Anni fa, appena trasferita al nord e in cerca (infruttuosa) di nuove amicizie, accettai l'invito di una collega ad andare a fare "una passeggiata in montagna".
Io mi vedevo così |
Poiché ero abituata a chiamare montagne le in verità dolci colline laziali, pensai ingenuamente ad una specie di gita fuori porta, una scampagnata in cui avremmo camminato il giusto che ci avrebbe condotto ad una luminosa radura a pasteggiare con fave, pecorino (ok, immaginavo essendo al nord che sarebbe stata coinvolta la polenta in realtà), panini al sacco sfranti dal calore e dallo zaino e mele.
Indossai perciò delle converse estive e portai una felpa giusto per scrupolo, fosse mai che dovessimo addormentarci sotto un pero o un pino.
Ecco. Mi ritrovai a scalare 2000 metri con cumuli di neve che occhieggiavano ai lati del sentiero (neve a Giugno???), a pasteggiare in un gigantesco rifugio di montagna su un lago alpino praticamente da sola (altro che pranzo al sacco, tutti gli altri si erano portati i soldi per un luculliano pranzo a base di pesantate con gente del luogo che parlava solo in dialetto incomprensibile) e a rischiare la vita durante la discesa. Capirete infatti che le converse con la suola di gomma non sono proprio la cosa migliore per affrontare una discesa in mezzo alla neve con l'ansia della pioggia improvvisa.
Finii così -.-" |
Ecco, fine dei miei rapporti con la montagna.
Eccezion fatta per il padre della mia amica in London che in quanto abruzzese montano provava una perversa attrazione per il Trentino Alto Adige, non penso di aver mai conosciuto una persona del centro-sud (non dico non ce ne siano) che considerino la montagna un'alternativa davvero valida al mare, almeno in estate.
Che roba è la montagna? Se magna?
Per quale assurdo motivo un essere umano dovrebbe passare le sue giornate di riposo a faticare sulle rocce quando può rotolarsi sulla sabbia e spassarsela in mezzo alle onde?
Che roba è la montagna? Se magna?
Per quale assurdo motivo un essere umano dovrebbe passare le sue giornate di riposo a faticare sulle rocce quando può rotolarsi sulla sabbia e spassarsela in mezzo alle onde?
Queste mie domande qualunquiste hanno ovviamente già delle risposte e sono retoriche (resta il fatto che a me andare in montagna non piace), ma servono per introdurre il post della giornata: libri su tragiche e/o epiche avventure montane. Potete ringraziare per l'idea il cliente che mi ha chiesto il primo libro dell'elenco: "Alive -sopravvissuti".
TABU' - LA VERA STORIA DEI SOPRAVVISSUTI DELLE ANDE di Paul read Piers ed. Sperling:
Arriva il cliente e chiede "Mi dà quel libro di montagna dove c'è la gente cannibale?" e tu dici: boh.
Poi, fortunatamente un collega ha visto il film e risaliamo al libro che racconta questa incredibile storia vera che rende credibile persino l'incidente aereo in cui hanno fatto fuori mezzo cast di Grey's Anatomy.
Nel 1972 un aereo uruguayano che trasportava civili (tra cui una squadra di giovani rugbysti) ebbe un drammatico incidente aereo sulla cordigliera delle Ande. A causa della nebbia e di alcuni errori di calcolo umani, il pilota prese di striscio una montagna che credeva di aver superato e l'aereo atterrò in una vallata. Alcune persone morirono nell'impatto, tra cui il pilota (che fece però in tempo a dare informazioni sbagliate, che riteneva vere, sulla loro posizione), altre nei giorni successivi, ma molti si salvarono e per loro iniziò un'incredibile prova di sopravvivenza. Era il 13 Ottobre.
Per i due mesi e mezzo successivi, i superstiti dovettero fronteggiare prove gigantesche: il gelo, la neve, una valanga che li decimò durante il sonno e la fame.
