martedì 20 ottobre 2015

La vituperata nebbia: perfido fenomeno atmosferico nordico o favolosa ambientazione per ottimi libri? Tra pregiudizi, Lodi, finestre che ridono, Borda e donne in nero, elogio di un fenomeno che cela il noto e favorisce l'ignoto

 Quando vivi al centro sud generalmente il tuo rapporto con la nebbia si limita agli sfottò verso i nordici, che forse avranno fabbriche e ricchezza, ma in compenso devono vedersela con questo riprovevole fenomeno atmosferico.

 Il migliore amico di mio padre, spedito dalla sua banca per qualche mese in quel di Lodi, tornò, un fine settimana, in preda allo sconcerto più totale: uscito a bere una birra coi colleghi, di ritorno si erano trovati in una nebbia così fitta che uno di loro si era perso. Una cosa che impediva di vedere oltre i cinque centimetri, assolutamente strabiliante, ai limiti del sovrannaturale.

 Ora, a chi ha sempre vagato per la pianura padana farà sorridere, ma per una persona di Roma la rara nebbia che si scorge ogni tanto al mattino o alla sera è una roba all'acqua di rose, una foschia appena più pesante.

 Nel mio paese, probabilmente a causa dei boschi e non solo, in realtà la nebbia in inverno calava abbastanza spesso.

 La sera, in macchina, di ritorno tra un paese e l'altro era un attimo perdersi per quelle assurde scorciatoie che ci sono tra paeselli limitrofi e tagliano per campi dove, se vai fuori strada, stai tranquillo che non ti trova nessuno. Raramente essa si aggirava fittamente per le strade, ma, ogni morte di papa, poteva accadere. 

Ovviamente accadde l'unica volta che mi venne a trovare una mia amica di Pavia: scese sul paese una nebbia talmente densa che sembrava potesse avere un corpo, essere quasi solida (e lei si fece l'errata idea che anche al centro possiamo perderci per le strade dopo un cicchetto al pub).

 Paradossalmente da quando vivo al nord io i paventati nebbioni non li ho mai visti. In the city la famosa nebbiona che i milanesi chiamavano "scighera" non esiste più, con, non ci crederete, grandissimo rammarico di molti.

 Perché in effetti, si capisce l'odio profondo di chi è costretto a prendere la macchina quando non vedi oltre il tuo naso (la mia dolce metà che ha vissuto nella bassa mi racconta storie di incidenti agghiaccianti e fossi pieni d'acqua lungo le strade dove la gente puntualmente finisce), ma l'avversione verso questo affascinante fenomeno atmosferico che si ha per principio non l'ho mai capita.

 Questo grosso cappello iniziale è per introdurre alcuni libri che ho casualmente letto di seguito e avevano come protagonista centrale la perfida nebbia 

I fenomeni atmosferici nei libri e film horror sono sempre estremamente importanti, raramente un evento accade quando la temperatura è mite e tutto è tranquillo, se sta accadendo qualcosa di orribile stai pur certo che anche il pianeta lo sa e reagisce di conseguenze. Ed è così che vengono giù piogge incessanti, temporali terribili, geli innominabili, un sole che spacca le pietre e rende difficile la concentrazione, un vento che stordisce e, appunto, una nebbia che rende tutto incredibilmente silenzioso e irreale.

 Ciò che rende perturbante la realtà è l'incapacità di dedurre il noto dall'ignoto.

 Una strada che conosciamo come le nostre tasche diventa sospetta quando non possiamo più scorgerne i contorni. A scout ci dicevano che le stesse distanze, percorse la notte, sembrano lunghe il doppio, la stessa cosa accade nella nebbia, come si vede bene ne "La donna in nero" un romanzo breve di Susan Hill, che si pregia di ricostruire l'atmosfera dei romanzi gotici pur essendo stato scritto negli anni '80. 

La storia è quella del vecchio avvocato Arthur Kipps, che una sera decide di mettere per iscritto una terribile storia di fantasmi che molti anni prima stroncò l'innocenza della sua gioventù e tutte le sue speranze. 

 Mandato dal suo capo in un paesello del Galles a controllare le  carte di un'anziana e appena defunta cliente, Drablow si ritrova in un tipico paese di campagna dove tutti sembrano essere stranamente reticenti sulla morta.

 La mattina del funerale, Kipps scorge nella chiesa, unica altra presente alla funzione, una donna dal viso consumato dalla malattia, costretta in un abito nero e fuori moda. Tutti sembrano voler  celare l'identità della donna e lasciano che Kipps attraversi la palude nebbiosa per giungere alla magione dell'anziana.

  Lì scoprirà che la nebbia è un facile ponte tra i vivi e i morti, tra il passato e il presente e tra l'inferno e la terra. 
Nei miasmi opachi che salgono dalla palude tutto diventa possibile, anche perché una volta vista la donna in nero si è toccati dalla sua maledizione per sempre. 

