lunedì 27 febbraio 2017

La grande noia. "Danse macabre" di Stephen King, un saggio sull'influenza dell'horror nella cultura pop di rara, sterminata noia. Tanti elenchi, poca ciccia e nessun'idea.

  Nel mio paese c'è un grosso castello.

 Non un castello grazioso e discreto, ma proprio un castello enorme con tanto di merlature tipiche delle illustrazioni dei libri per ragazzi su dame e cavalieri, edera rampicante e anche principessa annessa.
  Come se non bastasse a rendere tutto abbastanza fiabesco, c'è un lago a fare da sfondo e, dulcis in fundo, boschi a contornare il tutto.

 Insomma, in autunno e inverno o nelle mattine e serate molto umide, quando si alza una nebbia densa (non lattea come quella nordica e fortunatamente neanche così persistente perché scompare appena inizia a fare un pochino più caldo), coi corvi che svolacchiano e le istrici che tentano di indurre incidenti a catena sulla strada del lago, sembra proprio il set di un film horror.

 Dalla mia vecchia e sempre rimpianta casa, la sera potevo affacciarmi e vedere il castello lasciando andare i miei pensieri e immaginavo trame improbabili che solitamente però non mettevo nero su bianco.

 Almeno finché un anno non concepii e portai anche ad uno stato abbastanza avanzato una trama che solo successivamente avrei scoperto potesse effettivamente avere delle potenzialità come soggetto di Fulci.

 Nella mia storia un gruppo di giovani scout adolescenti con millemila intrallazzi tra loro, veniva ospitato per un fine settimana in un monastero dove malvagi frati e suore li avrebbero uccisi in modo seriale nei modi e per i motivi più disparati.

Ho visto "La casa dalle finestre che ridono"
 solo un paio di anni fa
 Come avessi potuto concepire un tale efferato mix di trash e horror, visto che neanche leggevo libri a tema, è un mistero glorioso sul quale ancora mi interrogo.

 In ogni caso  ricordo chiaramente che battezzai quel mio tentativo con un terrificante titolo: "Orallo", fusione che ritenevo davvero geniale tra "Horror" e "Giallo".

 Non lo terminai mai e siccome scrivevo a mano su quadernoni A4 non so neanche bene che fine abbia fatto.

 Questa lunga intro è per parlarvi di "Danse Macabre" di Stephen King, un saggio che, per tutta una serie di motivi, prometteva benissimo. 


Uno dei più famosi scrittori horror di tutti i tempi, ormai una ventina di anni fa, aveva scritto un saggio in cui parlava dell'influsso del tema horror nella cultura pop. 


 Quello che mi aspettavo, era una sorta di saggio in stile "On writing".

 Nel saggio sul mestiere di scrivere, di certo più maneggevole essendo dichiaratemente più personale, King raccontava di come fossero nati in lui l'universo delle sue storie e la metodologia con la quale portava avanti le sue storie.

 C'era quindi il grande affresco del Maine, luogo d'origine dello scrittore, torbido e nostalgico, così bello eppure così inquietante.

 Piccole vite che nascondono grandi orrori, dinamiche ipocrite che esplodono in un delirio di sangue e altre amenità. C'erano molti ricordi e una genuina esperienza personale che aveva però qualcosa di universale.

 Un tema quello dell'orrore nascosto nella normalità, molto forte: i paesaggi sono diversi, ma l'orrore della provincia è comune a tutto il mondo.

Quello che mi aspettavo insomma, era che King ci raccontasse di come avesse imparato a identificare i grandi temi horror della cultura pop a partire dai suoi ricordi e dal suo quotidiano (anche perché cercare di imbrigliare una materia così complessa in un solo saggio era faccenda difficile anche per un professore universitario consumato).

 Invece King, secondo me abbastanza inspiegabilmente, si avventura da parti a lui, spiace dirlo, non congeniali. In parole povere tenta il grande saggio con parole divulgative, ma si vede chiarissimamente che non è all'altezza.

"Danse Macabre" è, alla fine dei conti, un saggio estremamente superficiale ed estremamente empirico: io penso questo, io ricordo questo, a me sembra quest'altro, senza nessuna solidità a sostenere l'intero saggio.

 Non è che per forza i saggi di critica letteraria debbano essere pallose e continue citazioni di ricerche precedenti o rimandi storici, e infatti molti non lo sono. Tuttavia, non si può neanche costruire un saggio su un argomento enorme come il genere horror senza portare, anche in modo blando, anche in modo divulgativo, un sostegno filologico al riguardo.

 King si limita a riconoscere quattro archetipi da cui avrebbe avuto origine l'intero genere: dottor Jekyll e mr Hyde (ossia la parte oscura e selvaggia del singolo che prende possesso dell'uomo civilizzato e razionale), Frankenstein (ossia la hybris umana, la volontà dell'uomo di andare oltre i propri limiti e accostarsi al divino finendo solo per impazzire e creare aberrazioni), il vampiro (il dionisiaco nascosto nell'oscurità da cui siamo spaventati e al contempo sedotti) e il fantasma (la paura della morte e di ciò che nasconde).

Non a caso uno dei pochi libri che mi è venuta
voglia di leggere è "L'invasione degli ultracorpi"
che King ritiene basi tutto il terrore e la tensione
di fondo su un'allegoria della nevrosi maccartisya
 Su questa brevissima teoria iniziale, su cui non cita nessuna fonte, continua a insistere nel suo lunghissimo excursus privo di un reale senso logico.

 I capitoli infatti affrontano semplicemente lunghi e interminabili elenchi di libri e film dei quali King ha vaghi ricordi, spesso neanche pertinenti.

Gli unici capitoli che portano un qualche senso di curiosità sono quello sui radiodrammi (forse il più interessante in assoluto) e quello sugli sceneggiati tv.

 Il motivo è presto detto, King riesce a isolare, anche tramite, in questi casi, ricordi personali particolareggiati e calzanti, la grande fonte di angoscia che influenzò un'intera generazione americana: il maccartismo.

 Il costante terrore delle infiltrazioni comuniste, la caccia alle streghe (peraltro curiosamente simili al periodo storico in cui stiamo vivendo, nel quale il terrore delle infiltrazioni terroristiche regna sovrano) e il clima di sospetto generale che porta a vedere in chiunque altro un nemico, un estraneo, un alieno.

Per il resto è terra bruciata.

 Il capitolo sui film prende principalmente in esami il fattore del fascino dei trash in molti film horror di serie b e c (e qui ci sarebbe tranquillamente stata una disamina sul camp o sulla sublimazione del brutto, ma ovviamente King se ne guarda bene raccontandoci solo di come si sganasciasse dalle risate), mentre quello sui libri mostra chiaramente la sua incapacità nel maneggiare un argomento del genere.