Quando i viveri terminarono (quasi subito visto che c'era pochissimo cibo a bordo) dovettero iniziare a mangiare i loro compagni defunti. Ad un certo punto quando fu chiaro, anche grazie al ritrovamento di una radio funzionante, che nessuno li stava più cercando credendoli tutti morti, i più in forze di loro vennero scelti per una spedizione alla ricerca d'aiuto. Ci furono vari fallimenti e altre morti, ma infine due di loro, Fernando Parrado (che si era salvato miracolosamente ben due volte nel corso della disavventura) e Roberto Canessa trovarono un mandriano dopo dieci giorni di cammino. Il 23 Dicembre vennero ritrovati i 16 superstiti (tra i quali nessuna donna) e tratti faticosamente in salvo. Ne fu anche tratto un film e francamente spiace vista la forza che dimostrarono nel sopravvivere ad ogni costo che la cosa che rimane più impressa nella memoria sia che furono costretti al cannibalismo.
FUGA SUL KENYA di Felice Benuzzi ed. Il Corbaccio:
La mia amica che citavo nel post su "Timira" mi portò quando eravamo credo alle medie, a vedere "Sette anni in Tibet" un film che la esaltava per il tema e per la presenza di Brad Pitt (e che non esaltava me per gli stessi motivi).
Lo trovai mortalmente noioso. Il film narrava l'imprese dello scalatore nazista Heinrich Harrer mandato dal regime a scalare l'Himalaya per la patria. Una volta lì veniva catturato dagli inglesi e rinchiuso in un campo di prigionia da cui riusciva poi a scappare per rifugiarsi nella città proibita.
"Fuga sul Kenya" racconta una storia meno epica, ma assai simile e spettacolare.
L'autore, Felice Benuzzi, era infatti un funzionario coloniale in Etiopia che nel 1941 venne anch'esso catturato dagli alleati e spedito in un campo di prigionia in Kenya. Lì, alle pendici del monte Kenya, escogita un piano: scappare dal campo, arrivare in cima alla montagna, piantare l'italica bandiera e lasciare alcuni reperti raccolti. Per riuscire però gli servono viveri, attrezzature e complici. Così la spedizione si allarga ad un medico, Giovanni Balletto e prima ad un poliziotto che viene però trasferito poco prima della spedizione e così sostituito da Enzo Barsotti che però per problemi cardiaci non riuscirà a partecipare in toto.
La storia è rocambolesca: i tre riescono a scappare, ma scoprono che non conoscendo bene il territorio hanno scelto una via troppo impervia, inoltre Enzo sembra non riuscire a proseguire e il tempo passa mentre i viveri diminuiscono.
No, non finisce male, anzi, a tarallucci e vino. Avventure dalla seconda guerra mondiale.
LA MORTE SOSPESA di Joe Simpson ed. Il Corbaccio:
Scritto da uno dei due protagonisti della vicenda narra un evento avvenuto nel 1985 durante la scalata della Siula Grande sulle Ande. Joe Simpson e Simon Yates sono due alpinisti inglesi che raggiungono la vetta della Siula e poi iniziano a scendere in cordata (spero si dica così, alpinisti non ammazzatemi).
Ad un certo punto Simpson scivola e si rompe una gamba. La discesa che per altro doveva essere rapida visto che avevano finito provviste d'acqua e gas, diventa così estremamente difficoltosa.
Yates lega allora Simpson e decidono di scendere calandosi lungo il fianco della montagna, ma ad un certo punto, senza accorgersene (a causa delle condizioni climatiche) giungono ad uno strapiombo dove Simpson rimane sospeso. Dopo aver tentato in ogni modo di issarlo alla fine per non essere trascinato con lui, Yates taglia la corda che lo tiene legato all'amico che precipita per 45 metri.
Solo che. Simpson non si sa come, nonostante i 45 metri e la gamba rotta, non muore e riesce a tornare al campo base dove trova un disperato Yates che è tornato con gran fatica e ossessionato dai sensi di colpa.
