domenica 26 maggio 2019

Con i nostri migliori omaggi. I migliori (e più folli) gadget che le case editrici hanno regalato ai propri lettori: erba legale, birra, borracce, vibratori e molto altro.

 Uno degli argomenti che non ho mai (incredibilmente) affrontato su questo blog, riguarda il fantastrabilioso mondo degli omaggi che le case editrici danno, in modo assolutamente randomico e pubblicizzato solitamente male (lo dico perché raramente i clienti erano a conoscenza dei favolosi omaggi a cui avevano diritto) una tantum ai lettori che comprano uno o più libri.

 Ho avuto questa illuminazione a seguito della novità libresca più chiacchierata di questi ultimi giorni: l'erba legale data in omaggio con una collana fresca fresca d'uscita in libreria, la "Read and weed".

 Dagli articoli non sono riuscita a evincere esattamente chi sia l'editore.
 Alcuni parlano di una casa editrice ex novo chiamata "Plantasia", altri di una collaborazione tra la Nero edizioni e Plantasia, un'azienda che distribuisce erba legale (ma non è un punto fondamentale di questa faccenda).

 La collana, vendibile ai soli maggiori di diciotto anni, è composta da una serie di titoli affini al gadget allegato, come I paradisi artificiali di Baudelaire o la parte dedicata ai lotofagi dell'Odissea.

 Ovviamente, passati quei due giorni di metabolizzazione della questione, i benpensanti hanno alzato tutti gli scudi possibili, la Mondadori ha annunciato che non la venderà nelle sue librerie, come promesso in un primo tempo, e ho letto addirittura petizioni online contro "la cultura dello sballo".

 Ebbene, non attendetevi da me il pippone sulla sacra legalizzazione della maria perché personalmente non ho mai tirato manco una boccata di canna in vita mia, non è argomento che ha su di me il minimo appeal e fatico da sempre a vedercene uno, ma OVVIAMENTE questo non vuol dire che ritenga la canapa legale la cultura dello sballo o le librerie come i nuovi luoghi dello spaccio.

 In ogni caso, sperando che prima o poi qualcuno regali biscotti, cioccolata o té (ma la vedo dura per le norme della distribuzione del cibo benché confezionato), ecco a voi un rapido elenco di tutti i gadget, più o meno assurdi, che ho visto passare e spassare per la libreria e non solo.

 Siete pronti a entrare nel trip?


ERBA:

1 grammo di erbe legale per ogni libriccino della Plantasia edizioni. Per saperne di più, l'intervista all'editore al link:
 https://www.repubblica.it/cronaca/2019/05/21/news/_un_grammo_di_erba_in_omaggio_con_i_grandi_autori_la_canapa_legale_arriva_in_libreria-226860246/


BIRRA:

Prima dell'erba, venne la birra. 

Nata da una strana (strana perché è insolito vedere una casa editrice collaborare con altre realtà completamente diverse) collaborazione tra l'Iperborea e la Ceres, un paio di anni fa, vide una nuova birra nordica, la Norden, approdare in libreria.

 Il prezioso alcolico andava donato a chiunque avesse comprato un libro Iperborea.

 Omaggio vietato ai minori di 18 anni.
 Grande scorno tra i cassieri che dovendo chiedere il documento d'identità in casi dubbi si ritrovarono assurti al ruolo di buttafuori da discoteca, successo di pubblico.

Prima della famosa erba, era la campagna di gadget più originale di cui avessi memoria.
La storia è raccontata in modo esaustivo in questo articolo del post: https://www.ilpost.it/2017/05/31/pubblicita-iperborea-birra/


CERA DI CUPRA:

Come dimenticare il giveaway al limite del nonsapreineanchedefinirloforsenonvoglio che accompagnò l'uscita del libro di Amabile Giusti "Trent'anni e li dimostro".

 La trama parlava di una quasi trentenne (sottolineando quindi "una donna non più giovanissima" cit), bassa, single, che decide di lasciare il posto fisso (pazzah) senza prospettive.

Fortunatamente ha una casa da affittare (o subaffittare non si capisce) e ovviamente si trova un coinquilino maschilista ma tanto sexy.

 Lasciando perdere la discutibile trama, il top era il premio: i 10 commenti migliori su "cosa di te rivela la tua età" avrebbero avuto diritto a un kit di cera di cupra.
Lancio "Questo romanzo è più efficace di una crema antirughe".


CANOVACCI:

 Non se ne trovano quasi tracce nel web, ma il web non dimentica. Mi è difficile scordare il giveaway social lanciato dalla Garzanti in occasione del lancio de "La scuola degli ingredienti segreti". 
Il vincitore poteva pregiarsi di un omaggio di ben due canovacci.


BORSE DI TELA:

 Il regalo più frequente in assoluto.

 Non c'è casa editrice che non si sia fatta tentare dalla sacca di tela in omaggio, persino i libri di Elena Ferrante ne hanno avuta una molto cool per un periodo.

Alcune sono particolarmente robuste e belle, altre colorate, altre ancora sono di un cotone criminale che dopo un lavaggio è da buttare.

 Mediamente sono molto avvenenti, ormai vero e proprio oggetto di culto per platee di lettori che, effettivamente, aderiscono a certe iniziative solo per averle.

 Una ragazza, in occasione dell'uscita della shopper Bao Publishing di Zerocalcare, venne apposta da Firenze a Milano nella speranza di trovarla.


