mercoledì 31 agosto 2016

Cartoline dal Portogallo. Fumetti reportage sul magico paese lusitano, a partire dal cibo aglioso e coriandoloso. "Lumache, Caracois, Frattaglie e altre storie", un fumetto di cibo, astute nonne laziali e ricordi.

Come ormai ci ho tenuto a dirvi in abbondanza, ho fatto una bellissima vacanza di due settimane in Portogallo.

Evora
Stranamente poco turistico, è un luogo da "confini dell'impero", in cui la psicosi del terrorismo sembra se non inesistente, di sicuro ridimensionata, e mette in evidenza con quanta ansia ormai viviamo.

 Inoltre è un luogo luminoso, senza afa, coloratissimo, pieno di anziani, che costa come l'Italia quindici anni fa ed ha ovunque paesaggi meravigliosi.

 Prima di andare a marzo a Lisbona, avevo un'idea del Portogallo come un luogo un po' decadente, probabilmente pregiudiziata dalla sua appartenenza ai famosi Pigs. In realtà non lo è per nulla.

Cabo Sao Vicente
 Si nota come sia meno ricco dell'Italia, ma in verità dà un'impressione di sobrietà ed essenzialità. 

 Non c'è il troppo, ma c'è tutto quello che serve: ad esempio mezzi non ultimo modello, ma sempre in orario, con tariffe basse e pulitissimi. 

 Perché il Portogallo da quel punto di vista dà l'idea di una Svezia mediterranea: tutto pulito (pure i mercati), persone disponibilissime ma non chiassose (non che ci sia qualcosa di male ad esserlo, anzi io lo sono, ma probabilmente mi è saltato agli occhi perché immaginavo avessero questo tratto in comune col resto dei popoli mediterranei) e rispettose di ogni fila persino quando si tratta di mettersi in coda per aspettare il bus che passerà mezz'ora dopo.


 Vorrei davvero dirvi quante cose bellissime ci siano in Portogallo, tra cui spiagge degne della Sardegna a 40 km da Lisbona praticamente deserte, ma rischierei di scrivere uno di quegli insopportabili resoconti di viaggio che non leggo mai neanche io.

Tutte le foto sono mie e no, non ho modificato questa foto
 Così, anche se lo so che è un bookblog e queste cose non dovrei farle, ho deciso che nel corso dell'autunno, pubblicherò alcune "Cartoline dal Portogallo" per raccontarvi un po' la mia troppo breve esperienza lì.

 Magari l'anno prossimo, il dipartimento del turismo portoghese mi fa un bonifico, chissà.

 Inizio con il cibo, soprattutto con la loro inaspettata passione per le lumache, cibo che ho mangiato pochissime volte moooolti anni fa.

 La cosa mi ha preso un po' la mano coi ricordi d'infanzia, ma vedrete.

 "Lumache, caracois, frattaglie e altre storie" nello sbavoso e antennoso fumetto di oggi!













lunedì 29 agosto 2016

Le regole di Bechdel e un procelloso polpettone. "L'isola dei cacciatori di uccelli" di Peter May, un giallo (?) virile che pare un fotoromanzo tra disgrazie, morti, tradimenti, figli segreti e poveri uccelli dalla carne tenera.

 Forse non molti conosceranno le cosiddette "Regole di Bechdel".

 Alison Bechdel è una fumettista americana autrice della meravigliosa graphic novel "Fun home" e di una longeva serie purtroppo tradotta in Italia solo in minima parte, "Dykes" che narra le vicende di un gruppo di amiche lesbiche e bisessuali nel corso di trent'anni.

 In una delle tavole più famose, due delle protagoniste escono dalla visione di un film e discutono della solita scarsa  presenza femminile nel film.
 Essendo la faccenda assai ricorrente, una rivela di aver creato tre regole minime che un film dovrebbe superare per essere visto, ossia quelle passate alla storia come "le regole di Bechdel".