 Non solo è un capitolo breve, ma è completamente sconclusionato: cita pochi libri, vagamente, quasi a caso, facendo di continuo riferimento ai suoi, senza un reale senso logico o una volontà di costruire un quadro coerente.

Alla fine della fiera sembrava uno di quei classici film che durano tre ore, sembra che non finiscano mai, ficcano dentro la qualunque e comunque non ti lasciano niente.

Cosa ho visto? Cosa ho letto? Perchè?

 King qui purtroppo fa quello in cui nessuno scrittore dovrebbe mai inciampare: fa perdere un sacco di tempo utile ai suoi lettori. E non va proprio bene. Mi spiace.

 Perciò, a meno che non siate dei grandissimi fan di King o del genere horror, il mio consiglio è: anche no.

Voi che ne pensate? Qualcuno lo ha letto? Ho toppato alla grandissima ed è tipo il più grande dei capolavori di King?

domenica 26 febbraio 2017

Piccolo resoconto del magico tour del Lazio. Foto e brevi pensieri dal giro Tivoli-Nettuno-Roma!

 Domani finally torno attiva (con la recensione di "Danse Macabre" di Stephen King, ebbene sì, finalmente questa settimana tornano un po' di recensioni).

 Nel frattempo, esausta dal tour del Lazio, ho deciso di compiere il grande passo e di postare su fb (e anche qui) alcune foto in cui appaio.
 Niente robe in cui poso con libri imperdibili che dovete assolutamente comprare (anche perché la mia espressione imbarazzata vi farebbe passare ogni voglia e, insomma, il libro non ha bisogno della mia faccia), ma foto prese dalle varie presentazioni
 Dopo averci pensato un po', ho deciso che era la cosa più sensata da fare ora che il libro ha iniziato a girare.

 In ogni caso, i canali privilegiati per questo genere di cose rimarranno i social, qui sul blog chi capiterà continuerà a leggere cose con un senso spero compiuto: recensioni, riflessioni, vignette e fumetti.

 I blog diario ecco, anche no.

 Detto ciò, eccovi alcune testimonianze di queste lunghe giornate.


 A Tivoli, luogo in cui ero capitata solo per le nozze di un cugino di mia madre circa 15 anni fa (e comunque non avevo visto nulla causa nubifragio), sono stata ospite di questa deliziosa piccola libreria nel centro storico provvista appunto di una porta gialla e soprattutto del giovane libraio (mio coetaneo!) Gianpiero Distratis.

 Non vorrei fare la pro loco di Tivoli, ma è davvero bella (a parte il fatto che da casa mia ci si mette una vita ad arrivare e quindi fare gitarelle non è proprio agevole) e vale una visita.





 Nettuno, un luogo dove non avevo mai messo piede prima (da casa mia saranno 150 km e 3 ore e più di mezzi pubblici, roba che ci si mette di meno a fare Roma-Milano e non scherzo, motivo per cui sono stata accompagnata dal santo editor Alessio Trabacchini). 
 Sapevo solo che era sul mare, fondamentalmente, e si è rivelata una città molto graziosa, come anche il caffè letterario Levante, molto verde e molto accogliente.

 La foto ritrae un chiaro stato di stanchezza collettiva, (siamo io, Sara Meddi de La matita rossa e la mia sorella YA) dovuto al viaggio della speranza per raggiungere la ridente località marittima.

 Devo dire che tornare in macchina facendo il giro di tutti i magici posti della provincia di Roma sud, come Aprilia o Spinaceto, è stato molto pasoliniano/felliniano.
 Da incorniciare i momenti in cui abbiamo visto un capanno completamente coperto di luminarie stile Las Vegas che rivendeva appunto luminarie e il meraviglioso alimentari indiano/rumeno.






 Tuba Bazar è una libreria romana che conoscevo già dai tempi dell'università (ma non ero mai stata nella nuova sede).
 Mio padre mi ha accompagnato in stile "lo faccio per te figlia mia, ma se potessi starei a casa a dormire sul divano", poi invece una volta al Pigneto si è esaltato e ha scoperto la movida dei giovani hipster romani, dandosi all'aperitivo.

  L'incontro a cui era presente anche Laura Scarpa è stato lungo e interessante.
 Anche in questo caso ho conosciuto un assiduo lettore del blog, prontamente individuato dal fatto che aveva ben due copie del libro e non mi era parente.

 La libreria è fantastica se siete romani e non ci siete mai andati, molto male.
 Se non siete romani e riuscite, fateci un salto, in Italia credo che sia unica nel suo genere tra un'ottima selezione di titoli, sex toys, una fantastica porta con una scultura vagina e il bel bar.

Io con Laura Scarpa



A breve le date di Marzo! Ringrazio tutti coloro che sono venuti! Ho scoperto che il Lazio è pieno di biblioteconomi!

Ps. Rileggendolo mi rendo conto che la stanchezza ha preso il sopravvento e sembra un tema delle elementari, domani giuro tornerò ai post di senso compiuto.

martedì 21 febbraio 2017

21 Febbraio 2017 presentazione del libro alla libreria La Porta Gialla di Tivoli!

 Come avrete visto, questi giorni non sto aggiornando molto il blog.

 Il motivo principale è uno: non sto avendo molto tempo. In questi giorni sono più o meno in ferie (cioè effettivamente sono in ferie, ma laboro per dare gloria al libro e al blog) e ho ben tre presentazioni nella mia terra natia: il Lazio.

 Oggi sono in quel di Tivoli, alla libreria La Porta Gialla, Via Parmegiani 10, alle ore 18:30 (nella foto è segnato 18:00, ma est un errore!).

 Ringrazio tantissimo per l'invito il libraio Gianpiero Distratis (ed Emanuele di Giacomo) e l'amabile editor del mio libro, Alessio Trabacchini che mi porgerà le regali domande.

 Accorrete numeros*!





venerdì 17 febbraio 2017

La seconda parte dell'inquietante fumettoso riassunto di "50 sfumature di nero". Cattivi senza senso, elicotteri scomparsi, docce sensuali e psicologi fuori come balconi.

Ed ecco, dopo una giornata di duro disegno, la seconda parte del fumettoso riassunto di "50 sfumature di nero".

 Quali elementi senza senso ha inserito l'autrice nella seconda metà del tomo? Quali nuovi superpoteri possiederà mr Grey? Quali cattivi che dovrebbero creare tensione, ma che non spaventerebbero neanche un topo morto sono stati inseriti?