RACCHETTONI:

 In estate le case editrici sfoderano le loro carte migliori. 
La Salani nel 2018 (non so se ripetuto per il 2019), dava in omaggio ogni due libri un paio di racchettoni. Apprezzabile fossero di legno e non di plastica. Comunque un regalo utile anche se ingombrante in valigia.


BORACCIA:

 Immagino sull'onda del "liberiamoci dalle bottigliette di plastica", quest'anno la Garzanti ha lanciato una campagna che prevede una borraccetta, simile a quella che di solito usano i ciclisti, in omaggio. Utile se non altro.
 La mia di vetro si è drammaticamente rotta (e di solito il metallo tiene l'acqua fresca, se i miei ricordi scout non mi tradiscono).


INFRADITO:

Nel 2018 Giunti e Bompiani regalavano infradito da mare con la scritta "i lettori selvaggi sono a piede libero". Quattro taglie per le donne, due per gli uomini


QUADERNI e QUADERNETTI:

 Gadget gettonatissimo e molto amato, il quaderno/taccuino è usato frequentemente e con risultati altalenanti dalle case editrici.

 Alcune fanno proprio dei quadernetti minimal, in altri casi invece si tratta di taccuino pregevoli e pregiati.
 Nei miei ricordi il migliore rimane un taccuino della collana gli Elefanti Garzanti con la copertina in finta pelle.
Quest'inverno erano particolarmente hipster i quadernetti Iperborea.

CUSCINI MARE:

Un paio di anni fa, in estate, la Feltrinelli lanciò il cuscinetto gonfiabile da spiaggia. Utile.


TELI MARE:

In principio l'idea fu dell'Einaudi, che propose un telo mare ogni due libri. 
Citazioni di Moby Dick e Gita al Faro. Ricordo che in libreria la gente ce li chiedeva con furore e infatti da allora replicano l'impresa, persino copiata, da Feltrinelli.

 Devo ammettere però che (magari è un impressione), pur non essendo entrambi  propriamente teli mare (non sono di spugna per intenderci), mentre il Feltrinelli è davvero utilizzabile in spiaggia,  l'Einaudi sembra più una sorta di bella tovaglia (cotone davvero sottile).

  In ogni caso una tovaglia che qualsiasi lettore apprezzerebbe nella casa al mare in stile coloniale che sogna di avere mentre vive in città.


TAZZE:
Assieme alle sacche di tela, sono il regalo in assoluto più utilizzato dalle case editrici.

Sono anche particolarmente gradite visto il sacro connubio libro-tè (spero sempre diano anche té in omaggio, ma immagino ci siano problemi di una qualche natura legale).

 Molte case editrici hanno regalato tazze negli anni, gli ultimi esempi: "La tazza della gentilezza" in omaggio con 19,9 euro di libri della serie "Wonder" e la Tazza di Santa Klaus della Coccinella editore provvista di vano portabiscotti molto di moda, ma anche molto ingombrante.


CALENDARIO A STRAPPO: 

Da qualche anno la Neri Pozza regala un calendario con singoli giorni a strappo.

Una sorta di quadrotto spesso che contiene una citazione di un libro della casa editrice per giornata. Molto amato dai  clienti. Ne tenevamo uno sul bancone che i clienti più new age consultavano tipo palla dei desideri per avere risposte sulla propria esistenza.

SMALTO: 

 Il top del fashion in materia di gadget è stato raggiunto un paio di anni fa, quando, in omaggio col libro Newton, "Natale con Chanel", veniva dato uno smalto rosso fuoco della TNS Cosmetics chiamato Rosso Dania in onore all'autrice del libro Daniela Farnese.


POCHETTE:

 Per un periodo ci sono arrivati dei poveri libri contenuti in pochette di plastica trasparente fluo. Erano un'idea Sperling per unire l'utile al dilettevole durante le vacanze.


UN COSMETICO SHISEIDO:

In occasione dell'uscita della guida de La Pina "I love Tokyo", in esclusiva per IBS veniva dato in omaggio un cosmetico Shiseido e una borsetta estremamente carina.


VIBRATORE DA BORSETTA:

 In libreria si presentava come una sorta di innocua scatola rossa rettangolare sigillata con scritto Love Toys e un misterioso sottotitolo "Con un raffinato e sorprendente gadget".

 La trama racconta le vicende di una donna con un matrimonio un po' in stallo che, dopo aver perso il lavoro, decide di vendere sex toys a domicilio.

 Il gadget era a tema: un vibratore da borsetta a forma di rossetto.

 A giudicare dal silenzio di quelli che ben pensano, non deve essere mai giunta loro notizia,
Occhio non vede, bigotto non duole.


BORSE, BORSETTE E PORTADOCUMENTI:

 Di tutti i gadget omaggio mai visti in libreria, quelli della Lonely Planet sono a mio parere i migliori.

 Ogni anno regalano qualcosa di davvero utile.

 Si parte da almeno 8 anni fa, quando regalarono una borsa a tracolla molto capiente, per passare poi a un borsello impermeabile (che personalmente uso sempre in viaggio da anni) e al mini zainetto da schiena (esplorato anche da altri, tipo la De Agostini).

 Hanno regalato anche portadocumenti provvisti di bustine di integratori contro il gran caldo e quadernetti per il viaggio. I gadget belli.


TOVAGLIETTA HARRY POTTER:


I gadget di Harry Potter sono una delle cose più bramate del creato e per questo venduti a peso d'oro.

Trovarne in omaggio non è certo semplice, ma quest'inverno per un mesetto, chi acquistava due libri Salani poteva ricevere una tovaglietta per la colazione di HP in regalo.


FRISBEE: 

Da Mondolibri, nell'estate 2016, con 15 euro di libri Disney si poteva ricevere un fresbee in omaggio.