Quali sono?

1) Nel film ci devono essere almeno due personaggi femminili di cui si conosca il nome.

2) Le due donne di cui si conosce il nome devono parlare almeno una volta tra di loro.

3) Ciò di cui queste due donne parlano quando si incontrano non deve avere a che vedere con altri personaggi maschi.

 Provate ad adattarle ai film che avete visto (e a fare l'esercizio a sessi invertiti) e vedete quanti li superano.
 Coi libri, bisogna dirlo, va un po' meglio, ma non sempre, specialmente quando ci troviamo al cospetto della narrativa di genere (in proposito bisognerebbe fare a Martin un monumento vista la gigantesca presenza femminile nei suoi fantasy), non ultimi i gialli.

Se l'investigatore è uomo farà misteriosamente parte solo di commissariati maschili, avrà solo informatori maschi, aiutanti maschi, confidenti maschi e le uniche donne che incontrerà saranno in genere avvenenti indagate o morte stecchite. 

 Capisco che immaginare le trame a tavolino per parità di genere non ha alcun senso logico, ma bisognerebbe se non altro rispettare le statistiche. 

 Sarebbe come girare solo film o scrivere libri con attori e personaggi bianchi quando il 25% della popolazione è di colore: possibile mai che i protagonisti incontrino magicamente solo caucasici? Succede anche questo lo so.

 Questo ragionamento nasce dalla lettura di un giallo che mi ha lasciato molto perplessa: "L'isola dei cacciatori di uccelli" di Peter May, libro che ha due pregi e infiniti difetti.

 Pregio 1: E' scritto in modo da farti arrivare alla fine nonostante la trama.
 Pregio 2: Descrive un mondo a me ignoto, quello dell'isola di Lewis, sperduta nel gelido mare scozzese, in balia di preti protestanti estremisti e di una povertà estrema.
 Fine.

 Per il resto la trama, a mio parere, non lo rende neanche un vero giallo quanto una sorta di feuilleton in salsa virile.

Isola di Lewis
 Ma parliamo della trama, nella quale, appaiono tre donne e mezzo (due mogli, una figlia e una zia nel passato) e qualche decina di uomini, in una statistica che forse esiste nel popolo dei nani dei mondi fantasy, dove le nane donne sono rare come i quadrifogli.

 Il bellissimo (come viene ripetuto di continuo) ispettore Fin MacLeod vive a Edimburgo dove un tizio ha sbudellato (termine forte, ma calzante) un suo concittadino in modo particolare. 

 Mentre Fin sta indagando, un'auto pirata uccide il figlio dandogli un motivo per mollare la moglie per la quale  non avrà un pensiero né un rimpianto per l'intero libro.

 Poiché non si può stare a casa a lutto per sempre, il suo capo lo spedisce sull'isola di Lewis a indagare su un secondo omicidio che sembra identico al primo.

 Fin che è originario di quei luoghi procellati dalle tempeste e dalla chiesa protestante, dove a quanto pare vivono solo uomini perennemente intenti in qualche mansione virile, torna lì a malincuore.

 Molte cose ha lasciato in quei luoghi o sarebbe più esatto dire che ci ha lasciato una lunga sequela di disgrazie.

 Lì, dopo un'autopsia da voltastomaco dettagliatissima (e tu dici, vabbeh la subisco, servirà a qualcosa, invece no), il giallo diventa la scusa per raccontare, tramite infiniti flashback, una vita da fotoromanzo.
 Veniamo a scoprire che Fin è rimasto orfano da bambino ed è stato cresciuto da una zia hippie inspiegabilmente tornata a vivere in capo al mondo in mezzo ai bigotti (per inciso Fin MacLeod non ha una parola buona per nessuno, manco per sua zia che se l'è preso a carico) e sin da bambino è stato perseguitato da Marsaili, una graziosa coetanea che rimpiange come un amore perduto, malgrado in nessun punto del libro sembra sia stato effettivamente innamorato di lei.

