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Questo sventurato lago nei secoli ha
però sviluppato un problema: sorge vicino ad una grande città con
grandi problemi e poche intenzioni di risolverli.
Anzi, per risolverli solitamente le amministrazioni che si succedono cercano di non scontentare gli abitanti scaricando i problemi sui paesi limitrofi, come appunto, quello in cui sorge il lago.
Anzi, per risolverli solitamente le amministrazioni che si succedono cercano di non scontentare gli abitanti scaricando i problemi sui paesi limitrofi, come appunto, quello in cui sorge il lago.
Ad esempio c’è bisogno di una
discarica? Perché incrementare la differenziata e fare qualcosa di
serio contro il malaffare quando puoi piazzarla in provincia?
Circa due anni fa c’è stata una
grossa siccità. Visto che la nostra memoria a breve termine
ultimamente funziona male, magari l’abbiamo già rimossa, ma c’è
stata.
Una di quelle estati infinite in cui si festeggia l’alta pressione eterna, urrà non piove mai, che bello passeggiamo e andiamo al mare? Beh, quell’acqua che casca dal cielo a qualcosa serve e l’estate infinita non è un sogno, ma l’incubo.
Una di quelle estati infinite in cui si festeggia l’alta pressione eterna, urrà non piove mai, che bello passeggiamo e andiamo al mare? Beh, quell’acqua che casca dal cielo a qualcosa serve e l’estate infinita non è un sogno, ma l’incubo.
L’estate eterna prosciuga le riserve
d’acqua cittadine, soprattutto se gli impianti di gestione sono
vecchi come il cucco e hanno dispersioni in ogni dove senza che
nessuno se ne curi.
E allora, se non vuoi razionare l’acqua ai
cittadini, se non vuoi proprio spiegargli che non è un bene
inesauribile, da qualche parte la devi prendere.
E dove vai?
Vai nel
lago più vicino, quello da cui solitamente puoi pompare un tot e non
dovresti pompare più di quel tot perché se poi vai sotto, sai
com’è, un ecosistema millenario muore.
Certo, non è facile spiegare ai cittadini che dovrebbero pretendere una gestione migliore
delle risorse e zero dispersioni, magari un uso più razionale nel
quotidiano che oh, l’acqua finisce.
Soprattutto perché alcuni di
essi sono proprio come i capi che eleggono: ciechi, stolti, stolidi,
ottusi, refrattari a qualsiasi ragionevolezza.
Non vedono oltre ciò
che vogliono vedere. Un tempo la selezione naturale nella forma più
pura dell’istinto di sopravvivenza, (se non sai valutare il
pericolo ambientale e la mancanza di approvvigionamento bye bye baby
la natura non perdona), avrebbe se non altro messo qualcuno in più
sul chi vive.
Ma ormai siamo un mondo occidentale viziatissimo:
pensiamo di poter ottenere tutto, di avere il diritto di ottenere
tutto, che non ci siano mai conseguenze e che, se ce ne sono, la
colpa è di certo di amministrazioni incapaci e non di problematiche
oggettive.
Quindi alziamo un casino se chiudono qualche fontanella,
ma non ce ne frega una mazza se quella fontanella viene chiusa perché
ohibò è in atto una siccità e l’acqua, tesoro bello, non c’è
più.
Questa faccenda del lago,
probabilmente perché l’ho vissuta da vicino, è emblematica a mio
parere del livello globale di prosciuttamento sugli occhi o paese dei balocchi che ci porterà direttamente all’inferno.
Se non sei neanche in grado di
comprendere che non puoi pompare acqua da un bacino lacustre
mandandolo al di sotto di qualsiasi ragionevole (e prefissata) soglia
di emergenza.
Se tu amministratore ostini a ricorrere al tribunale
delle acque pur di non dover spiegare agli elettori che l’acqua
quando manca deve essere razionata (o magari il gestore deve essere
cazziato e trascinato in tribunale se disperde il prezioso bene per
incuria della rete), se insomma non capisci una cosa che è vicina a
te, come puoi comprendere un problema globale?
