Tra i libri che hanno fatto più piangere i miei coetanei e over, ho notato ieri una predominanza di quella narrativa ormai scomparsa, annegata tra maiali dai profili equivoci e topi con mille parenti: la letteratura da "Trauma infantile".
Non sono così vecchia, ma vuoi che le porte dell'inferno consumistico si siano spalancate un attimo dopo la mia infanzia, vuoi che i miei genitori erano magari un po' retrò in fatto di gusti libreschi, da bambina mi sono letta tutto il pantheon di tragedie che spettava adeguatamente ad un bambino del secolo scorso.
Una delle grandi hit di questo Natale è il libro di Aldo Cazzullo "Basta piangere", il quale, sebbene sia uno di quei saggi un po' divulgativi di sociologia italiana contemporanea, ha un grande pregio: invece di dire che moriremo tutti e moriremo male, ci invita a ricordarci che insomma i nostri nonni spesso facevano la fame, sono stati in guerra, morivano per malattie che ora consideriamo stupide e nella stragrande maggioranza dei casi non andavano oltre la quinta elementare. Per questo: basta piangere, alziamoci e combattiamo.
Tutta la tostezza dei nostri nonni e ormai bisnonni si ravvisa benissimo nel reparto dei classici per l'infanzia. Ieri citavo "Piccole donne crescono" con la morte di Beth, lo sventurato matrimonio di Meg e le incomprensibili scelte di vita di Jo. Ma è solo una della tremende vite e vicende sventurate narrate ai fu bambini di tutto il mondo.
FIABE TRUCULENTE:
Mia sorella piccola si ricorda ancora gli strilli per"Fiabe italiane" di Italo Calvino, un coacervo di principesse mutilate, regine malvagie, bambini divorati dalle nonne, streghe omicide. Mi ricordo in particolare una storia che causò la fine della mia carriera di narratrice di storie prenanna: una regina cattiva ha tre figli che sposano tre giovinette, poi ovviamente i figli partono per la guerra e lei che fa? Cava gli occhi alle nuore e le manda a morire in una caverna. Qui, le tre divorano i propri figli per la fame, tranne una, che non ricordo come salva la prole. Quando dopo un tot di anni i principi tornano, cercano le mogli in ogni dove e trovandole ridotte in quello stato (non ricordo se le aveva pure mutilate in altro modo, è possibile) cospargono la madre di pece e le danno fuoco.
Andersen e i Grimm (e Perrault con le sue fiabe incestuose come "Pelle
Ill. di Nadezhda Illarionova |
Per non parlare di "Storia di una madre", dove una giovane madre, si lascia cadere gli occhi in un lago, cede i suoi bei capelli, si fa trapassare il petto da spine e rovi, pur di salvare suo figlio dalla morte, per poi scoprire che la Morte stessa le sta facendo un piacere perché lo sta in verità togliendo a un destino funesto (era meglio morire da piccoli, diceva la canzone).
DRAMMI SOCIALI:
Non scomodo Dickens per il dramma sociale perché è troppo semplice (e a me personalmente, a parte "Oliver Twist" non hanno mai propinato nulla durante l'infanzia), qui si va su sottigliezze come "Pattini d'argento", "Pel di carota" e un classico di cui non riesco a ritrovare il nome che molto traumatizzò la mia infanzia. Il primo, celeberrimo, racconta le disavventure di questi due fratelli desiderosi di pattinare con meravigliosi pattini d'argento che permettano loro di vincere danarose gare per aiutare la povera famiglia, visto che il padre cadendo sul lavoro aveva battuto la testa e cambiato personalità (ovviamente diventando violentissimo e alcolista).
