sabato 31 agosto 2013
Libri piccoli (ma gustosi) per lunghe attese. Biciclette che spingono all'omicidio e bambini forse un po' troppo appetitosi!
Talvolta si ha bisogno di libri brevi, veloci e possibilmente non particolarmente costosi. Sembra che qualche casa editrice se ne sia accorta e abbia iniziato a produrre delle collane specifiche. Alcune personalmente le considero una furbata editoriale, come le "Libellule" della Mondadori, altre invece hanno un approccio più intelligente: invece di proporre racconti allungati con la formattazione, mandano alle stampe delle opere brevi e magari anche inedite (o edite milioni di anni fa) dall'argomento se non altro peculiare.
Oggi per le vostre attese nelle sale d'aspetto, in metro, alla stazione mentre Trenitalia vi aiuta a tirare giù tutti i santi del calendario, voglio proporvi due libretti, assurdi al punto giusto.
Il primo proviene dalla sventurata sezione di Criminologia ed è il delizioso "Il ciclismo nel delitto" di Cesare Lombroso, ed. La vita felice, 13, 50 euros.
La sezione di Criminologia è questo settore, che io considero abbastanza morboso, dove finiscono tutte le storie di serial killer, i libri di Lucarelli, i profiling dei criminali e le storie di vita vissuta che francamente potremmo risparmiarci, come "Il male sono io" di Pietro Maso (quello che sterminò la famiglia e non sapeva manco lui perché) o le memorie della nipote del fondatore di Scientology. Provo un certo raccapriccio verso questi memoir, che considero alla stregua di una salottata da pomeriggio 5 con Barbara d'Urso: qualcuno, di cui non sentivamo la mancanza né la necessità, ci informa delle sue sventure e/o malefatte, e perversamente qualcun altro abbocca.
Nel mucchio ovviamente si può trovare comunque qualcosa di buono, come appunto, l'esilarante libro di Lombroso. Nella sua tipica logica lombrosiana, il buon criminologo d'antan ravvisa nel velocipede quello che noi vedremmo in un Suv o una Ferrari. Innanzitutto, nella sua ottica la bicicletta è per certo un mezzo che favorirebbe il delitto consentendo una più agevole fuga, secondo poi, un giovane, potrebbe sentirsi irresistibilmente attratto dal mezzo e compiere qualsiasi orrendo delitto pur di entrarne in possesso.
L'effetto straniante è meraviglioso. Purtroppo il saggio in sé non è particolarmente lungo, metà del libretto è composto dalla bibliografia di Lombroso che vi assicuro è altrettanto fantascientifica e (per noi) delirante.
L'altro inquietante ed economicissimo libretto che vorrei consigliarvi fa parte della collana ad 1 euro della casa editrice Stampa Alternativa.
Trattasi del libello di Jonathan Swift (sì, proprio lui) dal significativo titolo: "Una modesta proposta per evitare che i figli dei poveri siano di peso ai loro genitori e al paese e per renderli utili alla società".
Qual è questa modesta proposta? Vi dico solo che è decisamente macabra, provocatoria, ha a che spartire con le tenere carni di pupi paffuti e appare stranamente una sorta di vendetta per aver dato il suo povero Gulliver in pasto a generazioni di pargoli come fosse davvero un libro per bambini.
Forza, è ora di comprare questi libri e dire tutti in coro: Trenitalia o chi per te, nun te temo!
venerdì 30 agosto 2013
Libri da VERI UOMINI. Tutto ciò che un uomo degno della sua virilità non riesce a fare a meno di leggere.
Finora mi è capitato, con la tipica misoginia che colpisce le altre donne, di sparare a zero spesso e volentieri sulla popolazione femminile che ama brulicare in libreria. Ho forse così dato l'impressione, sbagliata, che gli uomini abbiano tutti gusti fenomenali o che non incappino in stereotipi da far cadere le braccia.
In nome della comune appartenenza ai cromosomi XX non posso lasciar passare impunita tale erratissima sensazione. Oggi perciò parlerò di libri da veri uomini.
I libri da veri uomini sono i must che prima o poi qualsiasi uomo (a meno che non sia Iacona o Michele Serra, ma secondo me sotto sotto li leggono anche loro), prima o poi, nella vita legge.
Meno influenzati dai media delle donne, sono però molto più colpiti dalla società tutta o dagli altri uomini che non ammettono lacune virili in tal senso.
Ma cosa legge un vero uomo?
ROMANZI DA VERO UOMO: Il romanzo da vero uomo è quello in cui il protagonista si lancia nel deserto con una donnola tra le braccia e una donna sulle spalle, le sorti del mondo contano su di lui e in genere ha una qualche storia maledetta. Cioè il vero uomo, al contrario della vera donna che comunque è sempre santa, non è MAI santo. Lui il male l'ha visto negli occhi e sa cos'è e in genere lo combatte perché è tornato, assieme all'inseparabile amico passato, a prendersi TUTTO ciò che il vero uomo è riuscito faticosamente a ricostruirsi.
Il libro irrinunciabile: "L'educazione siberiana" di Nicolai Lilin. Alzi la mano l'uomo a cui non è stato almeno suggerito caldamente di darci un'occhio.
I LIBRI SULLA BANDA DELLA MAGLIANA: O anche quando il cinema fa danni. Il criminale nobilitato dal grande schermo ha sempre il suo fascino. Vuoi mettere quello sfigato di Accorsi con Kim Rossi Stuart che sarà pure un assassino, gestore di un traffico di droga, prostituzione ecc. ma ha tanti nemici tanto onore? Il vero uomo non può non gettarsi a pesce su tutti i libri di criminalità che l'editoria riesce a sfornare, anzi, talvolta ha difficoltà a distinguere la realtà dalla fantasia. Non si rende conto che quando ti chiede perché non escano nuove avventure sulla banda della Magliana (accade!) ciò non avviene perché, almeno a quanto si sa, è stata fatta fuori non meno di una venticinquina di anni fa. Prostrato dalla notizia si butta su Vallanzasca e Francis faccia d'angelo. Ma diciamocelo, non è la stessa cosa.
SPY STORY MA REALI: Noi italiani non produciamo tanta letteratura al riguardo, ma negli Usa ameno molto questo genere. "Argo" di Ben Affleck ha vinto l'oscar ma era tratto da un libro di Antonio Mendez, idem "No Easy Day", la cattura di Bin Laden. E' più o meno la versione "buona" della banda della Magliana: uccisioni, stermini, indagini, decapitazioni, traffici di droga e terroristi ma 'sto giro il vero uomo è dalla parte dei buoni, che diciamocelo, è molto più facile tifare per Franck il marine americano che per Franco carabiniere di provincia.
BATTAGLIE MILITARI: Presi da un rigurgito di servizio militare, molti uomini, in genere su d'età (forse i giovani ne sono immuni perché il servizio alla patria l'hanno evitato? Chissà) subiscono, spesso loro malgrado, il fascino degli innumerevoli libri su battaglie e strategie militari. L'opera omnia delle devastazioni della seconda guerra mondiale, stragi naziste, Caporetto, sfide contro i Saraceni, Antichi romani che "menano le mani" e spartani seminudi e anche semigay (ma questo credo venga omesso) che baccajano con i persiani, è un richiamo irresistibile per il vero uomo. Vedono di sfuggita un fucile su una copertina e un secondo dopo si trovano a fare supposizioni balistiche con l'amico, altrettanto fomentato, che li accompagna.
Eccone una carrellata, ovviamente non son gli unici, non temete. E gli uomini che mi leggono (se ce ne sono) si rivedono? O pensano di esserne immuni?
(Non lo siete...non lo siete..)
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giovedì 29 agosto 2013
(Auto)biografie musicali. Ciò che si deve fare: Violeta Parra e Patti Smith, e ciò che andrebbe evitato: Kekko e le sue kappa dei Modà.
Ieri in libreria è arrivato il nuovo libro dei One Direction.
Visto che vanno in una direzione, il sottotitolo è appunto: "Dove siamo arrivati".
