lunedì 12 maggio 2014

La sindrome Columbro-Cuccarini: autori che non ti aspetti di libri che non ti aspetti. Verga sceneggiatore di Centovetrine, Alcott mefistofelica e De Amicis protofemminista e non piagnone: quando la letteratura ha due facce.

Le fonti d'ispirazione della sindrome.
Avendovi ammorbata per giorni col salone del libro di Torino avrete giustamente pensato che il primo post della settimana sarebbe stato dedicato alle mie mirabolanti avventure (probabilmente identiche a quelle di decinaia di altri bookblogger ma vabbeh). Poiché ho deciso di dedicarvi un fumetto possibilmente disegnato meglio e comunque più lungo, mi cimenterò nell'impresa domani (che avrò tempo). 
 Oggi invece darò fuoco alle polveri con un post che vorrei fare un saaaaaacco di tempo: i libri che non ti aspetti da autori che non ti aspetti.
 Noi si ha questa icastica visione dell'autore bravo e buono in un certo genere, con idee precise e immutabili e vite spesso precise e spiccicate a quelle dei loro personaggi. 
 Questa sindrome da personificazione io la chiamo sindrome Columbro-Cuccarini da una mia bambinesca deviazione mentale. Pargola, avevo infatti la ferma convinzione che i due fossero sposati in ragione del fatto che presentavano tutto insieme. Confondevo, da brava infante, l'immaginazione con la realtà. Ora che infante non son più, continuo a confonderla ancora in molti campi, ma ho deciso di espiare dando agli autori mistificati quel che gli spetta.

 Quali? Ma andiamo a scoprirli!

LOUISA MAY ALCOTT:
 Ecco un'autrice che si ama identificare coi propri personaggi. Una la immagina come Jo: talentuosa e sposata a un vecchio e invece era vittima di un morboso rapporto padre-figlia e dell'oppio (e non si sposò mai). Ebbene sì, sua crinolinità, colei che fece crepare Beth per soccorrere gli infermi con la scarlattina era in verità un'oppiomane molesta che fumava a tutto andare per dimenticare la sua trista vita. Proprio come si vede nel film con Winona Ryder nelle vesti di Jo, anche lei provò a scrivere altro, oltre che di sorelle zuccherine, principalmente gialli e storie d'amore fatali, tuttavia esse non raggiunsero mai i picchi della famiglia March. Appassionata di Poe e di polizieschi, Louise sfornò torbide storie di seducenti governanti dagli oscuri segreti ("Dietro la maschera"), manipolazioni luciferine con tanto di droghe annesse ("Un moderno mefistofele"), o storie in cui frigidità vittoriane, repressione sessuale e passione estrema si fondono ("La donna di marmo"). Lungamente protofemminista, prima di diventare postbacchettonista, era figlia di due intellettuali fricchettoni che, tra le altre cose, la sottoposero ad una sorte di regime alimentare/comportamentale degno di una comune hippie. Le sue due anime scrittorie dissociate non devono poi meravigliarci.

GIOVANNI VERGA: 
La copertina merita una menzione
per la sua bruttezza.
 Prima di occuparsi di disastri contadini e di famiglie di pescatori in rovina per carichi di lupini affondati, il caro Giovanni era una star del romanzetto per signore. La mia prof di italiano delle superiori quasi si vergognava per questo sconveniente passato (manco fosse il suo) e continuava a ripeterci che Giovanni lo faceva per il denaro, per vivere la bella vita a Firenze e Milano, che insomma i soldi per le caffetterie e gli appartamenti doveva pur trovarli da qualche parte. Comprendo il suo sgomento. Tutti siamo stati vittime di "Mastro Don Gesualdo", ma in quanti conosciamo la trama di "Eros"? In questo romanzo, sciuresco sin dal titolo, un marchese donnaiolo dal nome cretino (Alberto Alberti) passa da una donna all'altra preso da passione e sensualità continua. A una certa, mette la testa a posto e sposa la classica donnina perbene: una marchesina che lo adora. Tempo pochi mesi e si stufa della donnina ributtandosi nella porcareccia. La moglie si ammala dal dispiacere e il classico amico interessato accorre a consolarla. Non succede nulla, ma basta il sospetto per far infuriare Alberto Alberti il quale fa una scenata alla moglie e se ne va, lasciandola morire di crepacuore. Improvvisamente redento, Alby si suicida. E non è niente in confronto a "Tigre reale", un romanzo dalla trama rosa talmente complessa da fare invidia agli sceneggiatori di "Centovetrine". Voglio vedere dopo aver letto questa roba come si fa a prendere di nuovo sul serio il grande impeto verista.

OSCAR WILDE E JACK LONDON: 
L'immagine del primo è quella di un dandy dedito a vari piaceri della carne, vestiti e abitudini decadenti, sostanzialmente molto individualista. Del secondo invece rimane nel cuore l'idea dell'avventuriero sui gelidi monti dell'Alaska. Entrambi scrissero invece anche di politica (London in realtà ne scrisse moltissimo). Oscar scrisse, tra altri saggi "L'anima dell'uomo sotto il socialismo" nel quale fondamentalmente rivendicava la libertà dell'artista sotto tutti gli aspetti e prendeva in analisi (con grande lungimiranza) gli effetti del capitalismo e quelli eventuali di un regime socialista. Si può dire che Wilde non parteggiasse apertamente per il socialismo poiché, in quanto artista, lo riteneva nocivo per le libertà personali, ma sicuramente lo riteneva migliore del capitalismo. Jack London invece ebbe idee politiche alquanto poliedriche, ma indubbiamente potenti. Ne "Il tallone di ferro" cerca di descrivere una distopia a finale positivo: il tallone di ferro null'altro è che il capitalismo che schiaccia i lavoratori e il proletariato e viene infine sconfutto. La storia in realtà è talmente intrisa di idealismo e descrizioni marxiste che diventa un'autentica palla. Per appassionati.