Il libro è grazioso, molto da Halloween, ma troppo breve per la bella idea di fondo. Il film che ne è stato tratto con protagonista l'ex Harry Potter, Daniel Radcliffe, rende bene le atmosfere e sviluppa molto di più le pieghe horror della trama. Mi sento fortemente di consigliarne la visione, specie in questi giorni pre-zucche.

 Cercando un libro simile, dopo anche la visione casuale de "La casa dalle finestre che ridono" (film che ha scatenato in me un assurdo trip di gialli all'italiana) trovavo continuamente suggerito Eraldo Baldini, scrittore dell'Emilia-Romagna a cui non avevo mai concesso un'opportunità.

   Nel gelo autunnale mi sono recata in biblioteca e ne ho estratto due raccolte di racconti "Gotico rurale" e "Bambini ragni e altri predatori".

 Nonostante recensioni che tentavano di distogliermi dalla lettura ("Lo Stephen King italiano", insomma, anche no) li ho letteralmente divorati. Sono tanti piccoli racconti di ordinario orrore, dove il perturbante appartiene ora alla follia degli esseri umani, ora alla follia umana mista al sovrannaturale, spesso nascosto nello spettro che si aggira per la val padana: la nebbia.

 Tra le maglie di questo fantasma atmosferico, si aggira, meritevole persino di un nome a parte, la "Borda", una sorta di personificazione della nebbia e dei miasmi paludosi che uccide tutti gli incauti che si aggirano tra i canali quando essa cala fittissima e invincibile.

 Essa offre rifugio alle gesta di nonne omicide, genitori vendicativi, interi paesi in preda a voglie ovaiole e sanguinarie che catturano gli sfortunati che perdono la strada per strade dritte e sempre uguali.

  I bambini spariscono con la facilità delle fiabe, finendo nel piatto di qualche vecchiarella malvagia o inghiottiti da sciamani dei boschi, qualche volta sono colpevoli e la pagano, altre volte sono innocenti, ma la morte e la nebbia non per questo ne hanno pietà.

 Un vecchio assioma della fantascienza italiana, esposto da Carlo Fruttero, storico curatore Urania, asseriva che non si può far atterrare un'astronave a Lucca. ossia, quando si parla di narrativa di genere viene considerato un handicap l'ambientazione nostrana, qualcosa che in fondo non la rende davvero credibile e affascinante.

 Baldini dimostra che non c'è bisogno di affidarsi all'esotico per trovare il gotico. L'orrore è proprio sotto casa nostra, basta vederlo.

6 commenti:

  1. Io ho compiuto gli studi universitari a Pavia e posso garantire che la nebbia pavese ESISTE ed è fitta. ;) Una ragazza londinese che ha trascorso un periodo lì mi ha assicurato che la nebbia pavese è di gran lunga peggiore di quella (proverbiale!) della sua città... ;) Una mia amica ha ipotizzato che della nebbia lombarda sia debitrice persino la Scapigliatura. ;)

    "...non c'è bisogno di affidarsi all'esotico per trovare il gotico. L'orrore è proprio sotto casa nostra, basta vederlo." Concordo. I miei racconti "neogotici" sono ambientati proprio a Pavia e a Manerbio.

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    1. L'Italia, secondo me, è provinciale quando non sai piegare a tuo favore l'ambientazione

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  2. Una curiosità. Esiste un'antologia di fantascienza composta solo da racconti di autori italiani che venne pubblicata proprio per "rispondere a tono" all'affermazione di Fruttero. Si intitola "A Lucca Mai!", l'editore è Elara Libri (quando è stata pubblicata, alla metà degli Anni Novanta, l'Editore si chiamava ancora Perseo) ed è curata da Ugo Malaguti e Mario Lucci.

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    1. Cercherò! Poi trovo una curiosa coincidenza che proprio Lucca sia diventata l'epicentro favorito dei nerd italiani

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  3. Io sono nata e vivo nell'hinterland milanese (per la precisione in una città esattamente a metà strada tra Varese e Milano che fino a quarant'anni fa era nota come la "Manchester d'Italia", perché produceva solo con le sue fabbriche e manifatture DA SOLA il 2.7% del PIL dell'intera nazione durante il boom).
    Per ovvio motivo - cementificazione selvaggia - siamo stati tra i primi a perdere la "scighéra", che però in alcune zone della città (per la precisione dove abitavo io, vicino a un bosco) ha resistito fino ai tardi anni '90. Ricordo ancora mattinate d'inverno in cui io e mio papà ci mettevamo in marcia per arrivare in bici alle scuole elementari. Capivo che dovevamo girare a sinistra solo arrivando ai cartelli gialli e rossi alti come un bambino di otto anni che davanti alle mura della caserma (centro addestramento reclute) intimavano l'Alt.

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    1. Quindi confermi che l'horror in val padana ci sta benissimo (anche se mi sa che Varese-Milano non è più val padana)

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