lunedì 21 maggio 2018

Sii responsabile e sii felice. "Our little sister" di Akimi Yoshida, un manga che non ci si stancherebbe mai di leggere tra nostalgia, amarezza e sorellanza.

 In questi lunghi mesi di reclusione scrittoria, nei quali, oltre a lavorare, non ho fatto altro che studiare, cercare di non perdere le redini del blog e organizzare l'unione civile, credo di aver riletto non meno di cento volte gli unici (molto purtroppo) numeri di un bellissimo manga: "Our little sister" di Akimi Yoshida.

 I manga, parliamone, perché molti so che al solo leggere questa parola chiuderanno la recensione in attesa che torni a dedicarmi a cose più di concetto (ho una buona notizia: ho quasi terminato la parte grossa del lavorone del saggio, quindi tornerò a postare di più), vengono in verità ignobilmente sottovalutati.

 In realtà, considerando la qualità media di quello che viene tradotto in Italia, ossia quasi solo storielle d'amore tra adolescenti e gente che si mena a sangue (o un featuring di entrambe le cose) per vari motivi, non c'è da stupirsi che da fuori appaiano come qualcosa dall'incomprensibile successo.

  Tuttavia, al netto del trash e del troppo mieloso, del violento che Tarantino te dico fermete e del pornazzo, da vecchia lettrice di manga assicuro che oltre l'incomprensione c'è di più.

 Avevo anzi già parlato del rapporto tra narrativa giapponese attuale e manga (nel post "Forse non tutti sanno cos'è una light novel") e chiunque abbia letto "Kitchen" di Banana Yoshimoto almeno una volta nella vita conosce la breve postfazione sul tema di Giorgio Amitrano inserito sul finale.

 I manga, anche quelli più verosimili, hanno regole loro che "aggiustano" in qualche modo la realtà. 

 Se c'è bisogno che la storia preveda qualche lato assurdo, qualche personaggio improbabile e qualche coincidenza o situazione ai limiti della realtà, il manga non ha assolutamente problemi in questo senso: lo fa accadere, contro ogni buon senso.

 E' qualcosa di diverso dai romanzi un po' surreali all'occidentale perché di surreale, in verità, c'è poco intento. Tutto è funzionale per una trama che deve arrivare ad un determinato scopo.

 "Our little sister - Diario di Kamakura" ed. Star Comics in questo senso rispetta la regola.

 La trama di base è abbastanza semplice: alla notizia della morte del padre, tre sorelle, Sachi, Yoshino e Chika, di età tra i 30 e i 20 anni, che vivono insieme nella vecchia casa della donna defunta in una località di mare a sud di Tokyo, partono per andare al funerale.

 Non vedono il padre da una dozzina di anni, quando se ne andò con un'altra donna (mentre la madre attese un paio di anni prima di risposarsi e lasciarle coi nonni per trasferirsi altrove senza quasi mai tornare) e per loro è principalmente una formalità.

 Una volta sul posto, conoscono Suzu, la sorellastra che il padre ha avuto dalla seconda moglie, morta anch'essa da poco (sì, esattamente come nei romanzi, anche nei manga c'è un tasso di mortalità altissimo).

 Ricapitolando: Suzu è orfana di entrambi i genitori e le altre tre è come se lo fossero.

 Poiché in Giappone prendono alcune faccende molto seriamente, la famiglia della madre di Suzu si guarda bene dal farsi viva, avendo rotto i rapporti anni prima, quando la figlia aveva sposato un uomo che per lei aveva lasciato moglie e tre bambine.

 Suzu perciò è completamente sola e quando le tre sorelle, in un impeto di empatia, le chiedono se vuole andare a vivere con loro, accetta immediatamente.

 Potrebbe essere la madre di tutte le tragedie e un'infinita sequela di imbarazzi e recriminazioni,  e, diciamocelo, l'inizio di una telenovela sudamericana, invece la serie, che si sviluppa in un arco di tre anni, ha qualcosa di magico.

 Con una lenta quotidianità scandita da problemi scolastici, amori, amicizie, rituali familiari, doveri e delicati equilibri, le quattro sorelle diventano una famiglia e ognuna di loro trova il proprio posto nella vita.

 Non succede nulla di particolare eppure si potrebbe rileggere all'infinito, senza mai stancarsi. Perché?

 Ci sono a mio parere due motivi.

 Il primo è che tutti pensano, continuamente e non è una cosa così scontata.

 Nelle graphic e nei fumetti occidentali si pensa infinitamente meno e si agisce molto di più.
 Non solo, i ragionamenti dei personaggi sono spesso quasi una versione telefonata dell'azione: "Ah devo fare questo, sì lo farò", col risultato che i tre quarti della volte pensi che l'autore potrebbe anche risparmiarselo.

 In altri casi, invece, la graphic racconta dilemmi interiori di qualche genere rischiando fortemente l'effetto psicanalisi, nei quali i personaggi, invece di seguire un determinato ragionamento, anche a vuoto, finiscono per autoanalizzarsi in modo pedante e ossessivo (una cosa che se funziona nei romanzi, a mio parere, nelle graphic, è inutile e appesantisce).

 In "Our little sister", come in moltissimi manga, i personaggi pensano e quel quel pensiero è parte stessa della trama.