TRAVEL COMFORT KIT:

 Con le guide Marco Polo (sottomarca della Lonely Planet) è possibile ricevere un travel comfort kit composto da mascherina per gli occhi e poggiacollo gonfiabile.

BOOKATINI:

 In fiera (luogo prediletto dei gadget) la Marotta e Cafiero editrice vendono un particolare tipo di libro al buio.
Oltre al solito libro impacchettato secondo il gusto di librai e standisti e venduto alla cieca, nel pacchetto è contenuto anche un pacco di pasta con della passata di pomodoro.
Così, male che vada, vi consolate con un piatto di pasta.


SPILLETTE:

 Amate particolarmente in fiera, non se ne trovano spesso in libreria. 
Sterminato il numero delle case editrici che ne fanno uso, dalla Bao Publishing alla Eris edizioni, fino alla Minimum Fax e alla Babalibri. Particolarmente amate, per ovvi motivi, dalle case editrici di fumetti.
Segnalo la recente spilletta della neonata collana di manga Aiken della Bao, particolarmente bella.


COPERTE:

Da due anni la Feltrinelli, nel periodo invernale, regala una coperta a chi acquista almeno due libri Universale Economica.



 Voi quali gadget avete? Quali vorreste? Quali ricordate e io ho dimenticato nel mio elenco?
Testimoniate!

domenica 19 maggio 2019

Piccole recensioni tra amici! Una pessima biografia di Mary Shelley, il favoloso "Dracula e io" di Morozzi e la nuova collana manga della Bao Publishing.

Ed ecco finalmente un nuovo gruppetto di recensioni.

Visto che avevo un po' di tempo mi sono dilungata e sono ben tre: una stroncatura devasting, un super consiglio, e la recensione di una nuova collana di fumetti. Insomma, da leggere ne avrete.

 In queste ultime settimane invece sto facendo un po' fatica a trovare qualcosa che mi appassioni seriamente, devo applicarmi un po' di più nella ricerca, anche se i giorni sembrano scappare, come al solito.

 Vabbeh, capita, peccato che questa penuria sia proprio ora che è tornato novembre e si sta una bellezza a casa con la borsa dell'acqua calda sui piedi a leggere.
 Questa settimana m'impegno.
 Meglio che leggiate le recensioni.
  Let's go!

"La ragazza che scrisse Frankenstein" di Fiona Sampson ed. UTET:

 Si tratta di una recensione assai tardiva visto che ho letto questo biografia, assai malriuscita, lo scorso autunno, ma, come in quei flash in cui ti ricordi che non hai mai buttato il tupperware pieno di avanzi dello scorso mese, mi è tornato in mente che non ne avevo mai parlato.

 C'è poco da dire. La biografia di Mary Shelley raccontata da Fiona Sampson è davvero brutta aiutatemi a dire brutta.

 Sembra quasi che la scrittrice stia potentemente antipatica alla sua biografa, impegnata a descriverla come una sorta di manipolatrice che ha avuto l'inspiegabile fortuna di incappare in una delle più grandi intuizioni letterarie degli ultimi due secoli.

La Sampson ci presenta la Shelley come una ragazzina, poi donna, incostante, capricciosa, una sorta di miracolata che, giovanissima e civettuola, riesce ad accalappiare l'avvenente e talentuoso Shelley che convince a metter su una sorta di fuitina MA con sorellastra al seguito, alla quale, in tal modo, rovina la vita.

 Ben lontano dall'arrovellarsi sul come e il perché una ventenne inglese abbia potuto concepire una dei più straordinari e conturbanti incubi sulla procreazione della storia, si concentra in modo quasi teleromanzesco su tutti i vari rivolgimenti amorosi di Mary, del consorte che la tradiva pure coi sassi e della sorellastra Claire.

 La figura di Claire sembra turbare particolarmente la Sampson che credo, abbia tentato di usarla come sorta di doppio sventurato e simbiotico di Mary.

Completamente dimentica del fatto che Claire e Mary non sono due sorelle Woolf, Virginia e Vanessa, entrambe a loro modo talentuose (ovviamente una bel più dell'altra), la Sampson cerca di mostrarci Claire come vittima della terribile Mary, che con la sua volontà ferrea l'avrebbe legata al suo infelice destino, condannandola prima a cercare di sedurle il consorte e poi a diventare la stalker infelice di Byron, alla quale darà anche una figlia, Allegra, morta bambina.

 Il problema è che Claire non sembra proprio il doppio di nessuno, ma lei sì  una che si è trovata assolutamente per caso a frequentare, grazie alla sorella, alcune delle più grandi menti dei suoi anni. E' lei la miracolata senza talento che vaga a riporto della sorellastra dopo aver accettato, magari per fascinazione, magari per giovanile accecamento, a una fuga d'amore che onestamente non la riguardava.

 La Sampson diventa in breve quel che un biografo non dovrebbe essere: un giudice che si lascia andare a insinuazioni psicologiche labili, molto arbitrarie e non sostenute da nulla. 
 Cerca di farci vedere la Shelley attraverso i suoi occhi e non in modo obiettivo, concentrandosi su minuzie che sosterrebbero i suoi ragionamenti e tralasciando lunghi anni.

 Una pessima biografia che dà fastidio leggere. Cercate assolutamente altro.


"Dracula e io" di Gianluca Morozzi ed. Tea:

Gianluca Morozzi è uno di quegli autori di cui sento parlare da anni e che da anni colpevolmente decido più o meno casualmente di non leggere. Una roba del tipo "Ma sì dai ora no, dopo sì".