 Tutto nell'inquietante seconda parte! (Qui la prima parte).








mercoledì 15 febbraio 2017

Il magico giro del Lazio! Tre date tre di presentazioni del verdeggiante tomo in giro per il Lazio.

Mentre tento di portare avanti la seconda angosciosa parte del fumettoso riassunto di "50 sfumature di nero", ne approfitto per postare le date delle presentazioni del libro questo febbraio.

 Sono tre, nell'arco di tre giorni e tutte nel Lazio (ma per alzare il coefficiente di difficoltà nessuna sarà vicino casa mia).
 Ringrazio tutte le librerie e accorrete numeros* amati laziali!




martedì 14 febbraio 2017

Buon San Valentino! La prima parte del tragico fumettoso riassunto di "50 sfumature di nero", tra cerette, ex psicopatiche e feste in maschera.

Ed ecco che anche quest'anno è arrivato San Valentino.

 Le coppie coppieggiano, i single malvageggiano, ansieggiano o indiffereggiano e i negozi di fiori e dolciumi fanno grandi incassi.

 Come li fa il cinema, visto che oggi, parecchia gente, passerà il San Valentino in un modo discutibile: andando a vedere "Cinquanta sfumature di nero" l'attesissimo seguito di "Cinquanta sfumature di grigio", i film tratti dai best seller che hanno mandato in fiamme le sciure di mezzo globo.

 Il primo lo avevo letto, recensito e anche fumettosamente riassunto (vi consiglio, se siete tra i fortunati che hanno ignorato l'esistenza e la trama di questo vero orrore dell'editoria contemporanea, di andare a leggere il fumetto se volete capire tutto della seconda parte) e, momento pubblicitario, potrete anche trovarlo (ridisegnato un po' più decentemente) sul mio libro.

 Ecco che oggi potrete ammirare la prima parte (la seconda dovrei riuscire a postarla venerdì) di questo libro che è scritto male, senza trama alcuna, con dei passaggi che neanche una tredicenne e, soprattutto, noiosissimo.

 Vi sto invogliando eh?
 Bando alle ciance! Ecco a voi la maggggica prima parte di "Cinquanta sfumature di nero"!








lunedì 13 febbraio 2017

Simbolismi d'oriente. Quando la porta sull'oscura trama del mondo si schiude davvero e quando no: "Vento e flipper" di un Murakami acerbo, ma lucidissimo e il troppo oscuro "La vegetariana" di Han Kang.

  All'inizio di Giugno, durante un ponte in cui Milano era praticamente deserta (cosa che mi ha insegnato a visitare tutti i posti generalmente oberati di gente, quando ci sono almeno tre giorni di impreviste ferie di seguito per i lavoratori fordisti), mi ero avventurata a visitare una mostra sul "Simbolismo".

 Era un argomento artistico di cui sapevo solo cose letterarie. L'unico accenno scolastico al riguardo veniva infatti dai poeti maledetti francesi, Baudelaire con la sua foresta di simboli o le vocali colorate di Rimbaud.

 Il mondo ha una trama di significati nascosti legati tutti assieme come una rete.

Noi semplici mortali possiamo solo intuirla istintivamente, ma il poeta veggente e l'artista più in generale ogni tanto può squarciare il buio e scorgere i legami che attraversano il mondo.

 La mostra non solo è stata splendida (dovessero replicarla da qualche parte, andateci assolutamente), ma mi ha evocato tutta una serie di riflessioni su una serie di libri che solo in quel momento, anche stupidamente, lo so, mi rendevo conto fossero altamente simbolici.
 Non sono molti gli scrittori che riescono a scrivere in questo modo e a risultare comprensibili e, uno di loro, è di certo Murakami.

 Non so se anche voi avete sempre la sensazione, leggendo le cose assurde che spesso scrive, di afferrare qualcosa di sotterraneo, di capire il senso di quello che vi sta dicendo, anche se, citando a sproposito Vasco Rossi, un senso proprio non ce l'ha.

 Perché troviamo sostenibile in un libro non fantasy che accadano cose assolutamente fantasy? Mogli che spariscono, paesi dei gatti, uomini pecora e misteriose donne dalle orecchie perfette? 

 Perché, dopotutto, qualcosa là sotto, una trama nascosta di simboli c'è, e Murakami riesce a tesserla rendendola non tanto credibile, quanto accettabile ai nostri occhi.

Orpheus, Gustave Courtois
 Siamo sempre lì, vicini ad afferrare quel qualcosa che illumini a giorno le nostre intuizioni, ma per un pelo non ci arriviamo mai. E' un gioco molto difficile da fare.

 E oggi questo piccolo recensioni tra amici è dedicato a due libri che volevo recensire da tempo, (quello di Murakami addirittura da Giugno) e che hanno in comune due cose principali: sono scritti da autori orientali e hanno un pesante carico simbolico.

 Solo che, pur essendo il secondo scritto molto meglio del primo, secondo me non ha proprio colto la famosa trama simbolica del mondo o, se pure lo ha fatto, non ha trovato davvero il modo di schiudere la porta dalla quale anche noi, che non siamo veggenti, ma comuni mortali, dovremmo riuscire a intravedere uno spiraglio di verità.

 Spero che le recensioni vi rendano chiaro di cosa stia vaneggiando, a voi!


"VENTO E FLIPPER" di HARUKI MURAKAMI ed. Einaudi:

Quando aveva trent'anni, Murakami dirigeva un jazz bar e tutto pensava fuorché a scrivere.
 Poi un giorno andò a una partita di baseball. 

D'un tratto vide una palla arrivare nella sua direzione e pensò chiaramente che doveva iniziare a scrivere.

 A casa si mise di buzzo buono, ma, non avendo mai scritto, ignorava che si stava impelagando in una grossa battaglia. 

 iniziò a scrivere in inglese e a tradurre le frasi in giapponese successivamente.
Decise allora di usare un curioso metodo per domare il fiume di parole che gli veniva da riversare disordinatamente sulla pagina:
  In questo modo riduceva all'essenziale quello che aveva da dire. Poco dopo scrisse "Ascolta la canzone nel vento" e vinse un importante concorso letterario nazionale.

 Come sanno tutti coloro che sono appassionati di Murakami, questo primo libro non era mai stato tradotto in Italia e tutti, anche per via del titolo, ci domandavamo quali meraviglie celasse.

 Finalmente l'Einaudi, la scorsa estate, ha svelato l'arcano pubblicandolo, assieme alla sua seconda opera, in un libro che li raccoglie entrambi. Come sono questi due lunghi racconti (o novelle brevi)?  Speculari e con gli stessi protagonisti.

