venerdì 27 giugno 2014

"La rosa bianca non vi darà pace". La giovane resistenza che puntò il dito contro la connivenza di chi finge di non vedere. Un libro per ricordare l'ineluttabile monito di Sophie Scholl e dei suoi compagni.

Anni fa (in realtà non moltissimi, ma a me ormai sembrano secoli), quando ancora abitavo nel mio ameno paese, almeno una volta a settimana, andavo assieme ad una mia amica a vedere un film in un paesello vicino.

 Era un posto in cui non c'era niente, ma misteriosamente prosperava un cinema d'essai (nel mio invece c'era un multisala di ben due sale che però mandava quasi solo blockbuster).

  Approfittando di una di quelle settimane del cinema, dove le sale hanno prezzi umani sui 2,50-3,00 euro finì che vedemmo una marea di film che non avevamo realmente intenzione di vedere. 

 Fu in quel caso che vidi "La rosa bianca. Sophie Scholl".

 Chi era Sophie?

 Una studentessa universitaria tedesca entrata nella storia assieme a suo fratello Hans e ad un loro amico, Christoph Probst, per essere stata giustiziata,  dopo un processo sommario durato tre giorni, dal regime nazista in seguito alla fondazione di un gruppo di resistenza pacifica, "La rosa bianca" appunto.

 Altri loro amici, parenti e simpatizzanti furono catturati e imprigionati per anni, Probst, giovanissimo, lasciò moglie e tre bambini e nel disperato tentativo di rimanere in vita, in quanto unico sostegno familiare, fu l'unico dei tre che tentò fino all'ultimo di dichiararsi innocente (difeso a spada tratta anche dagli altri due imputati), per morire infine con coraggio.

 Una delle cose su cui più si insiste rispetto all'ascesa di Hitler  (e su cui sono stati versati fiumi d'inchiostro) e al suo potere in Germania è l'assoluto consenso che egli ebbe a qualsiasi livello da parte di una percentuale altissima della popolazione.

 "La rosa bianca" che ispirò poi cellule collaterali, tra cui quella amburghese che ebbe una fine altrettanto infelice, tra arresti e condanne a morte, fu uno dei pochissimi esempi di resistenza tedesca, ancor più importante e peculiare se si pensa che il gruppo fu fondato da giovani cresciuti ed educati sotto l'ideologia nazista.

Tutti i membri de "La rosa bianca" leggevano e scrivevano
moltissimo. In un'epoca in cui la scuola era indottrinamento
si liberarono dalla morsa del regime con le loro sole forze
intellettuali. Nel libro ci sono numerosi riferimenti alle loro
letture, scrittori preferiti, annotazioni di pensieri.
 E' uscito sulla storia di tutti loro un bellissimo libro di Paolo Ghezzi, "La rosa bianca non vi darà pace" ed. Il Margine, che analizza in modo preciso, accuratissimo e affatto agiografico la parabola della breve, ma intensa vita che ebbe l'organizzazione.

  Il sottotitolo "Abbecedario della giovane resistenza" dà l'indicazione sul modo in cui l'autore ha affrontato l'argomento, con un gran numero di voci in ordine alfabetico a sviscerare le vite, i desideri, le speranze, le letture, le idee e gli amori di un gruppo di giovani coraggiosi che lottavano, studiavano, leggevano, vivevano e soprattutto non cessavano di stupirsi.

 C'è una cosa in particolare che rende speciale questi ragazzi e non è l'eroicità ostentata, furono anzi molto mesti e pagarono con la vita non un'azione militare o un omicidio, ma la diffusione di sei volantini.

 I fogli, riportati in appendice, sono in realtà dei piccolissimi saggi, colti e ricchi di citazioni sul delirio hitleriano, le sue conseguenze e soprattutto, l'atteggiamento del popolo tedesco.

  Ebbero infatti la capacità di puntare il dito contro i veri responsabili della guerra, dello sfacelo, dell'antisemitismo, delle morti al fronte.

 Non era solo colpa di Hitler, da loro chiamato il Maligno e l'Anticristo vista anche l'spirazione fortemente cristiana alla base della loro lotta, ma di tutti. 

 Di un'intera nazione che quando non adorava il capo, chinava la testa silente.

 Qualche tempo fa ho visto il film "Storia di una ladra di libri", mi aveva commosso molto probabilmente  perché il punto di vista era quello di una bambina che dire sfortunata è molto riduttivo, ma c'era qualcosa che a posteriori non mi tornava. 

 Quello che non torna in quel film (non so nel libro perché non l'ho letto) è l'impressione che la Germania fosse un paese occupato da altri, non un paese connivente, un luogo dove tutti sono buoni tranne i soldati (ovviamente non i soldati partiti dalla cittadina dove si svolge la storia, in quel caso sono bravissime persone) mentre la verità storica fu ben altra.

 Sophie Scholl e gli altri aderenti alla Rosa Bianca non chiudono gli occhi, non indorano la pillola, essi stessi vittime del fascino nazista durante l'adolescenza, nonostante genitori avversi al regime, (significativo l'episodio del padre che staccava tutti i giorni l'immagine di Hitler dalla camera del quindicenne Hans con lui che tutti i giorni la riappendeva), aderirono entusiasti alla Gioventù Hitleriana, per poi cambiare idea col passare degli anni e soprattutto delle letture. 

