martedì 22 ottobre 2013

"Il blu è un colore caldo", il capolavoro "tipo" di Julie Maroh e la grande tradizione della tragedia lesbica. Da Saffo a "Il pozzo della solitudine", volevamo forse cambiare strada nel 2013?

In principio era Saffo. L'amabile insegnante di Lesbo coronata di viole amoreggiava con le sue allieve sperando sempre che queste non se ne andassero dall'isola per sposarsi e chiudersi nel gineceo. Dedicava loro immortali poesie in cui guardava le stelle da sola, si sentiva triste, scolorava di verde (o in qualche altro colore molto dibattuto) e ardeva d'amore. Finì, secondo vendicative leggende etero, giù da una rupe per amore di un certo pescarolo Faone. 
 Poi ci furono una serie di persecuzioni, sfighe, cattolicesimo, guerre, sottomissione della donna e soprattutto l'entrata in voga del sempre di moda movimento de "le lesbiche non esistono" che pose una pietra tombale sulla faccenda visibilità. Ogni tanto qualcuna dava segni di vita, ma si trattava di casi se non altro eccezionali, come Cristina di Svezia che, appunto per farsi i cavoli propri e mollare il clima della Scandinavia per Roma, rinunciò al trono, pentendosene poi vita natural durante. E anche io, ci pensavo spesso, Cristì ma chi te l'aveva fatto fare? Un Signorini di corte che ti aveva beccata ad amoreggiare con una dama di compagnia?
 Poi swram ecco apparire molti secoli più tardi, la madre di tutte le tragedie lesbiche, dal significativo titolo "Il pozzo della solitudine" di M. Radclyffe Hall. Primo romanzo apertamente lesbico della storia di cui amiamo ricordare che:
 La parola lesbica non viene mai pronunciata sostituita spesso da invertita.
 Venne sottoposto ad un megaprocesso per oscenità.
 Ovviamente finisce in tragedia. 
Praticamente una donna di nome Stephen, cresciuta come un uomo da genitori incapaci di rassegnarsi a madre natura, si accorge omosessuale sin da bambina. Costei patisce e patisce, ma almeno è ricca, così dopo una prima relazione asessuata finita male, diventa una scrittrice abbastanza affermata. Anni dopo, durante la prima guerra mondiale, conosce una tizia di nome Mary che è la classica donna che ha relazioni con altre donne, ma vive estremi momenti di confusione lessicale continuando a dire che etero (è una specie che prospera ancora con molta fortuna anche ai giorni nostri). Probabilmente è confusa e papabilmente etero perché è gentile e fru fru, mentre Stephen, facendo onore all'educazione imbecille dei genitori, si comporta come uno scaricatore di porto più educato. Vabbeh, in sostanza visto che il mondo "normale" le rigetta, iniziano a frequentare altre lesbiche, che o muoiono a sciami o si drogano o bevono o hanno qualche altro problema. Ovvio che la cosa dopo un po' le getta nello sconforto, quindi....ovviamente finisce in tragedia.
 Questa moda dei finali lesbici che devono terminare o con la morte di una delle due (o entrambe) o con la rinuncia di quella più innamorata, al grande amore, liberando l'altra, confusa e ancora riassorbibile dalla società etero, non muore manco adesso. Se ai gay è riservata almeno una sorte migliore no, la lesbica deve patì.
 Ecco quello che non va nella pur molto bella e apprezzabile graphic novel "Il blu è un colore caldo", disegnata e scritta dalla giovanissima Julie Maroh, francese del nord (la Francia del nord pare la nostra Lombardia, ma col mare e senza Milano). Resa famosa dal film "La vie d'Adele" che adesso andrò a vedere al cinema col patema d'animo, ti annuncia sin dalla prima pagina che ci troviamo dentro ad una tregenda in grande stile. Ed è davvero un peccato, perché la grande forza del libro sta nel modo normale, complesso, estremamente vero, in cui viene raccontata la storia adolescenziale di Clem (che nel film è appunto Adele) dalla scoperta della propria omosessualità, la cattiveria dei compagni, l'innamoramento, il primo bacio, i sogni, le speranze, la vita che arriva come una mazzata a interrompere il sogno ovattato dei quasi bambini. 
 Una storia su un periodo delicato che non ha uguali. Se la Maroh, che lo ha iniziato a 19 anni fosse rimasta in quel confine avrebbe fatto un capolavoro, invece punta alla tragedia totalizzante e alla fine del libro ti rimane un'angoscia infinita.

 Perciò, il mio giudizio su "Il blu è un colore caldo" è: 
Se siete lesbiche dovete assolutamente comprarlo. Se avete amiche, sorelle, conoscenti lesbiche dovete regalarglielo. E' comunque una bella storia e non se ne trovano tante a tematica in giro.
 Se non siete lesbiche e peggio ancora siete uomini, direi che dovreste prima dargli una letta, potrebbe folgorarvi o lasciarvi indifferenti. E' uno di quei libri di cui è difficile dire "E' un capolavoro assoluto".
 Diciamo che è "Un capolavoro tipo", di quelli che a molti piacciono e a molti no. Non è Rihanna, ma Tilda Swinton (che ad esempio, nonostante sia abbastanza ambigua da aver interpretato "Orlando" io trovo orrenda).
 E dopo questa agghiacciante similitudine, buona giornata!

6 commenti:

  1. il blu è un colore caldo. Poi c'è questa: http://www.youtube.com/watch?v=pR2ECElNRSk

    altre? :)

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  2. "potrebbe folgorarvi o lasciarvi indifferenti." Effettivamente la trama stile romanzo di formazione sembra un po' cliché...

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    1. Il clichè è la tragedia ed è un peccato perché il modo in cui è trattata la storia non lo è per niente..

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  3. Bene bene, così Tilda resta tutta per me XD (ettolitri di bava)

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    1. Noooo, l'ho sempre trovata bruttissima!!!

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    2. E' bene differenziare i gusti! Comunque, guardala in Io sono l'amore e ridillo ad alta voce... Certo, ha quella faccia un po' da marziano, ma per noi checcipiacepureX-Files che sarà mai!

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