Ad un mese e più dal mio ritorno dal viaggio viennese, ecco finalmente il secondo post scaturito dal mio improvviso delirio per i sovrani della mitteleuropa.
E' da un po' che lo stavo finendo (noterete che mi sono fatta prendere la mano) e nel frattempo la mia attenzione si è spostata verso i sovrani di altre zone. Ho terminato una biografia di Caterina II di Russia e ne ho ordinata in biblioteca una su Cristina di Svezia.
Confido che tale passione terminerà, ma il vero problema è che ho scoperto che leggere le vite dei reali ha una grande influenza calmante sui miei livelli di stress.
Ho trovato davvero una cosa che mi fa staccare il cervello sulle fatiche quotidiane, quindi abbandonarla è davvero davvero difficile.
Per evitare che questo blog diventi "l'eco delle case regnanti" o viri pericolosamente sull'erudito araldico, ho ordinato in biblioteca anche vari libri giappi che volevo leggere da tempo.
Comunque, bando alle troppe ciance, vi lascio con degli imperdibili consigli di lettura su Ludwig di Baviera e la casata degli Asburgo!
Sia mai che scopriate rilassino anche voi!
LUDWIG II di BAVIERA:
Uno dei miei sogni segreti, quando leggo le cronache dei
reali, è che questo si riveli davvero una scheggia impazzita nel sistema.
Non
intendo una scheggia alla Harry e Meghan, due che sostanzialmente vorrebbero
fare la stessa vita da ricchi dediti alle charity, ma senza obblighi formali
(cioè star tipo hollywood ma solo per il fatto di essere reali), ma gente che
proprio parte per la tangente.
Forse Diana un po’ ci si avvicina, ma penso un
po’ a cose come Giangiacomo Feltrinelli il miliardario comunista o a Patty Hearst che viene rapita e poi
diventa parte della banda armata.
Sogno insomma un principe repubblicano o, che ne so, una principessa che
molla tutto e va a fare il medico sulla striscia di Gaza.
Questo esistere inodore, incolore, insapore
che ormai praticamente tutte le monarchie hanno, è probabilmente il sintomo più evidente della loro completa inutilità nel
ventesimo secolo, almeno in occidente.
Stanno zitti e non commentano perché non
devono interferire con la politica. Bene, ma allora, che ci stanno a fare lì?
Comunque.
Una delle figure che più si avvicina a
questa mia idea di rottura è Ludwig di Baviera, conosciuto qui in Italia principalmente
per il film che gli dedicò Luchino Visconti.
“New Pope” di Sorrentino si basa sull’assunto
del: cosa accadrebbe se una personalità borderline e giovane diventasse papa?
Più o meno è quello che è successo in Baviera all’epoca di Ludwig. Cosa è
accaduto quando una personalità borderline, con tendenze fantastiche e, a
completare il tutto, cattolico devoto e omosessuale, diventò re.
Intendiamoci, non è
che la famiglia di Ludwig fosse proprio un nucleo di specchiata lucidità.
Suo nonno Ferdinando era stato costretto ad abdicare a
furor di popolo dopo un assurdo affaire senile con tale Lola Montez, al secolo Eliza Rosanna Gilbert, irlandese
che si fingeva spagnola, ballerina di flamenco e di altre erotiche danze di sua
invenzione. Il re fece follie per lei, nella disapprovazione generale e fu il
pretesto col quale si diede fuoco alle polveri di complesse questioni
politico-religiose all’interno dell’impero.
Il padre di Ludovico, Massimiliano II di Baviera, morì quando Ludwig aveva 19 anni rendendolo re.
In principio Ludwig
sembrò dimostrare un vago buonsenso.
Seppur forzatamente si interessava agli affari di stato e, grazie alla
mediazione di sua cugina Sissi, alla quale era molto affezionato, si fidanzò
con la sua sorella più giovane e a lei molto somigliante: Sofia.
Ludwig da
un lato diceva di voler combattere la propria omosessualità, dall’altro
(fortunatamente) faceva ben poco per farlo, circondandosi di bei giovanotti,
ora nobili, ora attori, ora stallieri, che ricopriva di doni e col quale viveva
fiabesche serate nei suoi castelli.
Ebbe comunque d’un tratto l’idea che forse il
matrimonio gli avrebbe giovato e quindi, anche su pressione della duchessa
Ludovica, madre di Elisabetta e Sofia, si fidanzò con quest’ultima.
All’inizio,
quando si trattò di arredare le nuove stanze per la sposa e comprare sontuose
carrozze matrimoniali andò tutto bene, ma poi si saltò da un rinvio all’altro
finché il duca Max, padre della ragazza, gli chiese d’esser chiaro e lui si
sentì libero di rompere il fidanzamento.
Non
ci riprovò mai più e continuò a imporsi a fasi alterne di porre un freno alle
sue frequentazioni maschili, ma la cosa aveva durata brevissima.
