mercoledì 9 luglio 2014

Copertine folli e surreali. Intervista a Mara Scanavino, art-director della Baldini e Castoldi, perché un libro, come una persona, il più delle volte si giudica dalla copertina.

Qualche settimana fa stavo cercando appunti per un assurdo post che prima o poi leggerete (principalmente quando avrò tempo di cercare materiale). 
 Si trattava di una mia idea fulminea sui grandi classici che qualche folle aveva pensato bene di riscrivere in chiave porno. 
 Mentre mi addentravo nei meandri del web, terrorizzata peraltro all'idea di aprire per sbaglio qualche sito poco raccomandabile, tra le immagini che il magico google mi proponeva, ecco spuntare fuori "Le mille e una notte" ed. Baldini e Castoldi Dalai.
 Che c'entrano direte voi? Va bene che Pasolini ne ha tratto un gustoso film molto erotico (l'ultimo anno di liceo fui costretta a vedere un bel po' di film del sommo e difficilmente si può dimenticare la scena di Aziz che tenta di centrare le grazie della sua bella con un bell'arco con una freccia a forma di pene incoccata), ma non si trattava di quello.
La copertina incriminata
 Il motivo per cui codesto amabile classico era indicizzato era la sua copertina: titolo e preservativi che sembrano impacchettati con quell'orrida carta da regalo natalizia lucida come sfondo.
 Da lì sono caduta in una sorta di pozzo delle meraviglie di Lewiscarolliana memoria: ecco che scopro che "Dracula" ha in copertina una dentiera acuminata in un bicchiere, "Cuore di tenebra" altro capolavoro, uno zampirone, "Controcorrente" un misterioso pacco, "Canne al vento" una ancor più misterioso accendino (ma come aveva fatto notare qualcuno forse non è tanto misterioso).
 Ho già accennato a quel favoloso fenomeno attualmente depredato all'umanità dagli hipster che è il kitsch, cose talmente brutte da fare il giro e diventare meravigliose. Ebbene, le copertine di questa serie della Dalai sono così, talmente kitsch da diventare qualcosa di surreale.
 Ma la domanda, dopo aver lungamente rimirato il tutto, era diventata: chi ha partorito codesta collana?
 Il mestiere del grafico di copertina è misterioso e in larga parte misconosciuto. Come molti elementi paratestuali in genere siamo abituati a ignorarlo o almeno a non porci troppe domande sulla sua origine (a parte quando l'immagine scelta è terrificante o un po' troppo abusata, vd quella di "1Q84" facendoti venire qualche dubbio sulla creatività di chi se ne occupa). 
  quando ci aggiriamo come falchi e gazze ladre alla desperada ricerca di prede appetitose a cui dedicare il nostro tempo.
Eppure, assieme al titolo, la copertina è la prima cosa che attira il nostro sguardo
 Il mio unico contatto con le mitologiche creature che si occupano di codesto aspetto fu anni fa, durante un workshop sonnolento (perché i workshop sono sempre sonnolenti) diviso in un due parti: una per aspiranti scrittori o qualcosa del genere e uno per aspiranti grafici di copertina. Entusiasti e felici per la eccezionale gratuità dell'evento, avevano risalito la penisola da ogni punto pur di esserci. Ricordo che l'idea di qualcuno appassionato di una cosa tanto settoriale al punto desideroso di farne un lavoro fece sorgere in  me qualche domanda che seppellii opportunamente tra le nebbie del tempo poco dopo.
 L'occasione di farla risorgere è nata osservando questa collana. A chi sono venute in mente? E perché? E come lavora un grafico di copertina?
 Di seguito l'intervista a Mara Scanavino art director della Baldini e Castoldi. Let's go!

Il processo che porta alla creazione di una copertina dal punto di vista grafico è misterioso per la stragrande maggioranza dei lettori. Potrebbe descriverci i passaggi che portano da un'idea alla copertina che vediamo sul libro?


Ci si confronta con una storia, un testo, un concetto e si cerca di interpretarlo: a volte parli con l’editor (la figura all’interno della casa editrice che sceglie, previo consenso dell’editore, la pubblicazione di un testo), a volte il tema è talmente evidente che lo sviluppi. 
Talvolta l’autore ha idee molto chiare anche sulla copertina e guida il progetto.
Io spiego sempre che il grafico sta nel mezzo tra chi sa tutto del libro (lo scrittore) e chi non sa nulla (il lettore). E tra i due si deve costruire un ponte.

Come nasce in genere l'idea di una copertina?

Ti documenti, ti inventi, ti confronti. La sintesi è l’obiettivo, almeno per me ma la progettazione non ha un metodo unico.

Come si diventa un grafico di copertina?

Personalmente ho una formazione di scuola grafica e poi mi sono ritrovata nel mondo dell’editoria.

Questa intervista è scaturita dalla scoperta (molto tardiva confesso) delle copertine di una collana di classici tascabili Dalai particolarmente audace. 
 Come nacque l'idea di abbinare ai grandi classici copertine così ironiche e provocatorie?