Persino io conoscevo la storia di Reinhold Messner accusato di aver abbandonato il fratello Gunther durante la scalata del Nanga Parbat, ma, se ho ben capito, nel diciamo codice etico degli scalatori (che somiglia molto a quello dei navigatori) è ammissibile che per salvarsi, in condizioni estreme, sia lecito sacrificare l'anello debole della catena.
In ogni caso Yates fu accusato pesantemente per la sua scelta e Simpson scrisse il libro (da cui è stato tratto anche un documentario) anche per difenderlo. Scrisse che non aveva avuto scelta e al posto suo si sarebbe comportato allo stesso modo.
EVEREST 1996 di Anatoli Bukreev e ARIA SOTTILE di Jon Krakauer:
Il libro dell'alpinista Anatoli Bukreev e di Jon Krakauer giornalista (e alpinista) diventato famoso alle masse grazie a "In to the wild" rappresentano un caso estremamente interessante, poiché raccontano lo stesso drammatico evento a cui hanno partecipato entrambi, ma ne riportano versioni differenti, con differenti accuse.
La vicenda del contendere riguarda due spedizioni che divennero poi una sola molto corposa per raggiungere la cima dell'Everest. Si trattava della fine degli anni '90, l'alpinismo estremo era ormai una questione di grandi numeri. Prima c'erano solo scalatori solitari, iniziavano a nascere imprese assai costose che organizzavano gruppi organizzati guidati da scalatori esperti e sherpa per alpinisti esperti, ma non professionisti. Scott Fischer che fu la vittima più famosa delle nove che rimasero uccise nell'evento, aveva appunto una società del genere e si ritrovò a salire assieme al collega Bukreev e al suo gruppo.
Il dramma si consuma tra il 10 e l'11 maggio 1996.
Tutti gli scalatori raggiungono la vetta, ma con ore di ritardo rispetto al previsto, il tempo, inizialmente buono peggiora e così inizia l'incubo. Iniziò una tempesta di neve che costrinse ad accelerare la discesa causando problemi d'ossigeno e d'orientamento ai partecipanti. Alcuni di loro, come Fischer, morirono per embolia (parte del contendere tra Krakauer e Bukreev sta proprio sull'assenza o la presenza di alcune bombole d'ossigeno che avrebbero consentito la sopravvivenza di alcuni di loro), altri rimasero bloccati nella neve, incapaci di orientarsi.
Bukreev fu l'unico ad uscire alla ricerca dei dispersi, dati ormai per morti, e ne trasse tre in salvo. Un altro si salvò da solo raggiungendo da solo il campo base il giorno successivo semiassiderato.
Fischer non ce la fece. Rimasto indietro con uno sherpa, lo convinse a proseguire senza di lui e fu trovato solo la mattina dell'11 sempre da Bukreev, ormai morto. Il suo corpo fu ritrovato nel 2008, ma la famiglia espresse il desiderio che rimanesse lì, tra i ghiacci.
Il dibattito sulle eventuali colpe umane della tragedia coinvolse Krakauer e Bukreev e i loro sostenitori e detrattori, ma si interruppe presto. Nel 1997 una valanga uccise a 37 anni Bukreev mentre scalava l'Annapurna.
Sì lo so, ho scelto tutti casi estremi. Per la montagna si possono citare le imprese di Bonatti o i resoconti dei grandi, c'è tempo e ci saranno post, non temete!
Mi segno i titoli!
RispondiEliminaDa persona che vive in zona di montagna, posso sicuramente consigliare i libri di Mauro Corona a riguardo. In particolare i primi, gli ultimi si sono fatti più tetri e incentrati su altri temi. Ma credo che alcuni facciano davvero conoscere questo "piccolo" mondo, un po' a sè.
Ah si, pure io preferisco il mare u.u Decisamente.
Concordo, anni fa avevo letto "Il volo della martora"!
