mercoledì 1 luglio 2015

"Il lago" di Banana Yoshimoto e il sacrosanto diritto a leggere quello che stracavolo ci pare quando ne abbiamo bisogno. Perché la lettura è tante cose, anche lo zucchero nel caffè. (Post con incontro with Yoshimoto e spoiler nel finale!)

 Come ogni inizio estate, la Feltrinelli ha tradotto un libro di Banana Yoshimoto.
Per chi non lo sapesse perché magari non la segue come scrittrice o magari la segue e non ci ha mai fatto caso, la Feltrinelli non segue un ordine cronologico nella traduzione delle sue opere. 
Cioè, gli ultimi tradotti non sono per forza gli ultimi prodotti. E infatti "Il lago", appena uscito, risale al 2005, tanto che l'avevo visto già in edizione in inglese più volte, domandandomi, nella mia ignoranza linguistica, di cosa parlasse.
 La Yoshimoto, come scrissi in un vecchio post, è una scrittrice che nella mia adolescenza significò molto per me e la compro ormai per affetto e per inerzia visto che ha perso grandissima parte della sua verve e praticamente tutto il suo fascino. ormai è quasi un rito estivo, misto alla speranza vana di leggere nuovamente qualcosa di affascinante, misto alla segreta speranza di cogliere quel misterioso qualcosa che mi riporti per un'ora ai miei quindici anni. Anche perché, diciamocelo, la lettura di un libro della cara Banana, non comporta mai più di un'ora, massimo due.
 Da "Il lago" mi aspettavo qualcosina di meglio. Nel mio immaginario i laghi sono luoghi privilegiati di mistero e follia pronti a occultare segreti inquietanti. Non è quello che accade in questo libro.
 La storia parla di Chihir, nata in una famiglia piuttosto particolare (pare imprenditore, madre gestrice di una specie di locale notturno) della pettegola provincia giapponese e da adulta, dopo la morte prematura della madre, conosce un ragazzo a dir poco singolare di cui si innamora.
 A quel punto la Yoshimoto rimane sospesa su tre trame: una lavorativa su un murales (insensata), una più delicata sull'innamoramento tra i due ragazzi e infine quella più interessante sul passato di lui.   Il finale, che è la cosa migliore, avrebbe meritato, come ormai praticamente tutte le trame della Yoshimoto, maggior senso dell'oscurità e del dolore.
 Insomma, al solito c'ho sperato, al solito è stato un buco nell'acqua. Ma il mio bel rituale di giappolettura estiva per un breve pomeriggio (peraltro dopo una giornata lavorativa infernale), mi aveva in qualche modo appagato comunque. Certe volte non è importante il contenuto di ciò che si legge, ma il fatto che, per almeno due ore, puoi smettere di pensare e preoccuparti e buttarti in un altro mondo. "Il lago" non era un capolavoro, ma forse, anche per quel disimpegno che nulla chiede al cervello, mi ha fatto passare due ore serene e, alla fine, stavo meglio e avevo molta meno voglia di fare a pezzi i piatti di casa.
Benjamin Malaussène al cinemà
 Come faccio ogni volta che compro un libro, ho postato la foto sulla pagina di fb per condividere il mio acquisto compulsivo.
 Internet è un mondo ricco, ma anche strano, in cui ci si sente un po' liberi di poter dire tutto ciò che si vuole, così tra gli altri commenti ne è apparso uno in cui, in modo poco ortodosso tra l'altro, mi si accusava di privilegiare libri del genere quando Balzac giaceva solitario e ignorato sugli scaffali. Visto che la conversazione col commentatore non scorreva su binari piacevoli e, al contrario di Benjamin Malaussène, nessuno mi paga per sopportare tutti i deliri altrui, ho bannato il contestatore in questione dalla pagina.
 Mò penso sia stato eccessivo, ma dopo una giornata passata a gestire deliri reali, era la cosa più sensata da fare (anche perché non ho mai capito chi commenta violentemente post di pagine che il medico non gli ha certo ordinato di seguire). Il commentatore non si è però dato per vinto e mi ha scritto sulla mail accusandomi in qualche modo di essere "venduta" e di dover ormai parlare di certi libri per il mio "ruolo". Vi risparmio la risposta a questa telenovela di rimbeccamenti internet e vado al punto: possibile che una debba giustificarsi se compra un libro della Yoshimoto?
 Pennac tempo fa aveva stilato una lista dei diritti del lettore e tra questi c'era anche quello sacrosanto a leggere quello che più aggrada. Ovvio, anche io faccio dei distinguo: leggere SOLO narrativa considerata bassa alla lunga magari non è proprio edificante e non ti aiuta a innalzarti intellettualmente, leggere libri omofobi, razzisti, sessisti e via dicendo non aiuterà certo la tua mente ad aprirsi ecc. ecc.
 Ma, in generale, ogni lettore, nella sua carriera, ha il sacrosanto diritto di leggere quello che gli pare. Giudicare una povera donna che si legge il suo bel Newton a base di sole cuore amore in metro, è facile. Magari a casa ha tutto Proust, ma dopo una giornata delirante a lavoro, vuole solo staccare il cervello e trovarsi su un'isoletta abbandonata della Gran Bretagna a sorseggiare the con un tizio avvenente.
No beh, Francè in questo sonetto m'hai popo
delusa. Io mi aspettavo de mejo. Sinceramente
tua. (Ecco a recensire i classici mi sento un po'
così).
Ci sono tanti motivi per cui si legge. Ci sono tanti clienti che leggono solo classici e quella è una loro scelta, io ne leggo, anche se ne parlo raramente, è un mio limite, ma  francamente mi sento un po' idiota a dare giudizi su Petrarca. Non perché siano libri intoccabili, ma perché, aver passato il giudizio del tempo è la loro miglior recensione. Piuttosto forse mi piacerebbe recensire i libri meno conosciuti degli "alti" scrittori, il lato socialista di London, le dissertazioni politiche di Dickens (o i racconti di fantasmi) ecc.
 Tuttavia dare sottilmente del "venduto" a una persona solo perché si ostina a leggere libri di scrittrici giapponesi dal fulgido passato, mi pare eccessivo. Certe volte non si legge per istruirsi, ma per scappare. L'importante è sempre non leggere SOLO per scappare.
 Ammiro molto chi riesce a mantenersi sempre sulla barra del libro necessario e non devia mai su quello per sollievo e per piacere, di sicuro, spenderà in modo più proficuo di me ogni goccia del suo tempo. Ma come si dice dalle mie parti, "E metticelo un po' di zucchero nel caffè, già la vita è tanto amara".
 Frase nazionalpopolare per dire che ok, bisogna guardare in faccia la realtà, essere vigili, e leggere, e capire e interpretare, istruirsi, ma anche chiudere gli occhi e vagare per due ore in un altro mondo senza impegno può essere legittimo e non far male a nessuno.