Non è che si possa sparare sulla croce rossa né francamente ne avrebbe un senso logico, soprattutto perché trattasi di un prodotto di marketing bello e buono, perciò tra dichiarazioni alle fan su quanto esse siano fantastrabiliose e immagini di loro festanti, non ti aspetti di trovare un prodotto di alta letteratura.
Eppure le biografie di musicisti hanno dato alla luce libri significativi, non ultimo "Più pesante del cielo", il celeberrimo libro sulla vita di Kurt Cobain, che personalmente tra una droga e l'altra ad un certo punto mi aveva alquanto appallato, ma la cui ottima scrittura era innegabile.
Oggi perciò volevo consigliarvi due libri di e su due musiciste: Violeta Parra e Patti Smith.
"Violeta Parra è andata in cielo" 12,90 euros, Casini editore, piacerà a tutt* coloro che amano Frida Kahlo, Tina Modotti, il Che e in generale il Sudamerica.
Scritto dal suo primogenito Angel, anche lui cantante torturato e imprigionato durante la dittatura in Cile, parla in modo purtroppo troppo breve della vita di colei che scrisse l'indimenticabile "Gracias a la vida" (canzone ahimè sfortunata vista la triste fine delle sue interpreti). Violeta era la figlia poverissima di un'india e un maestro "bianco", imparò a suonare la chitarra da sola e riscoprì il patrimonio delle canzoni contadine e popolari cilene intervistando incessantemente la gente del popolo. Nacque così in lei quel forte sentimento di solidarietà verso tutti i deboli e rabbia verso i potenti e i ricchi che fu, assieme alle passioni amorose, il vero motore della sua intensissima vita.
Il secondo libro è invece "Just Kids", ed. Feltrinelli 19 euros (ancora niente economica..).
Trattasi di un memoir di gioventù, in cui Patti Smith rievoca, senza nostalgie del tipo "Ehi era tutto più fico" (anzi), i suoi vent'anni a New York assieme a Robert Mapplethorpe, quando nessuno dei due aveva la minima idea di chi sarebbe diventato. Dopo una gravidanza indesiderata, Patti Smith scappa a NY e per anni vive in poverissime stanze d'albergo tra fame perenne e lavori che venivano e andavano, vestiti cuciti da soli eppure un'inventiva incessante e debordante. Trovo personalmente che sia una strana autobiografia: poco celebrativa e soprattutto molto poco distaccata, come se la Smith avesse ancora vent'anni. Non so come possa ricordare con tanta precisione eventi di cinquant'anni fa, io faccio già fatica a distinguere l'immaginazione dal vero in episodi delle superiori!
Voglio infine lasciarvi quella che considero l'autobiografia musicale più surreale nella quale mi sia capitato di imbattermi, trattasi di "Come un pittore" di Kekko dei Modà.
Preciso, non voglio esprimermi sulla musica perché è un blog di libri e sono una vigliacca, ma posso assicurarvi che questo libro non è "Open" di Agassi. Non solo perché Kekko non è Agassi, ma perché in questo caso è certo aldilà di qualsiasi ragionevole dubbio che questo libro lo abbia scritto Kekko con le sue sante mani. Vi sfido a cercarlo, sfogliarlo e trovarvi una sola consecutio temporum facendovi strada tra la selva di parolacce impilate di seguito manco fosse Ozzy Osbourne. Il livore che prova poi verso i Negramaro è una sorpresa. Non sapevo nemmeno che si conoscessero.
In ogni caso, almeno sul fronte letterario, Kekko e tutte le sue kappa possono sentirsi al sicuro: lui e Sangiorgi viaggiano alla stessa velocità di crociera.
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mercoledì 28 agosto 2013
I ragazzini in libreria o anche il momento in cui capisci che è ora di tifare per Capitan Uncino.
Oggi affronteremo con sagacia, astuzia e perizia, quello che è uno dei gruppi più affascinanti che amano pascolare nelle librerie: i Ragazzini.
Posti in quell'età di disperazione che viaggia dagli 11 (sì, già a 11 ci son molti precoci) ai 18 (poi si entra nel campo della molestitudine adulta), si aggirano spauriti e spessissimo rumorosi tra scaffali che considerano tra l'ostile e lo sconcertato.
Chi mai può aver scritto tanta roba? E, soprattutto, perché?
So che probabilmente è la vecchiaia che dà le sue prime avvisaglie e che prima o poi mi trasformerò in un'arpia malvagia (mi viene sempre in mente la frase "Ma lei non è mai stata bambina"?) e vi giuro, mi sforzo di pensare al discorso ne "Il Cortigiano" di Castiglione, in cui un tizio dice che le generazioni precedenti pensano alle successive come ad un covo di mentecatti, ma posso assicurarvi che è davvero dura.
Finché sono bambini, se beneducati, sono anche carini e commoventi, ma quando passano la linea d'ombra dell'adolescenza eccoli planare come branchi di bufali in fuga.
Ci sono poche occasioni in cui i ragazzini calano in libreria, analizziamone dunque i più diffusi.
I BARBARI DEI COMPITI PER LE VACANZE: Giungono in massa per farsi, credo, coraggio e balbettano spauriti il nome di Calvino come se fosse un perfetto sconosciuto di origine siberiana, strabuzzano gli occhi sconvolti davanti a più di 100 pagine e fanno collette per comprare in tre un solo libro e spendere il rimanente in altro. Si mostrano in tal caso remissivi e pronti al consiglio.
Puoi conquistarli in una sola rapida frase: questo libro che ti hanno consigliato ha 100 pagine meno dell'altro. In quell'istante capiscono che sei loro amica e sono pronti a giurarti eterna fedeltà. Con subdole tecniche e molta astuzia si può persino convincerli a tentare di leggere il libro vero e non i riassunti su internet. Visti una volta a giugno, hai speranze di rivederli di tanto in tanto durante l'anno, quando, come colpiti da tortura biblica verranno a chiederti qualcosa come i "Malavoglia" o "Mastro don qualcun altro" (in questo caso spezzo una lancia a loro favore: ma si può dar loro da leggere "Mastro don Gesualdo"??? Persino io ricordo con ribrezzo il vecchio tirchio con la pancia anche se non mangiava che un tozzo di pane e formaggio! Ci credo che poi non leggono più).
I GIOVANI RIBELLI: Giungono firmati di tutto punto o anche non firmati, ma con l'I-phone e decidono che devono dimostrarti che tu sei vecchia e loro giovani. Come? Facendo quanto più casino possibile. Si lanciano libri, spostano le sovracoperte, mettono a soqquadro la sezione di fotografia costellata da nudi artistici, gridano come pazzi rischiando di prendersi le bastonate dall'anziano riottoso di turno.
Con sguardo di sfida ti chiedono cose come il "Mein Kampf", quando ne vedono il numero di pagine lo poggiano scottati. Corrono e di solito hanno con loro una sola ragazza che cerca di invitarli a darsi un contegno salvo poi unirsi al gruppo di ribellione molesta. Fuckin' libraio olè! Perché? Non lo sanno manco loro, sono già usciti senza comprare nulla se non la ricarica del cellulare.
LA SPERANZA PER IL FUTURO: La speranza per il futuro è ciò che dona gioia e tripudio nel tuo cuore. Giunge con fare tranquillo e ti chiede autori che riesce a pronunciare con cognizione di causa, cerca libri che non sono nella lista scolastica e non è necessariamente un piccolo nerd che scrive poesie alla luna come Cirano de Bergerac. Quando è femmina al massimo ha un'amica con cui condivide passioni e dolori, nel caso sia maschio (e devo dirlo, lo è più spesso, non so perché) è attorniato da una folla di amiche cinguettanti e adoranti che apprendono i suoi consigli e forse, già che ci sono, danno un'occhiata a qualche libro. Non appare quasi mai da solo se non in strani pomeriggi invernali.
LA RIVINCITA: C'è un sacro momento in cui il libraio può sentire la rivincita tra le dita , ed è al fatidico scoccare dei 18 anni. E' quello il momento in cui il ragazzino ribelle mette la testa a posto e decide che forse è il caso di tentare l'esame di ammissione a qualcosa, ed è allora che penderà dalle tue labbra. Sconcertato dalle sue lacune, verrà a chiederti come mai l'Alpha test di medicina prevede una cosa come 6535635635 edizioni diverse o perché bisogna sapere la cultura generale per tentare l'ammissione a Ingegneria.