EliminaQuesto invece non è proprio sulla montagna stile Heidi, ma su una foresta in (alta) collina, un libro più spirituale di quanto non possa sembrare: Cansiglio, nostra signora: Qui http://www.piazzaeditore.it/2013/cansiglio-nostra-signora/ la rece sul sito della casa editrice. E' uno dei miei libri preferiti, da leggere e rileggere negli anni! :)
Come mi ritrovo in quella sprovveduta donna che, munita anche lei solo di un paio di all stars, si era illusa di fare una romantica scarpinata intorno alla bellissima Casterino, zona della Valle delle Meraviglie. Per poi ritrovarsi, a 2000 e fischia metri, in un gelo siberiano, era ferragosto e c'erano 8 gradi. Avevo anche una felpa, un kway, una tshirt e molti vaffanculo. Il mio lui aveva le Hogan di pelle nera e nemmeno una felpa. Stoici. Siamo sopravvissuti, per restare in tema, a: famiglie intere in cerca di marmotte, bambini urlanti (oh in montagna non si urla, lo sapete? Che spaventate gli animali), gente equipaggiata alla perfezione con zaini, borracce, scarpe da trekking, pantaloni corti e calzettoni che ci guardavano come se fossimo stupidi.(ok, forse lo siamo stati un pochino). E poi lo sapete che in montagna quando ci si incontra ci si saluta sempre, anche se non ci si conosce?
RispondiEliminaComunque no, la montagna non mi piace.
Premesso che vado in montagna da una vita, continuo ad andarci adesso che ho passato i 70, e che l'unica alternativa concepibile per me è la vela:
RispondiEliminaComplimenti per la scelta di due dei titoli, sopratutto in quanto fatta da una persona che dichiara di non amare la montagna e che è ovviamente estranea al mondo dell'alpinismo e alla sue polemiche. "Touching the Void" di Simpson e "Into Thin Air" sono molto di più di "libri di avventura", perchè analizzano le motivazioni psicologiche di certe scelte di vita (e di morte) e forniscono un'immagine straordinaria delle capacità di resistenza dell'uomo.Il libro di Bukreev mi piace molto di meno, ma queste sono cose mie e in ogni caso de mortuis nihil nisi bonum.
Mi permetto di aggiungere all'elenco qualche altro suggerimento: "K2 Il Nodo Infinito", di Kurt Diemberger (la tragedia del 1986, in cui tra l'altro Diemberger perse la compagna, Julie Tullis), "La discesa al successo" di Hans Kammerlander (una serrata critica, fatta da un alpinista professionista, del modo in cui la pressione della concorrenza per la ricerca degli sponsor porta gli alpinisti professionisti a correre rischi sempre più grandi), e per contrasto "Eiger Parete Nord" [ne esistono anche versioni intitolate "Il Ragno Bianco" di Harrer (sì, proprio lui) che descrive il mondo dell'alpinismo "eroico", a forte motivazione politica e nazionale, degli anni '30.
Ti ringrazio per i complimenti!^^ Non amo la montagna, ma amo i buoni libri ;)
EliminaIo sono Romagnola. Presente, Riviera, sole, ombrelloni, movida? Ecco.
RispondiEliminaSolo che sono figlia di due persone che non amano il mare e che, a partire dai 10 anni e fino a che non mi sono ribellata mooolte estati dopo, mi hanno trascinata a scarpinare in Trentino Alto-Adige a ogni agosto che arrivava in terra. Cosa che io odiavo dal profondo!
La neve a giugno è il meno. Per anni a Ferragosto ci siamo trovati vicini ai ghiacciai perenni, impegnati in camminate da 10-15 chilometri... L'ho già detto che odiavo la cosa? :P
De "La morte sospesa" ho visto il film, così che per "Alive - Sopravvissuti" (c'è Ethan Hawke, se non erro). Entrambi assai impressionanti. Mi riprometto da tempo di leggere il libro di Joe Simpson e quello di Krakauer, anche se a vedere "Everest" non sono stata: mi metteva troppa ansia °_°
"Solo che sono figlia di due persone che non amano il mare e che, a partire dai 10 anni e fino a che non mi sono ribellata mooolte estati dopo, mi hanno trascinata a scarpinare in Trentino Alto-Adige a ogni agosto che arrivava in terra. Cosa che io odiavo dal profondo!"
