mercoledì 21 agosto 2013

Giovani vite cinesi bruciate. La borghese "Shanghai Baby" e il reietto "Il maestro della notte".

La mia passione per il mondo orientale mi ha spinto negli anni a leggere inopinatamente tutto quello che passavano le biblioteche dove amavo bivaccare da vera sfigata per interi pomeriggi (adesso sarei una nerd, ma alla mia epoca ero una sfigata, nemmeno secchiona perché studiavo solo le cose che mi piacevano e avevo buchi neri in matematica e fisica). Ciò mi ha sospinto a conoscere una quantità di libri oltre che giapponesi (il mio vero interesse), anche cinesi.
 Ho amato, confesso, i China-scrittori molto meno dei Japanese. Non so se la mia è un'opinione condivisa, ma trovo che i cinesi abbiano un gusto per il morboso e il particolare disgustoso (meglio se di origine corporale) che riesce e distruggere qualsiasi poesia e a guastare lievemente ogni trama. Non parliamo poi delle descrizioni dei rapporti sessuali et simili, così inutilmente particolareggiate da farti quasi dire: "Guarda di quanto sudi non ce ne frega niente".
 Tuttavia temo sia un mio limite culturale che prima o poi dovrò colmare dandomi alla lettura di qualche libro di critica letteraria cinese (se qualcun* ha suggerimenti sappia che son graditi).
 In Italia ho notato che vengono tradotti due grandi filoni della narrativa cinese contemporanea: gli scrittori very strong e very important tipo Mo Yan o Su Tong e le storie di adolesciiiienze e gggggiovinezze perdute (la Mian Mian generation), non so se è per dare un'immagine moderna della società cinese o per chissà quale altro motivo.
 Oggi perciò consiglierò due libri di questi gggiovani ribelli chinesi, che in fin dei conti non è che siano tanto diversi da noi, diciamo che hanno più sensi di colpa e trovano più gusto e pericolo a ribellarsi ad un sistema precostituito.
 Il primo è l'abbastanza conosciuto "Shanghai baby" di Zou Weihui, molto osteggiato in patria, con tanto di censure e diffusione tramite mercato clandestino, da cui so che è stato tratto anche un terribile film che mi sono sempre rifiutata di vedere.
 La storia, parzialmente autobiografica, narra la vita di Coco e dei suoi amici, giovani aspiranti intellettuali e artisti appartenenti però ad un ceto culturale e sociale discretamente elevato (per intenderci sono quelli che non diremo intellettuali impegnati, ma nonostante la ribellione intrinsecamente borghesi). Coco, che ha scritto una raccolta di racconti censurata, frequenta l'università Fudan e ha una storia con un bellissimo ragazzo cinese ahimè per lui impotente e con un uomo d'affari tedesco (biondo e peloso, la cosa dei peli viene ripetuta spesso in nome della morbosità culturale cinese), che nell'ottica orientale è il massimo del sex appeal. Tra amici, amori e parenti la vita scorre compulsivamente e falsamente luminosa come i cartelloni pubblicitari al neon appesi ai grattacieli di Shanghai.
 (Ne esiste, avviso anche un seguito, di gran lunga inferiore: "Sposerò Buddha", in cui lei scrittrice di successo vaga per il mondo alla ricerca di se stessa. Scontato e noiosetto, non cascateci).
 Il secondo libro, che volendo fa pendant, è invece "Il maestro della notte" di Bai Xianyong, tradotto in Italia dall'Einaudi.


 La storia, in questo caso, ha per protagonista un ragazzo omosessuale nella Taiwan degli anni '70, che nonostante un'atmosfera vivace e sognante non era proprio il posto ideale dove essere gay. L'aria che si respira è completamente diversa dal mondo ovattato dei giovani ribelli della Zou Weihui: qui i ragazzi son reietti della società, poveri che si mescolano solo ad altri reietti (come "i figli della guerra" dalla pelle scura perché nati da padre afroamericano) e vivono avventure borderline in cui trovano una certa poesia, senza riuscire a sottrarsi però ad un sordido orrore di fondo.
 Istruttivo, scritto bene, notevole. Per fare un tuffo in un mondo che sembra sempre più vicino, eppure non lo sarà mai.

2 commenti:

  1. Grazie per gli spunti di letteratura cinese contemporanea.
    Mi hanno regalato "Le testimoni silenziose" di Xinran, ed è costellato di continue ripetizioni.
    Ho comunque il sospetto che oltre al fattore culturale ci sia qualche pecca di traduzione o di scrittura proprio a monte...ma vabè.

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    1. Io continuo a perseverare perché comunque si trovano belle cose, come anche "La giocatrice di Go" di Shan Sa o "L'attesa" di Ha Jin. Però credo che il fattore culturale giochi un ruolo determinante, ricordo di aver iniziato "Un mattino oltre il tempo" di Yang Yi con tante belle speranze. Pensavo mi avrebbe parlato dei giovani rivoluzionari cinesi mentre non era altro che un susseguirsi di dichiarazione d'amore alla patria e ai genitori, come se l'autore dovesse ipergiustificarsi.

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