"Pel di carota" forse è meno famoso, ma dimostra assieme a "Anna dai capelli rossi" e "Rosso malpelo", come nascere coi capelli rossi fosse un dramma non irrilevante. Mi ricordo una vecchissima edizione che mia nonna mi rifilò e di cui non capii a lungo il senso. Il libro infatti è composto da singoli brevi episodi in cui questo Pel di Carota viene immotivatamente vessato da tutta la famiglia, diventando man mano violento, bugiardo e cattivo. Mi faceva specie lui, mi faceva specie la madre che non provava un briciolo di pietà neanche quando, esasperato dalle cattiverie altrui, il povero Pel tenta il suicidio!
Suicidio, altro che Peppa Pig. |
Ora Wikipedia mi svela che Sartre lo riteneva un testo alla base della letteratura contemporanea. Sarà.
Il classico di cui non ravviso il titolo era uno dei miei favoriti e parlava di questa bambina sola al mondo che per qualche motivo finisce a vivere nella soffitta di tre bambini ricchi. I tre ragazzini la trovano e decidono di nutrirla e nasconderla alla servitù, al padre che è ricco, ma lavora sempre ed è stanco, e alla madre che è bella, giovane, ma ovviamente patisce di qualcosa ed è in sanatorio. La storia, che adesso comprendo quanto fosse assurda, era commovente nell'umanitarismo di questi giovinetti che rubavano i biscotti da tavola e la biancheria alle domestiche per aiutare la sventurata.
I RICCHI E LA DISGRAZIA:
Il filone del ricco buono et felice, con famiglia meravigliosa che di colpo perde tutto e si rotola nella disperazione, è un campo che i nati negli anni '80 conoscono molto bene anche televisivamente. Mentre in tv Candy Candy, Georgie e Lovely Sarah affrontavano lutti, disabilità, scherno e miseria, sul comodino ci aspettavano "Il giardino segreto", "Il principe e il povero", "La piccola principessa".
Ovviamente un tripudio di orfani e umana cattiveria più potente del fuoco di mille battaglie, che comunque nulla sono al confronto del vero psicodramma familiare causa di odio profondo tra fratelli minori e maggiori: "Incompreso".
Questo padre che vedovo, ritiene il figlio ottenne adulto e vezzeggia l'ignobile figlioletto minore finché in un tripudio di tregende l'ottenne si immola per salvare il fratellino malvagio, era per
me fonte di perplessità già alle elementari. Parlava di un mondo strano con regole che non mi appartenevano. Che Heidi potesse essere prelevata da casa di suo nonno e spedita a Francoforte a fare compagnia ad una bambina in sedia a rotelle era qualcosa che non mi quadrava per niente. Alle mie richieste di "Ma perché?", gli adulti mi rispondevano: "Eh, altri tempi."
Non capivo bene, ma che non fossi figlia di un diplomatico, di un re o di un lord lo capivo benissimo, come di non essere affidata alle cure di un burbero vecchio che mi teneva lontana dalla scuola dell'obbligo, quindi mi ritenevo al sicuro. Ero anche abbastanza certa che, non essendo orfana, nessuno mi avrebbe ritirato da scuola per fare la dama di compagnia a qualcun altro.
LA MALATTIA:
Il vero protagonista di una tragedia per ragazzini se non era orfano doveva contrarre una qualche malattia e possibilmente perire. "Pollyanna" di Eleanor Hodgman Porter, una specie di martire bambina, oltre che orfana e affidata ad una zia crudele, per dire, perdeva l'uso delle gambe eppur non si scoraggiava guardando fiduciosa verso il futuro (e la medicina).
Ma se spesso si poteva guarire dalla semiparalisi c'era qualcosa che non lasciava scampo: la polmonite. Questa malattia, che mieteva sciami di vittime in libri dove bastava prendere una freddata e inzupparsi per invocare un medico troppo costoso e distratto e morire tra le braccia disperate della propria madre, mi angosciava. Vera vittima simbolo di tale tragedia è il ragazzino che perisce ne "I ragazzi della via Pàl".
