Visto che siamo in un clima natalizio (anche se non ho ancora avuto il tempo di fare l'albero e non so quando ce l'avrò, sì io l'albero lo faccio, capisco che è una tradizione skandinava ke non ci appartiene o ke il consumismo delle palle di natale e degli addobbi sarà la prossima causa dell'impoverimento mondiale e magari è una tradizione un po' da sciura, ma voglio comunque continuare a farlo), tenterò in questi giorni di dare dei non richiesti consigli su cosa regalare e farvi regalare per natale e poiché la settimana scorsa ho saltato il piccolo consiglio sul piccolo libro per il piccolo tragitto, ecco che oggi vi propino ben due libri! Forza, su gioite con me!
Il primo è "Lettere alla figlia" nientepopodimeno di Calamity Jane ed. Mimesis. Dunque, questo libretto che è un gioiellino, se ne stava nascosto tra i libri dedicati agli Indiani d'America.
Come tutti saprete, in Italia esistono questi appassionati di cultura country e del vecchio west che hanno tutto un loro micromondo fatto di locali a tema, gare d'equitazione e fiere (ne fa parte per dire, il personaggio di Bentivoglio nel film di Sorrentino "L'amico di famiglia"). Anni fa, avevo un'amica il cui padre organizzava una fiera a cui costoro accorrevano in massa. Per tre giorni gruppi di ragazzi dei dintorni suonavano ballate del vecchio west conciati in modo discutibile, orde di donne si facevano trecce da squaw sotto cappelli a tesa larga, mentre gli uomini brandivano birra rimirando i loro stivali puntuti e le loro nappe e tutti dormivano in giganteschi camper parcheggiati nella fanga.
Era tutto molto surreale, lo era soprattutto il livello di convinzione cieca che i partecipanti avevano come se per tre giorni potessero davvero entrare in un mondo parallelo. Ovviamente non penso che gli appassionati del genere Indiani d'America-vecchio West (che sono molti) amino tutti cavalcare accanto ai bisonti e cuocere salsicce e fagioli accanto al fuoco, ma sicuramente se ne fate parte o se siete incuriositi dall'atmosfera, apprezzerete questo delizioso libro, così evocativo, strano e vivido da sembrare quasi un falso storico.
La cara Calamity Jane, cowgirl che proteggeva diligenze, faceva amicizia con gli indiani e combatteva i fuorilegge a fucilate, ebbe pare una figlia da un personaggio altrettanto leggendario, lo sceriffo James Butler Hickok, che chiamò Jane come lei e a cui lasciò questo piccolo pacco di lettere, scritte in un lasso di tempo che va dal 1877-1903.
Pare che Buffallo Bill sia venuto persino in Italia O.o |
In esse Calamity Jane parla esattamente del west che si vede nei film, tutto quello che si può sognare: indiani pericolosi che non la attaccano perchè la credono pazza e posseduta da uno spirito maligno, il ricordo del matrimonio (mai provato e registrato) con Hickock, folli somme di denaro vinte al gioco con cui aiutare ragazzi incontrati per strada a realizzare folli sogni a Broadway. Ci sono le notti vicino al fuoco, gli amici che muoiono e tradiscono, le donne dei paeselli sperduti nel niente che la umiliano e calunniano, le ballerine che le tendono agguati per tagliarle i capelli. C'è Buffalo Bill che la ingaggia nel suo Wild West Show e lo splendore delle notti all'aperto, accanto al fuoco a scrivere figlia lontana. Una figlia che nelle lettere è leggendaria come un personaggio de "Pirati dei Caraibi": data in affido ad una ricca coppia sempre in giro per il mondo, viaggia in continuazione per mete esotiche a bordo di uno splendido vascello ricevendo un'educazione da vera nobile.
In tutto l'arco delle lettere sembra che Calamity riesca a vederla, sotto mentite spoglie, tre volte, sempre rimpiangendo di averla data via, eppure mai pentita delle sue scelte che eppur la ridurranno semicieca e in povertà, dopo aver tuttavia vissuto una vita talmente entusiasmante da sembrare inventata.
