domenica 16 febbraio 2020

Sovrani mitteleuropei everywhere! Ludwig di Baviera e l'incresciosa fissa degli Asburgo per l'endogamia tra follia, genetica malandata, Luchino Visconti e Wagner!


Ad un mese e più dal mio ritorno dal viaggio viennese, ecco finalmente il secondo post scaturito dal mio improvviso delirio per i sovrani della mitteleuropa.

 E' da un po' che lo stavo finendo (noterete che mi sono fatta prendere la mano) e nel frattempo la mia attenzione si è spostata verso i sovrani di altre zone. Ho terminato una biografia di Caterina II di Russia e ne ho ordinata in biblioteca una su Cristina di Svezia.

 Confido che tale passione terminerà, ma il vero problema è che ho scoperto che leggere le vite dei reali ha una grande influenza calmante sui miei livelli di stress. 

 Ho trovato davvero una cosa che mi fa staccare il cervello sulle fatiche quotidiane, quindi abbandonarla è davvero davvero difficile.

 Per evitare che questo blog diventi "l'eco delle case regnanti" o viri pericolosamente sull'erudito araldico, ho ordinato in biblioteca anche vari libri giappi che volevo leggere da tempo.

 Comunque, bando alle troppe ciance, vi lascio con degli imperdibili consigli di lettura su Ludwig di Baviera e la casata degli Asburgo!

 Sia mai che scopriate rilassino anche voi!



LUDWIG II di BAVIERA:

 Uno dei miei sogni segreti, quando leggo le cronache dei reali, è che questo si riveli davvero una scheggia impazzita nel sistema.

 Non intendo una scheggia alla Harry e Meghan, due che sostanzialmente vorrebbero fare la stessa vita da ricchi dediti alle charity, ma senza obblighi formali (cioè star tipo hollywood ma solo per il fatto di essere reali), ma gente che proprio parte per la tangente.

 Forse Diana un po’ ci si avvicina, ma penso un po’ a cose come Giangiacomo Feltrinelli il miliardario comunista o a Patty Hearst che viene rapita e poi diventa parte della banda armata.

 Sogno insomma un principe repubblicano o, che ne so, una principessa che molla tutto e va a fare il medico sulla striscia di Gaza.

  Questo esistere inodore, incolore, insapore che ormai praticamente tutte le monarchie hanno, è probabilmente il sintomo più evidente della loro completa inutilità nel ventesimo secolo, almeno in occidente.

 Stanno zitti e non commentano perché non devono interferire con la politica. Bene, ma allora, che ci stanno a fare lì?

Comunque. Una delle figure che più si avvicina a questa mia idea di rottura è Ludwig di Baviera, conosciuto qui in Italia principalmente per il film che gli dedicò Luchino Visconti.

 “New Pope” di Sorrentino si basa sull’assunto del: cosa accadrebbe se una personalità borderline e giovane diventasse papa? Più o meno è quello che è successo in Baviera all’epoca di Ludwig. Cosa è accaduto quando una personalità borderline, con tendenze fantastiche e, a completare il tutto, cattolico devoto e omosessuale, diventò re.

Intendiamoci, non è che la famiglia di Ludwig fosse proprio un nucleo di specchiata lucidità.

Suo nonno Ferdinando era stato costretto ad abdicare a furor di popolo dopo un assurdo affaire senile con tale Lola Montez, al secolo Eliza Rosanna Gilbert, irlandese che si fingeva spagnola, ballerina di flamenco e di altre erotiche danze di sua invenzione. Il re fece follie per lei, nella disapprovazione generale e fu il pretesto col quale si diede fuoco alle polveri di complesse questioni politico-religiose all’interno dell’impero.


 
Il padre di Ludovico, Massimiliano II di Baviera, morì quando Ludwig aveva 19 anni rendendolo re.

In principio Ludwig sembrò dimostrare un vago buonsenso. Seppur forzatamente si interessava agli affari di stato e, grazie alla mediazione di sua cugina Sissi, alla quale era molto affezionato, si fidanzò con la sua sorella più giovane e a lei molto somigliante: Sofia.

 Ludwig da un lato diceva di voler combattere la propria omosessualità, dall’altro (fortunatamente) faceva ben poco per farlo, circondandosi di bei giovanotti, ora nobili, ora attori, ora stallieri, che ricopriva di doni e col quale viveva fiabesche serate nei suoi castelli.

 Ebbe comunque d’un tratto l’idea che forse il matrimonio gli avrebbe giovato e quindi, anche su pressione della duchessa Ludovica, madre di Elisabetta e Sofia, si fidanzò con quest’ultima.

 All’inizio, quando si trattò di arredare le nuove stanze per la sposa e comprare sontuose carrozze matrimoniali andò tutto bene, ma poi si saltò da un rinvio all’altro finché il duca Max, padre della ragazza, gli chiese d’esser chiaro e lui si sentì libero di rompere il fidanzamento. 

Non ci riprovò mai più e continuò a imporsi a fasi alterne di porre un freno alle sue frequentazioni maschili, ma la cosa aveva durata brevissima.