Il motivo principale è che non amo particolarmente le storie con scene splatter, mi disturbano proprio, anche al cinema (sopporto solo quelle dei vecchi film perché boh sembrano più finte), così cerco sempre di evitare i libri che le contengono. Limiti miei, lo so.

 E' capitato però che leggessi una recensione di "Dracula e io" su giornale e mi venisse voglia di provare a leggerlo davvero stavolta: Dracula, un serial killer, un protagonista disagiato e spiantato, fumetti, il tutto nella Bologna di oggi. Era troppo allettante per non prenderlo.

 E infatti, mille cuor per questo libro favoloso, l'esatto genere di trama che mi piacerebbe trovare ben più spesso, ma che l'editoria italiana, per motivi troppo misteriosi, non ama frequentare.

 La storia inizia quando Dracula, vampiro millenario che può nascere e morire un numero (finito) di volte, decide di tornare nella sua magione bolognese, città a quanto sembra, estremamente alchemica e vampirica.

 Il suo ritorno coincide con la strana, inquietante e violenta presenza di un serial killer incredibilmente sadico che inizia a mietere vittime, non risparmiando nessuno, bambini e donne incinte comprese.

Nel frattempo, il disagiato protagonista del romanzo, Lajos, squattrinato proprietario di una fumetteria che ha comprato coi soldi del padre, famoso romanziere alla Dan Brown ormai deceduto, vive un'esistenza passiva sbavando dietro la commessa venticinquenne del suo negozio e sperando di pubblicare un romanzo decente (prima o poi). 

 Nel suo stesso palazzo vivono i suoi migliori amici che hanno accattato per quattro spicci gli appartamenti dello stabile lasciati sfitti per anni a causa dei loro sinistri precedenti: una tranquilla donnina del palazzo, una ventina di anni prima, aveva fatto fuori tutti gli altri  inquilini perché "Glielo aveva detto la nebbia".

 Le esistenze di Lajos e Dracula si incrociano nel momento in cui il secondo decide di scovare il serial killer, reo di aver ucciso una sua storica amic*, e di aver bisogno di un aiutante umano.

 Divertente, con un ritmo incredibile, piacevolmente horror, intelligente, scritto benissimo. Uno di quei romanzi che è un piacere leggere.

 Spero nel sequel, nel prequel, nel tutto. Spero diventi una serie, una saga, un film, qualsiasi cosa!
 Mi è davvero piaciuto, se si riesce a intuire. Straconsigliato.
 Ah, vi lascio una bonus track: grazie a questo libro, pieno di chicche storiche molto gustose, ho scoperto l'esistenza di questa iscrizione (vera) bolognese di epoca medievale.
« D.M.
Aelia Laelia Crispis
né uomo, né donna, né androgino
né bambina, né giovane, né vecchia
né casta, né meretrice, né pudica
ma tutto questo insieme.
Uccisa né dalla fame, né dal ferro, né dal veleno,
ma da tutte queste cose insieme.
Né in cielo, né nell’acqua, né in terra,
ma ovunque giace,
Lucio Agatho Priscius
né marito, né amante, né parente,
né triste, né lieto, né piangente,
questa né mole, né piramide, né sepoltura,
ma tutto questo insieme
sa e non sa a chi è dedicato.
Questo è un sepolcro che non contiene alcuna salma
Questa è una salma non contenuta in alcun sepolcro
ma la salma e il sepolcro sono la stessa cosa »


Paura eh?


La nuova collana manga Bao Publishing "Aiken":

 La Bao Publishing si è lanciata, come altre case editrici italiche di fumetti, su una nuova collana dedicata ai manga. 

 Al contrario della collana della Coconino, ad esempio, in cui le storie hanno più l'aspetto della graphic novel vera e propria, i manga Bao sono dei manga manga come siamo abituati a vederli: piccolo formato, prezzo molto contenuto, e, i primi tre titoli, ci restituiscono tutto quello che vediamo abitualmente nei manga slice of life, ossia liceali, episodi autobiografici, senso del dovere nipponico, fantascienza interpretata in modo originale (almeno per noi occidentali).

 Con mia grande sorpresa, dei tre titoli, quello che mi è piaciuto di più era quello sul quale riponevo meno aspettative: "Dosei Mansion".

 Dunque "Fior di biscotto" sono una serie di racconti slegati tra loro, ma con personaggi ricorrenti che raccontano le vicende di persone che gravitano attorno alla stessa scuola: docenti e studenti in primis.
 Le storie hanno, secondo me, un andamento altalenante. Alcune sono molto graziose, altre sono un po' riviste, ma per chi ama il genere slice of life e ha superato l'età dell'adolescenza può essere una lettura molto apprezzabile.

"Henshin" è invece una raccolta di storie del disegnatore di "Kill the giants" Ken Niimura. 

Anche qui l'andamento delle storie, tutte o quasi slegate tra loro, è altalenante, anche se di sicuro è rivolto a un pubblico più adulto (non adulto nel senso che vi sono delle porconerie, ma adulto in senso di maturo).
  Alcune sono piccole perle, come la storia d'apertura e quelle autobiografiche che costellano in modo irregolare il volume.

 Ken Niimura ci racconta del suo amore per i gatti in un modo folle degno di Murakami (cosa che ormai mi fa sospettare che proprio i giapponesi abbiano un rapporto molto strano coi gatti). Desiderosissimo di possedere un gatto, decide infine di non adottare un randagio a cui si è affezionato (ma non ha mai visto) perché lo considera una sorta di gatto protettore della città, impegnato a far del bene per le strade.