 La storia tra Fin e Marsaili che poi, ai fatti, dura pochi mesi alla fine delle superiori dopo che lui l'ha vista in topless in spiaggia, si potrebbe tradurre nei versi della celebre canzone:
 "Prendi una donna, trattala male, lascia che ti aspetti per ore, non farti vivo e quando la chiami fallo come fosse un favore".

 Tuttavia Fin rosica molto quando scopre che Marsaili è diventata la moglie del suo ex migliore amico Artair, vicino di casa dall'infanzia e il cui padre, insegnante di inglese, lo aveva aiutato a studiare per accedere all'università.
 Anche lì, Artair, esattamente come Marsaili, sembra essere stato sempre vissuto come un fastidio: "Sì, questo mi si è appiccicato perché abitiamo vicini, ma non è che lo sopporti molto".
 I due hanno un figlio, cosa che ogni tanto ricorda all'imperturbabile Fin che anche lui fino a un mese prima ne possedeva uno anche lui (la moglie come starà? Ce lo chiediamo noi, lui no).

 Poiché la vittima sull'isola di Lewis si rivela essere un bullo di estrema periferia coetaneo di Fin, la trama diventa un fotoromanzone a scatole cinesi che prevede i seguenti step:

Le povere Guga
1) Rievocazione di anni scolastici in cui Fin era un figone che rimorchiava chiunque e portava regolarmente sfiga ai suoi amici, (uno, il cui ruolo nel libro è senza senso, cade anche da un tetto spezzandosi la schiena), mentre il figlio del prete era dedito alle orge.

2) La figlia del figlio del prete (ora prete anche lui) asserisce di essere stata violentata dal morto, ma nessuno le crede.

3) Marsaili lo limona appena il marito si gira, chiaro segno che nonostante le vessazioni passate non l'ha mai dimenticato.

4) Si scopre che il figlio di Artair e Marsaili forse è di Fin, cosa che lo fa felice perché così ha un figlio di riserva (e un po' sticaxxi del suo amico)

5) La caccia delle guga.

 Perché il titolo ha un senso. In questa isola sprocellata, esistono degli uccelli, le guga, il cui sapore è a metà tra la carne e il pesce e che ogni anno vengono mattate a migliaia per due settimane da un gruppo di uomini dell'isola.

 La cosa viene vista come un rito di passaggio virile a cui è doveroso partecipare altrimenti gli altri maschi smettono di riconoscere il tuo odore e le donne chiudono gli accessi al talamo.
 Anche Fin ha partecipato anni prima ed è lì l'origine di tutto, compreso il catastrofico finale.

 A QUESTO PUNTO LEGGI SOLO SE NON LO VUOI LEGGERE PERCHE' E' SPOILER

Cosa accade?
 Marsaili svela a Fin un piccolo particolare: anni prima, arrabbiata col marito, gli aveva rivelato che il figlio non era suo, ma di Fin (cosa che potrebbe essere vera), e questo ha spinto Artair a ricoprirlo di mazzate dall'infanzia.
 Lei non è mai fuggita perché "lui ci avrebbe ritrovato".

 Intanto l'autopsia svela sostanzialmente che l'assassino è Artair, il quale ha perversamente messo in scena un omicidio uguale a quello di Edimburgo per far tornare Fin e potergli uccidere il figlio mentre lui è lì.

 Fin capisce tutto mentre la spedizione per la caccia alle guga dell'anno è partita con Artair e figlio al seguito per l'aspra isola della mattanza, così non gli resta che rischiare la vita dell'equipaggio di un peschereccio per poter salvare il ragazzo, certo che Artair lo ucciderà mentre sono a mattare povere bestie.

 Una volta a destinazione Fin ricorderà altre due sfighe random (dimenticate a seguito di una caduta quasi mortale): durante la sua caccia alle guga, per salvarlo, il padre di Artair era morto.