 Oltre alla situazione familiare particolare delle sorelle, anche i personaggi attorno vivono una serie di situazione allo stesso tempo straordinarie e quotidiane: malattie, beghe familiari, tradimenti amorosi, vecchi rancori, situazioni mai davvero risolte.

 Tutto va troppo veloce o sembra troppo concitato o perennemente in allarme per essere meritevole di una riflessione. 

 In questo manga invece la riflessione rappresenta più della metà del contenuto effettivo ed è un qualcosa di affascinante per un adulto, figurarsi per un ragazzino che generalmente ha un tumulto in cui mettere un grande ordine dentro di sè.

 Il secondo motivo per il quale questo manga è bellissimo è che condanna fermamente chiunque rifugga le proprie responsabilità.

 Le quattro sorelle e i loro amici sono estremamente protesi nell'essere responsabili e si angosciano quando non riescono fino in fondo o il loro comportamento può causare un qualche danno ad altri.

 Anche per questo le figure di molti adulti sono quelle più negative (anche se gli si concedono le umane attenuanti): la madre che arriva a voler vendere la casa delle figlie per ristrutturare la sua, il fratello di uno dei personaggi che riappare dal passato a pretendere un'eredità, la terza moglie del padre incapace persino di presenziare alla cerimonia funebre e subito risposata con un altro uomo.

 Le quattro sorelle sono così ossessionate dalla responsabilità perché hanno vissuto sulla loro pelle le conseguenze del "pensare solo a sé stessi".

 In una società che disprezza la collettività e vede gli altri solo in una funzione di opportunismo o quali parassiti (a seconda del bisogno), che invita a mettere i propri desideri davanti a tutti, è un messaggio stranamente affascinante e potente.

 Quanto tempo sprechiamo ad arrabbiarci per questioni di principio che non portano a niente?
Quanto altro ne gettiamo perché siamo profondamente incapaci di affrontare le nostre debolezze preferendo addossare la colpa agli altri? Cosa sarebbe delle vite di tutti se imparassimo ad essere responsabili?

 E' come un bicchiere d'acqua fresca in questo deserto di frustrazione e odio sociale in cui nessuno appare più responsabile di nulla e le attenuanti generiche le meritano solo alcuni, quelli che proprio non ne hanno bisogno e scaricano il peso delle loro misere azioni sul prossimo.

 Non smetterei mai di leggere questo meraviglioso manga e mi spingo a dire che queste sono le due maggior fonti di fascinazione del genere: il pensiero e un forte senso del dovere.

 Due cose che sembrano diventate fantascienza.



Ps. Esiste anche un film, vincitore a Cannes, tratto da questo fumetto, "Little sister". L'ho comprato, visto e trovato molto tristanzuolo. 

 Mentre il fumetto, pur raccontando vicende complesse e situazioni drammatiche, non perde mai una certa allegria, il film è lento, triste e noiosetto.

 Nel grigiume molto serioso, non ha colto assolutamente il punto focale della storia: la vita è un susseguirsi di momenti difficili e altri più semplici, imparare a vedere sempre il lato migliore è l'unica via per essere felici.

4 commenti:

  1. Ciao :) a me i manga piacciono molto, anche se ne ho letti davvero pochissimi e ne ho un paio in sospeso che conto di recuperare al più presto. Questo, però, non lo avevo mai sentito nominare. Darò un'occhiata in fumetteria la prossima volta *_*

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    1. Dai una possibilità almeno al primo numero! Il bello delle serie manga è che i volumetti vengono pochissimo, quindi al massimo ci hai rimesso 5 euro!

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  2. Il mio manga preferito degli ultimi mesi! Purtroppo ora siamo in pari con quanto pubblicato in Giappone, e ci tocca aspettare un po', ma quanto è stato bello, finora! E' una lettura che mi fa sempre stare bene, nonostante, in fin dei conti, tratti anche di un sacco di difficoltà e risvolti della vita non sempre piacevoli. Ma lo fa con uno spirito tutto suo, prezioso!

    Condivido il fatto che molti manga pubblicati in Italia siano a tema "love-love" o picchiaduro. Però non farei un quadro così pessimista. Cose interessanti da leggere anche al di fuori delle serie più banali ce ne sono. I titoli potabili in circolazione non sono pochi, dai. Bisogna solo avere la pazienza di cercare e informarsi, ché spesso restano sepolti sotto la "rumenta" XD
    Certo, "Our Little Sister" è un gioiellino non facilmente raggiungibile, ma non diamo tutto il mercato per perso, dai ;D

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    1. Proprio negli ultimi mesi la Dynit edizioni si è messa a tradurre cose più papabili per noi "adulti" e anche la jpop qualcosa lo edita qui e lì nel mare di Tokyo Ghoul e boys love. Purtroppo ho visto anche io che per "Our little sister" siamo in pari con la pubblicazione giapponese e ho notato anche che la Yoshida non è che sia proprio velocissima, quindi per sapere come se la cava Suzu a Shizuoka ce ne metteremo. Ah, scrivendo questo commento mi sono appena accorta che tra le millemila cosa da segnalare che ho lasciato indietro in questi mesi c'è "Disegna!" di Akiki Higashimura di cui sto ardentemente attendendo il secondo numero!

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