RispondiEliminaQuestione di come si impostano (da parte dei genitori) le cose... Invece uno dei ricordi più belli della mia vita è quando mia figlia ventenne mi chiese, "Papà, mi porti sul Bianco?" E io dopo averci pensato un bel po' e aver fatto uno (spietato) esame di coscienza risposi, "Sì", e ce la portai davvero...
Io vengo da una città di mare ma per i primi anni dell'infanzia ho vissuto in un paesino di montagna e forse per questo per me avrà sempre quel "filtro" di magia e felicità che solo l'infanzia può dare. Qualche estate fa sono andata con i miei in Trentino ('na fatica ma che bellezza!) ed in una libreria del posto trovai due libri incentrati sulle leggende nate intorno alle Dolomiti e sono "I monti pallidi" e "Re Laurino e il suo roseto", entrambi di Karl Felix Wolff, non c'entrano niente con quelli di cui hai parlato nel post ma se piace il genere "miti e leggende" sono davvero belli.
RispondiEliminaVisto che è stato citato Wolff (un tizio che passò la vita a farsi raccontare storie e leggende da vecchie contadine e cantastorie, per poi trascriverle - e al quale va il merito di aver salvato gran parte di quello che conosciamo del folklore ladino), la sua opera (riscoperta) fondamentale, nonchè la leggenda dolomitica più bella e complessa, è quella del "Regno dei Fanes" - leggenda che, come venne riferito al Wolff, un tempo i cantastorie impiegavano "un intero giorno d'estate" a raccontare.
RispondiEliminaSiccome Wolff e i suoi diritti d'autore sono scomparsi sa tempo, le leggende da lui trascritte vengono ristampate continuamente, spesso con tagli o riassunti arbitrari. Io ho il "Regno dei Fanes" come libro a sè, ma è possibile che almeno certe sezioni siano state include nell'edizione dei "Monti Pallidi" citata sopra.
Per chi è appassionato di fantasy, è imprescindibile: una storia molto bella anche se amara (come tutte le storie più o meno vere...), e poi "nostra", e poi riscontrabile sui luoghi: che so, andare al Lago di Braies (in macchina, tranquilli) e trovarsi di fronte alla grande parete della montagna che si chiama Seekofel in tedesco e Croda del Becco in italiano, ma Sass ddla Porta in ladino, perchè proprio lì c'era (c'è?) la porta segreta di accesso al mondo sotterraneo dove i Fanes si rifiugarono dopo la sconfitta, e attendono ancora il giorno del riscatto...
Invece io, tarantina doc e abitante in Sardegna!, trovo il mare noiosissimo! scoprii la montagna a vent'anni e passa grazie al mio ragazzo dell'epoca (uno dei pochi aspetti positivi) e mi conquistò: per anni ho fatto trekking di quelli 'seri', giorni e giorni da un rifugio all'altro con zaino in spalla, una faticaccia, ma l'emozione di arrivare a 3000m non si batte. E ora che di anni ne ho 65, dopo avere convertito alle camminate il maritozzo (che da bravo americano aveva del trek un'idea moooolto vaga), se per motivi biecamente monetari ci tocca saltare le settimane estive sulle Dolomiti ne sentiamo la mancanza. E sì, quando sui sentieri vediamo qualcuno in sandali o peggio infradito scuotiamo la testa scandalizzati... ��
RispondiElimina"E sì, quando sui sentieri vediamo qualcuno in sandali o peggio infradito scuotiamo la testa scandalizzati..."
RispondiEliminaObiezione, Vostro Onore! D'accordo con ripudio degli infradito, ma i sandali da trek moderni (di buona marca e buon disegno, sopratutto con la striscia di collegamento laterale) sono un'invenzione di una comodità straordinaria. SUI SENTIERI, beninteso.
no no, mica dei sandali da trek parlavo, ma proprio di quelli carucci da città con tanto di tacchetto! visti in cima all'Alpe di Siusi... vabbe' che so' sentieri facili, ma la signora barcollava penosamente!