PS. (CON SPOILER)
Oggi a Milano c'è stata Banana Yoshimoto.
Come mi è capitato di dire, dovevo riuscire a vederla vari anni fa a Roma, durante il festival delle letterature alla Basilica di Massenzio. Purtroppo all'epoca, George dabliu Bush decise di venire in città proprio quel giorno bloccando tutto il centro (c'era tanto di quel dispiego di forze che c'era persino la forestale che non pensavo manco fosse un corpo dello stato inteso in quel senso) e facendo slittare l'incontro con la giapposomma in un teatro con capienza minima. Il mio sogno perciò si infranse.
Foto mia di oggi!!
 Questa volta invece ce l'ho fatta!! Forse lei non è più al top della forma scrittoria, non sarà di sicuro all'altezza dei classici, di certo molto del mio fangirlamento risale ad un attaccamento di adolescenziale memoria, ma l'emmmmozione di vedere un'autrice che molto ha significato per te dal vivo, di avere una dedica con tanto di cuore è stato fantastico.
Comunque per la cronaca:
1) Banana Yoshimoto non è per niente piccola come ti aspetteresti da una giapponese.
2) Spoiler. Nel finale del libro si scopre che il protagonista è stato rapito da piccolo da gente non identificata che l'ha riempito di farmaci e fatto il lavaggio del cervello (ah, appare pure un personaggio che pare uscito paro paro da "X-1999" delle Clamp, altra opera di cui attendo la fine).
 Oggi la Yoshimoto ha spiegato che l'ispirazione risale a episodi avvenuti durante il conflitto tra Giappone e Corea, nei quali cittadini giapponesi venivano rapiti da bambini da navi coreane e "addestrati" in modo da diventare spie una volta più adulti.
 Ok, ora forse si capisce un po' meglio la questione, e va bene che lei preferisce lasciare sempre una grande situazione di non detto, ma quando il non detto è troppo rischia di essere un po' evanescente.
 Detto ciò, è stata una giornata suuuuuuper (e non me la sento più di suonare "L'avvelenata" come quando ho ricevuto la mail del tizio di cui sopra).

10 commenti:

  1. Ho letto anch'io qualcosa della Yoshimoto,e anche se la ritengo un pò la Fabio Volo d'oriente,non me ne vergogno XD come dici tu giustamente,mica si può leggere sempre e solo roba "fissa" !!!!Tra i giappi vorrei tanto provare Murakami,che incredibilmente dopo 8 anni che lavoro in libreria non sono ancora riuscita ad "assaggiare" ;)

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  2. mah? personalmente gli scrittori giapponesi non mi hanno mai convinto: è un mio limite, lo so, e in passato ho avuto lunghe discussioni con una mia amica che invece non se ne perdeva uno, ma ognuno legge quel che gli piace, ecco! quanto alla Yoshimoto, a leggere Kitchen ci provai, ma probabilmente ero già troppo anzianotta per immedesimarmi e farmene conquistare... In ogni caso, per rilassarsi ognuno legge (giustamente) quel che gli pare: io, per esempio, amo rilassarmi con mystery (ai tempi miei si chiamavano 'gialli') di vario tipo, purché non troppo truculenti; niente come un bel delitto prima di andare a letto mi concilia il sonno... e che, m'hanno a fucila' perché non preferisco leggermi Guerra e Pace (letto, fra l'altro, per ben due volte: la prima a 15-16 anni, durante una letale e caldissima estate tarantina... ci capii una mazza, ovvio; la seconda sui 40, e lo apprezzai tantissimo) o I Buddenbrock o simili? mi vien di rispondere: grazie, abbiamo già dato! evvai, leggiti tranquilla i libri che ami, ché la Lit. Police non arriva con le manette! :-)