Il momento in cui si perdono nei meandri dei quiz a risposta multipla è per tutt* noi un istante di puro trionfo, salvo poi girarsi e trovare la sezione di fumetti come se una bomba fosse esplosa nel mezzo in tre rapidi saldi.
E' allora che senti la risata sonora di fondo e capisci che si ricomincia.
martedì 27 agosto 2013
Narrativa rosa/sadomaso for dummies. Quando la bisbetica domata cerca il principe azzurro con frustino incorporato.
A meno che non abitiate in un'altra galassia saprete come me che da un anno a questa parte le donne hanno deciso di diventare delle grandissime appassionate di sadomasochismo for dummies.
Quando ho iniziato a lavorare in libreria, la sezione di erotismo veniva considerata una sottosezione della narrativa rosa, era della grandezza di mezzo ripiano, e a parte De Sade e Anais Nin potevi trovare poca altra roba, che peraltro in genere non c'entrava nemmeno nulla. I racconti gay e lesbici per dire, finivano lì d'ufficio pure se di porno o erotico non avevano nulla, in nome credo di immani pregiudizi. Se avrete fatto un recente giro in libreria, vi sarete invece accorti che ora ci sono interi scaffali che traboccano felici.
Non sono bacchettona, se le donne (continuo a dire le donne perché gli uomini la narrativa erotica non la leggono tanto. Ho due supposizioni: 1) Amano di più la questione in video. 2) Giudicano il settore rosa appunto solo rosa), comunque dicevo, se le donne hanno scoperto le gioie delle letture erotiche anche in un paese ultracattolico come l'Italia, facciamo mille urrà per tutte noi.
Vi dico subito che questi urrà tocca frenarli sul nascere.
Questa traboccante narrativa erotica per prima cosa non è così erotica come vogliono farci credere, semplicemente ora ficcano dei rapporti sessuali nei due soliti schemi di trame:
Schema 1) La bisbetica domata. Rientrano in questo settore tutte le trame in cui lui e lei non si sopportano, ma sotto sotto si fanno del grandissimo sangue e per qualche motivo devono fingere di amarsi o di stare insieme: può essere eredità, promozioni sociali, promozioni lavorative o anche l'isola deserta.
Non ci credete? Ebbene l'isola deserta in pieno Beautiful style è la cornice di "Iniziazione" di Evie Hunter, ovviamente edizioni Newton e Compton che su questo fronte non sono seconde a nessuno.
Il titolo, che eccezionalmente non contiene la parola sottomessa, ovviamente tiene implicito che lei è una vergine delle rocce o una donna lavoratrice tutta d'un pezzo (che per questi scrittori è più o meno la stessa cosa, che si sa, la donna che lavora non batte chiodo) e prevede che lui, in questo caso divo fichissimo, la inizi nel periglio a torbidi desideri.
Lo schema, che è tipo quello che va in giro da sette miliardi di anni, ovviamente si snoda in modo che lui esperto domini lei inesperta, ma vogliosa, attenzione eh, vogliosa solo di lui nello specifico: il principe azzurro col gatto a nove code in mano.
Schema 2) La vergine delle rocce/donna d'affari tutta d'un pezzo con vita appagante ma non fino in fondo o vita sfigaterrima (in genere c'è sempre un grande trauma del passato da superare), scopre le gioie dell'ammmore sadomaso e quindi nuove sgargianti rivelazioni grazie a lui, figone bonazzo espertissimo, non si sa perché ancora libero come un fringuello.
Fanno parte di ciò, oltre al celeberrimo 50 sfumature (ma avete provato almeno a leggerne un capitolo? Fabio Volo in confronto è Joyce) anche "Diario di una sottomessa" storia hot di una giornalista che chiarisce subito di non essere una perversa, e la trilogia italiana dell'estate "Io ti guardo-sento-voglio" di Irene Cao (la quale sarà forse una fan sfegatata di Camerini e "Rock'n'roll robot"?) o altri titoli significativi come "Liberami".
Oh, mai che ci fosse un uomo cesso o manager d'affari represso con trauma del passato che viene risvegliato alla passione da una fotomodella espertissima che stava aspettando solo lui. E come sarà mai questa cosa?
Ma finché si tenta di far passare uno schema sessual-patriarcale trito e ritrito come una revolucione sexual in nome dell'uso di un frustino in luogo della posizione del missionario, le dighe dell'orrore possono anche contenersi. Non possiamo rimanere indifferenti quando scopriamo che persino la storia è stata rimaneggiata per i torbidi pensieri delle sciure moderne.
Forse vi è sfuggito il terrebondo "Mille baci e ancora cento" di Laura Sciolla in cui, sulle note de "L'arte di amare" di Ovidio, amoreggiano nientemeno che il povero Catullo e la sexy Lesbia.
Son queste cose che dovrebbero essere impedite per legge. Oppure, sul frontespizio dovrebbe campeggiare una di quelle belle poesie goliardiche che mai ti fanno studiare alle superiori, lasciandoti pensare il vetusto poeta come un moderno mister Grey, ma danaramente più sfigato. Scommetto che l'idea del giovane poeta adorante e sbacettante, morirebbe nell'arco di cinque minuti. Ve ne lascio solo una e non certo la più sconcia, questa sì che è una buona lettura.
"Ti prego, mia dolce Ipsililla,amore mio, cocchina mia,invitami da te nel pomeriggio.Ma se decidi cosí, per favore,
non farmi trovare la porta già sprangatae cerca di non uscire, se puoi,restatene in casa e preparaminove scopate senza mai fermarci.Se ne hai voglia, però, fallo subito:sto qui disteso sazio dopo pranzoe pancia all'aria sfondo tunica e mantello."
lunedì 26 agosto 2013
Yukio Mishima. "Le confessioni di una maschera" di un controverso samurai.
Ammetto come lettrice e libraia di essere vittima di preconcetti sugli autori.
E' un limite, lo so, ma se a monte sono consapevole che un autore mi sta sulle ovaie per un qualche motivo (era un misogino, un violentatore seriale, un terrorista, la compagna di un ex terrorista che si ostina a difenderlo ecc ecc) mi passa la voglia di applicarmi. Penso che in linea di massima essendoci una vasta letteratura in cui immergersi non avrò poi fatto questo gran danno.
Tuttavia un autore ha scardinato le mie certezze e no, non è quel maniaco di D'Annunzio, ma Yukio Mishima.
So che ha molto successo tra la popolazione maschile, affascinata non tanto dai romanzi, quanto dalla produzione sulle regole dei samurai, l'uomo virile, mens sana in corpore sano e combattente ecc. ecc. insomma, tutta quella retorica machista tipo "tanti nemici tanto onore" che fa sentire fico anche l'essere di sesso maschile più imbelle.
Io quella parte, devo dire, me la sono risparmiata. Lessi casualmente "Dopo il banchetto", quando ero ancora alle superiori, e nonostante parlasse di un donna proprietaria di una sorta di ristorante che raccoglie fondi elettorali per suo marito (in una società formale come quella giapponese lanciarsi in qualcosa che abbia a che spartire con le cariche pubbliche è tipo un incubo), mi piacque moltissimo. Lessi di seguito "La voce delle onde" e "Morte di mezza estate", ma dovevo ancora imbattermi sia in quello che è universalmente considerato il suo capolavoro, sia in quello che personalmente considero il mio preferito.
Il primo è "Confessioni di un maschera", (ed. Feltrinelli appena 7,50 euros!) e a questo punto possiamo dirlo: per chi lo ignorasse, Yukio Mishima era ossessionato da un nazionalismo iperpatriottico che lo portò a commettere seppuku in diretta tv nazionale dopo aver occupato il ministero della difesa (o come lo chiamano in Giappone). Sì, è assurdo, sì anche io ho pensato fosse ancora più assurdo quando ho letto per bene la descrizione che qui vi risparmio, ma si trova agevolmente nel web.
Era perciò costui un esaltato di idee neanche tanto criptofasciste, eppure, al contempo era un genio.