EliminaInteressante anche Point Lenana, saggio/romanzo di Wu Ming 1 basato proprio sulla vita di Felice Benuzzi, l'autore e protagonista di Fuga sul Kenya.
RispondiEliminaHo trovato molto appassionante "Scomparsi sull'Everest". Racconta la spedizione inglese del 1924, quindi quasi 30 anni prima dell'effettiva conquista dell'Everest, in cui l'alpinismo si basava ancora su equipaggiamento rudimentali e le prime bombole d'ossigeno erano tutto fuorchè affidabili. Nell'ultimo giorno utile, l'esperto scalatore George Mallory e il giovane Sandy Irvine tentarono la scalata, dopo alcuni tentativi falliti dai loro compagni. Un membro della spedizione li avvistò a mezzogiorno, in una buona posizione, poi una bufera in arrivo li nascose alla vista e alla storia...
Nel '99 una spedizione ritrova il corpo di Mallory, diverse ossa rotte in seguito ad una rovinosa caduta. Della foto della moglie, che aveva promesso di lasciare sulla vetta, nel taschino non c'è traccia.
Quasi tutti gli scalatori concordano che resta solo un'affascinante utopia, che in quelle condizioni ed equipaggiamenti era impossibile arrivare in vetta... Ma lassù, tra i vestiti laceri e congelati di Sandy Irvine, potrebbe esserci ancora la macchina fotografica, con le prove del successo...
Bellissimo post!
RispondiEliminaIo personalmente appartengo a quella razza di gente fortunatissima munita di madre casalinga e seconde case dei nonni sparse in giro, quindi le mie estati - dai sei mesi ai ventiquattro anni - sono consistite da sempre in tre mesi in giro per la penisola, equamente distribuite tra mare e montagna.
Benché il mare sia un paradiso di delizie, lunghe nuotate e gelati sulla spiaggia, e fette di farinata divorate appena dopo le nuotate stesse, anche la montagna ha sempre avuto i suoi vantaggi, specie da bambina. Effettivamente, noi non andavamo in altissima montagna, ma a circa 1000 m intorno a Piacenza - quindi le cose potrebbero essere state migliorate da consistenti apporti di gnocco fritto e fette di coppa - ma da bambina ho vissuto esperienze incredibili e meravigliose, assolutamente impossibili per i ragazzini di oggi, e che ancora oggi mi piace raccontare (e no, non consistevano solo nella produzione di salami col maiale di zia Caterina).
C'è stato l'anno in cui io e i miei cuginetti abbiamo contribuito a riacchiappare uno sciame fuggito, ad esempio: pagati in ghiaccioli, abbiamo passato due settimane a inseguire lo sciame aspettando che si posasse da qualche parte, di modo che il proprietario potesse riprenderselo ricuperando la regina e rimettendola nell'arnia.
Oppure l'anno in cui mio nonno me le ha date con la cinghia perché ero andata a nuotare nell'invaso senza la sua supervisione: oggigiorno solo un incosciente lascerebbe che dei bambini dai quattro agli otto anni nuotino nel lago di un invaso con la sola supervisione di un uomo di oltre ottanta che non sa nuotare, ma quasi quindici anni fa l'atteggiamento nei confronti della sicurezza dei bambini era molto diverso. Poi, pentito del suo gesto, mio nonno mi comprò quattro gelati e un melone, facendomi venire un mal di pancia favoloso.
Ancora epiche erano le conseguenze dei furti di frutta negli orti altrui, o quando il mio cuginetto scoprì di soffrire di diabete infantile. Andammo a raccogliere more, e ne tirammo su quasi cinque kg. Ne mangiammo uno a testa, ed entrambi siamo stati malissimo: solo che, mentre io avevo un'orticaria frutto dell'eccessiva golosità, lui per poco non ci lasciò le penne.
Crescevamo giocando nei boschi e in mezzo agli animali da cortile, e bevevamo latte appena munto; le televisioni prendevano solo Raiuno, Raitre e Telepace, e non avevamo i telefonini. Del resto, questi ultimi su in montagna sono inutili anche oggi, in quanto non prendono.
