Mio padre, quando passavamo quelle interminabili settimane di vacanza in Sardegna (ora pagherei oro per avercele, ma all'epoca le detestavo), aveva una decina di cassette che ci fece ascoltare a ruota per anni.
C'era Pino Daniele, una cassetta di cover by Anna Oxa e un paio di cassette dei vecchi successi di Venditti che, per motivi tuttora ignoti, nel mio immaginario aveva la faccia di Funari.
Erano, grazie al cielo, le canzoni pre-livinciugadà o oscuramente craxiane come "In questo mondo di ladri" delle quali, da bambina capivo poco e niente e comunque la musica mi faceva orrore.
Ce n'erano alcune per le quali provavo un misto di piacere angoscia, prime su tutte "Buona domenica" e "Compagno di scuola".
La prima è un assoluto capolavoro, una canzone in grado di concentrare in pochi minuti quel malessere esistenziale che caratterizza quella che a scuola era l'unica giornata di festa e, per motivi che parevano inspiegabili, sembrava un incubo fatto di messa, ansia, compiti e vuoto esistenziale.
Il compagno di scuola, compagno di niente, gente che dovevi frequentare per forza per un numero considerevole di ore prima che sparisse per sempre, inghiottito dalle tenebre, dopo l'esame di maturità (io la maggior parte non le ho più riviste dopo la terza prova) senza nessun tipo di trauma affettivo, chi era davvero?
Merita una canzone rievocativa? Perchè? Per pura nostalgia?
Poi arrivi a trent'anni passati e capisci perché, dopotutto, il fatto che solo Venditti abbia dedicato una canzone a questa comune e strana comparsa del passato, sia strano.
I compagni di scuola sono la cartina tornasole dei nostri sogni, ma anche e soprattutto dei nostri fallimenti generazionali:
"Compagno di scuola, compagno per niente, ti sei salvato o lavori in banca pure tu?".
Ho letto finalmente anche io "Macerie prime", un libro al tempo stesso abbastanza comune e abbastanza strano, comune perché racconta una storia che, al netto del precariato lavorativo (comunque in alcune forme proprio anche delle generazioni passate) somiglia a molte altre trame, strana perché da Zerocalcare ti aspetteresti ansie generazionali più rivoluzionarie e meno old style.
Eppure è proprio questo che, a mio parere, rende questo libro di Zerocalcare (almeno in questa prima parte) nettamente superiore al celebrato "Dimentica il mio nome" che mostrava una serie di falle narrative nella seconda parte.
"Macerie prime" è un libro che racconta una verità talmente ovvia da risultare scomoda.
Noi siamo davvero questi qui.
I trentenni, anche al meglio del loro radicalismo, non riescono a vincere su un'oppressione sociale che ha solo rimandato il conto dai 25 ai 35 anni.
Ok, ti sei divertito, ma ora devi crescere, sposati e fai figli, vai a convivere, trovati un lavoro.
Il problema è che le ansie sociali sono rimaste le stesse di 40 anni fa, ma il mondo, lavorativo ed economico è mutato profondamente e le due cose non s'incastrano più in nessun modo.
Da una parte c'è chi vorrebbe sposarsi e far figli, ma non ha né soldi né lavoro. Tutti gli studi fatti sono stati traditi da un mercato del lavoro impazzito che premia chi si trova al posto giusto al momento giusto e non i preparati e meritevoli (certe volte per carità pure quelli, ma quasi per caso).
Dall'altra il problema è inverso: il lavoro c'è, i soldi anche, ma il disagio esistenziale di non voler vivere la stessa identica vita dei nostri nonni e genitori permane.
Perché sposarsi e far figli se non si desidera davvero? E' davvero quello che determina la maturità di una persona? Chi non lo fa è rimasto adolescente o vuole semplicemente vivere una vita diversa?
Vignetta di Sarah Andersen che rende bene la questione Baby Boomer vs Millennial |
Questo senza contare la continua angoscia da welfare: se non fate figli chi pagherà le pensioni? Se non fate figli chi vi accudirà? La natalità è bassa, procreate!
E tu stai lì che pensi solo "Baby boomers, mortacci vostra potevate evitare di andare in pensione a 39 anni, di creare una voragine di debito pubblico e di fare il "patto generazionale" sulle pensioni senza chiedere l'opinione della generazione dopo che magari non era proprio d'accordissimo".
"Macerie prime" parte da una situazione da "compagno di scuola, ti sei salvato dal fumo delle barricate?" e prende le mosse dal matrimonio dell'amico Cinghiale, uno che per tutti i libri precedenti aveva il principale ruolo dell'erotomane pronto a farsi chiunque e a consigliare a chiunque di farsi chiunque.