Anche gli affari di
stato smisero di essere una questione di suo interesse: esattamente come sua cugina Sissi, che lui
adorava, sembrava essere autocosciente di trovarsi ad un punto ormai morto
della storia (lo stesso figlio di Sissi, Rodolfo, prima di suicidarsi erede
dell’impero austriaco, era assai perplesso sull’utilità di re e imperatori nel
XX° secolo).
Perso in un sogno
norreno, incontrò in Wagner colui che poteva dar corpo alle sue visioni.
Lo invitò a Monaco e lo coprì letteralmente di
doni e denaro, ma se Ludwig era strano non è che il compositore avesse una vita
tanto morigerata.
Il musicista
era infatti coperto di debiti a causa di due questioni irrisolte che si
peggioravano a vicenda:
1) Non era un buon manager di sé stesso e
quindi non riusciva a farsi pagare abbastanza per le sue opere e i suoi
allestimenti.
2)
Aveva uno stile di vita originale e assai dispendioso. Considerava infatti
indispensabile vivere in un certo (lussuoso) modo per poter scrivere le sue
opere.
Quando comprese che
Ludwig aveva sviluppato una vera ossessione per le sue opere (si identificava in particolar
modo con Lohengrin, il cavaliere cigno), cercò di trarre il maggior vantaggio
possibile da questa amicizia, non facendosi scrupolo a chiedere denaro e
addirittura ad usare il sovrano per coprire la sua tresca amorosa dell’epoca,
quella con Cosima Liszt, all’epoca signora von Bulow.
L’ossessione per le opere wagneriane fu uno dei maggior sintomi di
quella che divenne “la follia” di Ludwig; egli inseguiva un mondo fiabesco e
incantato che non poteva trovare confronti con la fine delle monarchie, ormai
imborghesite e senza nessun’aura mistica o divina.
Ovviamente
le cose degenerarono. Dopo una ventina di anni di stranezze, dopo aver
salassato le casse dello stato per la costruzione di castelli fiabeschi e aver
ignorato a oltranza i suoi doveri di sovrano e la corte, la nobiltà iniziò a pensare che forse fosse il caso di destituire un
re che dimostrava, anche se in modo non conclamato come suo fratello minore
Otto, segni di follia tipici della famiglia Wittelsbach.
Così,
nonostante il popolo bavarese amasse un sovrano che alla fin fine, considerando
la guerra una perdita di tempo, aveva risparmiato loro anni di snervanti
conflitti, venne infine dichiarato pazzo
da un intrigo di palazzo che coinvolgeva suo zio Liutpoldo (che regnò poi
come reggente) e rinchiuso in un castello, guardato a vista da infermieri. Vi
rimase un solo giorno poiché venne trovato mysteriosamente annegato assieme al
suo medico curante il giorno successivo.
Sotto
il suo regno in effetti la Baviera perse la sua indipendenza a seguito
della guerra austro-prussiana, tuttavia si potrebbe interpretare la questione
in un altro modo.
Dopo il congresso di Vienna il presagio di un
grandissimo cambiamento era forte, il tempo delle guerre tirate allo sfinimento
per mezza regione in più era giunto al termine, e Ludwig decise di concentrarsi non su ciò che presto non avrebbe avuto
più senso (un impero), ma su qualcosa di eterno: l’arte e l’architettura.
Del resto è questo ciò che è davvero rimasto:
la romantikstrasse costellata da castelli fiabeschi e una fama di re amato e
non certo pazzo, “unser kini”, il
nostro re, come ancora viene ricordato in Baviera.
Si possono
trovare alcune biografie sul re cigno:
“Ludwig” di Greg King ed. Mondadori, “Ludwig
II” di Franz Herre ed. Bompiani e “Luigi II di Baviera. Il prigioniero di
un sogno” di Jean des Cars ed. Mursia.
Sul suo
rapporto, intenso e complesso, col compositore Richard Wagner, esiste un libro
della Archinto ed. “Parsifal e
l’incantatore” di Nicola Montenz.
Infine
Klaus Mann ha provato a immaginare gli ultimi giorni, da triste recluso,
terrorizzato dall’idea di dottori e manicomi, come suo fratello Otto, nel libro
“Finestra con le sbarre” ed. Il Saggiatore.
CARLO II di SPAGNA
detto LO STREGATO:
L’ultimo
Asburgo spagnolo fu probabilmente colui che avrebbe dovuto mettere in
guardia le corti europee (specialmente gli Asburgo che avevano delle regole
talmente stringenti in fatto di matrimoni da non trovare altra gente con cui
imparentarsi) dalla loro mania di sposarsi solo fra consanguinei.
Il povero Carlo II di Spagna infatti, unico figlio maschio
sopravvissuto di Filuppo IV fu il frutto
definitivo di uno scellerato numero di sposalizi tra consanguinei.
Suo padre Filippo ebbe due mogli e svariati
figli, ma solo tre raggiunsero l’età adulta, due maschi e una femmina: Carlo Baltasar, Maria Teresa e
Carlo II.