Ma soprattutto, Murakami è stato davvero un prodigio che ha bruciato tutte le tappe dopo la sua curiosa illuminazione a base di palle da baseball volanti? Ni.

 Perché?

 Perché si vede chiaramente che, rispetto alle sue successive storie queste due novelle lunghe sono palesemente acerbe, con una scrittura che persino Carver avrebbe trovato un po' troppo minimalista e una totale assenza di trama.

 Tuttavia è stupefacente come Murakami abbia saputo distillare al primo colpo tutto il suo futuro mondo narrativo.

 In duecento pagine ci sono tutte (o quasi) le teste di morto del Murakami scrittore: i mondi paralleli, il sorcio prima che divenisse il sorcio (ebbene era un universitario ricco e svogliato), i bar, il protagonista grande lettore, grande amatore, un po' distaccato e con pochi amici, le donne misteriose, quei particolari quotidiani che poi quando vai a scavare risultano misteriosissimi (in questo caso i rarissimi e introvabili flipper).

 Murakami, a livello immaginativo, è nato come Atena dalla testa di Zeus: assolutamente completo. Non ha dovuto affrontare lunghi percorsi interiori o percorrere alcuni oscuri sentieri dell'esistenza, il suo mondo era già perfetto.

 Poi gli è servito di tempo per affinarsi e ultimamente forse ci ha preso troppo la mano perdendo un po' della sua magia (e un editor che tagliuzzasse a dovere "1Q84"), ma Murakami dentro quella palla da baseball ha visto tutto: il suo futuro, la sua vocazione e il suo mondo.
 E' uno di quei casi, che di tanto in tanto s'incontrano nelle così spesso interessanti biografie degli scrittori, in cui l'epifania letteraria di un autore sembra sbucata direttamente da uno dei suoi libri.


LA VEGETARIANA di HAN KANG ed. Adelphi:

 Gli scrittori orientali in genere mi piacciono molto. Trovo molto congeniale il loro modo semplice e scorrevole di scrivere, asciutto eppure non banale, una cosa che noi occidentali non siamo proprio in grado di fare (e quando lo facciamo viene sempre fuori qualcosa di pseudosurreale) o per forza intimista.

 La vegetariana di Han Kang si presentava con un mi letale di buonissime e cattivissime premesse.

 Buonissime perché l'autrice coreana e la traduttrice inglese erano state premiate col Man Booker International Prize, e cattivissime perché se c'è una cosa che ho capito in qualche anno sul web è che, se vuoi campare tranquillo, devi evitare alcuni argomenti e purtroppo il vegeta-veganesimo è uno di quelli. 


L'unico vero problema che ho avuto da qualcuno su questo blog è stata a seguito di un post sui libri vegani (peraltro molto tempo dopo la sua uscita).

 Per questo avevo deciso a monte che non avrei recensito la storia di Yeong-hye che mi veniva presentata come la tragica battaglia di una donna che a seguito di uno strano sogno decide di diventare vegetariana e finisce in una sorta di gioco erotico-sadico del marito che non accetta tale decisione.

 Poi l'ho letto e ho capito che il libro parlava di molte cose, ma non di regimi alimentari. 

 Io mi aspettavo una variazione sul tema de "La chiave" o de "La croce buddista" di Tanizaki, con una frattura familiare improvvisa e devastante che precipita tutte le persone coinvolte in un tragico delirio, e mi sono trovata davanti una strana storia, molto orientale, molto morbosa, molto scritta bene, molto di certo simbolica, ma anche molto che non ho capito dove è andata a parare
.
 Il libro è infatti diviso in tre macrocapitoli.

 Nel primo Yeong-hye  fa il famoso sogno e decide non solo di diventare vegana (infatti non diventa vegetariana, ma proprio vegana), ma anche di non cucinare più alimenti con base animale per il marito.

  Poiché siamo in Corea (luogo dove, a quanto pare, la scelta vegetariana viene vissuta come un'inaccettabile esaltazione dell'io del singolo rispetto alla società), quella che poteva essere una normale fonte di dibattito all'interno di una coppia, diventa una specie di caso familiare che coinvolge, fratelli, cognati e pure suoceri. 

 Infatti il marito di Yeong-hye  che l'ha sposata per avere una sorta di colf con cui fare sesso sicuro ogni tanto (che poi è stata la motivazione millenaria del matrimonio oltre ai figli legittimi che però qui non ci sono), infatti, dopo aver capito che la moglie non ha più intenzione di fare manicaretti e sesso con un mangiatore di animali, decide di riportare l'articolo avariato alla famiglia d'origine: i terribili genitori di Yeong-hye.

 Il padre di Yeong-hye in una scena degna di un film horror, tenta di ingozzare a forza la figlia e lei reagisce tentando il suicidio qualche giorno dopo. Cala il sipario.

 Il secondo capitolo appartiene al cognato di Yeong-hye, il marito della sorella, un artista fallito che trova nella cognata un po' fuori di testa (Yeong-hye  è stata in una sorta di casa di cura e ne è uscita provata) una musa e un'attrazione irresistibile. Quando viene scoperto la catastrofe colpirà nuovamente entrambi.

 Non vi racconto l'ultimo capitolo, (che ho trovato particolarmente misterioso e semina anche il concreto dubbio che la protagonista non sia vegana, ma soffra di una sorta di anoressia nervosa causata da abusi familiari, che non c'entra niente manco di striscio), se no, fosse mai che vi va di leggere quello che comunque è un ottimo libro, vi rovino la sorpresa, ma anche a distanza di settimane, nonostante io abbia cercato in tutti i modi di trovare una chiave simbolica (parla dell'istinto di sopraffazione insito dell'uomo? Di un'incapacità di affrontare la violenza familiare? Parla della parte animale che alberga in noi e ci sforziamo di domare?), nessuna mi ha veramente convinto.

 Quindi ok, ci siamo.

  Il libro non parla davvero di regimi alimentari, né della lotta del singolo contro una società che lo vorrebbe a tutti i costi diverso, ma allora di che caspita parla?
 Va bene il simbolismo, ma, ad un certo punto, bisognerebbe anche seminare qualche vago indizio interpretativo, altrimenti rimane un'ottima scrittura e un vago senso di disagio proprio dell'aver assistito a qualcosa di orribile, ma di natura incomprensibile.

 In realtà sono l'unica a non aver capito il profondissimo senso de "La vegetariana"? Se è così illuminatemi pure nei commenti!

sabato 11 febbraio 2017

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Grafici"!