 Ma no, non è un eroe, perché il padre di Artair aveva abusato per anni di lui e del figlio, cosa che aveva spinto il gruppo di cacciatori di guga a processarlo e infine a prendere per i fondelli Artair per il resto dei suoi giorni (faccenda che aveva minato le sue capacità psichiche).

 Mentre ti aspetti che prenda fuoco l'isola o uno tsunami si abbatta su di loro, vista la fortuna che si porta dietro il bellissimo Fin, essi riescono a salvare il ragazzo il quale, da test del dna a cui l'intera isola si è sottoposta in stile Brembate di Sopra, si scopre essere davvero figlio suo.

 La storia quindi si conclude vittoriosamente: Fin ha un nuovo figlio e può dire addio all'ex moglie (anche se non sembra voglia riprendersi l'ormai sciatta Marsaili).

FINE SPOILER

 Ecco, questo libro ha anche due seguiti che  non leggerò. 
 Non è un buon giallo e l'avesse scritto una donna non sono neanche convinta che  l'avrebbero messo nei gialli vista la polpettonaggine (ho saltato altri pezzi da telenovela, tipo che la figlia del prete è incinta del figlio di Fin e ha finto la gravidanza perché se no il padre la randellava).
 So che ha problemi ben più gravi delle regole di Bechdel, ma ho trovato la palese mancanza di donne (possibile che non ci sia manco una poliziotta? Possibile che non ci sia manco una donna coinvolta se non in funzione delle sue gravidanze?) abbastanza inverosimile e irritante dall'inizio alla fine.
 Forse se la trama avesse retto meglio non ci avrei fatto caso, chissà.

Qualcuno di voi l'ha letto? Provate mai il test di Bechdel sui vostri libri? Pensate che non sia un polpettone, ma un capolavoro? Siete in pena per povere Guga? Testimoniate!

domenica 28 agosto 2016

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Stereotipi maschili".

Ed ecco a voi la seconda vignetta del fine settimana!
 In essa viene mostrata l'autostereotipizzazione del cliente uomo, il quale, a metà tra la facezia e il vagamente convinto si autoaccusa di menomazioni supposte e inspiegabili.
 Non so dargliene colpa per due motivi: lo fanno anche le donne, anche assai più spesso e la stragrande maggioranza delle burlerie su internet, riviste, tv e cinema si basano su questo eterno pendolo che va da uno stereotipo maschile a uno femminile incessantemente e con gran gaudio di tutti.
 Come noterete, in alcuni casi, fa comodo.
 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Stereotipi maschili"!


venerdì 26 agosto 2016

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Pacchetti".

Ed ecco a voi il grande ritorno delle vignette!
 Questo fine settimana lavorerò alacremente on the lake per farvi avere una settimana piena di fumetti, vignettame e cartoline dal meraviglioso Portogallo (vi do un indizio, la prima cartolina si intitolerà "Lumache").
 Intanto godetevi quest'ennesima interpretazione della libreria. Ora biblioteca, ora supermercato, ora copisteria, ora succursale dei negozi adiacenti.
 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Pacchetti"!


mercoledì 24 agosto 2016

L'arte di creare mondi possibili. Intervista ad Antonio Serra, storico creatore di Nathan Never e Legs Weaver! Uno splendido percorso tra ricordi legati ai libri, consigli di lettura e suggerimenti per aspiranti sceneggiatori!

 Ed eccomi, di ritorno dalle vacanze in Portogallo, un posto meraviglioso di cui vi darò conto, anche se questo non è un blog di viaggi lo so, in alcune prossime "cartoline dal Portogallo" sulle cose più strane e belle fatte e viste in Lusitania.