 Furono la cultura, Rilke, Goethe (col suo motto "resistere ostinatamente"), i classici russi, Dostoevskji in primis e i viaggi che poterono fare e progettare ad aprire loro gli occhi.

 I fratelli Scholl e i loro amici leggevano tantissimo, in modo onnivoro, avevano ansia di apprendere, di prepararsi, di capire, di "diventare persone".

 In una delle numerosissime lettere (tutti gli appartenenti scrivevano tantissimo in continuazione, diari, lettere, impressioni), Hans scrive "Sono davvero assetato di sapere, da tempo non lo ero. La verità può essere trovata in due modi. Il primo attraverso la logica, il secondo attraverso l'esatta ricerca delle cose".

 Ed è la verità il punto focale delle loro vite.

 La domanda che non deve mai darci pace è: come mai un gruppo di studenti universitari riuscì a cogliere una verità evidente che la maggioranza si rifiutò ostinatamente di vedere?

 La cosa interessante è che era questa esatta domanda a sconcertarli maggiormente, il punto su cui, in ogni volantino (eccetto uno, probabilmente scritto da Alexander Schmorell il quarto del gruppo ad essere giustiziato, ma tempo dopo perché in principio riuscì rocambolescamente a scappare), essi insistono: la responsabilità personale davanti all'orrore, la colpevolezza che arriva non solo quando si alza la mano, ma anche quando non si fa nulla perché gli altri non la alzino.

 La Germania non è, a loro avviso, una nazione annichilita e oppressa come nella della ladra di libri, ma una nazione di complici silenziosi.
 Così recita uno dei loro volantini:
  "Vogliamo soltanto rilevare in modo chiaro e senza equivoci una sola cosa: ogni uomo preso singolarmente ha il diritto di pretendere un governo efficiente e giusto che assicuri sia la libertà individuale, sia il bene della collettività [...]Invece il cosiddetto "stato" in cui viviamo oggi è la dittatura del Maligno. 
 Mi pare di sentire l'obiezione: "Tutto questo lo sappiamo già da tempo e non è necessario che ce lo rammentiate continuamente." 
Ma vi domando: se lo sapete perché non reagite, perché tollerate che questi tiranni vi spoglino progressivamente, in modo aperto o velato, di un diritto dopo l'altro, fino a quando un giorno non rimarrà più nulla, null'altro che una macchina statale comandata da criminali e ubriaconi? E' già così vinto dalla violenza il vostro spirito da farvi dimenticare che non è soltanto vostro diritto, ma anche vostro dovere morale rovesciare questo sistema? 
 Ma se un uomo non ha più la forza di reclamare i propri diritti, allora sì che egli deve inevitabilmente perire.  
Meriteremmo di essere dispersi per il mondo, come polvere al vento, se non ci sollevassimo in questa ultima ora, ritrovando finalmente il coraggio che ci è mancato fino a oggi. 
Non nascondete la vostra viltà sotto il velo della prudenza. Ogni giorno in cui indugiate ad opporvi a questo mostro infernale, aumenta sempre di più, come una curva parabolica, la vostra colpa."
 I volantini della Rosa Bianca sono molto particolari perché pur nati per denunciare gli orrori di un periodo storico ben preciso, rimangono attuali e inquisitori tutt'ora e nei confronti di tutti noi.

  La determinazione con cui Sophie e gli altri hanno deciso di iniziare a lottare, la confessione davanti ad un funzionario di regime indottrinato e incapace di pensare razionalmente e autonomamente, il coraggio con cui hanno affrontato il loro destino senza essere degli eroi, sono il vero motivo per cui la rosa bianca non può dare pace a nessuno di noi, tutti i giorni.

 Se rileggiamo le loro frasi, se leggendo questo libro ci fermiamo davanti alla parola che meglio li rappresenta, Parresia, ("dire tutto", "proclamare la verità") e volgiamo lo sguardo attorno vedremo che quei ragazzi di settant'anni fa parlano anche a noi, che immobili davanti al mondo aumentiamo sempre più, come una colpa parabolica, la nostra colpa.

Willi Graf, studente e amico degli Scholl viene catturato dalla Gestapo assieme a sua sorella Annaliese e giustiziato otto mesi dopo, Kurt Huber era l'unico professore dell'università di Monaco coinvolto e fu arrestato e ucciso quattro mesi dopo. Colto e profondamente convinto delle responsabilità del popolo tedesco di cui aspirava a risvegliare lo spirito, scrisse e studiò fino all'ultimo dei suoi giorni.

 (Il libro stravale la pena, quello che ho potuto dire è solo un centesimo e anche meno di ciò che vi è contenuto, se cercate qualcosa di davvero buono da portare via per l'estate ebbene l'avete trovato).

3 commenti:

  1. Questo dovrei copiarlo e incollarlo alle persone che continuano a ripetermi che la cultura è fonte di pregiudizi: Tutti i membri de "La rosa bianca" leggevano e scrivevano
    moltissimo. In un'epoca in cui la scuola era indottrinamento
    si liberarono dalla morsa del regime con le loro sole forze
    intellettuali.

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  2. Lo sto leggendo ora e ti straringrazio

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  3. Lo sto leggendo ora e ti straringrazio

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