I commenti su fb al riguardo erano la
fiera della demenza: il lago è fatto per le nostre necessità, è lì
apposta per noi, NON E’ VERO CHE STA SUCCEDENDO (che bastava
prendere un treno per un’ora anche meno per sincerarsene con i
propri occhi, ma sempre meglio pontificare incrostando il sedere
incredulo alla sedia), l’abbassamento da siccità è un fenomeno
normale (ovviamente, non lo è quando pompi a tutto andare in modo
artificiale) e via discorrendo.
Scuse, parole, idiozie atte a coprire
la pigrizia e la totale incapacità di voler affrontare il tema.
Non mi stupisce perciò questo attacco
idiota a Greta Thunberg, una ragazzina che ha solo fatto quello che
gente ben più adulta e preparata di lei non ha saputo e voluto
colpevolmente fare. Non piace a nessuno scoprire che no, non basta
dire che il problema non esiste perché scompaia.
Puoi farlo a
oltranza, puoi farlo fino a quando sarà troppo tardi, ma non
svanirà.
E allora ecco orde di barbari da ogni
parte che ci dicono cosa è sbagliato in questa ragazza, ma non si
occupano di quello che dice: Greta viene da un paese ricco, ha la
sindrome di Asperger, è una femmina (eterno problema di metà del
pianeta reo di non passare il proprio tempo a compiacere l’altra
metà punto e basta), è manipolata ecc.
Ok. Poniamo che sia tutto vero. Dice
forse cose sbagliate? Non ha forse ragione quando sostiene che il
risultato ultimo di un regime capitalista incontrollato è una
crescita che per sostenersi finirà per succhiare anche l’ultima
risorsa del pianeta?
Perché tante persone reagiscono così
violentemente davanti a questa prospettiva?
Perché mutare le proprie abitudini in
mondo che ti invita a pensare a te stesso, a viziarti, a vivere la
vita che è solo una, a non farti condizionare se desideri qualcosa
solo per te ecc. per alcuni è, non solo inconcepibile, ma anche
minaccioso.
Non è un caso che l’ecologia venga
da molti percepita come una lotta di stampo “femminile” e che
venga osteggiata da capi di stato notoriamente dediti (e amati da
parte del loro elettorato) per la loro virilità tossica. L’uomo
non deve chiedere mai, l’uomo non deve farsi condizionare, l’uomo
va avanti per la sua strada.
Il successo, il potere, il denaro sono la via per il successo, il resto è debolezza e vale ancor più se applicato alle nazioni.
Il successo, il potere, il denaro sono la via per il successo, il resto è debolezza e vale ancor più se applicato alle nazioni.
Certo, ci sono tanti altri motivi per
il disinteresse collettivo o la violenta campagna d’odio a cui
viene sottoposta Greta: la totale incomprensibile mancanza di
ragionevolezza di chi disserta di climatologia quando non è neanche in grado di decifrare un testo breve in italiano, motivi
ideologici, soprattutto a sinistra, per i quali la lotta si fa dura e
pura e totale oppure non è vera lotta (anzi, essi soli sono i
sostenitori della lotta, gli altri sono mentecatti che non capiscono
niente), quelli che la vita è tanto amara e allora perché preoccuparsi
di qualcosa a cui tanta gente potente in fondo in fondo non crede
(come se Trump e i suoi elettori white trash avessero, in caso di
catastrofe climatica, le stesse possibilità di salvarsi) o quelli della coerenza folle: se davvero dei ragazzini ci vogliono dalla loro parte allora devono essere senza macchia , duri e puri come manco Gesù Cristo.
Ci sono anche motivi oggettivamente di
comodo: perché allora diventerebbe evidente che parte delle
migrazioni dal sud del mondo deriva anche dal cambiamento climatico e
allora avremmo una responsabilità, (oltre alle numerose storiche),
ineludibili nei confronti di chi arriva.
Altri la buttano sul benaltrista: le
cosiddette tigri asiatiche non se ne occupano e comunque hanno
ragione a non preoccuparsene perché ora è il loro turno di
inquinare in nome della crescita incontrollata.