In "Confessioni di una maschera", Mishima descrive senza dirlo apertamente, (il protagonista non dice mai il proprio nome), la propria infanzia e adolescenza sospesa tra due forze terribili e contrastanti: il desiderio disperato di integrarsi con i suoi coetanei in un ambiente molto virilizzato e spesso paramilitare e il desiderio erotico che prova verso gli altri uomini. L'odio, la disperazione, l'angoscia e il livore che il protagonista prova nei confronti della sua natura omosessuale lo spingono a qualsiasi tentativo di rinnegamento, compreso l'approccio amoroso (vano) verso una ragazza.
Forse non tutti sanno che, nonostante Mishima fosse sposato con due figli, ebbe frequenti storie d'amore con altri uomini e si presume che il suo più fidato discepolo (quello che peraltro doveva finirlo nel suicidio rituale) fosse il suo amante.
Devo dire, che sadicamente, penso sempre di disvelare questi particolari omoerotici ai tizi tronfi che se ne vanno baldanzosi con le loro "Lezioni spirituali per giovani samurai" strette tra le mani, ma vilmente taccio.
Il romanzo di Mishima che invece personalmente preferisco è "Musica" (anch'esso ed. Feltrinelli a 7,50 eurosss!) e si tratta di una sorta di mockumentary su carta di un caso psicanalitico.
Lo psicologo Shiomi Kazunori, si vede arrivare in cura una bellissima ragazza di nome Reiko che afferma di non riuscire a sentire la musica. Ovviamente ciò non è possibile e allora la storia, costruita come un giallo investigativo, diventa una ricerca della verità: cos'è che realmente non sente la ragazza? E perché? Cosa si nasconde nel suo passato?
E' veloce, intelligente e diverso dagli altri libri di Mishima, ma trovo che conservi intatto nella scrittura quel tocco torbido e al contempo affascinante che ne era la sua firma e la fonte del suo grande e controverso talento.
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domenica 25 agosto 2013
Libri da Indiana Jones. "La falsa scienza" e il vero verissimo Manoscritto Voynich.
Quando ero bambina subii un imprinting devastante per la mia esistenza: vidi Indiana Jones.
Non che abbia mai amato eccessivamente il cinema, ma le avventure del caro Indiana che combatteva i nazisti mi colpirono al punto che iniziai a concepire l'archeologo come unico mestiere degno di nota. Fu per sua colpa che mi iscrissi al liceo classico, convinta che la conoscenza del greco antico mi avrebbe consentito di scoprire la tomba perduta di Alessandro Magno e, sempre per sua colpa, che deviai leggermente dall'archeologia allo studio dei libri antichi immaginandomi cacciatrice di tesori indicati solo su perduti manoscritti.
Come progettare la propria vita su basi completamente sbagliate.
Tuttavia se Indiana Jones e i suoi epigoni hanno avuto tanto e tale successo vuol dire che non solo io sono stata vittima del fascino dell'archeologo con la frusta e la quantità di libri su misteri, manoscritti, segreti crittografici e compagnia bella lo confermano.
In libreria è arrivato quest'estate un libro inopinatamente sistemato in scienze, per il suo titolo equivoco, "La falsa scienza" di Silvano Fuso edito da Carocci.
Il libro fa un elenco di misteri scientifici e archeologici che si sono rivelati alla lunga o alla breve dei falsi storici. Ci sono i fatidici teschi di cristallo su cui anche Indiana si è concentrato ultimamente, il gigante di Cardiff e il rospo ostetrico, gli OOPArt, gli oggetti archeologici fuori dal tempo (di cui uno, ovviamente greco è però originale!!) e le teorie teoricamente vere, ma praticamente indimostrabili di un eminente fisico sui viaggi nel tempo!
E' costruito in modo agile e intelligente. Ogni capitoletto, di poche pagine, comincia facendovi riflettere su un caso assurdo che poi viene spiegato nelle righe successive svelandovi l'esistenza di personaggi misteriosi e assurdi che hanno attraversato la storia cercando di piegarla alla loro fantasia.
Presa dalla foga mi sono lanciata alla ricerca di un libro che parlasse di libri misteriosi da leggere e consigliare, ma al momento le mie ricerche hanno dato frutti strani e instabili. La maggior parte dei libri su tali libri o sono molto barbosi o meritano un posto nella sezione di esoterismo, la qual cosa non è mai garanzia di bontà.
Mi è venuto allora in mente di consigliarvi IL libro misterioso per eccellenza: il manoscritto Voynich.
Lo conoscete?
Si tratta di un manoscritto, ritrovato in una villa vicino Frascati, che dei monaci mai abbastanza maledetti vendettero all'inizio del '900 a tale Voynich, un mercante di libri rari. Attualmente si trova nella biblioteca della Yale University, la quale almeno ha avuto il buon gusto di farne una scansione completa che ha messo su internet.
Il manoscritto, redatto su pergamena, è datato indicativamente a inizio '400, appena prima della rivoluzione di Gutenberg e la sua particolarità è quella di essere scritto in una lingua che non esiste e di mostrare piante che non sono mai esistite.
I crittografi si dannano su di lui da ormai un secolo e tutto quello che possono dirci è che non si tratta di un falso storico, ma non si sa ancora neanche per quale fine sia stato costruito.
E' solo uno dei manoscritti reali e misteriosi che esistono, dovrò dedicargli un post.
La loro scoperta è stata praticamente l'unica cosa che ha davvero giustificato lo studio e i miei sogni di bambina, che si vedeva scappare tra le piramidi con un varano appeso al collo e un manufatto rarissimo tra le braccia (non certo arrampicata su degli scaffali alle prese con padri della domenica).
La loro scoperta è stata praticamente l'unica cosa che ha davvero giustificato lo studio e i miei sogni di bambina, che si vedeva scappare tra le piramidi con un varano appeso al collo e un manufatto rarissimo tra le braccia (non certo arrampicata su degli scaffali alle prese con padri della domenica).
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sabato 24 agosto 2013
Fenomenologia dell'Anziano in libreria. Parte one.
L'anziano in libreria è una creatura estremamente facile da avvistare e può assumere varie forme, più o meno moleste. Probabilmente attirato dalla supposta tranquillità della libreria, mediamente meno rumorosa degli altri negozi, fresca in estate e calda in inverno e sempituramente aperta, suole adagiarsi sulle poche poltrone libere impedendone l'uso a chiunque altro.
Ma passiamo in rassegna le tipologie più diffuse.
Ma passiamo in rassegna le tipologie più diffuse.
IL VECCHIO SCESO DALLA MONTAGNA: Trattasi degli anziani che vivono spersi da qualche parte, comunità montane, campagne insondabili, paesi ancora privi dell'adsl. Vengono in città una volta ogni due o tre mesi e si aspettano di disbrigare tutte le faccende possibili e inimmaginabili in un pomeriggio. Entrano in libreria e non riescono assolutamente a capire perché non disponiamo di tutti i libri ci cui hanno bisogno (i quali libri in genere sono così specifici sull'agricoltura diretta, gli animali, i fiori alpini e i pesci degli abissi che risulterebbero introvabili anche in una libreria specializzata).
Messi davanti alla possibilità di ordinarli e riceverli in una o due settimane, rispondono indignati che passeranno di nuovo in città solo dopo il disgelo, minimo tre mesi dopo.
L'ANZIANO RIOTTOSO: O anche, quando la libreria funge da sfogo sociale. Sono gli anziani convinti di aver sempre e comunque ragione in funzione del loro secolo d'età. Qualsiasi cosa tu dica è sbagliata perché sei più giovane (e in genere anche perché sei donna, visto che la rivoluzione sessuale è passata indenne su di loro), sono certi che il libro che il nipote si è autopubblicato su qualche sito sia nascosto da qualche parte, ma tu non voglia mostrarglielo di proposito. In genere hanno un linguaggio colorito e cercano di essere fantasticamente rumorosi nelle loro proteste, sperando, credo, che qualche superiore si interessi al loro caso.
L'ANZIANO CHE PRENDE LA LIBRERIA PER UNA BIBLIOTECA: E' una categoria che ha due varianti: una simpatica e una insopportabile.