C'è da dire che il ragazzino (a posteriori) defunge in modo cretino, ma il libro, al contrario di altri a me fantasiosamente lontani (come "La capanna dello zio Tom", parliamo pure di questo!) aveva qualcosa di realistico. Tra la noia della spiegazione di scienze dell'ultima ora con cui inizia il libro e i giochi sfrenati in giro, i battibecchi coi compagni e la volontà di non soccombere nella perfida gerarchia della scuola elementare, l'immedesimazione era ben più seria.
Ecco quindi affacciarsi il terrore della polmonite ad ogni santa influenza. Non degenerare! Non lasciatemi morire! Datemi la penicillina!
Ma se spesso si poteva guarire dalla semiparalisi c'era qualcosa che non lasciava scampo: la polmonite. Questa malattia, che mieteva sciami di vittime in libri dove bastava prendere una freddata e inzupparsi per invocare un medico troppo costoso e distratto e morire tra le braccia disperate della propria madre, mi angosciava. Vera vittima simbolo di tale tragedia è il ragazzino che perisce ne "I ragazzi della via Pàl".
C'è da dire che il ragazzino (a posteriori) defunge in modo cretino, ma il libro, al contrario di altri a me fantasiosamente lontani (come "La capanna dello zio Tom", parliamo pure di questo!) aveva qualcosa di realistico. Tra la noia della spiegazione di scienze dell'ultima ora con cui inizia il libro e i giochi sfrenati in giro, i battibecchi coi compagni e la volontà di non soccombere nella perfida gerarchia della scuola elementare, l'immedesimazione era ben più seria.
Ecco quindi affacciarsi il terrore della polmonite ad ogni santa influenza. Non degenerare! Non lasciatemi morire! Datemi la penicillina!
Personalmente a 10 anni non conoscevo nessuno che ne fosse stato colpito, ma che ne sai, la disgrazia è sempre in agguato.
(E voi? Qual è stato il classico per ragazzi che più ha tormentato le vostre notti?
Ieri su facebook citavano "Il lampionaio" e "La strada per Agra" ove ovviamente i protagonisti sono orfani, poveri e malati.
Vie di mezzo mai.)
Almeno da piccola mi ribellavo a quel che la società aveva in serbo per me: se mia zia insisteva per farmi leggere Piccole Donne (che noia, giuro, non ce l'ho fatta manco a dieci anni ad appassionarmi, credo che ora manco sotto tortura), il diario di Anna Frank (già meglio, ma c'è il drammone storico che sentivo molto più presente) e appunto i famigerati Pattini d'argento - ma mio padre mi attendeva al varco con Sciascia, Pirandello e Brecht già in tenerissima età - io preferivo di gran lunga Tom Sawyer e Hucleberry Finn. Aaaah cosa avrei dato per vivere avventure come le loro a bordo di una barca sul Mississippi, senza sapere dove avrei passato la notte, dove avrei mangiato e cosa mi sarebbe successo il giorno dopo! E poi Le Mille e una Notte (versione quasi integrale, ma in una pudicissima traduzione ottocentesca)
RispondiEliminaPer la favola dei cigni, la sorella deve tessere le undici tuniche d'ortica senza parlare, pena la morte dei fratelli. Viene trovata eremita in una grotta a compiere questa ingrata fatica da un principe, che ovviamente la vuole sposare e lei non può manco opporre resistenza. La suocera la detesta e la sottopone a prove impossibili che supera sempre con l'aiuto della fata che l'assiste, finchè un giorno il marito parte per una delle solite guerre e la suocera ne approfitta per cercare di farla bruciare come strega. Lei sta quasi per finire arrosto, ma non demorde dal tessere le tuniche e finisce l'ultima proprio un attimo prima che accendano il fuoco e arrivano i suoi fratelli. Lei gli lancia addosso le tuniche, loro tornano umani, ma l'ultima non era proprio finita finita e a un fratello resta un'ala di cigno. Ovviamente ora può parlare e sputtanare la suocera proprio mentre torna il principe, che guarda un po', fa giustiziare sua madre.
