martedì 18 novembre 2014

In un mondo dominato dall'economia e dai suoi diktat, serve ancora il liceo classico? E a cosa? Apologia di un baluardo di un differente modo di pensare, concepire, sperare e interpretare il mondo.

In questi giorni, in quel di Torino, c'è stato un finto processo al liceo classico. 
 Attaccato da più parti con l'accusa di essere obsoleto e inutile per l'attuale mercato del lavoro (se leggi mercato delle vacche stai solo avendo un serio misunderstanding freudiano), poco "cool" e poco sensato nel nostro globalizzato mondo dove o conosci sei lingue e sai usare il computer come un hacker o non sei nessuno, ha visto quest'anno un tracollo delle iscrizioni.
 Con mio sommo sbalordimento pare che solo il 6% dei neoiscritti alle superiori abbia scelto quella che la generazione del mio non troppo vecchio padre considerava la scuola in grado di sfornare "la nuova classe dirigente".
Credo di averlo detto più di una volte: io ho frequentato il liceo classico.
  Non l'ho fatto perché speravo di dirigere qualcuno o perché lo consideravo un liceo d'elite o per volontà dei miei genitori (i quali anzi, avevano ampiamente caldeggiato lo scientifico) o perché, poeticamente, credevo che mi avrebbe aperto sterminati orizzonti.
 L'ho fatto, molto più prosaicamente, perché ero una fan sfegatata di Indiana Jones e sognavo, un giorno, di girare il mondo alla ricerca di anfore maledette, oggetti introvabili e specificatamente la tomba di Alessandro Magno. I miei, che non navigavano certo nell'oro, avrebbero potuto fare ciò che fanno con molta più solerzia molti genitori (soprattutto quelli che nell'oro ci navigano e ci tengono a che i loro figli continuino il loro aureo percorso) ossia persuadermi che con materie più scientifiche alla mano mi sarei arricchita con soverchia facilità.
Non lo fecero. Si fidarono, in linea di massima, di quell'ormai nebuloso principio che è lo studiare ciò che piace e ciò per cui si è portati. Io ero sempre stata una capra in matematica e bravissima a scrivere (e facevo giù inutili furori in latino in terza media, durante le ore che il professore di italiano ci propinava di rapina) così, non videro motivazioni per costringermi a capreggiare al liceo tradendo le mie naturali inclinazioni.
 Da quel che leggo e da quel che sento da svariati anni , con più forza da quando mi sono laureata in una materia assolutamente non spendibile nel mercato (anche perché si tratta di una materia che non ha mercato, ma rientra nell'ambito dei servizi al cittadino e quindi non è per sua natura in grado di produrre denaro), le materie umanistiche sarebbero ormai carrozzoni del passato completamente inutili.
 In realtà trovo l'odio verso il liceo classico non solo miope, ma anche abbastanza cretino. Studiare in un liceo del genere non preclude certo la possibilità di iscriversi a materie scientifiche. Non parlo di rarità, ma di numerosi studenti che scelgono medicina e non ultimo il migliore, documentato e reale, amico di mia sorella, che ha appena vinto un dottorato in Fisica in un'assai importante università pubblica.  Liceo classico alle spalle e nessunissimo pentimento al riguardo.
 Collegare perciò la frequentazione del liceo classico all'automatica iscrizione a Lettere e Filosofia è perciò, a mio parere, la prima delle cretinate.
 La seconda è credere che il problema si annidi in quello che non solo è un ottimo liceo, ma farebbe benissimo alla stragrande maggioranza degli italiani. 
 Quando, prima dell'avvento dei social network, le statistiche dipingevano un popolo di analfabeti, io strabiliavo assolutamente convinta di un macroscopico errore di valutazione.
   Certo, i casi disperati alle scuole medie ce li avevo anche io, ma erano, sembrava, uno o due pecore nere di cui tutti dopo la licenza media persero le tracce (ok, avevo anche una compagna di classe che durante gli esami confuse l'Africa con l'America del Sud, ma era appunto una su 25). 
 Ora, il meraviglioso mondo di internet, mi ha permesso di vedere coi miei occhi e toccare con la mia tastiera l'abissale ignoranza linguistica di un popolo che se Dante potesse vedere precipiterebbe all'inferno seduta stante.
L'ho pescata da internet e faccio notare come il tizio che si è
occupato di fondellare la ragazza, abbia sottolineato il verbo,
completamente dimentico del fatto che "Un'altra vita" chiede
l'apostrofo, anzi, direi che lo implora.
 Gente che non ha ancora compreso che l'italiano non è il francese e infila accenti non richiesti in ogni dove "stà invece di sta, sò invece di so", la totale incomprensione di quello strambo fenomeno linguistico che è il troncamento (innumerevoli gli italiani che nei tatuaggi sognanti si fanno scrivere "Ho bisogno di un pò di vita"), e questo senza infilare il dito nella sintassi, questa sconosciuta.
Com'era possibile che dopo innumerevoli anni di scuola dell'obbligo si potesse arrivare a non mettere due parole in fila e quattro in croce?