 In questo sabato sera che tra gelo e stanchezza viene sacrificato sull'altare del divano, ne approfitto per postare finalmente una nuova vignetta, per promettere nuove recensioni (pare che non leggo più lo so, ma in realtà leggo e recentemente ho pure scoperto Scerbanenco che mi sta dando grandissima gioia), per preannunciare presto nuove date per le presentazioni e, per chi non mi seguisse su fb, il fumettoso riassunto (in preparazione) di "50 sfumature di nero".

 So che sembra abbia rallentato il ritmo, in realtà il post uscita libro, il laboro e annessi e connessi vari, stanno solo rubando il sacro tempo del blog.

 Mi riprenderò!
 Intanto godetevi questo Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Grafici".


 Se vi state chiedendo cosa caspita abbia risposto, non siete abbastanza internettiani o gggggiovani, perciò vi aiuto rimandandovi al video virale.

mercoledì 8 febbraio 2017

Appello con fumetto ai bibliotecari in ascolto! Come fu che mi ficcai in un casino in biblioteca e come uscirne onorevolmente. Help me!

 La settimana scorsa ho fatto un mezzo pasticcio in biblioteca, una roba che voi di certo troverete risibile, ma che mi ha dato l'ansia da quel momento.

 Poiché oggi ci tornerò (sia per il motivo indicato nel fumetto sia perché sono rimasta priva di libri da leggere, ebbene sì), ho bisogno che i bibliotecari in ascolto mi dicano come uscire onorevolmente da questa situazione.

 Contate che vado tra due ore. Help me.
E sappiate che non volevo, lo giuro.

 "Come fu che combinai un casino in biblioteca"!





martedì 7 febbraio 2017

La sostenibile claustrofobia della fiction de I bastardi di Pizzofalcone. Le differenze tra i personaggi del libro e della tv, le polemiche senza senso, quelle case stupende e una certa parentela coi fotoromanzi.

 Ho atteso il finale delle sei puntate per scrivere compiutamente questo post sulla fiction tratta dalla serie di romanzi di Maurizio De Giovanni.

 In verità, già verso la quarta puntata avrei voluto intingere la mia penna immaginaria nel calamaio immaginario, ma infine la pazienza mi ha dato ragione, sia perché l'ultima puntata pareva improvvisamente girata da un regista diverso, sia perché, all'alba della quinta c'è stata la solita polemica cretina che ogni fiction Rai deve suscitare in qualche anima bella.

 Ma ne parlerò nel finale.

 Dunque, m'è piaciuta? Insomma

Considerando che la fiction era tratta da una serie di libri che erano molto televisivi già leggendoli, mi aspettavo di meglio.

 Non c'erano infatti particolari voli pindarici o aggiustature da fare, i personaggi erano delineati molto precisamente, avevano storie personali estremamente dettagliate e addirittura ogni singolo libro sembrava già costruito come una puntata in stile "Distretto di polizia": l'indagine sul delitto, alternata a momenti personali dei singoli (poi in ogni libro, esattamente come in ogni puntata c'era più attenzione su questo o quel personaggio), il tutto alternato a un'indagine minore e, a unire tutte le puntate, una macrostoria (il frate killer).

 Invece, non si capisce se per colpa della sceneggiatura, della regia o di un concorso di cause, tutto è risultato stranamente fotoromanzesco, molto statico, immobile, come fosse girato in una sorta di teatro di posa, con alcune fugaci riprese esterne.

Ma andiamo con ordine!


 CLAUSTROFOBIA:

 A parte l'ultima puntata, tutti i delitti sono "delitti della camera chiusa". Accadono all'interno di una casa o nelle immediate vicinanze, (il cortile o il secchio della spazzatura appena fuori).

 Allora, devo dire che è apprezzabile finalmente l'esistenza di gialli ambientati al sud in cui non per forza debba esserci lo zampino della criminalità organizzata che non tutti nella capitale sbocciano i fiori del male. 
 Tuttavia, al quarto delitto tra statuine del presepe, sedie principesche, borghesi che se la tirano, domestici stranieri e mantenute nostrane, inizi a dire "Ma qualcosa di un po' diverso?".

 Anche i personaggi interagiscono solo dentro case: Ottavia e Palma si incontrano facendo il giro di appartamenti da affittare, tutte le famiglie si vedono solo a cena, Lojacono e la Piras come Alex e la Martone si devono nascondere e quindi stanno sempre chiusi in casa, persino Aragona vive in albergo e non ha amici con cui ballare in discoteca.

 Forse anche queste riprese sempre al chiuso contribuiscono alla sensazione di perenne fotoromanzo.


CASE:

 Ragazzi, invidio da morire i nostri compatrioti napoletani.

 Non c'è una sola casa in tutta la fiction che non sia grande almeno 200 metri quadri (ma possiamo anche andare sui 1000 con terrazza).

 Dal fricchettone più sfigato che lavora al bar, al poliziotto più disagiato, dall'inquilino più borghese al migrante, tutti vivono in giganteschi appartamenti con stucchi a vista, affreschi pompeiani, sedie principesche (o, in alternativa, sempre gli stessi mobili ikea) e lampadari di cristallo.

 Mia sorella a un certo punto ha ipotizzato una vena da agente immobiliare nascosta nell'animo del regista. 

 E a giudicare dalla scena in cui Palma cerca casa e visiona appartamenti dalle 6 stanze in su, benché sia solo con un cane, è un'ipotesi convincente.


I PERSONAGGI:


ROMANO (attore Gennaro Silvestro):

 Un poliziotto con la propensione alla violenza, una rabbia nascosta senza nome, introverso, che dopo aver mollato un ceffone alla moglie le fa pure stalking per mesi, in effetti non è proprio un personaggio facile da interpretare, e questo, al povero attore, ne do atto.

Tuttavia nel libro Romano aveva la grande opportunità di farci vedere la sua soggettiva:  un uomo che ricorre alla violenza perché non pensa, non riflette e non scava nella sua rabbia, che cambia solo quando è costretto a rimanere solo e a pensare alle proprie azioni, alle loro conseguenze e all'orrore che provocano. E' un percorso interessante, anche perché non cerca scusanti.

 Nella fiction il pensiero non c'è, quindi Romano, senza scene che ne svelino l'animo tormentato, sembra uno psicopatico e basta. 

 Mena la moglie, a momenti strangola un sospettato, è perennemente furioso e mostra un vago secondo d'umanità solo quando parla con un bambino (nel libro la cosa ha un senso: lui e la moglie non riescono ad avere figli, nella fiction la moglie fa solo la faccia da madonna addolorata e sta sempre muta, quindi non è dato saperlo). L'attore fa del suo meglio, ma sempre uno psicopatico continua a sembrare.