Ricomincio almeno per questa settimana (causa super mega big surprise che presto saprete) un po' a rallentatore, ma ho riservato per questo ritorno dalle ferie un'intervista davvero speciale, quella ad Antonio Serra, uno dei tre storici creatori di "Nathan Never" il fumetto di fantascienza di maggior successo della storia italiana.

 Più appassionata di Dylan Dog, non l'ho mai seguito con regolarità, ma il caso (e la mia amica Veruska) hanno voluto che conoscessi Antonio che è una persona gentilissima e deliziosa, nonchè un raro esempio di quel misconosciuto mestiere che è lo "sceneggiatore di fumetti" di un genere che, tra l'altro, sta anche scomparendo, quello della lunga serialità.

 Per chi (chi?) non conoscesse Nathan Never, una delle creature più longeve della Bonelli, faccio un pratico riassunto.


Antonio Serra, per una sua breve biografia potete andare
al link del sito Lo Spazio Bianco 
All'inizio degli anni '90, Antonio Serra, Bepi Vigna e Michele Medda (tutti sardi e soprannominati appunto "il gruppo dei tre sardi") ideano per la Bonelli (per la quale già lavoravano come sceneggiatori) il personaggio di Nathan Never, il primo fantascientifico della casa editrice.

 Nathan Never è un uomo sulla quarantina dal doloroso passato che lavora per un'agenzia privata a metà tra polizia mercenaria e investigazione in un futuro fortemente tecnologico e abbastanza distopico.

 Le sue avventure mescolano molti elementi tipici della sci-fi, dalle distopie politiche e tecnocratiche ai viaggi nel tempo e nello spazio, immettendo spesso quegli elementi di critica sociale che hanno reso la miglior produzione fantascientifica degna (se non, a mio parere, superiore) a quella della letteratura di livello.

 (Se siete incuriositi/il mio riassunto di tre righe vi ha solo confuso/volete saperne di più e meglio potete andare alla pagina della Bonelli dedicata a serie e personaggio).

 Ma cosa legge, come si forma, cosa sogna e cosa consiglia a chi vuole intraprendere il suo stesso mestiere, uno sceneggiatore di fumetti di successo? 
 Preparate un quadernino degli appunti perché vi verrà voglia di leggere parecchi libri alla fine dell'intervista.
 Siete pronti? Let's go!

Cosa leggevi da bambino?

 Premetto che sono stato un bambino molto precoce, a 5 anni già leggevo. 
 Fumetti, gli Albi della Rosa che successivamente sono diventati gli Albi di Topolino e all'epoca contenevano una sola storia o due più brevi.

 Si trattava di storie classiche di Topolino, Paperino, spesso di Carl Barks, ed erano stampate al risparmio, quindi avevano questa particolarità per cui una pagina era a colori e un'altra in bianco e nero, alternate.

Poi ho iniziato a leggere libri molto presto.

 Avevo questa maestra alle elementari che non ci dava dei compiti per le vacanze, ma prima della chiusura arrivava con una ventina di libri a scuola, li metteva sulla cattedra e ce li faceva scegliere.

Uno di questi, aveva un razzo in copertina. Era “Dalla terra alla luna” di Jules Verne e avrei voluto prenderlo subito.
Solo che io non sono molto competitivo e non mi sarei mai alzato per primo, così sono rimasto al banco pregando che il libro rimanesse per ultimo.
Rimase proprio quello e l'evento avrebbe dovuto già suggerirmi qualcosa riguardo al mio futuro. Avevo sei anni.

 Dopo Verne, visto che gli adulti mi vedevano appassionato, tentarono di regalarmi Salgari, ma da bambino mi annoiava terribilmente. Penso che risulti più divertente superata una certa età, se ne apprezza lo spirito e anche la ripetitività “professionale”.

 Invece Verne sì, mi piaceva tantissimo, perché univa le mie passioni per le avventure e il cosmo.

Bisogna tener presente che erano anni molto particolari, in cui si andava effettivamente sulla luna, si trepidava per le sorti degli astronauti, c'era la corsa allo spazio, un mondo che non esiste più.