Tale ignoranza pervicace di italiani che, stando alle statistiche non hanno abbandonato certo la grammatica in favore della fisica (statistiche internazioniali ci danno zappe in entrambi i campi), genera plotoni estremisti altrettanto folli: i grammarnazi che stanno lì con la penna da errore blu a carpire l'errore certo in cui incorrerai, il congiuntivo che dimenticherai, la virgola che metterai tra soggetto e verbo.
 La penna blu aiuterà il loro ego, ma certo non consente loro di vedere il vero fulcro del problema che non è quello di riuscire a portare a casa un dieci e lode sul tema.
 Il punto è che si incolpa il liceo classico di un innumerevole serie di nefandezze di cui è completamente esente.
1) Chiunque imbocchi il liceo, anche scientifico, anche linguistico, sa con cognizione di causa che dovrà necessariamente iscriversi ad un'università per completare la sua formazione. 
2) Se c'è un istituto che viene trattato in modo obsoleto, ebbene, quella è l'università.
 Ho studiato come una pazza materie di cui non solo mi domando tanto l'esistenza, ma soprattutto il motivo di esistenza nel piano di studi. Cattedre tenute in piedi per professori che dovevano andare in pensione da tremila anni, crediti sparsi in ogni dove come bollini del latte in materie che post-riforma Moratti non si sapeva dove infilare. Il problema di abolire robe come "Storia degli ordinamenti degli stati italiani" in corsi di laurea che beneficerebbero assai di più di corsi specifici su programmi informatici inerenti alle materie di studio (ce ne sono a pacchi anche per gli umanisti, non crediate che a loro non serva conoscere il codice html o xml), è dell'università, non del liceo classico.
La protagonista della seconda serie de "I liceali", una rarissima
serie tv italiana a mio parere fatta bene. Nella seconda serie il tema
del "A cosa serve studiare ora? A cosa serve studiare una materia
umanistica a ora? A cosa serve studiarla se sei una persona con
pochi mezzi economici?", viene trattato benissimo.
 Il liceo classico, per l'età particolare dei suoi studenti, rientra nel campo della formazione non solo culturale della persona, ma della persona stessa. 
 Si studia filosofia non per diventare filosofi, ma per comprendere che il mondo non è quello che ci danno per certo.
 La storia, la letteratura greca, quell'assurdo popolo folle che erano gli antichi greci, in grado dalle loro microscopiche città stato di creare le basi di una civiltà che esiste tutt'ora, sono le chiavi che uno studente ha per sempre nelle sue tasche per interpretare liberamente il mondo.
 La tristezza del vedere persone laureate fidarsi della prima bufala web che passa, del primo linciaggio mediatico, dedicarsi all'indignazione cieca davanti ad un servizio di denuncia in tv, ad un articolo, senza porsi delle domande, sentire il bisogno di una ricerca, provare la sensazione di non sentirsi trattato come una pecora, ma come un essere pensante che pone domande, ebbene la tristezza è ormai all'ordine del giorno.
 La camera mortuaria che si sta preparando al liceo classico, in favore di materie "cool", economia in particolare, fa parte di un più ampio disegno, per niente complottista, ma estremamente rapace, della modellazione del mondo secondo nuovi (e in un certo senso anche antichi) criteri. Criteri che non hanno basi solidali, non hanno basi sostenibili, non hanno a cuore i desideri e i bisogni di tutti, di coloro che hanno meno possibilità, sia materiali che mentali, che non hanno in mente una società equa. 
 Il mondo, ci insegnano i nuovi rampanti che inneggiano alla morte delle materie inutili perché non produttive, è di chi guadagna, di chi produce denaro, di chi si appropria del maggior quantitativo di moneta sonante.
 Ed è estremamente necessario a chi questa moneta sonante ce l'ha effettivamente in  mano, che non solo tutti diventino il più individualisti e competitivi possibile, ma che costoro non si pongano mai domande, non si chiedano mai se c'è qualcosa di errato nell'interpretazione della realtà che viene loro offerta.
 Inoltre deve ormai passare chiaro un concetto:
 Se non ce la fai non è il mondo che sta prendendo una chiara piega, sei tu che, evidentemente, non ti sei impegnato abbastanza. Perché non hai superato tutti gli ostacoli? Perché non hai lavorato sodo? Perché non hai studiato? Tutto era per te possibile, sei solo tu che non l'hai voluto. Certo avevi meno soldi di altri, eppure persone più povere di te ce l'hanno fatta, la tua è tutta una scusa. 
 Il tuo destino è quello che ti meriti, non prendertela con la società, non cercare altre interpretazioni
 Il messaggio è già passato, il senso di colpa per non essere diventati abbastanza già instillato. L'attacco al pensiero, al metodo, a quella scintilla che può accendere ancora le menti è già iniziato. Ovviamente non dico che non si possa avere capacità di pensiero e interpretazione studiando materie scientifiche, anzi. Ma provate a pensare all'assurdo contrario: studiare le materie scientifiche non è cool, le materie umanistiche sono l'unica vera via. E' un'imposizione orrenda, insensata, ingiusta e soprattutto folle.