Tesori belli, i disastri ecologici non seguono le logiche della turnazione economica storica, se il pianeta muore per noi, morirà pure per loro e per i loro cittadini che magari non hanno le stesse libertà di manovra per manifestare o che lo faranno con un ritardo di vent'anni, quando inizieranno a non respirare più.
Tesori belli, i disastri ecologici non seguono le logiche della turnazione economica storica, se il pianeta muore per noi, morirà pure per loro e per i loro cittadini che magari non hanno le stesse libertà di manovra per manifestare o che lo faranno con un ritardo di vent'anni, quando inizieranno a non respirare più.
Io non dubito che cambiare il proprio
stile di vita sia duro, soprattutto quando si pretende che lo stile
di vita muti, ma il sistema industriale no.
E’ inverosimile che una
persona, magari con figli, che lavora 9-18, passi le ultime due ore
della sua giornata a pellegrinare per i rari negozi plastic free,
mercati rionali a km 0 e luoghi dove vendono cereali sfusi. Perché
la rivoluzione inizi a compiersi il gesto del singolo dovrebbe essere
parte di un sistema.
Ed è questo a cui dovremmo mirare: una
rivoluzione totale che renda la nostra vita su questa terra
sostenibile.
Tuttavia questo non ci libera dalla
responsabilità e dalla possibilità, mentre lo pretendiamo (e magari
lo pretendiamo davvero, non che c’abbiamo altro da fare tipo
insultare Greta e gli adolescenti che manifestano su fb), di fare
qualcosa di diverso.
Roma non si è costruita in un giorno e niente
si ottiene subito e completamente, ma da qualche parte bisogna pur
iniziare.
Inoltre, anche se l’apporto dovesse
essere minimo, è il fattore di responsabilizzazione che dovrebbe
contare: solo convincendo i singoli che anche il loro più piccolo
mutamento quotidiano possa entrare a far parte di una rivoluzione che
smetterai di avere davanti gente che finge di non vedere il problema.
Se non ti senti parte del tutto, quel tutto ti è estraneo.
Se volete mettervi paura, consiglio questa distopia climatica in cui i migranti climatici respinti in un pianeta ormai distrutto, siamo proprio noi. |
Non pensiamo sia tragicamente
impossibile.
L'acqua, quando andavo in estate in Sardegna, la razionavano sempre in estate. Si andava alla fonte a riempire le bottiglie. Erano gli anni ’90 non il cenozoico. Nessuno è mai morto, nessuno ha mai protestato o tempora o mores. Era estate, non eravamo in una terra notoriamente ricca d’acqua e sorgenti, e persino chi era in vacanza capiva che quella era la situazione, punto.
L'acqua, quando andavo in estate in Sardegna, la razionavano sempre in estate. Si andava alla fonte a riempire le bottiglie. Erano gli anni ’90 non il cenozoico. Nessuno è mai morto, nessuno ha mai protestato o tempora o mores. Era estate, non eravamo in una terra notoriamente ricca d’acqua e sorgenti, e persino chi era in vacanza capiva che quella era la situazione, punto.
Non siamo poi così fragili, siamo
solo viziati e, in parte, portati volontariamente a credere che
nessuno nel suo piccolo possa fare la sua parte. Possiamo eccome se
vogliamo tenerci laghi, mari, ghiacciai, un pianeta da consegnare ai
figli che cresciamo con tanta cura, senza capire che anche la
salvaguardia del pianeta fa parte della cura.
Ovviamente il problema è ancora più
a monte. Il problema è il sistema capitalista.
Ma mi sembra
abbastanza evidente che qua siamo ad un grado talmente zero della
faccenda che non possiamo permetterci di passare qualche decennio ad analizzare con sofismi i
modi migliori per distruggere un sistema che prospera indisturbato e che ci ha completamente assoggettati.
Bisogna andare per
piccoli passi verso la consapevolezza.
Intanto che capiamo come fare e magari
la finiamo di perdere tempo a prendere per i fondelli una sedicenne
svedese, rea di pensare che il mondo si possa cambiare, ecco un
elenco di libri che possono aiutarci a cambiare il quotidiano (con
brevi descrizioni che mi sono dilungata troppamente)!