Zero e tutti gli amici che abbiamo visto nei libri precedenti (assente l'amica Lemure e anche l'indimenticato amico Supplì) si ritrovano a dormire insieme la notte prima della cerimonia e Zero scopre che mentre veniva sballottato in ogni dove a fare presentazioni e si tumulava in casa a disegnare come un mangaka giapponese sotto consegna, le vite degli altri sono andate molto più avanti di quel che pensava. O meglio molto indietro.
Sarah, che ha studiato invano per fare l'insegnante lavora nell'amministrazione di una ditta per due lire e la sua compagna, post-approvazione delle unioni civili, vorrebbe impalmarla.
Katja che a quanto pare esiste davvero e non è solo un personaggio di "Dodici" (il libro sugli zombie a Rebibbia) ha 38 anni, vorrebbe un figlio, ma il compagno Deprecabile non è per la quale (finalmente un personaggio che viene dalla provincia di Roma e parla del disagio del doversi fare ore di macchina o mezzi pubblici per coprire 30 km di distanza).
Deprecabile, new entry nei libri, ma a quanto pare non nella vita di Zerocalcare, più grande, simbolo perfetto di quel che io chiamo "finire il giro": sei talmente oltre, talmente radicale, talmente estremista che a un certo punto finisci il giro e scopri di essere identico all'estremo opposto (es. Arcilesbica che ha le stesse posizioni di Adinolfi).
Mentre sono tutti insieme, Sarah lancia un'idea abbastanza rivista da chiunque nella nostra generazione: partecipiamo a un bando.
Una cosa che sembra fichissima, ma chiunque ci si sia trovato impelagato sa che è la madre di ogni tragedia, rispondere ai requisiti è complicatissimo, fornire la documentazione adeguata impossibile, la traduzione in 20 lingue diverse tra le quali il polacco, impraticabile.
Eppure in un mondo nel quale nessuno ti dà fiducia se non hai delle garanzie da dare (e tu dici: se avevo garanzie non avevo bisogno di fiducia) rappresenta l'unico modo per "far partire un progetto".
Zero si trova nell'inedita posizione di superiorità economico-lavorativa: guadagna in modo decente e fa un lavoro che gli piace e così cerca di rifiutare per poi cedere sotto il peso dei sensi di colpa.
Oh, tu ce l'hai fatta, non puoi mica lasciarci indietro eh.
E così Zero inizia a scoprire l'amara verità: lui non è il compagno che lavora in banca, lui è peggio.
Perché se quello che lavora in banca può sempre provare un tipo di solidarietà generazionale ("anche io sono una vittima del sistema perché il mio sogno era diventare campione di surf e non sportellista in attesa di essere licenziato da qualche nuova app che fa il lavoro al posto mio"), lui è UNO CHE CE L'HA FATTA.
I suoi amici sono la cartina tornasole di una generazione che affoga e lui è l'eccezione che i cinquantenni possono portare in trionfo "Oh, se ce l'ha fatta lui, è evidente che la cosa è possibile, sono gli altri che non hanno voglia di fare niente".
Senza contare che quando traghetti dall'altra parte della barricata, quella dei salvati, agli occhi dei sommersi diventi un traditore, uno che ora si è venduto, uno che prima lanciava i sassi e ora viene chiamato a condannare chi continua a farlo, per disperazione o per rabbia.
Zero si accorge di non essere più il compagno di scuola di nessuno, lui è fuori, in un mondo che non esiste, fatto di eccezioni che non rappresentano la regola. Unici e non speciali, semplicemente soli.
Cosa che per chi ha fatto del collettivismo e della solidarietà l'asse portante della propria esistenza non è facile da affrontare.
Perciò, no, non mi è sembrata una trama così rivista, ma una trama nella quale scavare con attenzione, oltre il facile "Oh, ma è l'ennesimo libro sul trauma della crescita a base di figli e matrimonio che fa tanto Muccino dei poveri!"
Vediamo come la risolve nella seconda parte, se non si sgonfia per ora è, per me, la sua storia migliore.
Sì però da 'sto tunnel del senso di colpa ne deve uscire, eh, sennò s'ammazza!
RispondiEliminaGran bella recensione! Questo libro secondo me merita di essere scavato un po' più nel profondo, al di là della solita storia sui giovani e la crisi: e il motivo, che forse in pochi hanno capito, è proprio quello che sottolinei tu. Mi fa piacere che qualcuno l'abbia messo in luce così bene. Io di solito evito come la peste i libri di gente che cerca di spiegarmi la crisi dei nostri tempi dall'alto di non si sa che, ma questo è diverso, più vero.
RispondiEliminaP.S.: lo spoiler su Secco la Bao lo ha messo nella prima riga della descrizione del libro, mortacci loro.
Le tue recensioni hanno una potenza straordinaria.
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