ARAGONA (attore Antonio Folletto): 

Nel libro è molto più idiota. 
 E' proprio il classico tronista mancato, che non conosce il politically correct, è raccomandato e sogna di vivere in Miami Vice. Tamarro e genuino al contempo, è pieno di pregiudizi più costruiti che reali.

 Insomma, alla fine ti sta simpatico, ma come ti sta simpatico il cugino razzista che sei costretto a sopportare a Natale.

 Nella fiction, un po' l'attore molto bravo, un po' credo la necessità di smussarlo per ovvie ragioni da tv generalista, è molto più dolce e simpatico.

  Sembra più un ragazzetto di provincia che dalla provincia vuole affrancarsi e crede che per farlo debba fingere di vivere in un telefilm americano.
 Se posso dirlo, preferisco l'Aragona della fiction.


OTTAVIA:

 Nel libro, il suo personaggio fa sostanzialmente lavoro di supporto: recuperare le informazioni online.
 Non è che prenda molta parte attiva alle azioni, però è interessante il personaggio dal punto di vista personale.

 Ha infatti un marito bello, dolce e perfetto che si prende cura del loro unico figlio, affetto, si evince, da una qualche forma d'autismo. La cosa interessante è che lei detesta la perfezione del marito e vive il figlio disabile come una gabbia, esce insomma dallo schema della moglie e madre santa.

 Ovviamente immagino che una roba del genere sia stata vietatissima in Rai, perciò il marito è stato opportunamente incattivito (insomma, 'sta donna per detestare il marito deve avere per forza un motivo valido), mentre l'amore per il figlio rimane indiscusso.

 Le è rimasta addosso solo una patina di inadeguatezza. Solo che così il personaggio rimane vuoto e, nonostante gli sforzi di Tosca D'aquino, si vede.


ALEX (attrice Simona Tabasco):

E' probabilmente il personaggio più fedele all'originale (anche se le hanno abbassato l'età di 4 anni per rendere più credibile che una poliziotta 25enne sia psicologicamente succube di due anziani e appiccicosissimi genitori, cose che comunque esistono). 

 Brava l'attrice, per niente stereotipata, molto misurata, dolce. Peccato si sia solo accennato vagamente (e probabilmente chi ha visto solo la fiction lo ha già dimenticato) al motivo per cui è stata spedita a Pizzofalcone: aveva sparato a un superiore per ragioni ignote.
Ps. Curiosa comunque la scelta di mettere tre scene di seduzione tre, tutte identiche.


PALMA (attore Massimiliano Gallo):

Bisogna dire che di tutti i personaggi dei romanzi era quello più incolore.
 Non aveva una vera e propria storia personale e, oltre a una passione per Ottavia e per il proprio lavoro, non è che mostrasse grandi particolarità.

 Non so perché, ma lo immaginavo più avvenente dell'attore che lo ha impersonato che comunque è stato bravo a donare una sua umanità almeno nei gesti quotidiani a quello che alla fine pare un personaggio di servizio; parla col questore, telefona al questore, striglia i colleghi, si confronta coi colleghi. 

Come dicevano a teatro: telefonato, telefonato.


LOJACONO:

 Hanno trovato un escamotage per far recitare a Gassman il ruolo di un siciliano (romano, ma di origine siciliana poi ritrapiantato in Sicilia). In effetti valeva la pena perché ha le phisique du role (pure gli occhi da cinese!) e si impegna. 

Si impegna così tanto che non solo tutti gli altri sembrano sottotono, ma sembra abbia la perenne volontà di uscire dalle quattro mura dove avvengono tutti i delitti. 

Della serie "Ma un inseguimento non ce lo facciamo mai?".

 La figlia era da ceffoni nel romanzo ed è da ceffoni nella serie (anzi, nella serie, forse col fatto che è più grandicella sembra quasi più simpatica).
 Il suo ondeggiare tra la ristoratrice ricciuta e la bella magistrata è da vero latin lover senza cuore, ma non mi pare in effetti che nei libri faccia diversamente.


LAURA PIRAS:

 La Crescentini purtroppo ha impersonato Corinna nell'indimenticabile "Boris" e da allora qualsiasi cosa faccia, nel bene e nel male, sembra sempre lei: l'attrice raccomandata incapace di recitare che, per compensare, carica le espressioni drammatiche.

 Stavolta, complice forse un trucco che la faceva sembrare talmente piallata da avere il filtro bellezza del Huawei incorporato, pareva Corinna magistrata.

 Poche battute, sempre con lo stesso tono sofferto e apocalittico, in pieno "Io ho gli anni che ho" (vd. il video).

 Non si capisce se il personaggio, che nei libri mi era odioso, ma almeno aveva personalità, nella serie sia meno forte o se sia lei che lo appiattisce.
  In qualsiasi caso, il castano non le dona.


PISANELLI:

 Me lo immaginavo anziano, però meno. 

 Mi sentivo quasi in colpa  a vedere un uomo di quell'età costretto a lavorare e in condizioni di pericolo: per la serie "c'è un'età in alcuni lavori in cui è giusto andare in pensione".

 Però l'attore è così bravo e gli infonde un'umanità così profonda da rendere credibili persino le scene da vero horror di serie C col frate killer che ci ammicca con sguardo da vero malvagio.

 A proposito, il frate killer nei libri era descritto come una statuina del presepe, una specie di frate incarnazione del frate che mai penseresti potrebbe torcere un capello a nessuno. Qui, porco cane, pare preso da un film di un brutto imitatore di Dario Argento.


LA POLEMICA:

 Dunque, se avessi scritto questo post una settimana fa sarei stata assai più crudele.

 Uno sceneggiato statico, quasi vecchio nella sua impostazione, poco dinamico (sono riusciti nella rara impresa di far sembrare una città vivace come Napoli una specie di compassata Torino), con qualcosa di cartolinesco nelle riprese dei luoghi splendidi e più o meno famosi.

 Invece questa settimana, qualcuno ha provveduto a ricordarci perché la Rai fa fatica a produrre fiction che non sembrino essere uscite direttamente dagli anni '50: chi ci lavora ha probabilmente le mani così legate che pure allargare lievemente le corde deve essere un'impresa sovraumana.
Tanto per farvi capire, nella seconda puntata le colpevoli sono le due anziane

 Perché in questa che credo sia la serie poliziesca meno violenta della storia, con un tasso di sesso quasi inesistente (pochissime fugaci immagini), in cui i tre quarti del personaggi non sfiorano mai le labbra di nessuno e persino il linguaggio è contenuto, ebbene c'è chi ha trovato il coraggio di gridare allo scandalo.