NB Il post sui saggi seri un'altra volta, questi sono consigli per convincere con calma e sangue freddo qualcuno a mutare minimamente le sue abitudini.
Perciò non vivo come un drammatico diktat il fatto che dietologi, nutrizionisti e infine anche climatologi o chi per loro ci dicano che, come la metti la metti, la carne rossa benissimo non fa al corpo, per produrne grosse quantità bisogna disboscar foreste, sono comunque piene di ormoni ecc ecc.
Insomma, limitarne il consumo non mi sembra sta roba impossibile da fare, anche perché se si compra meno spesso magari si può accettare di pagarla di più a macellerie e co. che usano allevamenti nostrani, magari non intensivi.
Idem le uova. Quale fatica costa
prendere quelle di galline felici e con un contenitore di cartone?
Non si sta parlando di rivoluzioni copernicane, ma di piccoli
cambiamenti che possono essere apportati senza eccessivi psycodrammi.
Insomma, convincere qualcuno a convertire le proprie costolette
improvvisamente in braciole di tofu la vedo molto dura, convincerlo a
modificare la dieta in modo da limitare alcuni piatti, è più
fattibile e meno traumatico.
Se volete delle buone ragioni per
relegare vitelli e maiali a una tantum e poi, col tempo, a mai più,
potete leggere il nuovo libro di Safran Foer.
VIVERE FELICI SENZA PLASTICA di Janmejaya e Chantal Plamondon ed. Sonda:
L’ho detto sopra: finché il packaging non diventerà ecologico a sistema, limitare i danni sarà difficile, ma si può fare comunque qualcosa.
La famosa storia delle borracce invece delle bottigliette, la verdura e la frutta prese sfuse invece che nei cestini di plastica (sponsorizzo grandemente la zucca intera invece che quella tagliata a pezzi: in proporzione la pagate molto meno e rende molto di più), piatti di carta o biodegradabili e via discorrendo.
Per avere un’idea delle opzioni da seguire con poco sforzo e massimo risultato, è uscito questo bel libro della Sonda ed. (ma in libreria, vedrete, iniziano a proliferare).
Il principio è sempre quello: a
piccoli passi, ma costanti.
ANDAR PER BOSCHI:
Di certo, immagino
che qualcuno ci sia arrivato ben prima di me, uno dei motivi per cui
fatichiamo a capire il peso delle nostre azioni sulla natura, risiede
nel fatto che in parecchi ormai la natura la viviamo col
cannocchiale, principalmente in estate e comunque in luoghi
urbanizzati.
Se magari si mettesse ogni tanto piede in un bosco o
simili, ci renderemmo conto di quanto si possa stare bene in un posto
silenzioso, tranquillo, fresco e meraviglioso. Ci sono delle mode
attualmente sui boschi: gli asili nel bosco e lo Shinrin Yoku
(troverete libri a pacchi).
Il secondo è la scoperta dell’acqua
calda in salsa orientale per cui se cammini nei boschi abbassi lo
stress (ma no?), il primo è una cosa oggettivamente incomprensibile
a chi, come me, nei boschi ci andava già da bambina senza eccessive
sovrastrutture: ossia portate i bambini nei boschi o fateli giocare
con quello che c’è (il tutto con tante teorie pedagogiche dietro
che mi mettono ansia, come mi mette ansia tutto quello che è
semplice, ma deve diventare complesso per forza, ma è un’opinione
mia).
Se ne potrebbero consigliare di libri, come “Italia
selvatica” di Daniele Zovi della Utet, appena uscito, ma forse è
meglio andiate sul catalogo Terre di Mezzo o Ediciclo o Le Guide o simili per
scoprire quale libro dedicato ai percorsi nelle vostre zone è
papabile.
L'aria buona pulisce i polmoni, abbassa lo stress, e poi insomma, sta per iniziare la stagione del foliage.
L'aria buona pulisce i polmoni, abbassa lo stress, e poi insomma, sta per iniziare la stagione del foliage.
Si potrebbero dare altri milioni di
consigli, ma quanto è già lungo questo post?? Forza e coraggio,
possiamo fare tutti qualcosa, basta farla!