Ho letto che molti dubitano della veridicità di queste lettere e persino dell'esistenza di Calamity Jane (nonostante foto e documenti). In numerosi passaggi Calamity dice di aver raccontato un sacco di frottole in giro per aumentare la sua leggenda e sembrare più pericolosa perché a nessuno venisse in mente di infastidirla. Parla anche del suo biografo confessando di averlo riempito di stupidaggini come decine di inesistenti matrimoni e figli sparsi per l'America. Perciò, nel caso le lettere fossero autentiche, si spiegherebbero in tal modo i molti lati oscuri della sua vicenda, compreso il dubbio matrimonio con Hickock.
Non saprei dirvi se le lettere siano vere o meno, ci saranno degli studi al riguardo che non conosco, certo è che, se lo leggerete, vi ritroverete in un secondo, da una gelida pensilina in attesa di un bus, ad un canyon polveroso, in mezzo ai coyote, a bere pessimo vino scrutando i fuochi degli accampamenti indiani all'orizzonte.
Il secondo libro che vi consiglio, costa appena 2,40 euro,ed è della piccola Ortica Editrice, una società cooperativa nata nel 2010 che ha una mission molto particolare: il loro catalogo è formato da soli libri che portino non solo ad un arricchimento spirituale, ma che siano stati scritti da autori che abbiano vissuto "vite coerenti con il proprio sentire intimo".
Ha, tra le altre, questa interessante collana intitolata "Opere da due soldi" il cui costo si aggira appunto sui due euro. Personalmente faccio la corte a "Una ragazza speciale" di Elvira Banotti e "Il monopolio dell'uomo" di Anna Kuliscioff, ma per rimanere coerenti con la vita di Calamity Jane, vi molto consiglio il racconto "Una bistecca" di Jack London.
Ricordato per "Zanna bianca" e co. Jack London ebbe una vita meno difficoltosa materialmente, ma di sicuro altrettanto avventurosa di Calamity Jane. Corrispondente di guerra e fervente socialista (se non ci credete, leggete "Il tallone di ferro" di cui parlerò in un prossimo post) scrisse questo amaro racconto ambientandolo in Australia.
Tim King è un pugile sui quarant'anni che un giorno ha voglia di una grossa bistecca. Un pezzo di carne che gli dia la forza per lavorare, continuare a combattere, sfamare i suoi bambini e rendere orgogliosa sua moglie. Quel pomeriggio ha un incontro con un giovane pugile emergente e senza quella bistecca sente di non avere le forze necessarie per farcela. Ne seguirà un incontro di pugilato appassionante, descritto nei minimi particolari, con la disperazione di uomo che si aggrappa a tutto, dai ricordi alla fatica e all'esperienza, per non cedere.
Ma la bistecca, la fame, l'appassionante incontro sul ring, non sono altro che la fantastica ambientazione per il dramma di un uomo che la società ritiene già troppo vecchio e rigetta dopo averlo consumato fino all'osso. E' il dramma di un uomo che finalmente comprende un vecchio fantasma del passato, un pugile che lui, giovane e stupido, aveva battuto riducendolo in lacrime, senza mai capire. Vi lascio l'incipit di seguito, per farvi venire la voglia della bistecca (pure se siete fricchettoni e vi nutrite di seitan) e del racconto:
"Con l'ultimo pezzettino di pane, Tom King levò dal suo piatto l'ultimo residuo di salsa, e masticò quel boccone lentamente, coscienziosamente. Quando s'alzò da tavola, si sentì turbato da un distinto senso di fame. Eppure solo lui aveva cenato. I due bambini nell'altra stanza dormivano da un pezzo, mandati a letto presto per dimenticar la cena. La moglie, che non aveva toccato cibo, stava seduta in silenzio, guardando il marito con occhi pieni di sollecitudine. Era una magra, patita popolana che però serbava ancora vestigia di grazia. La farina della salsa se l'era fatta prestare da una vicina di ripiano, e con l'ultimo penny aveva comprato il pane."
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