Adoravo quella favola :)
Come di tanto in tanto adoro leggere le fiabe italiane raccolte da Calvino e dai Grimm (anche io e moglie avevamo cominciato a leggerle ad alta voce prima di andare a dormire, ma abbiamo smesso quasi subito °_°) che hanno più valore antropologico per i relitti di mitologia che sono nascosti tra le loro pagine che come vera letteratura per l'infanzia (i nanetti di Biancaneve altro non sono che i minatori bambini di molte zone preindustriali tedesche...)
E ti dirò che quasi quasi rivaluto un po' di dramma nell'educazione per l'infanzia: cresciamo sti bambini convinti che il mondo sia un posto meraviglioso (e va bene) ma soprattutto pensando che loro siano degli idioti incapaci di capire ed elaborare la negatività. Non sono per l'ultraviolenza e il realismo splatter, ma di certo in certe storielle troppo mielose, edulcorate, falsamente buoniste c'è un eccesso di paternalismo ancora più dannoso.
Scusa il commento-fiume, oggi sono anche troppo ispirata :D
Ma no no è interessante ;) Io non so francamente se sono d'accordo a far leggere il terrificante "Pel di carota" o "Incompreso" che sono tragedie belle pesanti, Però ci sono delle vie di mezzo, tra quelli e Peppa Pig!
EliminaNo beh, certo... :D
EliminaHo letto praticamente tutto ciò che hai citato (anche io genitori molto old style: la letteratura '800esca cosiddetta "per l'infanzia" a casa mia c'è passata tutta! Compresi i sequel, e spesso in edizioni integrali). Dei nominati, credo che i più tremendi come trauma infantile siano stati "Incompreso" e "Pel di carota" (quest'ultimo, comunque, lo trovai anche molto noioso). Quello che mi procurava più raccapriccio, probabilmente, era il fatto che in questi libri il male dei bambini venisse dai loro stessi genitori 'spietati'... °_°
RispondiEliminaInvece la cosa che più mi lasciava turbata de "I cigni selvatici" era l'idea che uno dei fratelli (quello sfigato, si presume) dovesse restare tutta la vita un mezzo mostro con un'ala al posto di un braccio. E non era davvero colpa sua, poveretto...
Comunque, se vogliamo parlare di favole splatter, hai mai letto quelle di Capuana? C'è più sangue tra i suoi re e regine che in una puntata di E.R.! XD
Sono però d'accordo con chi dice che 'isolare' completamente i bambini da ogni tensione negativa e sofferenza non sia affatto formativo e risulti, alla fine, controproducente. Secondo me assistere (e inorridire) davanti alle tragedie e ingiustizie vissute dai protagonisti di quei libri aiutava anche a imparare l'empatia per il prossimo e il significato del male senza, necessariamente, doverlo vivere o vedere in prima persona. Imho tenere i bambini 'in quarantena', lontano da ogni visione del male, rischia di azzoppare loro anche, in parte, la sensibilità nei confronti della sofferenza degli altri. Poi magari sbaglio, eh...
E "Zanna Bianca" e "Il richiamo della foresta"? ok che qui si parla di cani mezzi lupi però li maltrattano lo stesso un bel po' prima che questi riescano a ritrovare la libertà e la pace dell'animo (a me piaceva un sacco sopratutto il secondo).
RispondiEliminaOra, a meno che non li racconti Geronimo Stilton con i disegni e le frasi scritte in modo particolare, non c'è verso che i bambini li leggano.
Se posso dire la mia non richiesta opinione pedagogica, i bambini di oggi non sono più stupidi di quelli di un tempo, vengono semplicemente più spesso assecondati e imbambagiati. Ripeto, non dico che si debba ancora propinare "Incompreso", ma con "Zanna bianca" e "L'isola del tesoro", possono farcela in tranquillità.