 Il motivo è che il personaggio di Alex De Nardo è lesbica (guarda un po' esistono), c'è, quindi un personaggio omosessuale su almeno una quindicina fissi, quindi direi che rientriamo nelle statistiche del genere umano. 

 Ebbene, c'è stata un'interrogazione alla vigilanza Rai da parte di un deputato (Lupi) sugli scandalosi baci lesbici in prima serata (che ovviamente turbano le creature di pochi anni invece per niente inquietate dagli omicidi o dalla violenza domestica a quanto pare).

 De Giovanni e Gianfelice Imparato (l'attore che impersona Pisanelli) hanno difeso a spada tratta non le scene, ma proprio il concetto: le persone omosessuali esistono, non c'è motivo di nasconderle, e non esiste un amore giusto e uno sbagliato.

 A quel punto, gratitudine per De Giovanni a parte, mi sono resa conto che è impossibile chiedere alla Rai uno sceneggiato all'altezza di Netflix o anche di Sky: quello che per gli altri è normale amministrazione, in viale Mazzini è assoluta rivoluzione. 

 Perciò, a malincuorissimo,va bene anche così.


 In tutto ciò, pare che stiano architettando una serie Rai sul commissario Ricciardi, ossia un poliziotto che vede i morti durante il ventennio fascista. 
 Parafrasando Renè Ferretti "In Italia anche le guerre puniche sono ancora un argomento scottante", ho paura di sapere cosa potrà venirne fuori.

domenica 5 febbraio 2017

Una lovelosa fan art di "La La Land"!

 Chi mi segue su fb o instagram ha già visto questo mio tentativo di imitare i fumettisti veri cimentandomi in una fan art di La La Land.
 La posto anche qui per i non amanti dei social e perché mi piace molto molto molto (sì, lo so, me lo dico da sola, non si fa).


Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Soundtrack".

 La vignetta di oggi narra le torture che normalmente infliggo a un mio povero collega che ha la sventura contemporanea di lavorare con me e di intendersene di musica.

 Io di musica non so assolutamente nulla, non ho mai studiato uno strumento musicale (alle medie eravamo così pigri che preferimmo fare tre anni di balli popolari, ho parlato qui della triste storia), e praticamente tutte le mie nozioni derivano dalle due ore di educazione musicale delle scuole medie.

 Ricordo ancora la mia insegnante di musica sull'orlo delle lacrime quando scoprì dai test d'ingresso che eravamo un mucchio di capre musicalmente analfabete: nessuno suonava niente e l'unico direttore d'orchestra che asserivamo di conoscere era Renzo Arbore (giuro, ricordo ancora la sua faccia mentre ci diceva che Renzo Arbore non era davvero un direttore d'orchestra).

 Ecco, i risultati della mia ignoranza giornalmente pesano su questo pover'uomo che però tenta di darmi qualche risposta educativa (temo con scarso successo).

 Nella vignetta potete ammirare un tipico siparietto delle domande con cui lo investo quando cambiamo il cd in diffusione in negozio e cerco di togliermi delle curiosità musicali che covo da anni.

 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Soundtrack"!


giovedì 2 febbraio 2017

Fai del bene e scordati. Tre libri e un evento per aiutare le popolazioni dell'Italia centrale colpite dal terremoto: tra lupi, Google maps, Aib e Lercio e palle rosse spaventate.

 Ci sono due cose che trovo particolarmente orrende quando succede una disgrazia, anche se alla fine della fiera potremmo dire che è solo una: la gente che parla a sproposito.


Durante i giorni del sisma e della conseguente tragedia dell'Hotel Rigopiano, social come facebook erano diventati il campo di battaglia (in realtà ormai sono diventati il campo di battaglia e di odio di tutto e tutti) di chi aveva la soluzione in tasca per una tragedia che vedeva una combo di tre metri di neve e un terremoto che aveva causato una slavina.
 Non solo, ma erano così certi di averla da insultare chiunque li avesse da obiettare a fantasiose ricostruzioni basate sul nulla.

 Altra cosa irritante a livelli memorabili erano quelli che: io non dono un euro perché chissà dove vanno a finire, meglio andare lì a spalare la neve!

 E' ovvio che tutti vorremmo dare una mano fisicamente, ma non ha senso riversarsi in massa e senza competenze in un territorio in emergenza. Quello che appunto possiamo fare noi è: donare.

 Ok, il "dove vanno a finire i miei soldi" è legittimo, ma credo che si possa anche spendere quell'oretta o due per informarsi su dove quando e perché finiranno i denari che doni all'associazione X, che reputazione ha, se pubblica rendicontazioni ecc.

 Poi certo, c'è sempre la possibilità che ti freghino comunque, ma 'sta cosa del buttare letteralmente il bambino con l'acqua sporca, non ha nessun senso.

 Perciò, tirando le fila: possono esserci tante cose che non vanno, ma ce ne sono anche molte che invece vanno benissimo.

 Se noi fossimo al posto delle popolazioni terremotate non credo ci faremmo molto con le prese di posizione di principio di qualcuno, mentre magari con soldi, viveri e libri, sì.
 Si potrebbero ricostruire biblioteche, organizzare attività per bambini, comprare pasti caldi.

 Poi oh, come si dice, ognuno se la deve vedere solo e solo con la sua coscienza e la mia, in genere, giustificazioni come "Già pago le tasse" o "Se magnano tutto" in genere non le sostiene.

 Tra le molte iniziative per la raccolta fondi ho deciso di dedicarmi ovviamente a quelle a sfondo libresco che ho trovato in giro. 
 Se ne conoscete altre segnalatemele pure (è una mia iniziativa, l'idea è venuta a me, non mi paga nessuno ecc ecc)!
 Ecco i tre libri e l'evento che ho scovato!


QUESTA NOTTE HA TREMATO GOOGLE MAPS di Michela Monferrini ed. Rrose Selavy:

 L'idea di questo post è nata in realtà da questo libro di cui ho scoperto l'esistenza una delle nefaste mattine della tragedia dell'Hotel Rigopiano leggendo Internazionale.

E' una storia che, a prescindere dalla finalità benefica, è scritta davvero bene,  (età di lettura intorno agli 11/12 anni, ma anche gli adulti la apprezzeranno tantissimo) e racconta la vicenda di Giordano (l'autrice ha voluto dare ai due ragazzini protagonisti i nomi di due dei ragazzini morti nel terremoto) che va spesso a trovare la sua amata nonna, ormai persa in lontani ricordi di gioventù.

 Assieme a lei vede in tv le terribili immagini provenienti da un'Amatrice distrutta, ma mentre Giordano assiste ammutolito, lei introietta solo la parola amata: Amatrice.