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    1. Eh sì anche secondo me "Kitchen" rende bene quando si è adolescenti e dopo perde molto (poi come tutti i libri che ti colpiscono a quell'età si finisce per legare il libro anche ad altri ricordi particolari). Ora comunque temerò l'arrivo della Lit. Police ogni volta che lascerò un classico sul comodino per leggermi un giallo O.o

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  3. Tutto giusto, tutto sacrosanto. Io più che altro ti invidio perché riesci a rilassarti con la Yoshimoto.
    Ho letto molte cose sue tanti e tanti anni fa. Coi suoi primi libri rimasi stregata dallo stile, che ricordava quello dei miei amati manga, dalle atmosfere rarefatte, dal taglio 'slice of life'. Ma già all'altezza di "Amrita" l'incantesimo per me ha cominciato a rompersi, i libri a farsi 'nebbiosi', certi temi (le sette, il soprannaturale, ecc.) a diventare ossessivi, le trame - imho - a non andare più a parare da nessuna parte.
    Ogni tanto rifaccio un tentativo, anche quest'anno ho provato a leggere "L'abito di piume", ma non c'è verso: ormai la sua è una scrittura 'inutile', che trovo insostenibile. Proprio per questo non riesco a rilassarmi, coi suoi libri: più che tranquillizzarmi, mi fan venire la 'tigna', anche considerando quanto, in passato, ho amato cose come "Tsugumi", "Lucertola" o "Kitchen".
    Tocca dire che sono invecchiata? :P Eppure di manga continuo a leggerne tanti...

    P.S.: Tanti auguri per il finale di "X" delle CLAMP. Ché io ormai non ci spero più.

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    1. Maledette Clamp!!! Che poi gli mancano due volumetti per finire, mica mille! Non parliamo poi di "Nana"...
      "L'abito di piume" ti devo dire che non mi era dispiaciuto, secondo me tra gli ultimi suoi sensati c'erano anche "Arcobaleno", mentre "Chiechan ed io" lo rivalutai dopo aver visto la riduzione teatrale che ne fece Amitrano qualche anno fa (e vidi all'Eliseo a Roma ad un prezzo stracciato).
      Comunque ormai io non posso farne a meno. Ogni estate ormai è un rito e per due ore mi sento un po' come quando avevo 15 anni. E ieri comunque è stato fantastico, stavo per mettermi a piangere, ora capisco i deliri di mia sorella con gli One Direction!!

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    2. La Yoshimoto come gli One Direction o, si è detto sopra, Fabio Volo.
      I complimenti, proprio XD

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  4. Io ho scoperto Murakami con "Norwegian Wood" e "L'arte di correre" e mi lancerò presto su "Kafka sulla spiaggia". Mi interessava scoprire come uno scrittore giapponese, di cultura diversa dalla mia, potesse narrare una vicenda nella quale i lettori occidentali si sono facilmente identificati, e ho scoperto che tanta cultura occidentale è in questi romanzi, ricchi di riferimenti alla letteratura e alla musica pop americana ed europea.

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  5. Per quanto concerne la Yoshimoto siamo "gemelle". Anche io compro da sempre tutti i suoi libri, sebbene ormai non mi illuda più e quattro volte su cinque capiti che "bevo" il volume in poche ore, chiudendolo con un una smorfia perplessa...di tutti quelli che ho letto, mi hanno colpita molto "Tsugumi", che mi sembra non venga citato spesso, e "L'abito di piume". Non so perchè questo romanzo mi abbia colpita, a dire il vero. Forse qualcosa nell'atmosfera mi ha coinvolta, forse sono riuscita ad immaginare un pò di più mentre leggevo, bah...Anche la mini-raccolta "N.P." credo che sia molto interessante. Come dicevi anche tu, sono tra coloro che comprano la Yoshimoto più per una affezione che per avida impazienza di lettura...ma mi accade con altri autori del mio "passato", autori per i quali ebbi una vera passione - un nome tra tutti: Isabel Allende.
    Negli ultimi anni ho sviluppato una "passione sistematica" per TUTTA la letteratura giapponese. E tra gli scrittori contemporanei, oltre a Murakami, di cui consiglio oltre al solito Noruwei no mori (Norwegian Wood), anche La ragazza dello Sputnick, Dance Dance Dance e After Dark, devo assolutamente consigliare Yoko Ogawa. E' una autrice originale, secondo me, che meriterebbe più attenzione e che viene pubblicata purtroppo da noi con il contagocce (Adelphi e Il Saggiatore)...ci sono due suoi libri che mi hanno toccato il cuore: "Una perfetta stanza d'ospedale" e "Profumo di ghiaccio"...

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