EliminaLetti tutti tranne Pel Di Carota. Anche i miei erano fissati per i classici ottocenteschi per ragazzi, la cosa più bella è che io spesso ho letto le copie che erano già passate da mio padre e dai miei zii :) una cosa però bisogna dirla: questi libri hanno instillato (almeno in me e mia sorella) un senso della tragedia non comune: quando giocavamo con le Barbie una moriva sempre o di polmonite o di tisi. O andava in bancarotta. O diventava serva di un perfido bambolotto.
RispondiEliminaIl gap con la successiva lettura per bambini l'ho poi vissuto sulla mia pelle: alternate a queste letture c'erano i libri della collana de Gli Istrici, della Salani ed il Battello a Vapore. Eppure da bambina non li percepivo come così diversi...
Non hai citato (perché non tragico) La guerra dei Bottoni, che però è quello rimasto più impresso nella mia mente.
Non hai citato (perché non tragico) La guerra dei Bottoni
Elimina"Non tragico" si fa per dire, eh! Io l'ho letto da adulta e l'ho trovato agghiacciante. In quel libro a essere gratuitamente crudeli sono direttamente i ragazzini, con degli odii e delle malvagità così feroci che mi facevano paura °_°
Comunque, lo vogliamo dire? Noi italiani abbiamo un gigantesco monumento alla sfiga e al trauma infantile: il libro "Cuore"! XD Che a me, peraltro, non è mai dispiaciuto, ma è talmente imbottito di incidenti, mutilati, morti, poveri alla fame e disgrazie varie che per leggerlo tocca fare gli scongiuri!
Stamattina, peraltro, riflettevo su ciò che avete detto di "Le piccole donne crescono" e in alcune cose non mi trovo d'accordo. Ok, la morte di Beth, e come muore, è da trauma sicuramente. Ma io non ho mai vissuto negativamente il rifiuto di Jo a Laurie e i conseguenti matrimoni di quest'ultimo con Amy e di Jo con Fritz. Anzi!
Sarà che non è che io abbia mai straveduto per Laurie, ma in effetti non ho mai visto nel prof Baher un ripiego per Jo, quanto piuttosto un amore più maturo e adulto, comunque vero e sincero (forse anche perché nei due libri successivi, "Piccoli uomini" e "I ragazzi di Jo", l'unione fra lei e Fritz appare sempre perfettamente riuscita e felice: a loro modo sono due sposi davvero ideali). Anzi, ho trovato romantica tutta la faccenda del libro che lui fa stampare, ecc. :)
Il matrimonio di Amy e Laurie è traumatico per un altro verso: trasforma lui in una sorta di mecenate paternalistico, dandy e snob e priva lei di qualsiasi picco caratteriale: l'Amy pestifera del primo libro scompare completamente in questa radiosa signora Perfettini senza più sussulti. Una noia tremenda! °_°
Quanto al matrimonio di Meg, più che di trauma infantile parlerei di dramma femminile tout court. In pratica, l'insegnamento che Meg impara da una sollecita mamma March è "Non far ruotare la tua vita intorno ai bambini e non scaricare su tuo marito i problemi che ti dà l'avere due gemmelli neonati e una casa da mandare avanti da sola. Non stressarlo inutilmente e coccolalo comunque come una sposina, sennò lui cercherà biada altrove". E tanti saluti alla dignità delle donne! Molto, molto XIX secolo (ma purtroppo sempre attuale, a sentire certuni -_-).
Ahahaha è vero, "Cuore"! Come ho fatto a dimenticare La piccola vedetta lombarda e il piccolo scrivano fiorentino??? Rimozione cosmica.
EliminaAdesso come adesso forse posso rivalutare le scelte amorose di Jo, ma all'epoca non aveva ai miei occhi nessun senso!
