venerdì 14 marzo 2014

L'abisso che getta uno sguardo su di noi. Da "Chi l'ha visto?" a "L'ultima lezione" di Ermanno Rea, quel che ci racconta l'insondabile mistero di una scomparsa.

 Qualche anno fa lavorai in una biblioteca per un po' di tempo (ovviamente sottopagata) e mi capitò di passarvi un'estate praticamente infernale.

 I condizionatori erano rotti, io mi vestivo molto male e non so perché mi ostinai a mettere a oltranza un paio di orrende scarpe che mi tenevano i piedi al caldo come due pietre focaie.

 In questo invitante quadretto ovviamente chi poteva (ossia l'utenza) si guardava bene dal mettere piede in un posto che, pur con tutte le porte e finestre aperte, aveva la temperatura media dell'inferno. Così, passai un luglio ed un agosto praticamente nel nulla cosmico.

 Per evitare di addormentarmi nelle ore di nulla e sopravvivere alla calura, poiché il caldo risveglia in me un'inedita passione per l'horror, oltre a leggere Lovecraft trovai un inquietante metodo per distrarmi: iniziai a leggere freneticamente il sito di "Chi l'ha visto?".

 "Chi l'ha visto" è un programma che quando ero bambina i miei genitori vedevano abbastanza regolarmente e mi ha lasciato dei ricordi che rasentano il terrore puro. Non so bene quando ebbi la forza, ma ad un certo punto mi rifiutai di vederlo e smisero anche i miei, tuttavia la sensazione di paura continuò a visitarmi per anni ogni volta che per sbaglio appariva la pubblicità in tv.

 Il sito, probabilmente perché privo della conduttrice che ti parla di storie tremende al cardiopalma, dei parenti disperati intervistati in diretta e soprattutto della terribile sigla iniziale degna di "Profondo rosso", è sempre inquietante, ma ha un suo innegabile fascino.

 Leggendolo infatti ci si fa l'idea che in Italia spariscano principalmente solo due tipi di persone:
1) Gli anziani.
2) Persone dalla vita apparentemente tranquilla che in realtà nascondono segreti abissali.

 Mai come a molti di questi casi s'addice la celebre frase di Nietzsche che se si getta troppo a lungo uno sguardo nell'abisso, allora l'abisso getterà uno sguardo su di noi.

 C'era soprattutto un risvolto che mi affascinava, ed era la logica delle indagini o meglio il fatto che le indagini si muovessero seguendo per forza una pista logica. "X faceva sempre quella strada, quel giorno l'aveva cambiata. Perché?" "Y non si fidava ad aprire la porta a nessuno eppure quel giorno l'aveva fatto. Perché?". 

Ci sono delle volte e penso che capiterà a tutti che magari un giorno ci si metta in testa di fare qualcosa di illogico, è una cosa propria dell'essere umano. Io ogni tanto per esempio parto per la tangente e decido di boh andare all'ikea da un momento all'altro o appunto faccio una strada di ritorno dal lavoro diversa perché mi va così in quel momento. 

 Magari anche agli scomparsi di colpo è andato di fare qualcosa di completamente illogico, e allora puoi scandagliare qualsiasi microscopico dettaglio di una vita (che poi da apparentemente normale si scopre intricatissima e piena di segreti), ma alla verità non arriverai mai.

 I miei arrovellamenti estivi culminarono nella lettura di uno dei sedicimila libri di Lucarelli sui misteri d'Italia e ne "La scomparsa di Majorana" di Sciascia, la cui esistenza mi rassicurava sul fatto che il mio strano interessamento avesse se non altro illustri predecessori.

 Ettore Majorana, esimio fisico di una generazione straordinaria, scomparve nel nulla dopo aver lasciato ambigue e allarmanti lettere in cui annunciava non esattamente il suicidio, ma se non altro una ragionata scomparsa. Fece seguire a queste, un'ulteriore missiva in cui annunciava di aver rinunciato ai suoi intenti (comunque misteriosi), ma invece di ritornare a casa scomparve nel nulla. Perché?

 Le innumerevoli ipotesi vanno dal suicidio, alla presa di coscienza scientifica dei futuri danni dell'evoluzione della fisica nucleare, ad una grande congiura di stato, alla volontà di ritirarsi dal mondo. Alcuni asserirono di averlo visto in giro per Napoli, poi su un piroscafo, poi in Sudamerica dove si sarebbe ritirato rinunciando ai suoi studi, altri, tra cui Sciascia, chiuso in un convento, precisamente la Certosa di Serra San Bruno.

 Questo del ritiro in convento è un grande classico delle sparizioni. Se anche voi, dopo questo post, avrete la voglia e il coraggio di mettervi a smanettare sul sito di "Chi l'ha visto?", scoprirete che in molti casi serpeggia il dubbio della crisi spirituale e della fuga dal mondo.