Anche gli affari di stato smisero di essere una questione di suo interesse: esattamente come sua cugina Sissi, che lui adorava, sembrava essere autocosciente di trovarsi ad un punto ormai morto della storia (lo stesso figlio di Sissi, Rodolfo, prima di suicidarsi erede dell’impero austriaco, era assai perplesso sull’utilità di re e imperatori nel XX° secolo).

Perso in un sogno norreno, incontrò in Wagner colui che poteva dar corpo alle sue visioni.

 Lo invitò a Monaco e lo coprì letteralmente di doni e denaro, ma se Ludwig era strano non è che il compositore avesse una vita tanto morigerata.

 Il musicista era infatti coperto di debiti a causa di due questioni irrisolte che si peggioravano a vicenda:
 1) Non era un buon manager di sé stesso e quindi non riusciva a farsi pagare abbastanza per le sue opere e i suoi allestimenti.
2) Aveva uno stile di vita originale e assai dispendioso. Considerava infatti indispensabile vivere in un certo (lussuoso) modo per poter scrivere le sue opere.

Quando comprese che Ludwig aveva sviluppato una vera ossessione per le sue opere (si identificava in particolar modo con Lohengrin, il cavaliere cigno), cercò di trarre il maggior vantaggio possibile da questa amicizia, non facendosi scrupolo a chiedere denaro e addirittura ad usare il sovrano per coprire la sua tresca amorosa dell’epoca, quella con Cosima Liszt, all’epoca signora von Bulow.

 L’ossessione per le opere wagneriane fu uno dei maggior sintomi di quella che divenne “la follia” di Ludwig; egli inseguiva un mondo fiabesco e incantato che non poteva trovare confronti con la fine delle monarchie, ormai imborghesite e senza nessun’aura mistica o divina.

 Ovviamente le cose degenerarono. Dopo una ventina di anni di stranezze, dopo aver salassato le casse dello stato per la costruzione di castelli fiabeschi e aver ignorato a oltranza i suoi doveri di sovrano e la corte, la nobiltà iniziò a pensare che forse fosse il caso di destituire un re che dimostrava, anche se in modo non conclamato come suo fratello minore Otto, segni di follia tipici della famiglia Wittelsbach.

  Così, nonostante il popolo bavarese amasse un sovrano che alla fin fine, considerando la guerra una perdita di tempo, aveva risparmiato loro anni di snervanti conflitti, venne infine dichiarato pazzo da un intrigo di palazzo che coinvolgeva suo zio Liutpoldo (che regnò poi come reggente) e rinchiuso in un castello, guardato a vista da infermieri. Vi rimase un solo giorno poiché venne trovato mysteriosamente annegato assieme al suo medico curante il giorno successivo.

 Sotto il suo regno in effetti la Baviera perse la sua indipendenza a seguito della guerra austro-prussiana, tuttavia si potrebbe interpretare la questione in un altro modo.

 Dopo il congresso di Vienna il presagio di un grandissimo cambiamento era forte, il tempo delle guerre tirate allo sfinimento per mezza regione in più era giunto al termine, e Ludwig decise di concentrarsi non su ciò che presto non avrebbe avuto più senso (un impero), ma su qualcosa di eterno: l’arte e l’architettura.

 Del resto è questo ciò che è davvero rimasto: la romantikstrasse costellata da castelli fiabeschi e una fama di re amato e non certo pazzo, “unser kini”, il nostro re, come ancora viene ricordato in Baviera.

Si possono trovare alcune biografie sul re cigno:

 “Ludwig” di Greg King ed. Mondadori, “Ludwig II” di Franz Herre ed. Bompiani  e “Luigi II di Baviera. Il prigioniero di un sogno” di Jean des Cars ed. Mursia.

Sul suo rapporto, intenso e complesso, col compositore Richard Wagner, esiste un libro della Archinto ed. “Parsifal e l’incantatore” di Nicola Montenz.

Infine Klaus Mann ha provato a immaginare gli ultimi giorni, da triste recluso, terrorizzato dall’idea di dottori e manicomi, come suo fratello Otto, nel libro “Finestra con le sbarre” ed. Il Saggiatore.


CARLO II di SPAGNA detto LO STREGATO:

 L’ultimo Asburgo spagnolo fu probabilmente colui che avrebbe dovuto mettere in guardia le corti europee (specialmente gli Asburgo che avevano delle regole talmente stringenti in fatto di matrimoni da non trovare altra gente con cui imparentarsi) dalla loro mania di sposarsi solo fra consanguinei.

 Il povero Carlo II di Spagna infatti, unico figlio maschio sopravvissuto di Filuppo IV fu il frutto definitivo di uno scellerato numero di sposalizi tra consanguinei.

 Suo padre Filippo ebbe due mogli e svariati figli, ma solo tre raggiunsero l’età adulta, due maschi e una femmina: Carlo Baltasar, Maria Teresa e Carlo II.