Il primo maschio, Carlo Baltasar, giunse all’età di 17 anni prima
di morire improvvisamente per malattia, (probabilmente appendicite),
lasciando il sovrano sprovvisto di un erede e quindi impegnato a risposarsi in
fretta e furia.
La scelta cadde sulla povera promessa sposa
del defunto delfino:
Marianna d’Austria, alias sua nipote. La quindicenne era infatti la figlia
della sorella del re (che proprio non voleva portare una ventata di sangue
fresco in famiglia) e i figli ebbero
tutti qualche problema: due morirono in fasce, una crebbe, fece in tempo a
sposare il solito zio e a partorire i soliti figli che non brillavano per
salute e a morire giovanissima, uno morì ancora infante e, infine, l’ultimo,
Carlo appunto, divenne re.
Nessuno
ci avrebbe scommesso visto che già da neonato dimostrava una quantità di
problemi di salute non irrilevante, e i numerosi precettori ebbero a lungo
paura di forzare l’unico principe: rachitico, timido, appariva poco
intelligente e inoltre possedeva il classico mento degli Asburgo, quella che
dalle mie parti chiamano “scucchia”: la mandibola avanzata in avanti.
Oltre a
essere un problema estetico (non che gli Asburgo brillassero per bellezza si
potrebbe dire) portava una serie di problemi di masticazione e, ovviamente,
logopedici.
Col
tempo, comunque, Carlo, che per le sue numerose malattie veniva detto “lo
stregato”, dimostrò di essere ben più lucido e intelligente di quanto tutti
sperassero e riuscì a prendere le redini dello stato del quale sua madre era
reggente da quando era bambino.
Ovviamente si sposò, ben due volte. La prima con una principessa francese, Maria Luisa D’Orleans, che
tecnicamente, avendo anche ascendenze inglesi e italiane, avrebbe potuto
generare un qualche erede sano. Purtroppo, quando morì, dopo dieci anni di
matrimonio molto felice, nessuna gravidanza si era mai intravista
all’orizzonte.
Si ricorse quindi a
un secondo matrimonio,
con una principessa tedesca, dal carattere a quanto sembra poco accomodante, ma
di famiglia di provata fertilità, ma anche in questo caso non ce ne fu.
A
posteriori, anche in base alle descrizioni post-mortem del sovrano, si è
pensato che il sovrano soffrisse di un qualche tipo di ermafroditismo, da qui la sua sterilità. Il ramo asburgico di Spagna si estinse definitivamente
quando l’unico nipote maschio sopravvissuto dalla discendenza della sua
sorellastra Maria Teresa morì di vaiolo a 6 anni.
Continuando a
sposarsi tra loro, nel disperato tentativo di conservare il potere, infine gli Asburgo suicidarono un
ramo dinastico dando il via alla guerra di successione spagnola.
Un filino più
intelligente si rivelò lo zio di Carlo, il fratello di sua madre Marianna, che iniziò a
capire la malaparata alla morte della terza moglie e di un cospicuo numero di
figli in fasce.
Innanzitutto, come
ogni bravo Asburgo,
prese in moglie sua nipote, la suddetta Maria Teresa, dal quale ebbe tre figli
morti subito e una femmina che partorì l’erede designato al trono di Spagna
salvo perire a sei anni. Allora si risposò, e pure stavolta, con una
consanguinea (anche se un filino meno, ma ci voleva poco): Claudia d’Austria e,
se possibile, andò peggio visto che sposa e le bambine che vennero morirono
tutte nell’arco di due anni.
Infine la scelta
cadde su una principessa non asburgica,
ma di area tedesca: Eleonora del Palatinato-Neuburg che aveva in dono una
genetica assai meno disastrata e ben 16 trisavoli tutti diversi.
Nacquero finalmente 10 figli sani che
raggiunsero tra alterne vicende tutti l’età adulta. La stirpe continuò poi
fino a divenire Asburgo-Lorena col matrimonio della famosa Maria Teresa
d’Austria col marito Francesco Stefano di Lorena e si estinse infine nel 1916.
Se siete curiosi di saperne di più su una
delle famiglie nobiliari più antiche d’Europa ecco i consigli:
Sulla storia della
famiglia Asburgo
“Storia degli
Asburgo” del solito Jean des Cars LEG edizioni.
“Gli Asburgo” di
Andrew Wheatcroft ed. Laterza
Se hai trovato una nuova passione, perseguila, magari intervallando biografie e gossip reali con altro, giusto per non averli a noia.
RispondiEliminaMagari diventi una specialista e fai concorrenza a Caprarica!
La storia dell'endogamia asburgica è agghiacciante, sembra un racconto di Lovecraft...
In realtà i reali sono una mia passione da anni (ma l'avevo occultata sapientemente)!
EliminaSì, l'endogamia asburgica è una storia dell'orrore. Poi me li vedo che non si spiegano perché non sopravvivano bambini e mai un dubbio che forse sposarsi col procugino profratello prozio non era proprio l'idea migliore..
Dev'essere difficile resistere al fascino di una zia che è anche una cugina e una sorella...
EliminaNo, scherzi a parte, fa paura