La variante simpatica viene tutti i giorni, si siede su una poltroncina per intere mattinate o pomeriggi, prende un libro che gli interessa e ne legge una buona parte tutti i giorni. Quando lo finisce ne sceglie un altro e via all'infinito. Si porta thermos (giuro) e comodità varie, talvolta anche copertine. Rimane in religioso silenzio, imperturbabile a qualunque caos e richiesta della poltrona. Mi fan simpatia perché immagino non possano permettersi molti libri nuovi e al contempo impediscono ai pazzi tutti di occupare poltrone con scopi molesti.
La variante antipatica viene meno frequentemente, ma rompe le scatole a tutti, commessi di libreria e clienti, perché lui è venuto lì per leggere e la gente non può permettersi di fare casino. Anche lui occupa poltrone per ore, ma si mette vicino una ventina di libri da spulciare che poi provvede a disseminare ovunque causandone una protratta irreperibilità. Se osi avvicinarti per consultare la sezione o aiutare un cliente, protesta a oltranza. Anche lui dispone di thermos e talvolta anche di ripiani pieghevoli su cui riporre i suoi effetti personali nelle sue lunghe ore di permanenza.
L'ANZIANO VITTIMA DEI SUOI NIPOTI: Il poveretto viene in genere tiranneggiato (dal suo punto di vista con amore) da adolescenti che non staccano gli occhi dall'I-phone o da nipoti universitari che non si degnano neanche di accompagnarli. Cercano libri di cui o non gli è stato riferito completamente il titolo e neanche l'argomento, oppure ce l'avevano scritto su un fatidico foglio che però è rimasto a casa. Pensano che la dicitura libro universitario ti consenta di entrare in contatto telepatico col nipote non presente e capire magicamente cosa stanno cercando. Quando capiscono che ciò non avviene, si attaccano al cellulare costringendoti a parlare con l'assente, il quale è anche scocciato per l'intrusione e risponde dimostrandosi molto contrariato quando gli annunci che no, il manuale di antropologia comparata del 1938 o gli studi di linguistica applicata in francese originale non sono presenti in libreria.
E questa breve carrellata è solo l'inizio. Più e più tipologie dell'anziano si annidano e possono ancora annidarsi. Ci sono anche quelli carini e servizievoli che sorridono sempre causandomi crisi di commozione. Mi ricordano tutti mio nonno e non è proprio facile spiegargli perché interagisci con loro con gli occhi lucidi.
Cose realmente avvenute. Lo giuro! Quando la sciura ha arraffato una laurea.
Attendetevi prima o poi il fatidico post: "Libri da sciura laureata che non ha mai lavorato un giorno in vita sua."
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venerdì 23 agosto 2013
Alan Turing. Il genio gay che morse la mela.
Non molti anni fa, nella nostra stessa galassia era nato e morto l'uomo che avrebbe tormentato le mie notti di tesista di materie umanistiche con le sue astrazioni matematiche. Era strano, faceva la maglia, era un eroe di guerra, omosessuale, spiritoso e molto balzano, il cui nome, Alan Turing, dopo anni di oblio riecheggia finalmente nelle nostre stanze.
Non è secondario il fatto che fosse omosessuale, a ciò deve il suo suicidio indotto da una società incivile e puritana in cui lui ingenuamente confidò, dichiarandosi tale, convinto (in un'epoca in cui neanche la stragrande maggioranza dei gay ne erano convinti) che non ci fosse assolutamente niente di male.
Il centenario della sua nascita l'anno scorso, e le scuse molto tardive di Cameron, hanno riportato alla luce la vita di questo genio, che precedentemente era stato strappato dall'oblio e dal sonno dei mostri, solo dalla bellissima biografia di Andrew Hodges, "Alan Turing. Storia di un enigma", edita in Italia da Bollati Boringhieri.
Le biografie sono un genere che mi affascina molto, probabilmente c'è in me del voyerismo pettegolo e non me scuso. Solitamente ne traggo un effetto galvanizzante non secondario: se in un lasso di tempo tanto breve una persona è riuscita a fare questo, perché non dovrei impegnarmi molto di più anche io?
Questa biografia in particolare poi, è davvero considerevole.
L'autore è matematico prima che scrittore, ciononostante è riuscito a spiegare anche ad una profana come me i complessi passaggi tra la matematica e l'informatica che Turing si pregiò di compiere sognando macchine che lo comprendessero meglio degli uomini.
Oltre ad una ricostruzione particolareggiata della sua vita e morte (per chi non lo sapesse mangiò una mela avvelenata, Biancaneve style, dopo che un tribunale inglese lo costrinse ad una terapia ormonale per "guarire" dall'omosessualità), il libro insiste molto su un concetto che mi è caro.
Turing non fece quel che fece perché era omosessuale. Sarebbe stato un genio a prescindere. Tuttavia se non fosse stato omosessuale non avrebbe avuto quella diversa concezione del mondo che lo ha indotto a cercare nuove strade. E' qualcosa di sottile, ma è questo secondo me il vero motivo della supposta creatività gay. Dover continuamente adattare e adattarsi ad una realtà che è costruita per un altro modello dominante.
Lo consiglio, per Turing, per la scrittura e per il gusto di riuscire a capire qualcosa di scientifico anche quando non si è portati manco per sbaglio.
Da leggere in maniera complementare, aggiungerei "Enigma. La strana vita di Alan Turing" la graphic novel di Francesca Riccioni e Tuono Pettinato edita da Rizzoli Lizard.
Lo stile è quasi fiabesco, e proprio per questo lo farei leggere a mani basse già alle medie. Quando vedo i genitori della domenica alle prese con gli stessi identici libri per l'estate che gli insegnanti rifilano ai loro figli, mi chiedo sempre perché la scuola non usi un filo di inventiva in più. Se avessi letto un libro del genere a 13 anni magari avrei trovato qualcosa di affascinante nella matematica, chi lo sa.
(Ok, lo so, è una pura illusione, ma lasciatemi sognare, e il discorso rimane valido comunque).
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Cose realmente avvenute! Lo Giuro! (Ammetto anche che è una delle mie preferite).
Ovviamente era una madre di famiglia in cerca del libro estivo per il figlio, le riconoscerei bendata e col paraorecchie.
giovedì 22 agosto 2013
"L'intervista" di Manuele Fior e "Vertigine" di Melissa P. Le vette (il primo!) e gli abissi mortali (il secondo) delle graphic novel italiane.
In Italia siam esterofili per un mucchio di cose.
Tutto quello che vien da fuori è meglio fosse anche prodotto dall'asettica Svizzera (che con mio stupore qui al nord è vista come la terra promessa colma di ogni ben di dio, tipo il Vaticano a Roma), ma vabbeh è cosa risaputa e non sta a me ricordarlo per la settemilionesima volta.
Eppur l'Italia, soprattutto negli ultimi anni, è un fiorire di graphic novel interessanti, escludendo a priori dal discorso i mostri sakri dei tempi che furono. Diciamo che da quel che arriva in negozio l'italica produzione si divide in due filoni (tutto si divide in due filoni lo so, non ci posso fare nulla): opere di buona volontà, ma scadenti in modo imbarazzante e opere veramente veramente veramente considerevoli. Non ci son vie di mezzo.
Nel primo gruppo purtroppo van spesso a finire robe di denuncia sociale o storie istruttive di uomini e donne che si sono battuti per qualcosa. Ricordo, ad esempio, una graphic novel sull'imprenditore Libero Grassi, ucciso dalla mafia, che aveva tutte le migliori intenzioni, ma era insostenibile. C'erano dei disegni, francamente non troppo belli (ma de gustibus) e una sceneggiatura non da fumetto: lunga, verbosa, carica. Si finiva per avere l'impressione di leggere un libro illustrato e pure male.
Non parliamo poi di abomini tipo la graphic novel con cugine lesbiche di cui una pure drogata che viene salvata dall'altra grazie all'aiuto della madre morta (ve lo giuro, o forse era un altro parente morto, ma insomma il tono era quello), di cui dobbiamo la sceneggiatura alla mai abbastanza sopravvalutata Melissa P. Aveva nome "Vertigine" e se ve la siete persa non avete fatto un soldo di danno.