Poi un giorno successe una cosa.
Mio padre (abitavamo a Cagliari) andava ad una libreria che era esattamente dietro l'angolo di casa mia. Facendo la cresta sulla spesa, appena raggiungevo 100 lire, mia madre mi permetteva di andare in libreria da solo.
 Un giorno entro in questa libreria e chiedo un libro di Verne di questa collana per ragazzi diffusa all'epoca, Topobiblo. Ma non l'avevano. 

 Mi dissero però che l'avevano “in edizione integrale”... e lì ho scoperto una terribile verità: fino a quel momento avevo letto solo le riduzioni per ragazzi. Così, pian piano, ho ricomprato e riletto TUTTO.

Oltre a Verne, mi piacevano Rodari, Calvino e in generale tutte le cose che avevano un risvolto fantastico


Mio padre, che viaggiava molto, leggeva tantissimo: un libro nel viaggio d'andata e uno in quello di ritorno. Non amava molto i polizieschi, ma leggeva tantissimi Urania, anche perché aveva fiducia in Fruttero e Lucentini che erano i curatori della collana.

 Così iniziò a selezionare degli Urania adatti a me. 
 Il primo fu “Sparate a vista su John Androki”. Non ricordo assolutamente niente del romanzo, se non la copertina che ricordo tuttora alla perfezione. 
 Mi accorgo che il libro (era comunque sui viaggi nel tempo) mi entusiasma e ne chiedo ancora e mio padre passa direttamente ad Asimov e non rimane deluso.

 Ero un lettore voracissimo, leggevo anche uno o due libri al giorno, avevo iniziato a comprare anche i gialli Mondadori, quelli per ragazzi (I Tre investigatori, gli Hardy Boys) ma evitavo Nancy Drew, che immaginavo “per ragazze”.
 Peccato. Avrei fatto bene a leggere anche quelli!

 La scoperta della letteratura diciamo così “vera” è più tarda.
 Leggendo Agatha Christie che scriveva non tanto gialli, quanto storie vere e proprie, scopro che esiste un modo di raccontare le cose che si differenzia dagli altri, l'esistenza dello stile.
  Ed è una differenza fondamentale. Prendiamo Asimov, ad esempio, aveva idee straordinarie, ma lo stile del racconto non è all'altezza delle sue idee.
Così inizio a saccheggiare di tutto e costruisco un discorso che passa per la fantascienza, ma vira anche verso altri contenuti.

Ci sono degli scrittori o dei libri di fantascienza che ti sentiresti di consigliare?

Do consigli partendo dal presupposto che il lettore potrebbe non conoscere nulla del genere di cui parliamo.
Perciò:

Sicuramente Asimov. I primi quattro libri del ciclo della Fondazione.

Verne, “Dalla terra alla luna” e “Ventimila leghe sotto i mari”, grande capolavoro.

Non sono mai riuscito ad appassionarmi a Philip Dick. L'ho beccato da ragazzo e l'ho trovato confuso, ho provato a rileggerlo da adulto, ma non è riuscito comunque ad appassionarmi. Non dico che non abbia valore, attenti, solo che non è riuscito ad averne per me.

Moorcock? A lui sono arrivato per vie traverse. Iniziai a comprare fumetti e tra questi Conan. A un certo punto la Marvel decise di far sceneggiare alcune storie di Conan a Moorcock, il quale cedette i diritti di Elric (il protagonista della sua saga ndr) per fare un assurdo crossover, Elric vs Conan, che nonostante la sua follia mi piacque molto e mi permise di scoprire un nuovo autore. Ammetto però di aver letto pochissimo.

Mino Milani. Un genio. Del fumetto e della letteratura. I romanzi di Martin Cooper erano per me fonte di emozioni anche “perturbanti”. Mi facevano persino paura.