E', a mio parere, il terzo titolo la vera sorpresa: "Dosei Mansion" della stessa autrice di "Fior di biscotto", Hisae Iwaoka. 

Si tratta del primo volume di una serie abbastanza breve che racconta le vicissitudini di un lavavetri spaziale.

Ebbene sì. In un futuro in cui la terra è diventata inabitabile, quel che resta dell'umanità vive in un'enorme stazione orbitante divisa in tre piani corrispondenti a tre caste. Ai piani alti vivono le persone più ricche o più dotate, e viceversa ai piani bassi. 

 Essendo la stazione spaziale coperta di vetrate, qualcuno deve pur pulirle, e qui entrano in gioco questi lavavetri spaziali che, dietro compenso, ripuliscono gli enormi vetri con perizia.
  Il giovane protagonista ha perso il padre durante un'operazione di pulizia e decide di seguirne le orme. Lì fuori inizierà a vedere cosa accade dentro le case e scoprirà che dietro ogni persona che richiede i suoi servizi si nasconde una piccola grande storia.

 Sorprendente, originale, dei tre è in assoluto quello che mi sento di consigliare di più, ma i miei son gusti ovviamente!
 Attendo con gioia il secondo volume!

lunedì 13 maggio 2019

"Relax e rehab in Grecia". Diario di una vacanza rigenerante tra pasqua ortodossa, picchi dell'aquila, viaggi in bus, insalate, tanto sonno e accidentali frattaglie

Finalmente sono riuscita a terminare l'interminabile fumetto sulle mie vacanze greche.
Mai come quest'anno ne avevo un viverrimo bisogno e devo dire che sono tornata rigenerata, segno che le ferie dovrebbero essere molte di più (ora che lavoro in ufficio, anche per me è la sagra del luogo comune)!
 Non aggiungo molto altro perché ho fatto un fumetto chilometrico se non "Grazie Grecia, ora dormo bene di nuovo!".

 "Relax e rehab in Grecia". Diario di una vacanza rigenerante.













giovedì 9 maggio 2019

Il salone del libro e la sindrome di Cornelius Caramell. Un instant fumetto (talmente instant che la questione si è già risolta) su ciò che penso di questa deplorevole e anche un po' disgustosa questione.

Volevo scrivere un post in occasione della questione del salone del libro/fasci, ma sono stata battuta dalla tempistica e dal fatto che mi ero presa un po' di giorni per decidere se andare o meno.

 Alla fine avevo deciso e, visto il tempo stringente, avevo prodotto un fumetto che ho postato iersera su fb più o meno contemporaneamente alla decisione del comitato del Salone di escludere la casa editrice fascista che, per ovvie ragioni, soprattutto in un salone dedicato a Primo Levi, non avrebbero mai dovuto metterci piede, manco con l'idea, manco per sbaglio.

 Comunque, qui lascio il fumetto che dice più o meno tutto quello che avrei voluto dire, in breve. Dovendo andare di corsa e avendolo praticamente disegnato quasi tutto in pausa pranzo sul tavolo di un locale, non è proprio una bellezza grafica, ma il concetto rimane.

 Poi, quando il salone sarà finito, farò un post un po' più discorsivo perché la questione non è chiusa, è solo iniziata. Nel bene e nel male il libro è tornato a essere un oggetto politico e non solo commerciale, una questione che ci tengo a riprendere.

 Intanto vi dico che, vista l'esclusione, sarò al Salone del Libro a vagare tra gli stand e di sicuro sabato dalle 16 alle 17 allo stand 001 edizioni.

Forse riuscirò a rimanere anche domenica, ma non garantisco. 

Ultimamente sono una vecchiarella che per mantenersi un attimo sveglia cerca di risparmiare le forze!





venerdì 3 maggio 2019

Tremate tremate le streghe son tornate! Consigli libreschi per la notte di Valpurga, l'halloween primaverile dove le streghe vanno a spasso.

Come sa chi segue questo blog e i miei social da tempo, ho una vera e incontrollata passione per Halloween.

 Non sono una che si appassiona mai a nessuna festa, ma l'estetica di Ognissanti, unita al fatto che capita nel mio mese preferito dell'anno (e nella mia stagione preferita, per me dovrebbe sempre essere autunno), unita alla mia passione per la narrativa di genere, creano una specie di cortocircuito mentale che mi fa diventare una di quelle che fa il countodown tutto l'anno come le folli che aspettano il Natale dopo da santo Stefano.

 Direte "Hai poco a cui pensare", dirò io "Qualcosa tocca pur fare per rendere la vita meno amara e monotona". E poi ognuno ha le sue passioni.

 Pur tuttavia, attendere per 12 mesi filati un unico mese e un'unica notte è un po' frustrante, così quando ho scoperto l'esistenza della notte di Valpurga ho pensato potesse essere un'ottima scusa per tirare fuori zucche, scope e ragnatele anche solo per una notte.

 Cos'è vi chiederete voi? 

 La notte di Valpurga è quella precisamente a cavallo tra il 30 aprile e il primo Maggio e, secondo il folklore tedesco e scandinavo, era la notte in cui le streghe si davano a sabba sfrenati.

 Tuttavia, prende il nome da una santa (ebbene sì, santa Valpurga) sepolta in Baviera il cui sarcofago trasuda tuttora uno strano liquido, chiamato "Olio di santa Valpurga", che avrebbe poteri taumaturgici e che le suore imbottigliano e vendono ai fedeli.

 Immagino che il miracolo sia non beccarsi la peste.