In tempi in cui di denaro non ce n'era, in un'Italia devastata, veniva scritto nella costituzione,
"Art.4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società." 

Ora, opulenti e bramosi di ulteriore opulenza, in troppi rincorrono con assai più foga quelle figure imparruccate che infestano la sezione di economia, Donald Trump che manda tutti al diavolo, Kiyosaki che consiglia, nei suoi saggi sul produrre denaro come ragione di vita, a non leggere libri se non quelli di economia.
 Sirene che rendono folli i marinai sciocchi che tra le tempeste ascoltano canti dolcissimi e mortali infrangendosi sui marosi.
 E' questa solo una sciocca citazione omerica, eppure chissà perché e chissà per come, anche i più sfegatati sostenitori delle materie economiche non potranno non vederci la più esatta delle fotografie della realtà.

Ps. E comunque, sottolineo, se fossi stata brava nelle materie scientifiche mi sarei iscritta più che volentieri a Chimica, solo che, ahimè, non era nelle mie naturali inclinazioni.


12 commenti:

  1. Ah, io sono finita al classico perché incuriosita dal greco dai Cavalieri dello Zodiaco (si sa che i manga fanno male...) e lo rifarei mille volte, ance se poi, da dislessica alle prese col greco, ho avuto i miei dolori.
    Il problema a monte, credo, sia dividere cultura umanistica da cultura scientifica. La cultura è cultura e serve tutto. Ho frequentato un liceo classico sperimentale con implemento delle ore di matematica e ho avuto la fortuna di avere un prof di scienze molto bravo. Il risultato: ne mastico più di scienze io che di lavoro adesso insegno lettere di molti che hanno frequentato lo scientifico. I miei compagni andati a fare medicina o ingegneria si sono laureati con lode.
    Quindi, per quel che mi riguarda, si può e si deve passare dai lirici greci alla fisica quantistica con la naturale consapevolezza che entrambe le cose ci arricchiranno.

