venerdì 20 luglio 2018

L'insostenibile minuzia della giallistica giapponese.Da Keigo Higashino a "Tokyo express" siamo noi a tradurre solo i gialli nipponici più noiosi della storia o li scrivono proprio così?

 Chiunque abbia dai 35 ai 25 anni non può non aver mai visto una puntata di detective Conan.

 Oddio, probabilmente non lo ha visto chiunque non seguisse i cartoni animati, ma il punto è che i giapponesi erano riusciti a produrre e rendere interessante anche un fumetto su contortissime indagini condotte da un ragazzetto, ridotto da non ricordo quale magheggio, nel corpo di un bimbo di otto anni.

 A parte l'inquietante rapporto con la sua fidanzata rimasta adulta che dava brividi di orrore a tratti, era anche interessante, tuttavia non lo si seguiva con lo stesso trasporto della signora in giallo.

  Lì, se diventavi uno spettatore assiduo e capivi il meccanismo, riuscivi pian piano a scoprire l'attimo in cui l'assassino si tradiva e potevi smascherarlo.

 In detective Conan questo era impossibile.

 Tale era la minuzia del dettaglio che tradiva l'assassino da rendere non solo impossibile riuscire a scoprire l'assassino, ma anche seguire decentemente l'indagine.

 Ho sempre pensato che questo eccessivo attaccamento ai particolari che umanamente sfuggirebbero anche al più consumato dei detective fosse legato a una certa incapacità del mangaka di intessere una trama con reali colpi di scena.

 E invece.

 Qualche anno fa comprai tutta contenta un giallo di Keigo Higashino, uno dei pochissimi giallisti nipponici tradotti in italiano.

 Si trattava di "L'impeccabile" uno di quei gialli della "camera chiusa" che a quanto sembra piacciono molto ai nipponici.

 La storia raccontava l'omicidio di un uomo di affari trovato morto avvelenato in casa sua. Nessuna traccia di effrazione, nessuna impronta, nessuna traccia in generale.
 Sua moglie, una bella insegnante di cucito patchwork (peraltro ho trovato lo stesso curioso mestiere in un manga, si vede che in Giappone è una cosa diffusa), era a km di distanza al momento del delitto, tuttavia l'ispettore Kusanagi la vede è SA che l'assassina è lei.

 Non è che ha esitazioni oppure ha un vero motivo per sospettare di lei, no, lui lo SA. E passa conseguentemente tutto il libro a cercare la prova che la incastri.

 Una noia discretamente mortale perché le indagini si arrovellano su minuzie che nella realtà sarebbe impossibile notare, un accanimento senza senso che non lascia mai spazio al dubbio e, ricordo, un finale talmente forzato da essere fantascientifico.

 Pensai di aver beccato il libro sbagliato.


Ci riprovai un anno dopo con un altro libro di Keigo Higashino "Il sospettato X" nel quale sempre l'ispettore Kusanagi indaga sulla morte di un uomo violento che minacciava ex moglie (una sorta di entreneuse avvenente) e la figlia adolescente.

 Anche qui. Non c'è nessun ragionevole motivo, nessun indizio, niente di niente per dubitare dell'innocenza delle due donne e invece Kusanagi SA che sono colpevoli e passa un libro intero a perseguitarle in tante e tali forme che più che un giallo sembra un romanzo sullo stalking.

 Pensai fosse un problema di Keigo Higashino e invece mi è poi capitato di leggere un suo particolarissimo romanzo, non giallo, "La seconda vita di Naoko" nel quale, dopo un incidente mortale, la mente della madre finiva per entrare nel corpo della figlia.

 Un romanzo splendido, delicato e con quel pizzico di morboso che solo i giapponesi sanno dare (ma in mano a un occidentale, col senso di colpa epico che ci ritroviamo, un libro del genere sarebbe finito in tragedia ve lo assicuro).

  Come poteva Higashino aver scritto un libro tanto bello e dei gialli tanto pallosi?

 Il dubbio che qualcosa in generale non tornasse nella giallistica giapponese prese definitivamente piede quando decisi di dedicarmi a "L'uomo che voleva uccidermi" di Yoshida Shuichi in cui una ragazza muore dopo un'uscita serale.
 Ho retto un centinaio di pagine prima di arenarmi definitivamente nella noia marasmatica delle minuzie.

Evidentemente sono un essere cocciuto perché, quando è uscito "Tokyo express"  un classico del giallo nipponico, a quanto sembra amatissimo in patria, ho deciso di dargli una possibilità.

 E lì ho capito che quello dei giallisti giapponesi è proprio un perverso modus operandi.

  Nel libro due giovani, un ragazzo e una ragazza, vengono trovati morti su una spiaggia. Visto che, a quanto sembra, in Giappone il suicidio di coppia non è poi così raro, la questione viene subito derubricata come tale e si va oltre.
 Lui, Sayama, è un funzionario coinvolto in uno scandalo di corruzione lei, Otoki, un'entreneuse (un'altra, sì) che è probabilmente la sua amante anche se nessuno ne ha mai saputo niente.

 L'inizio, devo dire, è molto intrigante perché c'è un uomo d'affari che per motivi oscuri chiede a due colleghe della ragazza di cenare con lui per poi pregarle di accompagnarlo alla stazione del treno.
 Le due, un po' stupite, accettano per poi scorgere qualche binario più giù la loro collega Otoki salire in treno con Sayama.

