Age e Scarpelli, due sommi della sceneggiatura italiana vera. |
Ormai è chiaro che questa è la settimana dedicata alla sceneggiatura. Il mio cervello, come quello di tutti gli esseri umani (almeno credo) funziona per connessioni logiche perciò appena parlo di un argomento specifico finisce che cado in un pozzo senza fondo di concatenazioni. Oggi parlerò dei manuali di sceneggiatura, un magico mondo particolarmente nascosto e posso assicurare, anche a livello librario, molto complesso da sviscerare.
In Italia raramente si trova qualcuno che dica "Voglio fare lo sceneggiatore!", più possibilmente avrete l'amico che vuole fare il regista. Spesso il regista si scrive anche la sceneggiatura e il soggetto, talvolta no, sempre è accompagnato in questo faticoso compito da vari et altri autori eventuali. Chi siano costoro e da dove provengano le loro idee è nel 90% dei casi mysterioso. Spesso e volentieri ci sono stirpi di sceneggiatori, ma poiché ce ne sono in tutti i campi artistici, dagli attori ai doppiatori perché stupirsi? Del resto se tuo padre faceva l'aiuto regista perché tu dovresti fare che so, il metalmeccanico? Mentre è giusto e doveroso che, se tuo padre faceva il metalmeccanico tu non possa fare l'aiuto regista. E' un giudizio un po' trachant, ma è abbastanza veritiero. Prendiamo il caso della figlia di Veltroni, auto regista in megaproduzioni ad appena vent'anni. Si vergognava di portare il cartellino col cognome, come se qualcuno potesse ignorare chi era. "Boris" insegna.
Comunque, com'è come non è, esistono anche dei luminosi esempi di self made man, come Claudio Fava e Monica Zapelli autori della sceneggiatura "I cento passi", vincitrice del prestigioso premio Solinas, rimasta solo carta finché in un impeto di coraggio e botta di fortuna, i due la inviarono al regista Marco Tullio Giordana che infine la lesse facendone poi uno splendido film. Attualmente edita da Feltrinelli, è stata, per molto tempo, una delle rare sceneggiature in commercio.
Ma cosa dovreste leggere se voleste capire il magggico mondo degli sceneggiatori o voleste tentare addirittura di stenderne una, magari partendo da un cortometraggio (che pare più facile perché appunto è corto, ma concentrare una bella storia in poche scene è a dir poco complesso)?
In Italia la casa editrice specializzata in manuali di tal sorta è la Dino Audino di Roma (sì, si chiama così perché l'editore, una sorta di sosia di Califano porta codesto nome). Ogni anno sforna un buon numero di titoli scritti da autori italiani e traduce dei testi sacri americani come l'ottimo "Il viaggio dell'eroe" di Christopher Vogler. In genere i manuali di scrittura creativa con un risvolto pratico tendono ad essere molto noiosi, ma sia questo testo che un altro simile "L'arco di trasformazione del personaggio" di Dara Marks, hanno dalla loro il grande vantaggio di poter portare esempi visivi. Avete
Ecco il pratico schema archetipico de "Il viaggio dell'eroe" stasera potrete comodamente applicarlo al primo film in tv. |
mai avuto l'evidente sensazione che tutti i santi film americani si svolgano più o meno allo stesso modo? Protagonista vive una condizione di insoddisfazione, capita qualcosa all'improvviso, caos caos, amici, nemici, consigli, climax, depressione, scontro finale, risoluzione? Ebbene gli sceneggiatori americani seguono più o meno tutti pedissequamente le regole di questi sacri testi. Nel primo vengono infatti poste le fondamenta della storia partendo da Aristotele e Propp, nel secondo ci si concentra di più sull'evoluzione del personaggio, che deve avercela, buona o cattiva che sia, altrimenti la storia non funziona. Posso assicurarvi che dopo averli letti, la cosa più divertente sarà mettervi davanti a dei pessimi film e individuare tutte le falle. E' come avere il libretto di istruzioni totale del cinema americano. Dà una certa soddisfazione, lo assicuro.
C'è stato però un luminoso tempo in cui oltre alla sceneggiatura all'americana, adesso in voga (pagina piena, dialoghi al centro, pochi o nessun accenno ai movimenti di macchina), esisteva anche quella all'italiana (pagina divisa a metà, da una parte la sceneggiatura, dall'altra la descrizione dei movimenti di macchina). C'è un bel libro di Age, "Scriviamo un film" che comprai convinta che mi spiegasse più o meno tecnicamente come si dovesse stendere una sceneggiatura degna di tale nome. Tecnicamente non lo fa, perché ha un carattere molto discorsivo, ma pone le basi ideali e fondamentali per capire per quale arcano motivo un film va scritto, con quali intenti e quali sono le tappe del processo. Tanto gli americani sono in qualche modo fordisti nella creazione di un film (il personaggio e la trama devono seguire archi precisissimi, ve lo giuro, non c'è un film che scappa),
tanto gli italiani almeno nell'epoca d'oro amavano avere una certa forza nelle basi e delle possibilità di anarchia nella stesura. Age comincia infatti descrivendo le varie fasi della stesura della sceneggiatura, che non nasce come Atena già formata dalle mani dell'autore ma prende forma dopo una lunga trafila.