 In ogni caso, quest'anno la festa a tema stregonesco capita a doppio fagiolo visto che sono completamente drogata di "Sabrina vita da strega" (mi sono anche pentita di non aver pensato prima che avrei potuto dedicarmi a una festa a tema horror anni '80, ma ad Halloween recupererò).
 Se anche voi volete seguirmi nella mia follia, ecco alcuni consigli libreschi a tema!

Loputyn:

 Se non conoscete la fenomenale Loputyn, al secolo Jessica Cioffi, dovete recuperare subito.

 Una fumettista e illustratrice che, a mio parere, ha avuto una crescita artistica straordinaria in pochissimo tempo.

 Da ingessati fumetti vittoriani da Gothic Lolita, (anche la sua estetica personale è molto sul genere) ha trovato la sua via in un mondo popolato da streghette che incarnano perfettamente l'archetipo del femminino, potente, incomprensibile, selvaggio e consapevole.

 Le sue giovani streghe vivono a contatto con la natura, non hanno paura del sangue (neanche del proprio, specialmente durante la luna), sono giovani e sensuali, si amano tra loro e tuttavia amano misteriosi ragazzi lupo, alla luce della luna. Il loro è un mondo davvero strabiliante. 

 Di primo acchito il tutto appare come la fantasia di una fanciulla innocente amante della natura selvaggia e diventa in pochissimo tempo un'allegoria delle forze selvagge e incomprensibili (in parte, quindi, magiche) che governano gli istinti umani.

 Il tratto, soprattutto nella sua ultima opera, la più riuscita, "Francis" è spaventosamente maturato (cercatevi i suoi acquarelli su instagram, sono spettacolari) e la trama, anche se sembra esile, ha una sua originale potenza.

 In cima al monte Orfano, la giovane Metillia, è tutto, tranne che una brava strega apprendista: invece di prepararsi al suo ultimo esame da strega, perde tempo, non studia e sa già che non ce la farà.
 Tuttavia l'ultima notte prima della grande prova incontra Francis, uno spiritello che ora è volpe, ora un ragazzo volpe, ora altro.

 No, non è la storia di Cenerentola coi topini che risolvono tutto, ma una fiaba gotica dai contorni sinistri, meravigliosamente disegnata. Leggere per credere.

E seguitela sui suoi profili social, pubblica illustrazioni SPETTACOLARI.


La figlia di Dracula di Bram Stoker:

 Il racconto che mi ha svelato l'esistenza della notte di Valpurga era contenuto in una raccolta che ho comprato da Bloodbuster, una cineteca/libreria di genere in Via Casati a Milano. 
Si intitola "A cinema col mostro" e raccoglie un mucchio di chicche da cui sono stati tratti film horror (avevo anche scritto un post all'epoca). 

 Tra di loro, quando lo lessi, spuntò "La figlia di Dracula", (titolo originale "L'invitato di Dracula", ed è così che si trova ora in alcune raccolte) ed è un capitolo espunto del "Dracula" di Bram Stoker in cui il protagonista, Harker, è una sorta di protoeroina vergine e rincoglionita tipica degli Slasher.

 E' il giorno prima della notte di Valpurga e l'ignaro e sempre felicione Harker, se ne va a spasso per la campagna tedesca, tutto contento perché è bel tempo e lui può fare una scampagnata. 

 Tutti, davvero TUTTI gli dicono di tornarsene a casa perché presto calerà la spaventosa notte di Valpurga, quella in cui il diavolo esce, le streghe corrono sulle loro scope e "i morti viaggiano in fretta".
  Ma niente, incurante come un'adolescente americana bionda e vergine qualunque, lui continua nella sua gita avventata.
  Ad un tratto vede addirittura un sentiero che porta a un villaggio disabitato da quando gli abitanti avevano iniziato a notare strani cadaveri che rimanevano intatti e anche ben rosei e pasciuti nelle loro tombe. Beh! Perché non andare a dare un'occhiata? Rischierà di finire molto male.
 Scritto benissimo, involontario capostipite di un genere che adesso è appannaggio solo di ragazzine che devono rimettere a posto la morale americana. 

Molto meglio i sogni gotici e spaventosi di fine '800, così trasgressivi e immorali.


La signora del gioco di Luisa Muraro ed. La Tartaruga:

 Prima che la Muraro finisse la sua parabola nelle tristi polemiche sulla gpa, ebbe il merito di mostrarci la storia da un punto di vista femminile, all'epoca, il 1976, concetto completamente rivoluzionario. 

 La signora del gioco fa parte di questa sua produzione da recuperare: racconta i processi per stregoneria cercando di scavare attraverso uno studio meticoloso delle fonti storiche, nella vita, nelle credenze, nell'anima delle donne che gli uomini distrussero con la scusa del demonio.

 Se i documenti sono scritti infatti dagli inquisitori o chi per loro, la voce delle donne rimane comunque visibile, nelle confessioni a lungo autobiografiche, nelle fantasie estorte come confessioni che attingono a un immaginario popolare pagano che il cattolicesimo non riusciva a estirpare.

  La stessa signora del titolo è un'immaginaria creatura, una sorta di grande dea, che ricorre nei racconti di queste donne vittime di una delle più enormi, spaventosi e violente campagne di repressione e oppressione del regime patriarcale.

 Tutto ciò che veniva considerato malvagio e pericoloso nel femminile, la sessualità percepita come autodeterminazione e piacere, il sapere, il carisma, la stessa volontà di resistere alle insidie e alle richieste da parte dell'uomo dominatore e padrone assoluto, doveva essere estirpato alla radice.
 Morirono a migliaia, dopo indicibili torture, ma la loro voce resta nei documenti, basta cercarla.

