto è solido Willem tanto è fragile Jude, tanto Willem è un uomo senza passato tanto Jude è incapace di sfuggirvi, tanto è spensierato il primo tanto è perpetuamente angosciato il secondo.

  •  E' difficile dire per entrambi dove s'incontrino l'amore, l'amicizia, l'ammirazione e la completa fusione in una sola persona, finalmente pacificata, guarita e in un qualche piccolo modo felice.


 Ci sarebbero molte altre chiavi di lettura per questo libro impressionante, una su tutte l'evidente coincidenza che vuole tutti gli amici senza figli, per caso e per scelta e l'incredibile evidenza di come le vite dei nostri genitori possano con una singola scelta sbagliata condizionare per sempre la nostra.

 In realtà Yanagihara mente dicendo che quella di Jude è una vita come tante.
 Quella di Stoner, anonimo professore che sposa la donna sbagliata senza aver mai il coraggio di lasciarla, lo è, ma quella di Jude è in un certo senso una vita ingombrante, enorme, fatta di eventi che raggiungono l'apice dell'orrore e dello splendore.

 Eppure è vero, al contempo, che nel nostro mondo esistono gli Jude e noi ci passiamo accanto senza neanche saperlo, convinti in modo infantile che le orribili piaghe inflitte loro dal mondo guariranno, come siamo sempre genuinamente convinti che il dolore (non per forza così terribile) che per stanchezza, noia, crudeltà o stupidità infliggiamo agli altri dopotutto prima o poi scomparirà.

 Ma cosa accadrebbe se fossimo tutti come Willem, splendenti come una cometa, buoni in un modo che sembra poter esistere solo nei libri?

 Quanti Jude potremmo, se non salvare, almeno un po' sollevare, quanto migliore potremmo rendere questo mondo se solo ci ricordassimo che l'amore forse non sempre guarisce, ma diluisce il dolore?

Ps. Voglio ringraziare Teresa e Walter per avermi costretta a iniziare questo libro. 

domenica 14 ottobre 2018

I'm back! Il 20 Ottobre ci si vede alla Nora book & coffee di Torino e poi...Lucca!!

Incredibile, ma vero, il mese sabbatico è finito. 

 Da una parte è volato, da una parte no, da una parte mi spiace, da un'altra sono felice di tornare alla vita normale, soprattutto perché finalmente si potrà ricominciare a pensare a qualcosa che  non sia il matrimonio!

 Perciò confermo che finalmente ricomincerò a seguire il blog più regolarmente e che il saggio sulle curiosità della storia del libro è effettivamente slittato a inizio anno (ma uscirà giuro, sta per cominciare l'editing), inoltre ricomincerò ad apparire qua e là.

 Prima apparizione il 20 ottobre alla libreria Nora book & Coffee di Torino per parlare  dei miei due libri di fumetti e di qualsiasi cosa vogliate (nei limiti della decenza)!

Seconda apparizione: Lucca Comics!! I giorni sono ancora da definire, ma dovrei saperlo in settimana e lo scriverò urbi et orbi.

 Allego locandina di Torino e presto (spero domani) recensione magnum di "Una vita come tante"!
 Ah e buon ottobre-halloween a tutt*!!



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