La cito perché so quanto il popolo Glbt sia speranzoso di trovare prodotti di qualità con storie omosessuali rischiando di cadere nell'acquisto di porcherie del genere (allarme rosso donzelle!!).
Un'opera che è uscita di recente e che mi ha assolutamente conquistato è invece "L'intervista" di Manuele Fior edita da Coconino Press, 17,50 euro molto molto ben spesi.
E' stupenda. Ve la consiglio e riconsiglio.
La storia si basa su un'idea affascinante: il conflitto generazionale nel 2048, praticamente quello che la mia generazione avrà con la successiva. Non è la solita utopia negativa, non ci sono guerre, sangue, morti o regimi reazionari a bloccarci le emozioni, i computer non hanno preso il sopravvento e neanche i robot. Semplicemente i nostri figli e nipoti saranno degli hippie poliamoristi che ameranno vivere in comuni in pieno stile anni '70 e noi ovviamente stenteremo a capirli. La loro utopia è vivere tutti assieme, uniti, stretti in un'unica emozione, senza gabbie imposte dalla società. Finirà tristemente com'è finito il periodo dei figli dei fiori?
La chiave forse sarà nell'incontro tra uno psichiatra cinquantenne in crisi familiare e personale e una ragazza che dice di vedere e sentire cose che gli altri non vedono (e forse le vede davvero e forse no).
Lo stile del disegno è essenziale e azzeccato, la storia scorre senza pesantezze in una ragnatela ben congegnata. Un prodotto italiano di cui andare fierissimi che nulla e nulla ha da invidiare agli autori stranieri.
Perciò mollate quel golfino autunnale che stavate per comprare o quel cabaret di paste di cui sentivate la necessità: ci son libri su cui investire è molto meglio.
mercoledì 21 agosto 2013
Giovani vite cinesi bruciate. La borghese "Shanghai Baby" e il reietto "Il maestro della notte".
La mia passione per il mondo orientale mi ha spinto negli anni a leggere inopinatamente tutto quello che passavano le biblioteche dove amavo bivaccare da vera sfigata per interi pomeriggi (adesso sarei una nerd, ma alla mia epoca ero una sfigata, nemmeno secchiona perché studiavo solo le cose che mi piacevano e avevo buchi neri in matematica e fisica). Ciò mi ha sospinto a conoscere una quantità di libri oltre che giapponesi (il mio vero interesse), anche cinesi.
Ho amato, confesso, i China-scrittori molto meno dei Japanese. Non so se la mia è un'opinione condivisa, ma trovo che i cinesi abbiano un gusto per il morboso e il particolare disgustoso (meglio se di origine corporale) che riesce e distruggere qualsiasi poesia e a guastare lievemente ogni trama. Non parliamo poi delle descrizioni dei rapporti sessuali et simili, così inutilmente particolareggiate da farti quasi dire: "Guarda di quanto sudi non ce ne frega niente".
Tuttavia temo sia un mio limite culturale che prima o poi dovrò colmare dandomi alla lettura di qualche libro di critica letteraria cinese (se qualcun* ha suggerimenti sappia che son graditi).
In Italia ho notato che vengono tradotti due grandi filoni della narrativa cinese contemporanea: gli scrittori very strong e very important tipo Mo Yan o Su Tong e le storie di adolesciiiienze e gggggiovinezze perdute (la Mian Mian generation), non so se è per dare un'immagine moderna della società cinese o per chissà quale altro motivo.
Oggi perciò consiglierò due libri di questi gggiovani ribelli chinesi, che in fin dei conti non è che siano tanto diversi da noi, diciamo che hanno più sensi di colpa e trovano più gusto e pericolo a ribellarsi ad un sistema precostituito.
Il primo è l'abbastanza conosciuto "Shanghai baby" di Zou Weihui, molto osteggiato in patria, con tanto di censure e diffusione tramite mercato clandestino, da cui so che è stato tratto anche un terribile film che mi sono sempre rifiutata di vedere.
La storia, parzialmente autobiografica, narra la vita di Coco e dei suoi amici, giovani aspiranti intellettuali e artisti appartenenti però ad un ceto culturale e sociale discretamente elevato (per intenderci sono quelli che non diremo intellettuali impegnati, ma nonostante la ribellione intrinsecamente borghesi). Coco, che ha scritto una raccolta di racconti censurata, frequenta l'università Fudan e ha una storia con un bellissimo ragazzo cinese ahimè per lui impotente e con un uomo d'affari tedesco (biondo e peloso, la cosa dei peli viene ripetuta spesso in nome della morbosità culturale cinese), che nell'ottica orientale è il massimo del sex appeal. Tra amici, amori e parenti la vita scorre compulsivamente e falsamente luminosa come i cartelloni pubblicitari al neon appesi ai grattacieli di Shanghai.
(Ne esiste, avviso anche un seguito, di gran lunga inferiore: "Sposerò Buddha", in cui lei scrittrice di successo vaga per il mondo alla ricerca di se stessa. Scontato e noiosetto, non cascateci).
Il secondo libro, che volendo fa pendant, è invece "Il maestro della notte" di Bai Xianyong, tradotto in Italia dall'Einaudi.
La storia, in questo caso, ha per protagonista un ragazzo omosessuale nella Taiwan degli anni '70, che nonostante un'atmosfera vivace e sognante non era proprio il posto ideale dove essere gay. L'aria che si respira è completamente diversa dal mondo ovattato dei giovani ribelli della Zou Weihui: qui i ragazzi son reietti della società, poveri che si mescolano solo ad altri reietti (come "i figli della guerra" dalla pelle scura perché nati da padre afroamericano) e vivono avventure borderline in cui trovano una certa poesia, senza riuscire a sottrarsi però ad un sordido orrore di fondo.
Istruttivo, scritto bene, notevole. Per fare un tuffo in un mondo che sembra sempre più vicino, eppure non lo sarà mai.
martedì 20 agosto 2013
"Entità fatate della Padania". La sezione di Esoterismo e il cinghiale di Asterix e Obelix.
C'è questa sezione in libreria che meriterebbe un libro a sé: l'Esoterismo-New Age. Non so se avete mai bivaccato davanti a questi tomi che spiegano il nesso tra i Templari e gli Ufo, tra i Templari e i Bambini viola (non so se li conoscete, sono tipo dei bambini superiori che prima o poi ci soppianteranno con poteri paranormali), tra Massoneria e Atzechi, Ziggurat e cerchi nel grano.
Quello che più spaventa di questa sezione è la variegata clientela che se ne serve. Voi pensate che siano dei seguaci di Ruggeri e di Giacobbo e invece no, anche il laureato in fisica può lasciarsi affascinare dall'ultima teoria su noi reincarnazione del popolo egizio/ufo. Lo so per esperienza dai tempi del liceo, quando un supplente di Storia dell'Arte che ebbi per un anno, parlò a lungo della costruzione degli Ziggurat e delle Piramidi da parte degli alieni e ci tenne una lezione su Praga (meta della gita scolastica) interamente dedicata alla magia nera. Insegnava in un liceo ed era laureato.
In questo magma scomposto si possono trovare cose che trascendono lo sconvolgimento per gettarsi tra le braccia di non so bene neanche io cosa.
Vi porterò (per ora) un esempio su tutti che mi ha causato crisi di risa per ore: "Entità fatate della Padania" by Carla Brughi e Alberta DalBosco, delle magiche edizioni Terra di mezzo.
Dunque, già un titolo che ha la parola Padania dentro per me è fonte di scompisciamento di risa, il fatto che sia poi abitato da entità fatate provoca un cortocircuito logico degno di Bartezzaghi.
Presa comunque da curiosità, sono andata a cercarmi il sito di questa fantomatica casa editrice di cui ricordavo di aver intravisto altri libri padani in bella mostra nelle edicole. Ecco, consiglio a tutti un giretto.
Sotto l'egida dell'amico cinghiale, simbolo della casa editrice (un omaggio ai celtici Asterix e Obelix? Chi può dirlo?), arriverete a perle di cui io mi limito al solo copiaincollaggio.
