Neanche tre giorni fa, avevo consigliato "Il dolore perfetto" e ieri Riccarelli è morto.
Lo apprendo con sconcerto da Repubblica.it assieme ad una serie di dati biografici e al fatto che era tra i candidati al Campiello di quest'anno con "L'amore graffia il mondo".
Avendo io ignorato questo libro perché facente parte di una collana Mondadori di cui stento a comprendere l'utilità (hanno preso a stampare libri in un formato gigantesco e pesantissimo), vado a leggermi la trama e scopro che forse potrebbe interessarmi.
A quel punto ci sono già cascata. Sono diventata una dei tanti clienti che appaiono solo "Quando muore uno scrittore".
Questi sciacalli, notoriamente esistenti in tutte le arti, decidono che se uno scrittore è morto è giunto il momento di andarlo a comprare. E ultimamente hanno fatto grandi scorte di Margherita Hack, Don Gallo (a proposito, vorrei sottolineare il cattivissimo gusto nel chiamare il suo libro tributo postumo "Vivo e vegeto"), Levi Montalcini e ora anche di Riccarelli.
Il mio capo lo sa, e astuto come una faina, segue le condizioni di salute di tutti gli scrittori/personalità che potrebbero star lì per abbandonarci, pronto a riordinarne titoli che non vediamo da secoli e che venderanno solo in funzione della defunzione.
Questa "Sindrome Buonanima" ha ragioni che fatico ancora a spiegarmi, ma ci deve essere un'indubbia connessione col fatto che chiunque, una volta morto, diventerebbe improvvisamente più degno di rispetto.
Ma forse potrebbe anche essere il frutto di una combo col "momento aperitivo", quando fa ficus dire ad amici e conoscenti quanto si sia dispiaciuti per la morte di tal dei tali, il vostro scrittore preferito, la vostra astronoma preferita, il vostro prete preferito.
Anche se uno sa a malapena dell'esistenza di Saturno.
Ho deciso che il libro di Riccarelli non lo compro. Sia perché l'edizione mi fa schifo e aspetto l'economica, sia perché voglio oppormi all'effetto sciacallo.
E comunque, che peccato.
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