A tal proposito è un interessante documento la confessione di Madeleine Bavent che fu al centro di un caso di possessione collettiva in un convento francese all'inizio del 1600.
 La sua confessione racconta una storia di umanissimi abusi che prendono la forma di demoni dell'inferno con una vittima che viene fatta passare per complice consenziente.

 E conosciamo tutte benissimo questa storia, incredibilmente contemporanea che non troviamo il modo di estirpare.

 La confessione si può trovare in Italia edita da Clichy con testo a fronte in francese "La strega. Una storia vera" di Madeleine Bavent.

Una notte sul Monte Calvo:

Per la serie c'è sempre una prima volta, ecco la recensione di una sinfonia: "Una notte sul monte Fato" di Musorskji in cui un giovane sogna un sabba sfrenato di streghe e demoni interrotto dalle campane di una chiesa che l risvegliano, in preda al terrore.

Poiché non ho praticamente nessuna competenza musicale posso solo raccontare i ricordi che sono curiosamente legati a questa sinfonia.

 La mia professoressa di musica delle medie, nei numerosi e disperati tentativi di inculcarci un po' di cultura musicale (più volte raccontati in questo blog, segno che qualcosa quella povera donna è riuscita a ottenere) ci fece ascoltare fino alla nausea questo curioso componimento.

 Non so dire perché fosse così fissata, posso solo pensare fosse colpa del film "Fantasia", un altro suo cavallo di battaglia che ci fece vedere più volte. 

 Ricordo come lo trovassi un film strano e anche parecchio inquietante, non capivo bene quello che, probabilmente rivisto da adulta, mi apparirebbe come una sorta di curioso avanguardismo.

 Credo immaginasse che un cartone animato potesse entrare nelle nostre teste di rapa e che ancor meglio potesse funzionare la parte più spaventosa, ma non tenne conto dell'oscuro terrore che quel film ci incuteva. 

 "Una notte sul monte Calvo" fu infatti il colpo di grazia. L'ascoltammo allo sfinimento e divenne seconda nel nostro personale odio solo a "La primavera" di Stravinskji che non dovevamo solo ascoltare ma ANCHE vedere in un balletto di uomini semiprimitivi che all'epoca ci sembrava noiosamente ridicolo.

 Ebbene, la notte di Valpurga è il giorno adatto per la vendetta dell'insegnante di musica: "Una notte sul Monte Calvo" risuonerà tra le stanze della mia piccola casa quale colonna sonora, anche le streghe viaggiano veloci.


E voi avete stregoneschi suggerimenti?? Intanto gli impasti per i dolci sono pronti!

mercoledì 1 maggio 2019

La trappola delle vite immaginarie. "Vita segreta della bambola solitaria", Dare Wright e l'abisso di solitudine che separa la realtà dalla finzione.

Pochi film hanno fatto più danni all'immaginario collettivo quanto "Il favoloso mondo di Amélie".

 Non tanto per il film in sé, grazioso, sognante, con una sua estetica accattivante, quanto per aver convinto molte persone che sì, la vita può essere davvero favolosa se solo tu sai coglierne il lato magico.

 Tu non lo cogli perché la vita non è (solo) favolosa e ti chiedi dove stai sbagliando nonostante il tuo tagliar frangette, portare nani da giardino in giro per il mondo e i tentativi di concupiscenza di personaggi bordeline.

 Personalmente sempre pensato che l'Amélie protagonista fosse una persona che un tempo si sarebbe definita "semplice di spirito", che riusciva però a piegare la realtà a suo piacimento, complice un contesto estremamente protetto.

 I vicini sono gentili, i piccoli commercianti anche, i colleghi, tutti si affannano per non distruggere quello che è un mondo favoloso nel senso di favolistico dove gli uccelli cinguettano, i passeri svolacchiano, le mele sono deliziose, la musica meravigliosa e i colori straordinariamente vividi.

 Intendiamoci, non penso che cercare di trasformare la propria quotidianità in qualcosa di piacevole, di piegarla ai nostri desideri, sia malvagio, dico solo che, al contempo, bisogna essere realistici, altrimenti il muro in faccia che fatalmente incontreremo non ci lascerà scampo alcuno.

 Non siamo Amélie e forse neanche Amélie è completamente in se stessa.

 E' più o meno su questa mancanza di percezione della realtà che Dare Wright, una misteriosa e celebre scrittrice e fotografa di libri per bambini, ha costruito la sua vita e la sua carriera, splendidamente raccontate in una biografia appena uscita per la E/O "Vita segreta della bambola solitaria" di Jean Nathan.

 L'autrice, una  giornalista, ricorda un giorno un curioso libro che aveva letto da bambina: "Vita segreta della bambola solitaria" che aveva per protagonista una splendida bambola, molto sola, che riceveva la visita di due orsi, papà e figlio, che decidevano di rimanere per sempre con lei.

 La storia che procedeva più o meno come un fotoromanzo, divenne famosissima e diventò una serie di venti libri, attualmente introvabili (in Italia alcuni li tradusse la Bompiani).

 La Nathan scoprì che dell'autrice, l'enigmatica fotografa e modella di origine canadese Dare Wright, non si sapeva quasi nulla.

  La rintracciò, incosciente, in una clinica e iniziò, con l'aiuto dei suoi numerosi amici, a ricostruire quella che si rivelò una strana, fragile esistenza che ebbe un'unica grande gioia e un'unica grande tragedia: sua madre Edith.