A proposito delle immaginifiche entità fatate della Padania, possiamo leggere sul sito la seguente descrizione:"Nell’incanto dei monti hanno incontrato (le autrici ndcs) persone meravigliose, gente semplice e ospitale che non negava mai una tazza di latte, un sorriso ed una storia."
Voi ne avete mai incontrate passeggiando per boschi? Magari erano loro le entità fatate.
Anche le biografie dei variegati autori sono fonte di delirio. Scopriamo ad esempio la vita di Mario Negri, autore dell'imperdibile, "Il mondo di oggi e il mondo dei popoli arcaici", che avrebbe ha ricevuto in dono tali segreti nientemeno che in India, Arizona, Irlanda, Norvegia (ecc. ecc.) dove:
"Ebbe la fortuna di incontrare delle persone, sconosciute ai più e generalmente mal disposte nei confronti dei “ricercatori di Maestri” occidentali, dalle quali ebbe utili indicazioni per risolvere il problema che gli stava a cuore."Immagino, la Norvegia piena di persone sconosciute ai più ricolme di segreti a lui donati in nome del suo lavoro nell'editoria (sic!).
Potrei continuare a oltranza, ma questo post diventerebbe lungo oltremodo perciò vi lascio il link al sito dove potrete sbizzarrirvi tra sciamani boreali e danzatrici vergini. A voi il divertimento.
E mi raccomando che il cinghiale sia con voi!!
lunedì 19 agosto 2013
Il mancato passaggio dal personale all'universale. "Apnea" di Amurri e "Il ragazzo che amava Shakespeare" di Bob Smith.
Qualche tempo fa, una balzellante cliente abbastanza sciura, mi chiese di indicarle il settore di "NARRATIVA MEDICA".
Davanti alla mia perplessità replicò che era uno scandalo che non ne avessimo uno.
Tentai allora di capire a cosa si riferisse e dopo avermi spiegato che era un magico settore che viaggiava tra la narrativa-la sociologia-l'antropologia-la psicologia e finanche la medicina e la religione, compresi che cercava quel genere di libri in cui persone che hanno avuto in sorte una qualche disgrazia fisica decidono di condividere la loro esperienza.
Davanti alla mia perplessità replicò che era uno scandalo che non ne avessimo uno.
Tentai allora di capire a cosa si riferisse e dopo avermi spiegato che era un magico settore che viaggiava tra la narrativa-la sociologia-l'antropologia-la psicologia e finanche la medicina e la religione, compresi che cercava quel genere di libri in cui persone che hanno avuto in sorte una qualche disgrazia fisica decidono di condividere la loro esperienza.
In effetti, (per quanto non abbia poi esattamente capito cosa cercasse la signora), è un genere che si presta a molte interpretazioni.
Mi è tornata in mente quando ho dovuto sollazzarmi con l'esposizione dei libri finalisti al premio Strega avendo lì scoperto che esisteva "Apnea" di Lorenzo Amurri, ed. Fandango.
La storia, per chi non la conoscesse, è quella autobiografica di Amurri, che a 27 anni, sciando, ebbe un incidente che lo privò dell'uso delle gambe, e da scatenato musicista sempre in viaggio per il mondo si ritrovò in una vita completamente diversa.
Lo dico. Il libro non mi è piaciuto. Non per la storia in sé ovviamente, che è insindacabile, ma proprio per la sua insindacabilità. Un romanzo, per sua natura, deve essere fonte di interpretazione, ispirazione, domande, perplessità, odio, amore intenso.
Ho sempre avuto l'idea, credo molto condivisa, che in un romanzo ognuno possa vedere lo specchio di se stesso, tutto e il contrario di tutto.
Ho sempre avuto l'idea, credo molto condivisa, che in un romanzo ognuno possa vedere lo specchio di se stesso, tutto e il contrario di tutto.
Una storia insindacabile non può essere classificata come romanzo. Forse dovremmo inventare un settore di narrativa medica o di storie di vita vissuta o di qualcos'altro, ma non trovo che un libro del genere, per quanto ben scritto a livello strutturale, debba essere considerato romanzo e persino candidato allo Strega.
Si dirà che forse eventi del genere non sono descrivibili e scrivibili in altro modo. E invece ci sbagliamo.
Mentre leggevo il libro di Amurri ho pensato molto ad un romanzo bellissimo, "Il ragazzo che amava Shakespeare" di Bob Smith, edito in Italia dalla Tea, prezzo 9 euros (benissimo spesi).
L'autore parla della sua vita di bambino e adolescente con una sorella fortemente disabile che nell'età adulta arriva a rifiutare finendo così per rifiutare per sempre se stesso: non si sposerà, non avrà grandi amori, né figli. La sua unica passione, salvifica fin dall'infanzia, sarà Shakespeare, che lo conquisterà, bambino infelice, con la frase d'attacco del mercante di Venezia:
"In verità, non so perché sono così triste."
Se leggete questo libro, splendido, delicato, molto doloroso, capirete perché il romanzo di Amurri non è un romanzo, mentre quello di Smith sì.
E' qualcosa di impalpabile, eppure fondamentale, la base del talento di uno scrittore: la capacità di rendere una storia dolorosamente universale e non più dolorosamente personale.
E' qualcosa di impalpabile, eppure fondamentale, la base del talento di uno scrittore: la capacità di rendere una storia dolorosamente universale e non più dolorosamente personale.
domenica 18 agosto 2013
Il grande Dramma del rientro. Altro che Maldive, la vera Isolatria è solo per la Sardegna.
Molto traumatizzata dal rientro e in una Milano che sembra il deserto dei tartari, mi accingo a scrivere il mio primo post post-vacanza. Poiché sono ancora sconvolta dal viaggio e il mio unico pensiero è poter tornare all'ombra dei mirti frondosi sulle rive del mare sardo, vi consiglierò due libri sull'isola più amata dagli italiani.
Preciso. Io la Sardegna la amo sul serio e non perché la trovi una meta vacanziera di ineguagliabile bellezza (non solo almeno), ma per motivi familiari molto più profondi con cui eviterò di tediarvi non essendo questo un blog di fattacci privati e lacrimevoli sfoghi (insomma non quel genere di lacrimevoli sfoghi).
Lascerò che a parlare siano due letture, brevi, veloci, agevoli, ma sentite, sull'amore che la Sardegna sa suscitare fino a lasciare il cuore pieno di un'infinita nostalgia.
Il primo è del già consigliato Marcello Fois, "In Sardegna non c'è il mare" che recentemente la Laterza ha rieditato di un'edizione dalla copertina molto discutibile (pare fotocopiata), ma dal prezzo inoppugnabile, 6,90 euros.
Attraverso una serie di ricordi personali e familiari, Fois tenta di spiegare l'amore per la sua terra, la Barbagia ancor prima della Sardegna tutta. Ne ricorda i colori,i profumi, l'aria, l'assenza del mare e i viaggi per raggiungerlo sulla meravigliosa costa vicino ad Olbia. In 136 pagine si viaggia come se si fosse davvero a Nuoro e chiudendo gli occhi si attraversassero le lande brulle infestate di ginepri.
Il secondo, sempre della Laterza, nella graziosa e originale collana Contromano (anche il precedente ne aveva avuto una prima esteticamente migliore edizione), è uscito da poco "Isolatria. Viaggio nell'arcipelago della Maddalena" di Antonella Anedda.
L'autrice è molto ben conscia delle sue geografiche fortune e parla con trasporto del meraviglioso arcipelago della Maddalena, un luogo che chiunque sia stato a colonizzare il Mar Rosso o i Caraibi dovrebbe visitare domani istesso.
Voi che acquistate biglietti per anonimi villaggi della Valtur in Kenya e alle Maldive, non sapete cosa vi perdete in mezzo al mar mediterraneo. Mari che altrove se li sognano, spiagge rosa di coralli, un'isola dove Garibaldi andò a passare i suoi anni post-eroici e a morire, (Caprera), un centro storico che è un incrocio tra la Spagna e la Grecia, passando per la Francia (la Maddalena).