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  2. Che lo studio inutile (=licei) sia inutile nel mondo del lavoro è tutto da dimostrare. Nella mia piccola esperienza posso affermare il contrario.

    Faccio un discorso statistico, ovviamente, che le menti brillanti brillano anche senza liceo e le capre pascolano anche se frequentano e finiscono il liceo e l'università: chi sa studiare è più versatile di chi non lo sa fare e al liceo (e all'università) si impara a studiare. Imparare cose "inutili" è un ottimo allenamento all'astrazione.

    In informatica, per esempio, chi esce da un istituto professionale è subito attivo nel mondo del lavoro. Poi, come accade soprattutto in informatica, le tecnologie cambiano, spesso solo di nome o di sintassi, e il povero "professionale" deve reimparare tutto da capo, magari quando è meno giovane e senza saper vedere le cose comuni o analoghe fra le varie tecnologie (=capacità di astrazione). Indovinate fra un liceale/laureato e un professionale chi è avvantaggiato?

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  3. Io avrei voluto frequentare il classico, così come lo avrebbe voluto mia sorella, solo che alle medie abbiamo avuto insegnanti capaci di denigrare, appiattire, non valorizzare le qualità degli studenti. Abbiamo frequentato il liceo pedagogico, che non è male e ci siamo diplomate con il massimo dei voti, facendoci tanto di occhi sui libri.
    Siamo entrambe rimaste nel campo umanistico, io con Storia dell'Arte, lei con Filosofia. Ora ci scocciano tutti dicendo che non troviamo lavoro (dipendente) perché abbiamo scelto materie inutili, che non servono a niente, ma non mi pare che tutta la pletora di ingegneri informatici abbia un impiego o lo abbia decente.
    Quello che so è che non abbiamo mai smesso di studiare, che siano manuali, saggi, lingue e sì, anche l'informatica famosa, che credono apra tutte le porte, manco fosse una chiave magica.

    La verità è che le materie umanistiche ti insegnano ad aprire la mente, non è un sapere tecnico, è un bagaglio culturale che ti permette quella flessibilità tanto ricercata, che mi ha permesso di affrontare senza troppe ansie mestieri completamente diversi. Per me reinventarmi è la regola, altri frignano perché vorrebbero e saprebbero fare solo X mestiere.

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  4. Premetto che ho fatto prima l'istituto tecnico (specializzazione Elettronica) e poi Ingegneria Informatica, se devo essere sincero, mi hanno sempre affascinato le materie umanistiche, sono sicuro che mi sarebbe piaciuto studiare latino, greco e filosofia, adoro l'arte, divoro libri su libri, mi piace soffermarmi a pensare ai processi mentali che portano le persone a compiere determinate scelte ( anche in contesti storici completamente differenti ), credo che sarei potuto essere un buon studente per un liceo classico, ma ho intrapreso scelte differenti perché banalmente più logiche.

    Non sono pentito della scelta, il mio percorso di studi mi ha insegnato a cercare le soluzioni ai problemi (pratici e non) che mi trovavo davanti, ha sviluppato la mia curiosità e mi ha dato gli strumenti per capire dove andare a cercare la conoscenza, e non è poco. Anche le materie scientifiche possono aiutare ad aprire la mente, Fisica e Filosofia credo siano più vicine di quanto si pensi, ad esempio, la rigorosità della matematica può forse ricordare quella di antiche lingue come il latino ed il greco, e così via.

    Alcuni aspetti da considerare:

    1) la scelta che compi alla fine delle medie condiziona, e anche parecchio, ma non quanto trovare un professore che riesca a trasmetterti passione per la materia che insegna ( sia essa Greco o Elettrotecnica ) e la voglia di passare ad un livello di conoscenza superiore.

    2) La società ci vuole ignoranti, più controllabili.