La faccenda del matrimonio di Meg mi terrorizzò anche all'epoca. Peraltro, non ho citato un altro libro sempre rifilatomi da mia nonna che parlava di una ragazza scalmanata mandata in collegio dal padre. Ne tornava riformata e trasformata in una perfetta signorina pronta a innamorarsi di un avvenente soldato incontrato sul treno di ritorno. Del resto, secondo il libro, a 17 anni era pure ora che una ragazza mettesse su casa! O.o
Ci sono due facce della stessa medaglia, da una parte con la scusa del "poverini rimangono shockati" vengono precluse ai bambini molte letture educative, dall'altra con la scusa del "devono crescere" vengono imposti libri come "Il Gattopardo" o "Il giardino dei Finzi-Contini", che non sono adatti alla loro età (e mi riferisco in questo caso ai ragazzini delle medie più che altro)...ma ritornare alla sfigatella "Heidi" o al caro vecchio "Tom Sawyer" è così sbagliato?
RispondiEliminaIo personalmente ricordo "Tom Sawyer" come una noia mortale. Capirei anche che un bambino provi un certo rifiuto per la drammatica "Pollyanna", ma Verne, Stevenson, per dire, raccontano grandi avventure! Io li farei leggere per forza. E anche a scuola. Sono una grande sostenitrice della lettura scolastica forzata. La scuola deve insegnare, pure a leggere cose che magari trovi orribili, ma ti aiutano a farti un gusto personale e una coscienza critica. La teoria del "Pòre stelle si affaticano" non la condivido.
EliminaSulla lettura a scuola sono d'accordo con te. Anche se c'è sempre il rischio che poi leggere venga visto più come una penitenza che un piacere (ma, diversamente, come glielo indirizzi il gusto? Com'è che non ho mai sentito tutte 'ste fisime per gli insegnanti di musica che 'impongono' l'ascolto in classe di Mozart e Beethoven? :P).
EliminaSu Tom Sawyer e Verne invece ho opinione diametralmente opposta: ho sempre adorato Tom Sawyer (mi annoia invece il romanzo su Huck Finn) e sbadigliato alla stragrande su Verne (nobile eccezione, "L'isola misteriosa").
Comunque è vero: perché non far leggere 'ste cose qui, invece che imporre a 12 anni (storia vera!) le "Lettere a Berlicche"? -_-
Questo delle letture scolastiche è un argomento molto interessante. Sappi che le tue osservazioni ti rendono la causa (e il merito) di un post al riguardo la prossima settimana!! (Huck Finn è uno di quei classici che non sono mai riuscita a finire e sì che ci ho provato varie volte. Noia mortale..)
EliminaAnch'io Verne me lo sono inflitto come una medicina, ci ho messo meeeesi a leggere Ventimila leghe sotto i mari, mentre come già detto ho adorato Tom Sawyer e Huckleberry Finn. Forse le loro mi sembravano avventure molto meno fantascientifiche (ero una bambina coi piedi per terra, pirati e viaggi lunari mi mettevano angoscia) e più realizzabili con una fuga da casa.
EliminaE' vero che a scuola per alcune cose pretendono una precocità eccessiva, ma io ricordo che a dodici anni avevo già letto sia Il Gattopardo che Il nome della rosa in maniera vorace, con beneplacito e spiegazioni paterne, mentre per esempio al liceo ricordo come una tortura immane sia i pallosissimi Promessi sposi (che avevo letto a 9) che la Divina Commedia (che comincio a trovare interessante ora ampiamente passati gli enta e fischia).
Anche io ho letto "Il nome della rosa" alle medie. Mi ricordo anche "Cime tempestose", però secondo me vale lo stesso discorso dei "Libri da leggere prima dei trenta": i libri da non leggere prima di una certa età. Ognuno è diverso per carità, ma talvolta sono gli anni che ti fanno capire il senso. "I promessi sposi" devo ignobilmente confessare che, esclusi i due capitoli della peste, che saltai alla grandissima, mi piacquero molto...