 Ecco, l'inizio parte davvero bene e continua per un po' per poi schiantarsi sulle rive del piattume (anche se comunque di livello estremamente superiore ai soporiferi gialli di Higashino) quando l'investigatore di turno si fissa su un colpevole e va oltre ogni ragionevole incrocio d'indizi per provare la sua intuizione.

 Devo dire che almeno qui una base per sospettare dell'assassino c'è, ma è il contorto incrociare continuamente orari di treni e aerei che a un certo punto rende quasi più interessante una ricerca di offerte per l'alta velocità su Trenitalia.

 Questa attenzione ossessiva dei gialli nipponici per i dettagli che rende la narrazione difficoltosa, piatta e noiosa mi è ulteriormente incomprensibile alla luce del fatto che altri libri "non di genere" presentano invece una sorta d'investigazione all'occidentale.

 Rileggendo dopo anni "The ring" l'horror dal quale venne tratto il celebre film (bello il film, molto più bello e particolare il libro) mi sono resa conto che lì si tratta di un giallo in piena regola. Un giallo all'italiana in salsa giapponese.

 Il giornalista protagonista deve scoprire chi ha fatto il video e perché prima che scadano sette giorni o morirà.
 Conduce quindi un'indagine al cardiopalma che procede effettivamente per indizi e non per dettagli oggettivamente impercettibili e senza che fino all'ultimo ne conosca i risvolti.

 Si apre quindi una domanda a cui forse sapranno rispondermi gli appassionati di narrativa giapponese (che magari hanno anche la fortuna di leggere in lingua originale): è il canone della giallistica giapponese ad essere fissato su regole palloserrime agli occhi di noi occidentali oppure, per perversi motivi, vengono tradotti solo gialli di tal fatta?

 Agli esperti di narrativa giapponese l'ardua sentenza.

3 commenti:

  1. Seguo con interesse i tuoi consigli e le tue recensioni e attendevo quella di Tokyo Express. Su tanti aspetti mi sono ritrovata, con la differenza che a me il libro è piaciuto molto (tanto da essermi comprata anche un altro romanzo dello stesso autore, vediamo come sarà questo "Come sabbia tra le dita"), nonostante sia molto imbrigliato dalle formalità tipiche della società giapponese che alla lunga possono appesantire la narrazione. Al di là della storia e del giallo in sé (che tutto sommato per un occhio allenato non rappresenta un intreccio magistrale) mi è piaciuto il rapporto che si viene a creare tra i due detective, il vecchio volpone che coglie qualcosa di strano e il giovane che - stranamente - segue le intuizioni del collega, le loro congetture che continuano a subire modifiche e vengono smentite e rimontate in base a indizi apparentemente inesistenti. Vero è che per noi, abituati a definire il treno in orario quando arriviamo con 20 minuti di ritardo, è pura fantascienza pensare che sia possibile basarsi su discrepanze nell'ordine di 5 minuti su arrivi e partenze ferroviarie...
    Concordo su "Il sospettato X", mentre ti consiglio qualora non l'avessi letto "L'impeccabile", sempre di Higashino, un giallo ben costruito. "L'uomo che voleva uccidermi" l'ho acquistato sull'onda di una quarta di copertina ben scritta, l'ho finito ma l'avrei volentieri scaraventato contro il muro da quanto mi ha irritato. Sto cercando il coraggio di iniziare "Sei Quattro", di Hideo Yokoyama, un romanzo su un cold case che già è definito un libro con "tempi lenti", non mi sembra di averne letto ancora sul tuo blog. Perdona il commento prolisso ma come ti dicevo apprezzo molto le tue recensioni e soprattutto sulla letteratura nipponica spesso mi ritrovo molto nelle tue osservazioni. Grazie per gli spunti di lettura estivi, sono molto interessanti e spero di avere il tempo di leggere almeno qualcosa di ciò che hai consigliato. Colgo l'occasione per farti i migliori auguri per il matrimonio e soprattutto per il delirio organizzativo :)

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    1. Effettivamente, ora che mi ci fai riflettere, parte della noia di Tokyo express potrebbe derivare dall'oggettiva impossibilità per noi italici di stare dietro un'indagine del genere: Trenitalia sega le gambe a qualsiasi alibi!

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  2. "Tokyo Express" era già stato pubblicato nei Gialli Mondadori negli anni '70, col titolo "La morte è in orario", ed è in quella veste che l'ho letto io molti anni fa (recuperato su una bancarella, credo).
    Tra l'altro, all'esame di Giapponese I all'università, invitata a parlare (in italiano :P) di qualche romanzo nipponico che mi avesse colpito, tirai fuori proprio quello. Motivazione: la stessa data da Francy qui su, ovvero per noi, abituati a definire il treno in orario quando arriviamo con 20 minuti di ritardo, è pura fantascienza pensare che sia possibile basarsi su discrepanze nell'ordine di 5 minuti su arrivi e partenze ferroviarie.... In Italia quell'omicidio non avrebbe mai potuto aver luogo in quei termini! XD

    Conosco Detective Conan, sia anime che manga, e confermo l'assoluta, minuziosa, incredibilità dei meccanismi gialli sfruttati dall'autore e basati su particolari assurdi (non è un caso io sia indietro di decine di numeri con la lettura: DC va preso a piccole dosi, anche se divertente ^^; Già meglio l'anime, imho).

    Non so però se questo modo di narrare sia tipico di tutta la letteratura gialla giapponese, ho letto troppo poco nell'ambito per farmi un'opinione certa.

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