    3) Viviamo in un mondo totalmente differente da quello dei nostri genitori, la quantità d iinformazione ( cultura, ma non solo ) è aumentata esponenzialmente, l'insegnamento dovrebbe trovare un nuovo punto di equilibrio tra l'esigenza di mostrare argomenti sconosciuti e quella di approfondire le conoscenze pregresse

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  5. Beh, guarda, io ho fatto il Liceo Scientifico (con profitto e divertendomi, anche se, causa prof di Scienze completamente inane, di Chimica e Biologia so giusto quello che ho fatto alle medie...) e poi mi sono iscritta a Lettere, dove la preparazione avuta alle superiori si è rivelata ottima e abbondante (perché non è che allo Scientifico manchino le materie umanistiche, eh! Manca giusto il greco, ma per il resto... Si fanno in maniera diversa dal classico, probabilmente, ma si fanno, e se becchi gli insegnanti giusti, si fanno pure bene ^^).
    Quindi, ecco, non è che le strade della vita siano a senso unico.

    Avete già spiegato benissimo perché è utile imparare a studiare e a pensare, a porsi domande. Sono le famose scuole che formano il pensiero critico (anche se negli ultimi anni pure loro hanno subito la generale degenerazione della scuola italiana tutta, purtroppo). Come tali, sono forse sospette.

    Quello che non capisco io è la polemica. Comprenderei se frequentare il classico o studiare latino e filosofia fosse obbligatorio e coatto. Ma parliamo di scuole superiori. Scuole che uno si sceglie. Mica il fatto che 6% di studenti scelga di fare greco lede la libertà del restante 94% di fare diritto, economia, scienze e informatica.
    Quindi? Non capisco, sinceramente, il senso della protesta.
    Tranne appunto pensare che quel po' di 'originali' e non allineati alla religione del profitto come unico fine sia, per quanto esiguo, assolutamente scomodo.

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    1. No ma non era una protesta, bensì un'apologia, visto che c'è stato il processo fittizio e che il calo delle iscrizioni è dovuto anche al mantra "Il classico è inutile, il classico è superato, il classico non serve a niente, fate materie utili utili utili utili utili".
      Il punto è: ma chi è che decide che un liceo o una materia sono "utili"?

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    2. No, ma il senso del tuo post l'ho capito. Il fatto è che davvero in questi giorni, non so se scatenati dal processo messo su a Torino o meno, stanno girando un po' ovunque discorsi di tono accusatorio sul tipo "Ma ha ancora senso studiare latino e greco oggi?" con tanto di codazzo che risponde in coro, pronto "Noooo, bisogna fare economia, informatica, inglese. In soffitta 'sta robaccia!".
      Da queste accuse montate ad arte nasce la mia domanda: che senso ha 'sta guerra, visto che nessuno viene costretto ad affrontare certe materie se non vuole? Bah!

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  6. Mi chiedo se la soluzione sarebbe fare 4 anni di superiori in cui si studiano materie generali, magari con corsi di potenziamento a seconda delle preferenze, e poi fare uno o due anni di corso intensivo a scelta per una professione (elettricista, cuoco ecc.) o fare un corso di preparazione di un anno per poi accedere all'università.

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    1. Cioè avere una preparazione blanda in qualunque cosa e non sapere veramente niente?

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  7. Bellissimo discorso, e te lo dico avendo fatto lo scientifico ed essendomi laureato in una facoltà scientifica (dove tra l'altro è pieno di gente che ha fatto il classico).
    Il problema lo hai colto: la definizione di "utilità". Ho sentito abusare del criterio di "utilità" anche in ambito scientifico. Piccoli economisti che pretendono di definire cosa è "utile" in base a quanti soldi ci si può ricavare nell'immediato. Gente terraterra che pretende che la ricerca scientifica debba essere solo o preferibilmente "ricerca applicata", dimenticandosi che la civiltà progredisce grazie anche alle rivoluzioni iniziate da chi studiava cose apparentemente "inutili". Ma è lo stesso per il pensiero umanistico e artistico: se il criterio fosse solo l'utilità, ci saremmo persi un bel po' di capolavori, rivoluzioni e innovazioni (Moccia vende, Moccia fa soldi, Moccia è "utile"?).

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