 Ciò che rende estremamente interessante l'ipotesi è che nel nostro mondo iperconnesso, mappato, controllato, esistano ancora dei luoghi inaccessibili, invalicabili, dove i monaci possono rifiutarsi di  fornire spiegazioni e identità di coloro che si rifugiano presso di loro e a te viene sbarrata qualsiasi entrata.

 Ed è la stessa abbazia da cui partono i dubbi di Ermanno Rea, autore de "L'ultima lezione" un'indagine, serissima, ma raccontata come un noir (e non c'è nulla di spaventoso della realtà che si fa orrore) sulla scomparsa di un'altra persona eccellente: il professor Federico Caffé, uno dei più famosi economisti italiani.

 Ormai anziano, provato da un periodo difficile e soprattutto dall'incombente tristezza dovuta all'approssimarsi del pensionamento e della sua ultima lezione universitaria, Caffè inizia a precipitare in un vortice di pensieri bui da cui niente e nessuno fu in grado di tirarlo fuori. 

 Nonostante Rea sottolinei come Caffè avrebbe continuato a dare il suo contributo accademico in altro modo, avesse avuto rassicurazioni anche istituzionali (un premio con annesso denaro attribuitogli poco prima della scomparsa), nonostante il grande affetto di molti suoi studenti, Caffè iniziò a fare strani e oscuri discorsi. 

 Le testimonianze raccolte da Rea di amici, colleghi e studenti restituiscono il ritratto di un uomo che aveva lanciato ogni possibile segnale su un prossimo evento luttuoso, dai lamenti sul fatto di non essere stato abbastanza considerato, di aver dato tanto e ricevuto poco, ai dispiaceri che la vecchiaia gli stava riservando.
  A nulla valsero le rassicurazioni e le preghiere degli amici e conoscenti, una mattina accadde. Caffè si alzò stando attento a non svegliare il fratello malato e scomparve. 

 Lo cercarono ovunque per giorni, venne fatta qualsiasi ipotesi e lo stesso Rea si appella disperatamente al buonsenso di un uomo così intelligente da aver programmato una sparizione e non una morte nei minimi dettagli, da essersi accordato con qualcuno per essere portato da qualche parte, dove non essere il disturbo che credeva erroneamente di essere diventato. 

 Magari proprio quella Certosa dove Sciascia sperava Majorana e i cui monaci negano decisamente di ospitare chicchessia (compreso uno dei soldati che sganciò la bomba di Hiroshima). Lo spera Rea e, pur non avendolo conosciuto, alla fine del libro lo speri disperatamente anche tu. 

 Perché è una storia delicata, un ritratto umano che pone molti interrogativi sul libero arbitrio, il caso e la disperazione e ti rende conscio dei tuoi limiti verso gli altri esseri umani.

 E' impossibile poter dire "Avrebbero potuto fare qualcosa per convincerlo o salvarlo", perché appare in tutta la sua evidenza l'irrevocabilità di certe scelte. 

 E in fondo è proprio questo che tutte le storie di persone scomparse hanno in comune: questa sensazione di sorda oscurità, di incredibile, un buio imperscrutabile che va oltre la logica di tutti noi.

4 commenti:

  1. Ricordo la vicenda di Caffè: quando ero studente il Manifesto pubblicò un libretto che raccoglieva i suoi articoli di giornale - bellissimi - e l'introduzione parlava della sua sparizione. Diceva che il professore era spaventato dall'idea di non poter più tenere lezione, tanto amava il suo lavoro. Un giorno, come dici, uscì di casa e nessuno lo vide più.

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    1. Quella di Caffè è una vicenda umana davvero straziante, mentre la scomparsa di Majorana è interessante per i centinaia di risvolti da spy story. Ci sono anche tanti altri libri sulle scomparse che invece trovo morbosi, questi secondo me raccontano qualcosa dell'animo umano.

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  2. A proposito del fenomeno delle persone scomparse, c'è un interessante punto di vista in "Lunar park" di Bret Easton Ellis.

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  3. Arrivato qui rimbalzando da un articolo all'altro. Il libro di Sciascia l'ho appena ordinato. A parte questo: è vero, c'è qualcosa di terrificante in Chi l'ha visto? XD Le mamme di tutto il mondo lo guardano, e i figli ne sono terrorizzati. La musica, il dolore di tutte le persone che appaiono sullo schermo, l'interrogativo su cosa è successo alle persone scomparse, e la paura che avvetiamo quelle storie risvegliano nei nostri genitori... E' esattamente come dici tu: per anni, appena sentiamo l'intro di Chi l'ha visto?, corriamo in qualche altra stanza.

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