 Edith Stevenson era una quotata ritrattista canadese che sposò assai giovane un giornalista di belle e non mantenute speranze. Ebbero due figli, un maschio, Blaine, e una femmina, Dare, per poi divorziare.

 Blaine andò a vivere col padre che si risposò e morì giovane e Dare rimase con sua madre.
 I due fratelli non si rividero per vent'anni, fino a quando Dare non lo rintracciò e i due divennero attaccatissimi.

 Se Blaine ebbe una vita non comodissima, ma tutto sommato abbastanza normale, Dare divenne la bambola della madre, una di quelle persone bramose di costruire a costo di grandi sforzi, molta menzogna e molte manipolazioni, una realtà costruita da lei stessa.

 Grazie al suo lavoro riuscì a inserirsi nell'alta società e si costruì una parvenza di vita e un'immagine sociale che corrispondeva ai suoi più strenui desideri: artista famosa con figlia graziosa, entrambe perfettamente curate e vestite, viaggi, interviste, nessun nuovo amore a intralciarle l'esistenza all'orizzonte.

 Edith era in grado di manipolare la sua esistenza in modo tale da farla somigliare al suo ideale. E' una cosa che richiede una grande forza, molta fortuna e una certa dose di talento.

Aveva tutto, le serviva solo qualcuno che la aiutasse a tenere in piedi questo grande teatro dell'esistenza.

 Non volendo un nuovo marito, dopo che il primo si era rivelato un totale fallimento, scelse sua figlia, una bambina, poi ragazza, poi donna, docile, timida, molto schiva e bellissima.

 Riuscì a renderla dipendente da lei al punto che Dare, nonostante un matrimonio ormai annunciato, rinunciò per non abbandonarla, non ebbe mai altri amori e, sembra, mai amanti.
 Passò con lei ogni estate, qualsiasi momento libero, ne fece la sua confidente, aiutante, migliore amica, compagna irrinunciabile.

 Eppure qualcosa dentro Dare doveva covare, come un fuoco sotto una cenere troppo spessa, una solitudine che suo fratello e i molti buoni amici che ebbe, non riuscirono mai a riempire, tanta era la distanza che sua madre metteva tra lei e il resto del mondo.

 Riuscì a raccontarlo nei libri per ragazzi che iniziò a pubblicare in modo del tutto casuale: la protagonista era Edith (sì aveva dato alla bambola il nome di sua mamma), una meravigliosa bambola che sua madre le aveva comprato da bambina. Edith era una bambola incredibilmente sola che finalmente incontra due orsacchiotti che, nonostante numerose marachelle, decidono di non abbandonarla (il suo più grande terrore).

 La sua padroncina non appare mai, ma si sa che vivono nella casa di una donna, anch'essa invisibile, provvista di meravigliosi abiti e trucchi.

 Anche nelle agli altri libri prodotti da Dare appare questo strano conflitto tra un protagonista inchiodato a una condizione quasi di prigionia e il desiderio se non di libertà, almeno di amicizia, di compagnia che allevi una triste solitudine.

 Ed è strano leggere questa biografia in cui speri, proprio come accadrebbe in un buon romanzo, che accada qualcosa a cambiare la vita della protagonista, a trarla dalle grinfie troppo amorose e interessate di sua madre, a renderla finalmente una bambola meno solitaria, ma non succede niente, proprio come non succede niente di salvifico in troppe vite.

 Può accadere che qualcosa si metta in moto contro la nostra volontà, ma è assai più probabile e fortunoso che la nostra sorte cambi se lo desideriamo noi per primi.

 Dare non desidera mai, vive attraverso sua madre, rimane allo stadio di bambola che gioca con altre bambole per tutta un'intera esistenza che avrebbe potuto essere assai più luminosa e grandiosa.

 Era bellissima, era talentuosa, era intelligente, ma era intrappolata nella vita ideale di qualcun altro, nel set cinematografico perpetuo di qualcuno che aveva messo ogni cosa al suo posto per vivere in un'enorme finzione.

 Edith visse mentendo fino alla fine, dopo la sua morte la vita di Dare divenne terribile.
 Chiuso il grande teatro in cui era rinchiusa dalla nascita, si ritrovò in una realtà che non conosceva davvero e che rimase incapace di affrontare fino alla fine dei suoi giorni.

 Ecco cosa succede alle vere Amélie.

 Amo sempre leggere le biografie, se ben scritte, si riesce quasi sempre a rintracciare il momento esatto in cui una vita che era avviata in un certo modo finisce per deragliare nel bene e nel male o per rimanere incredibilmente identica e monotona.

 In tutti e tre i casi c'è sempre un evento scatenante, un amore non corrisposto, finito, oppure un grande amore mai arrivato, un matrimonio, una morte, dei figli.

 E' affascinante immaginare le possibilità, interrogarsi su ciò che noi avremmo fatto e, in alcuni casi, come quello di Dare, soffrire per tanta vita sprecata.

 Ma anche vero che è un gioco impossibile, la vita che viviamo è sempre e solo una summa di tutto ciò che ci è accaduto. Se Dare si fosse sposata forse sarebbe stata felice o forse sarebbe morta di parto e non avrebbe mai scritto i suoi libri, forse avrebbe divorziato dopo pochissimo, forse, forse, forse, forse sarebbe accaduto tutto e niente.

 Non ci sono seconde possibilità né vite che si possano vivere per interposta persona o bambola, e la storia di Dare, magnificamente scritta e riportata con estremo rispetto, lo insegna con una precisione e una forza davvero straordinarie.

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