Tutte cose impossibili al mare, che tendenzialmente si trova in mezzo alla civiltà.
La frase iniziale della nostra ospite, circa le motivazioni della sua prima (ed ahimé ultima) esperienza in montagna, è emblematica di un curiosissimo aspetto delle relazioni tra le donne e la montagna.
RispondiEliminaCi sono, come ovvio, un sacco di donne che vanno in montagna (sino all'alpinismo estremo) esattamente per gli stessi motivi per cui lo fanno gli uomini: cioè, sostanzialmente, perchè la cosa gli piace. Ma ci sono anche tante donne che vanno in montagna - almeno come spinta iniziale - perchè gli piacciono gli uomini che ci vanno (singolare o plurale, dipende). E non è che passeggino: se serve, vanno come treni.
Esperienza personale: ho conosciuto una tizia (poi fidanzata e poi moglie) a febbraio: non aveva la più pallida idea di cosa fosse la montagna, e anzi da brava Romana (sette generazioni e tutto) non era mai stata a nord del Po. Quella stessa estate abbiamo fatto l' Alta Via No.1 (da Braies a Belluno), l'estate successiva eravamo al Bianco, e via così. Adesso che è esanonna in procinto di diventare epta, e ha messo su qualche chilo, si è parecchio calmata, ma per tanti e tanti anni siamo sempre andati assieme. Ma ancora non ho capito se la montagna davvero le piaccia...
Se ti riferisci a me, per nuove amicizie intendevo davvero amici.
EliminaEro fidanzata (e sono tuttora) con una ragazza e mi ero appena trasferita al nord per stare con lei. Solo che diciamo non sono capitata in un posto di affabili persone, così mi sono accodata ad una mia collega che amava la montagna spasmodicamente (e che era abbastanza normale prima del matrimonio con un tipo di Cl anche lui spasmodicamente amante della montagna).
(Forse il tipo che voleva l'appuntamento era andato per altre "amicizie" ;).
"Se ti riferisci a me, per nuove amicizie intendevo davvero amici."
RispondiEliminaSí, mi riferivo alla tua frase iniziale, ma è lo stesso: anch'io parlavo di rapporti (anche se mi riferivo a persone di sesso diverso) in generale, e non necessariamente a sfondo romantico/sessuale. Cioè, ho incontrato parecchie donne che facevano/fanno alpinismo o speleologia sopratutto in quanto attirate dal tipo di uomini che potevano incontrare nei relativi gruppi (e in qualche caso, lo dicevano apertamente), ma senza essere necessariamente legate a nessuno di questi uomini e anzi senza (almeno apparentemente) voler cercare di farlo. La compagnia per la compagnia, insomma.
Esistono caterve di libri scritti da o su donne alpiniste, ma non ne conosco nessuno che neppure sfiori questo argomento.
Naturalmente la cosa funziona anche al contrario, cioè una donna è perfettamente capace di portare un uomo a fare cose, e a occuparsi di faccende, che in precedenza "manco gli passavano p'a capa". Però da quel che ho visto questo avviene esclusivamente in presenza di un pre-esistente (e forte) rapporto; non si è cioè mai visto un uomo che cerchi di entrare a far parte di un gruppo o circolo formato prevalentemente da donne dedite ad una certa attività, solo perchè gli piace l'atmosfera.
Da libraia, ti risulta che qualcuno si sia mai occupato di analizzare per bene queste faccende?
Ora, non dovrei impicciarmi di cose che non mi riguardano, ma non resisto...
"una mia collega che amava la montagna spasmodicamente (e che era abbastanza normale prima del matrimonio con un tipo di Cl anche lui spasmodicamente amante della montagna)."
Deduco che tu giudichi "anormali" gli sviluppi della vita della tua collega. Posso chiedere se questa "anormalità" risiede nel fatto
1) che si è sposata,
2) che ha sposato uno di Cl,
3) che ha sposato uno amante della montagna?
Comunque, in questo caso "fatti gli affaracci tuoi" È una risposta...
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