Il progetto nasce dall’idea di conservare un segno classico (l’etichetta che campeggia in ogni copertina) e aggiungere un segno moderno, non necessariamente ironico ma sicuramente contemporaneo. 
Questo perché abbiamo lavorato pensando ai giovani che leggono i classici soprattutto a scuola e volevamo alleggerire la grafica che in linea di massima accompagna un grande titolo ad una grande opera artistica (quadro, scultura, ecc…)

Quale ritiene sia stata la più riuscita?

In generale ci siamo divertiti, molto.

E la meno riuscita? 
(Per i lettori della pagina di fb e anche per me devo dire, indubbiamente quella de “Le mille e una notte”).

Il dibattito che si è creato e naturalmente interessante per noi perché evidenzia l’effetto che ha fatto in generale il progetto. 
Non abbiamo scelto apertamente la provocazione ma alcuni titoli hanno permesso di accompagnarla (vedi «Le mille e una notte») e dove si provoca spesso si fa vespaio.


Avete intenzione di ripetere un esperimento del genere nel futuro prossimo venturo?

Per il nuovo progetto di Baldini&Castoldi abbiamo in programma una nuova linea grafica per la collana dei classici. Questa volta pensiamo ad un viaggio tra i sensi…


La diffusione degli e-reader come sta incidendo sul lavoro di grafica delle copertine e del libro in generale?


La progettazione deve sempre tenere conto dei nuovi linguaggi. Integrarli là dove possibile e comunque conoscerli. L’approccio fisico cartaceo resta comunque differente da quello multimediale e per questo i mondi restano, per ora, paralleli.

Volete saperne di più? 
Esiste un bellissimo libro della Minimum Fax, "Fare i libri. Dieci anni di grafica in casa editrice" che spiega nel dettaglio le scelte estetiche e creative, i ragionamenti e le storie che si avvicendano dietro la creazione della forma finale del nostro simpatico amico libro. 
Molto molto consigliato!
 Se invece siete curios* di vedere le altre copertine basta cercare su google o andare sulla mia pagina di fb, ho creato un album apposta! 
 Non ve ne pentirete.

4 commenti:

  1. aspettavo quest'intervista! Decisamente interessante ;)

    RispondiElimina
  2. le copertine di questa serie della Dalai sono così, talmente kitsch da diventare qualcosa di surreale.

    Beh, credo le copertine facciano pendant con il testo all'interno, perché, per quella che è stata la mia esperienza, anche le traduzioni di questa collana sono a volte surreali.
    Mi sono malauguratamente imbattuta in "Ragione e sentimento" versione "Classici Tascabili Dalai" (in copertina un cono gelato gusto fragola-cioccolato. Boh...), e, prima di mollarlo per la disperazione e correre a procurarmene una versione di un altro editore, mi sono sorbita un'ottantina di pagine di delirio, con frasi che non stavano in piedi, significati travisati, sintassi ballerine, refusi, periodi incomprensibili e quant'altro di orrorifico vi possa venire in mente.
    Quando, su anobii, ho riferito esattamente ciò che era successo, ho ricevuto un feedback di un'altra utente che mi diceva di avere avuto un'esperienza simile con il "Ritratto di signora" appartenente alla stessa collana.
    Da allora, non ci sono copertine kitsch che tengano: resto lontana dai classici di quella collezione come fossero la peste! °_°

    RispondiElimina
  3. Ciao! Ti ho scoperto da poco grazie su FB ed ora, piano piano, sto recuperando i tuoi vecchi post! Questo giunge a fagiuolo... Ho appena terminato la lettura di "I, Lucifer" di Glen Duncan. L'ho letto in italiano, ma mi rifiuto di chiamare il libro con il suo titolo in traduzione, ed ora spiego il perché.
    Sono rimasta molto perplessa dalla scelta editoriale per il titolo e la copertina della versione italiana: il titolo lo hanno tradotto in "666 io sono il Diavolo", la copertina uno sfondo nero con il "666" di modulo moooolto grande e per di più fiammeggiante!
    Il libro di per sé è stupendo, la storia di Lucifero scritta da lui in persona (e l'espressione "in persona" è voluta), ma, se non avessi sentito l'ottima recensione che ne faceva prismatic310 (la mia "spacciatrice" di libri su YT), io girovagando per la mia libreria non lo avrei mai preso in considerazione con una copertina del genere.
    La copertina originale, invece, è molto intrigante. Sfondo rosso, la figura di un uomo di spalle la cui ombra proiettata a terra mostra delle corna ed una coda luciferina.
    Ora io mi chiedo, ma perché? PERCHÉ??? Che razza di scelta editoriale è un gigantesco 666 fiammeggiante in copertina? Che target di lettori volevano attirare, dei satanisti in vacanza?

    RispondiElimina
  4. (a parte quando l'immagine scelta è terrificante o un po' troppo abusata, vd quella di "1Q84" facendoti venire qualche dubbio sulla creatività di chi se ne occupa). copertine

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...