 E' in quel luogo che ha tanti nei ricordi di gioventù ed è lì che le piacerebbe tanto tornare.
 Ma Amatrice non c'è più, come esaudire il desiderio della nonna? Giordano usa Google Maps, dove tutto è ancora in piedi, bello proprio come prima di quella drammatica notte estiva.

 L'autrice, Michela Monferrini, ha detto che ha scelto di raccontare una storia di nonni e nipoti perché il terremoto del 24 agosto è stato un sisma che ha visto la morte di tanti nipoti e nonni insieme.

 Anche dalle mie parti molti hanno i nonni che vengono dall'Umbria, dalle Marche, soprattutto dall'Abruzzo (questa peculiarità degli abruzzesi che si sono riversati a Roma e provincia nei decenni passati mi ha sempre incuriosito), anche la mia nonna materna, per dire, è della Sabina.

 Perciò spesso anche molti miei conoscenti da ragazzini andavano a casa dei nonni a farsi qualche settimana lontani dal paese, a cambiare aria.

 I diritti d'autore verranno devoluti all'associazione "Amatrice - L'alba dei piccoli passi" che organizza attività culturali, ricreative e di sostegno psicologico ai bambini e ragazzi colpiti dal sisma del 24 Agosto. Introduzione di Dacia Maraini.


BUCK E IL TERREMOTO di Serena Bianca De Matteis (autoprodotto):

E' uno dei rarissimi casi (in precedenza ho fatto eccezione per un paio di graphic novel sempre con intenti benefici) in cui parlo di un libro pubblicato con self publishing.

 "Buck e il terremoto", che mi è stato segnalato nei commenti di un post precedente, è una raccolta di 18 racconti che hanno per protagonisti animali, (Buck è un lupo, scelta azzeccatissima vista la fauna del verdeggiante Centro Italia).

 L'autrice, Serena Bianca De Matteis, ha scelto che tutti i racconti avessero un messaggio positivo, di speranza, amore e solidarietà.

 In questo caso, essendo un libro autoprodotto, è l'intero ricavato che verrà donato alla Croce Rossa Italiana per la ricostruzione di Amatrice e Accumuli.

 L'iniziativa, partita dall'autrice, ha ottenuto il patrocinio dei due comuni e i bonifici vengono pubblicati sul sito www.buckeilterremoto.com.


PALLA ROSSA E IL TERREMOTO ed. Bao Publishing:

 Io non recensisco quasi mai libri per bambini perché ho scarsissime competenze nel campo, ma una delle poche eccezioni l'avevo fatta per "Palla rossa e palla blu" un bellissimo libro scritto dall'imprevedibile coppia di fumettisti Maicol&Mirco (di solito dediti a cose parablasfeme).

 Dico imprevedibile perché, almeno secondo me, era difficile persino per un autore di genere con anni di esperienza concepire le piccole e tenere storie dei due amici Palla Rossa e Palla blu che, teneri e dolcissimi, scoprono il significato dei sentimenti, della paura, dell'amicizia, della rabbia, della pace, del mondo tutto che li circonda.

 Questo grazie solamente a due piccole forme geometriche, senza alcuna pesantezza e con poche azzeccatissime frasi che riescono a isolare l'essenziale nascosto nelle cose che da adulti siamo stati bravissimi a rendere difficilissimi.

 Per aiutare le popolazioni colpite dal terremoto, hanno scritto una nuova avventura di Palla rossa e Palla blu, "Palla Rossa e il terremoto" ed. Bao Publishing.

 In che modo questo libro aiuta le popolazioni terremotate?

Innanzitutto la storia è scritta apposta per aiutare i bambini che hanno subito il trauma in prima persona.

 Racconta infatti le paure di palla rossa che, a causa del sisma, è dovuto uscire di notte da casa sua e il giorno dopo la mamma non lo manderà neanche a scuola. Se succede persino questo, allora fa benissimo a essere spaventato! E come si supera la paura? Se ne andrà prima o poi?

 Per fortuna esistono gli amici e palla blu lo aiuterà a tornare tranquillo!

 La storia, un pdf di 21 pagine si scarica qui e ha un prezzo base di 2 euro più Iva, ma ognuno potrà donare quanto vorrà.

 I soldi verranno devoluti a un gruppo di volontari in loco chiamato Brigate di Solidarietà Attiva e se siete della scuola "Sì vabbeh io dono i soldi, ma che fine fanno? Chi è 'sta gente?" potete, come segnalato sempre al link farvi iscrivere alla ml per la rendicontazione trasparente.


LERCIO E AIB:

 Quando frequentavo l'università, la scoperta del quartiere San Lorenzo a Roma (per i non laziali, esso è il quartiere adiacente all'università La Sapienza e perciò pieno di studenti) per me, che venivo dalla provincia, fu fantastica.

 Era esattamente quel genere di cosa che immagini e speri di trovare quando esci dal tuo liceo di provincia e vai scampagnando per la grande città (ci scampagnavo anche prima dell'università, ma meno frequentemente e scientemente): un posto pieno di gggggiovani studenti che trincano allegramente, fumano allegramente (non bacchettoniamo vi prego), okkupano, discutono, vanno in locali improbabili e ballano.

 La locanda Atlantide, che organizzava anche serate lgbt, era uno di quei posti dove ballavi e spendevi poco e niente. Non c'era truzzaggine e sì, eri costretto a tenerti la borsa addosso tutto il tempo, ma wow eri un universitario da cartolina!

 In questo luminoso luogo, posto in via dei Lucani 22B il 4 febbraio, ore 22, si terrà una serata di raccolta fondi per la ricostruzione della biblioteca di Amatrice.

 La serata è organizzata da Lercio, una delle pagine di satira più famose di fb che sta cercando di uscire dalle stringenti mura del social network (che dopo un po' li capisco, la faccenda diventa bella, ma ripetitiva e hai anche voglia di vedere gente in carne e ossa) portando in giro uno spettacolo che potrete vedere se accorrerete numerosi a questa maravigliosa serata.

 Per rassicurare tutti sempre sulla fatidica e angosciosa domanda: "Ommioddio chi è 'sta gente, a chi diamo i nostri soldi?!1!" do due notizie:

1) L'ingresso è LIBERO. Solo chi vorrà potrà donare quanto vorrà per la ricostruzione della biblioteca.

2) Per la prima volta da quando ho scoperto la biblioteconomia, è finalmente implicata in una cosa cool l'Aib, l'Associazione Italiana Biblioteche, che ha co-organizzato l'evento.
 Beato chi riesce ad andarci!
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