Voi che acquistate biglietti per anonimi villaggi della Valtur in Kenya e alle Maldive, non sapete cosa vi perdete in mezzo al mar mediterraneo. Mari che altrove se li sognano, spiagge rosa di coralli, un'isola dove Garibaldi andò a passare i suoi anni post-eroici e a morire, (Caprera), un centro storico che è un incrocio tra la Spagna e la Grecia, passando per la Francia (la Maddalena).
Sì, lo so, sembra che mi abbia pagato l'ufficio turistico della regione autonoma della Sardegna, ma sareste nostalgicamente sconvolti anche voi se aveste dovuto lasciare posti come questi.
La foto è by me. Prometto che da domani torno a postare cose meno melodrammatiche. Comprendetemi, ve prego.
sabato 3 agosto 2013
Le sudate ferie della giovane libraia!
Ebbene cavi e cave tutti e tutte che mi seguite (se qualcuno c'è nella galassia internet che lo fa, altrimenti è post cattedrale nel deserto style e va bene anche così), anche le giovani libraie addolorate hanno diritto alle loro ferie (ebbene sì ne esiste ancora il diritto per alcuni), perciò anche io mi dileguo come sta facendo l'80% della popolazione italiana e migro in un luogo privo di internet o quasi a smaltire i 40 gradi di questi giorni.
Tornerò parzialmente meno addolorata tra due settimane. Per qualche giorno so che mi sentirò molto meglio, poi tutto ricomincerà come prima e i clienti torneranno carichi e molesti come non mai dalle ferie. Nell'arco di un mese sarò di nuovo seppellita dagli imperdibili best seller dell'autunno e dalle locandine con donne ricoperte di maglioni che sospirano davanti a finestre picchiettate di pioggia perché non vedono l'ora di leggere con un camino a fianco.
Grandi romanzi di formazione senza grande melodramma. Fante e Winterson!
Il romanzo di formazione, questo grande amato.
E' uno dei generi che continuo a preferire, anche in talune (intelligenti) forme adolescenziali.
Se poniamo che una trama si fonda sempre sull'ingresso di un fattore straordinario in un contesto ordinario, l'ingresso dell'età adulta nella propria vita, è a mio parere, il fattore più sconvolgentemente straordinario a cui si possa andare incontro.
Ci son due libri in particolare che amo molto (ok, faccio anche un inchino nostalgico a "Jack frusciante è uscito dal gruppo", che molto mi fece sorridere a 15 anni), e si tratta di "Chiedi alla polvere" di John Fante e "Non ci sono solo le arance" di Jeanette Winterson.
John Fante è un autore straordinario e non servo certo io per dirlo. Aveva quella grazia particolare che permetteva alle sue storie di essere amare eppure ricche di speranza, ed è senza dubbio uno degli autori che più è riuscito ad evocare le sensazioni inquiete dell'infanzia e della giovinezza senza risultare artificioso.
Riscoperto da Bukowski per cui (tenetevi forte) francamente non ho una grandissima simpatia e trovo mortalmente noioso, Fante descriveva sconquassi di cui era vittima priva di vittimismo.
In "Chiedi alla polvere" la formazione di uno scrittore alle prime armi incapace di gestire il proprio denaro e i propri incontri, c'è la naturale incapacità di tutti coloro che per giovinezza o indole non riescono ad aderire completamente alle regole della società e quando tentano, disperatamente, non fanno che sortire strani effetti tragici o comici (non tragicomici).
E' un libro che consiglierei a tutti, ma in particolare a tutti i ragazz* che sognano di diventare scrittori.
Ah, ignorate la copertina dell'edizione Einaudi, abominevole e insensata (che significano delle mani che tengono un palmare??) e l'introduzione di Baricco.
Il secondo libro è invece straordinario sin dall'incipit :
"Come quasi tutti ho vissuto a lungo con mio padre e mia madre. A mio padre piaceva guardare la lotta, a mia madre farla; non importava quale. Lei era nel giusto e poche storie."E' uno degli attacchi più belli che abbia mai letto. La Winterson di cui ho letto anche altre opere, ma mai con lo stesso entusiasmo, racconta romanzandola la storia della sua infanzia e della sua primissima giovinezza.
Adottata da una coppia religiosissima aderente ad una qualche setta cristiana non specificata, da piccola costruisce plastici dell'apocalisse e sogna di diventare una missionaria . La descrizione del contesto surreale in cui cresce è fantastica, mai triste, mai accusatoria. Lei credeva veramente, si divertiva veramente ed era veramente convinta del suo mondo.
Poi, un giorno si innamora di una ragazza e lo straordinario entra in una vita straordinaria sconvolgendola e riportandola sulla terra. La protagonista si sveglia dal suo torpore religioso e si ritrova accerchiata da un mondo che la accusa. Ma anche così non ne fa un dramma, capisce che la vita è altrove e accusare, piangere, essere privi di coraggio non serve a niente. E davvero, non c'è nulla che apprezzi di più in un libro della mancanza del melodramma.
Perciò se siete alla ricerca di storie scritte bene che non tracimano lacrime sangue, sappiate che sono i libri per voi!
venerdì 2 agosto 2013
I libri fuori commercio e le leggi della biblioteconomia.
Una delle cose che più sconcerta i clienti è la capacità dei libri di andare fuori commercio.
Sgomenti, inveiscono increduli quando rivelo loro che un libro del 2005 è ormai vecchio e a meno che non sia un long seller o non abbia altri validi motivi per sopravvivere o molta fortuna, ebbene di certo non è più in giro.
In verità, prima di cominciare questo lavoro, anche io credevo che per parlare di "vecchiaia" di un libro servissero molte più primavere e a posteriori mi dispiace non aver comprato una montagna di titoli (l'esempio più eclatante che ho visto di recente è "Fun home" della Bechdel).
Ci sono vari motivi per cui un libro diventa introvabile, il più odioso di tutti, a mio parere è l'uscita dal catalogo perché ormai di argomenti arbitrariamente ritenuti non più di moda.
E' così che si finisce per avere la biografia di Fabrizio Corona mentre tanta conoscenza viene inghiottita dai magazzini.
E' vero che esistono le sante biblioteche, ma biblioteche e librerie non si equivalgono, e anche se il succo del libro sta nel contenuto, gran parte della sua simbolica importanza sta nell'oggetto, (Ray Bradbury sull'argomento ci ha scritto un libro di direi discreto successo).
C'è un esempio che mi sta a cuore e riguarda una vecchissima collana della Newton (ormai appunto fuori commercio da secoli) che ho amato molto e che ho avuto l'onore di conoscere solo tramite una misteriosa donazione giunta alla biblioteca dove andavo sempre durante le superiori.
Erano dei libri che raccoglievano le canzoni di qualunque protesta: femminile, sudamericane, studentesca, della resistenza.
Erano dei libri che raccoglievano le canzoni di qualunque protesta: femminile, sudamericane, studentesca, della resistenza.
Non è una collana per cui in molti si strapperebbero i capelli forse, tuttavia il fatto che non sia disponibile all'acquisto secondo il proprio desiderio è una cosa che commercialmente sarà pure comprensibile, ma intellettualmente è insostenibile.
La questione, che è il nocciolo di tutte le questioni è cosa sia davvero il libro e non può essere sviscerata in un solo post. Tuttavia le cinque regole della biblioteconomia possono venire in nostro soccorso.
Ranganathan diceva che ogni lettore ha il suo libro e ogni libro ha il suo lettore.
Cosa accade quando il libro e il lettore non si trovano? Nulla.
Ma cosa accade quando si trovano? La risposta ce l'ha ogni buon lettore.
Per ora, l'unico rimedio al fuori catalogo dell'oggetto che per primo pare abbia fondato l'idea stessa della riproducibilità ergo del capitalismo (sì stiamo parlando sempre del libro), è l'usato o i banchetti nei mercatini, dove davvero si trovan tesori.
Un giorno pare saranno i pdf, ma di essi diffiderò sempre e comunque e nessuno mi farà cambiare idea.
(Attualmente, informo i più, stanno tornando con gran furore Adriano Olivetti e Piero Calamandrei, dei quali, se ne avete interesse farei man bassa, prima di dover aspettare il giro di giostra successivo.)
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