Si inizia con il Soggetto che è l'idea generale (Age sostiene che un buon esempio di soggetto siano le singole poesie de "L'antologia di Spoon River" che in poche righe raccontano una storia compiuta e tutte le sue sfumature), e si può proseguire in due modi: con la famosa scaletta, che descrive in breve gli accadimenti scena per scena o col trattamento. Il trattamento, che Age favoriva, è una sorta di piccolo racconto romanzato della storia, splendido è quello del film "Umberto D." di Vittorio De Sica. Solo alla fine si è pronti per scrivere la famosa sceneggiatura.
"Impariamo il mestiere, poi l'arte; anzi no, solo il mestiere si può apprendere. Il mestiere è fatto di regole collaudate che dovrebbero dare un certo margine di sicurezza, disegnare sponde lungo le quali navigare. Sta all'autore, e al rischio che sente di poter correre, apportare varianti alle regole consolidate; varianti che se imbroccate, costituiranno nuovi punti di riferimento per chi verrà dopo. Non dimentichiamo che scriviamo soprattutto per gli altri."
E anche, riferendosi alle sceneggiature che giungevano in condizioni tecnicamente devastanti ai concorsi di cui era giudice:
"Le buone idee, certo, hanno un loro bagliore e il lettore esperto le sa cogliere anche tra le erbacce di una redazione scomposta. Ma per rendere meno gravoso il suo compito ed evitare il rischio dello smarrimento, la buona forma, la chiarezza dell'esposizione e il rispetto delle regole devono essere applicati."
Il tono del libro è quello dei chiari e precisi consigli di un grande vecchio che senza tanti giri di parole né toni inutilmente enfatici ti dice come devi lavorare e imparare il "mestiere" come Cristo comanda. Un valido esempio di tale pragmatico approccio è la sua luminosa definizione di quello che noi, tirandocela, ora chiamiamo Brainstorming:
"Le idee per un film non circolano vestite da idee per un film, riconoscibili. Spesso sono all'interno di un agglomerato di idee o fatti che vanno sbucciati fino ad arrivare al nocciolo che ci occorre e che cerchiamo. Si comincia parlando. Parliamo parliamo, diciamo cose, (in gergo "diciamo stronzate").
Il passo successivo ai manuali è la lettura diretta delle sceneggiature. Come già detto sono molto rare da scovare, qualche anno fa la Marsilio aveva una bella collana "Nuovo cinema Italia" nella quale pubblicava gli script di alcuni film italiani in uscita. Presi "La bestia nel cuore" di cui è interessante anche vedere le differenze col film soprattutto nella parte finale. Esistono però ancora quelle de "Le vite degli altri" di Donnersmark ed. Fandango e "La vita è bella" ed. Einaudi che peraltro ha pubblicato buona parte delle sceneggiature di Almodovar.
E sorge un'ultima domanda, considerando quanto è realmente scarna, per quale motivo dovremmo leggere una sceneggiatura se non vogliamo scriverne una? Perché non è né un romanzo né tanto meno un'opera teatrale, ma rappresenta comunque una narrazione, un discorso che necessita di altre narrazioni per essere compreso nella sua interezza eppure, in un certo senso è già completo in se stesso. Ciò che è magico nella sceneggiatura è il fatto che l'immaginazione di chi la scrive può non coincidere in nessun modo con quella di chi girerà il film e nasconde sempre la possibilità di poter rimanere muta, come uno spartito che non viene suonato davvero finché non incontra la persona giusta. E potreste avere la grande sorpresa, leggendo la sceneggiatura di un film che avete visto di trovarci tutta un'altra storia, completamente diversa, con personaggi trasmutati e sfumature che nel film non traspaiono. E' un esercizio di lettura davvero particolare, ve lo consiglio.
Ps. Agli sceneggiatori italiani contemporanei non farebbe per niente male ridare una letta ad Age e smetterla di scrivere come se fosse tutto un grande skerzo. La commedia all'italiana funzionava perché anche nei momenti in cui sembrava becera era raffinata, ora anche quando tenta di essere raffinata è solo irrimediabilmente becera. L'altro giorno ho visto un pezzo del remake "Aspirante vedovo" e volevo strillare.
Nessun commento:
Posta un commento