EliminaTom Sawyer è bellissimo letto a 10 anni e ancor apiù bello riletto oggi. Non è per nulla noioso e l'nvnetiva del bambino tutt'altro che vittima e tutt'altro che riformato dalla zia bacchettona che fugge sull'isolotto per vivere come un pirata con i due amici del cuore (uno schiavo e un rappresentante del più classico "white trash", quindi due freak!) o che riesce a far dipingere la staccionata agli altri facenedogli credere che sia una cosa divertentissima è geniale e realistica al tempo stesso. Ma, bon, c'è un motivo per cui mi firmo Alice Twain!
EliminaLetto praticamente tutto, Dickens compreso, mancano un paio di pietre miliari.
RispondiEliminaCome dimenticare "Senza Famiglia" o "il piccolo Alpino" (o qualunque altro libro di salvator Gotta?
Mia madre ancora ricorda la mia domanda - 30 e forse rotti anni fa - davanti ai cartoni giapponesi: "Ma perchè sono tutti orfani??"
RispondiEliminaIl libro per l'infanzia che mi ha ausato più enigmi quando l'ho letto è stato Pinocchio. Lo trovai insostenibilmente perbenista, moralista e bacchettone. Dico, a 10 anni non avrei usato questi termini, ma se penso a un testo moralista e bacchettone mi viene in mente Pinocchio. Piccole donne l'ho letto da adulta (dopo aver letto "A Long Fatal Love Chase", sempre di Alcott) e l'ho trovato un testo di sottile feminismo con belle figure di donne e di bambine a tutto tondo.
RispondiEliminaVedo solo adesso, a distanza di quasi un anno, questo divertente post. Chissà se lo leggerai mai, ma ci tenevo a dirti che il romanzo della ragazzina in soffitta è un vecchissimo testo francese che si intitola "Sette giorni in soffitta" e che ho ritrovato qualche anno fa in una collana minore, dopo averlo letto da bambina (circa sessant'anni fa) in una raccolta di riviste di mia mamma (riviste di novant'anni fa).
RispondiEliminaMa non è tragico come il tuo ricordo: i tre ricchi fratellini trovano una povera bambina orfana che si è infilata nella loro soffitta per sfuggire ai maltrattamenti della matrigna e se ne occupano utilizzando una serie di stratagemmi perché la matrigna non la scopra e non se la riprenda.
La mamma dei tre fratellini è semplicemente in vacanza col babbo. Quando tornerà capirà al volo che cosa sta succedendo (al contrario dell'ottusa bambinaia che continua a chiedersi come mai il cibo sparisca insieme agli oggetti più strani) e tutto finirà in gloria con l'adozione della bambina povera...
OMG l'ho letto anche io!!!!!! Non ricordavo il titolo!! Una tragedia, con la madre giovane bella e malata e 'sti tre ragazzini caritatevoli che sfamavano la bambina che si era rifugiata (non mi ricordo come ci fosse arrivata), in soffitta O.o
EliminaLe scene di loro che si privano del biscotto a tavola per metterlo da parte per la bimba erano strazianti.
Ne "I cigni selvatici" la principessa parla con un corvo/stregone che le dice di dover cucire i maglioni di ortica senza proferire parola con alcuno. Lei mantiene talmente bene il patto che la matrigna stava per farla condannare per stregoneria, ed il principe di cui lei si era innamorata continuava ad implorarla di dire almeno una parola per discolparsi.
RispondiEliminaSono due versioni diverse: ne I sei cigni dei Grimm, è la matrigna da sola a fare l'incantesimo e sono i fratelli a spiegare alla sorella come liberarli (possono tornare umani ogni notte per pochi minuti), e poi è la suocera che cerca di farla mettere sul rogo. Nella versione di Andersen i cigni sono undici, c'è Morgana a dirle come salvare i fratelli ed è un vescovo che cerca di farla bruciare.
EliminaSempre #nagioia cmq XDDD