 Il primo maschio, Carlo Baltasar, giunse all’età di 17 anni prima di morire improvvisamente per malattia, (probabilmente appendicite), lasciando il sovrano sprovvisto di un erede e quindi impegnato a risposarsi in fretta e furia.

 La scelta cadde sulla povera promessa sposa del defunto delfino: Marianna d’Austria, alias sua nipote. La quindicenne era infatti la figlia della sorella del re (che proprio non voleva portare una ventata di sangue fresco in famiglia) e i figli ebbero tutti qualche problema: due morirono in fasce, una crebbe, fece in tempo a sposare il solito zio e a partorire i soliti figli che non brillavano per salute e a morire giovanissima, uno morì ancora infante e, infine, l’ultimo, Carlo appunto, divenne re.

 Nessuno ci avrebbe scommesso visto che già da neonato dimostrava una quantità di problemi di salute non irrilevante, e i numerosi precettori ebbero a lungo paura di forzare l’unico principe: rachitico, timido, appariva poco intelligente e inoltre possedeva il classico mento degli Asburgo, quella che dalle mie parti chiamano “scucchia”: la mandibola avanzata in avanti. 

Oltre a essere un problema estetico (non che gli Asburgo brillassero per bellezza si potrebbe dire) portava una serie di problemi di masticazione e, ovviamente, logopedici.

 Col tempo, comunque, Carlo, che per le sue numerose malattie veniva detto “lo stregato”, dimostrò di essere ben più lucido e intelligente di quanto tutti sperassero e riuscì a prendere le redini dello stato del quale sua madre era reggente da quando era bambino.

 Ovviamente si sposò, ben due volte. La prima con una principessa francese, Maria Luisa D’Orleans, che tecnicamente, avendo anche ascendenze inglesi e italiane, avrebbe potuto generare un qualche erede sano. Purtroppo, quando morì, dopo dieci anni di matrimonio molto felice, nessuna gravidanza si era mai intravista all’orizzonte.

Si ricorse quindi a un secondo matrimonio, con una principessa tedesca, dal carattere a quanto sembra poco accomodante, ma di famiglia di provata fertilità, ma anche in questo caso non ce ne fu.

 A posteriori, anche in base alle descrizioni post-mortem del sovrano, si è pensato che il sovrano soffrisse di un qualche tipo di ermafroditismo, da qui la sua sterilità. Il ramo asburgico di Spagna si estinse definitivamente quando l’unico nipote maschio sopravvissuto dalla discendenza della sua sorellastra Maria Teresa morì di vaiolo a 6 anni.

Continuando a sposarsi tra loro, nel disperato tentativo di conservare il potere, infine gli Asburgo suicidarono un ramo dinastico dando il via alla guerra di successione spagnola.

Un filino più intelligente si rivelò lo zio di Carlo, il fratello di sua madre Marianna, che iniziò a capire la malaparata alla morte della terza moglie e di un cospicuo numero di figli in fasce.

Innanzitutto, come ogni bravo Asburgo, prese in moglie sua nipote, la suddetta Maria Teresa, dal quale ebbe tre figli morti subito e una femmina che partorì l’erede designato al trono di Spagna salvo perire a sei anni. Allora si risposò, e pure stavolta, con una consanguinea (anche se un filino meno, ma ci voleva poco): Claudia d’Austria e, se possibile, andò peggio visto che sposa e le bambine che vennero morirono tutte nell’arco di due anni.

Infine la scelta cadde su una principessa non asburgica, ma di area tedesca: Eleonora del Palatinato-Neuburg che aveva in dono una genetica assai meno disastrata e ben 16 trisavoli tutti diversi. 

 Nacquero finalmente 10 figli sani che raggiunsero tra alterne vicende tutti l’età adulta. La stirpe continuò poi fino a divenire Asburgo-Lorena col matrimonio della famosa Maria Teresa d’Austria col marito Francesco Stefano di Lorena e si estinse infine nel 1916.

 Se siete curiosi di saperne di più su una delle famiglie nobiliari più antiche d’Europa ecco i consigli:
Sulla storia della famiglia Asburgo
“Storia degli Asburgo” del solito Jean des Cars LEG edizioni.
“Gli Asburgo” di Andrew Wheatcroft ed. Laterza

3 commenti:

  1. Se hai trovato una nuova passione, perseguila, magari intervallando biografie e gossip reali con altro, giusto per non averli a noia.
    Magari diventi una specialista e fai concorrenza a Caprarica!

    La storia dell'endogamia asburgica è agghiacciante, sembra un racconto di Lovecraft...

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    Risposte
    1. In realtà i reali sono una mia passione da anni (ma l'avevo occultata sapientemente)!
      Sì, l'endogamia asburgica è una storia dell'orrore. Poi me li vedo che non si spiegano perché non sopravvivano bambini e mai un dubbio che forse sposarsi col procugino profratello prozio non era proprio l'idea migliore..

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    2. Dev'essere difficile resistere al fascino di una zia che è anche una cugina e una sorella...
      No, scherzi a parte, fa paura

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