ARTHUR CONAN DOYLE: 
 Il creatore del celebre Sherlock Holmes aveva una stramba passione per l'aldilà e lo spiritismo. A lui si deve un intervento a favore del celebre caso delle Fate di Cottingley. Due ragazzine scattarono eccezionali foto ad alcune fate causando un enorme dibattito a livello nazionale: erano false o autentiche? Mandato quale giornalist, Doyle si convinse della loro veridicità e scrisse numerosi articoli che infine raccolse in un tomo dal titolo "Ritorno alle fate".
 Lo spiritismo di Doyle si riversa anche in un'altra sua opera alquanto originale: "Il nostro inverno africano" ed. Ibis. E' il resoconto con grandi descrizioni paesaggistiche, del suo viaggio in Sudafrica nel 1928. Egli vi tenne un seguitissimo ciclo di conferenze sul tema della vita dopo la morte. 
 Forse la resurrezione di Sherlock avrebbe dovuto metterci in guardia.

ALEXANDRE DUMAS: 
 L'autore de "I tre moschettieri" era, tra le altre cose, un vero buongustaio. Chissà cosa avrebbe detto del proliferare di chef in ogni dove, lui che sperò di scrivere quale ultimissimo libro un resoconto delle sue avventure culinarie e vi riuscì. Nel 1873, postumo, uscì "Il grande dizionario di cucina" in cui Dumas rievocava ricordi, consigli, viaggi e mangiate epiche, vini raffinatissimi e tremila ricette (alcune probabilmente immaginarie come le zampe di elefante) in ordine alfabetico. Ripubblicato in Italia da Sellerio è in realtà diviso in piccol spezzoni tematici, graziosi per un regalo o più leggeri per le tasche, dalla Ibis edizioni (che ho veduto ieri al salone), come "Cucina per veri amanti" o "Piatti proibiti e ricette segrete". Poi oh, se qualcuno cucina un piatto consigliato dal buon Dumas mi faccia sapere.

EDMONDO DE AMICIS:
Il creatore delle storie per ragazzini più strappalacrime della storia, ebbe anche il tempo per variare un po' e scribere una deliziosa storia d'amore e lotta al perbenismo alla fine dell'800. 
 All'alba dell'introduzione della ginnastica nelle scuole, fortemente osteggiata dai benpensanti che vedevano in essa un viatico per cosce e braccia impudicamente al vento, un esercito di prof si invaghisce della bella insegnante della nuova materia. Essa, stranamente mascolina e prestante, vive con un'altra donna (ma non pensate cose strane) e sembra votata esclusivamente alla causa, perciò, dall'alto delle sue spalle quadr,e ignora ex seminaristi conturbanti e studenti dalla mano facile. Il risultato è una storia stranamente ironica e per nulla deamicisiana. Sempre a lui si deve un ciclo di conferenze pubbliche sul tema del vino a cui partecipò anche Lombroso, noto alle masse odierne col titolo "Gli effetti psicologici del vino". Hic!

 E voi? Avete presente altri autori vittime della sindrome Columbro-Cuccarini?

8 commenti:

  1. Bellissimo post, in effetti molti autori famosi sono ricordati solo per un determinato genere.
    In questo momento mi viene in mente un racconto gotico/noir di Giovanni Verga: "Le storie del castello di Trezza", considerato dall’autore un «vero peccato di gioventù»...

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  2. Beh, Enrico Brizzi mi sembra il classico autore inquadrato con Jack Frusciante ma che in realtà scrive cose diversissime, tra la trilogia ucronica e i racconti dei viaggi a piedi che continua a fare, fino ai racconti della sua bologna.

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  3. Verga...torna alla memoria di quando a scuola obbligarono a leggerlo (I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo) assieme a Zola (L'assommoir e La Bestia umana)...un camion di mattoni era più leggero

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  4. Di Verga sapevo... ;) Né trovavo noiosa la sua produzione verista, peraltro. La concretezza della sua Sicilia aveva un suo fascino, ai miei occhi... Gli altri titoli sono stati vere sorprese, però.

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  5. Che ne dite di "Sette storie gotiche" di Karen Blixen? L'ho trovato sulle bancarelle qualche giorno fa e mi ha incuriosito perchè mi sembrava una strana associazione autore/genere.

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  6. Di London sapevo anche di un altro libro dal tono nazistoide, ossia "Guerra alla Cina": un romanzo in cui parla di un attacco preventivo contro quel paese, che con la sua crescita minaccia di dominare il mondo. La soluzione è l'accerchiamento, il bombardamento sistematico con armi chimiche e l'affondamento di tutte le navi di profughi. Brrr...

    Di Conan Doyle come scrittore del fantastico, consiglio il ciclo di romanzi del prof. Challenger, il più famoso dei quali è "Il mondo perduto", e i racconti dell'orrore. Newton&Compton ne aveva edito un cofanetto niente male.

    In genere sono affascinato dalle produzioni "minori" dei grandi autori, svelando sempre qualcosa di insolito. Per esempio le poesie giovanili di Engels, o le composizioni musicali di Nietzsche.

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  7. a me il tallone di ferro, a suo tempo, piacque :((

    allora dai, i libri "discienza" mi dici che ne pensi e che succede nella tua Lib ?

    bel post cmq, sei proprio una bella compagnia

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    1. Ho risposto proprio stanotte dove avevi postato il commento :)

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