007. Lo spionaggio è un'altra mia grandissima passione. Mio padre mi portò a vedere i film al cinema e da lì scoprii Fleming che mi aprì una nuova gigantesca finestra narrativa. Non è proprio fantascienza, ma come non citare il calamaro gigante che appare nel romanzo “Doctor No”?

Mark Twain. Incredibile. Anche quando non scrive storie “fantastiche”...

Conan Doyle. Avevo letto ovviamente i racconti polizieschi e mi erano piaciuti, poi dopo che mi era capitata tra le mani una sua biografia, ho scoperto “La Compagnia Bianca” e “Sir Nigel” (romanzi di ambientazione storica ndr) e scoprii che la sua produzione di romanzi storici è ancora migliore. Ma “Il Mondo Perduto” resta un riferimento imprescindibile per chi è appassionato di letteratura fantastica.

Michael Crichton. E' l'ideale dal punto di vista del mio mestiere perché è riuscito a fondere nei suoi romanzi il fantastico all'ambientazione realistica, il tutto sostenuto da una documentazione precisissima. Si considerava il Verne moderno e, secondo me, aveva ragione.


Cosa ti piace leggere adesso?

Ultimamente mi sono appassionato ai saggi storici. 
 Io non ero un ragazzo particolarmente studioso, anche perché ero uno di quelli a cui bastava ascoltare per ricordare la maggior parte delle cose, quindi era sufficiente stare attento in classe e il gioco era fatto.

Anche per questo mi sta affascinando leggere molto libri di storia che, tra l'altro, danno una visione molto diversa dei fatti del passato che avevo studiato a scuola perché molte opinioni sono cambiate, le contestualizzazioni migliorate.

Ad esempio mi è molto piaciuto, nella collana Grandangolo, “La guerra del Peloponneso”, che dà un'ottima interpretazione della dicotomia noi-loro, dove per loro intendo quelli che son vissuti nel passato, diversi da noi culturalmente e tecnologicamente.

Per il resto, compro spesso sugli aeroplani, un'altra passione che ho sempre avuto. Mi interessa tutto: dai modelli ai libri sulla seconda guerra mondiale di cui per fortuna c'è una bibliografia inesauribile.
E per concludere sto acquistando vari libri scientifici di cui, lo ammetto, capisco poco, ma trovo molto intriganti.

Tu sei uno sceneggiatore di fumetti, una professione poco esplorata in Italia, dove i disegnatori in genere sceneggiano anche le loro opere. Qual è stata la tua preparazione?

Dunque, ho frequentato il liceo classico, ma ho sempre avuto la passione per la fantascienza, quindi ho dovuto, gioco forza, costruire storie fantascientifiche usando un approccio umanistico. 

In molti romanzi di FS i personaggi sono costruiti in funzione della trama, io ho cercato di costruire dei personaggi che uscissero da questo schema e fossero maggiormente complessi e sfaccettati. Non so se ci sono riuscito, ma questo era l'intento di molte mie storie.

Da questo punto di vista le storie di spionaggio sono, secondo me, la combinazione perfetta: tecnicismi e trame molto complicate che però devono essere giustificate da profonde motivazioni psicologiche da parte dei personaggi.


Tu sei sardo, e molti artisti rivendicano questa appartenenza con forza, sottolineando quanto provenire dalla Sardegna sia un tratto irrinunciabile della loro formazione. 
 Anche per te è così? Ci sono degli autori sardi che ti hanno influenzato?

Ho letto ovviamente molti testi di scrittori sardi, a partire dal drammatico “Padre padrone” di Gavino Ledda.

 In generale li leggo volentieri perché appunto parlano di “cose sarde” e, benché non ci viva più da trent'anni, mi riconosco sempre.
Potrei dire che gli autori sardi non mi hanno influenzato, ma la sardità sì.

I personaggi di Nathan Never hanno, ad esempio, quell'isolazionismo e quella finitezza che sono parte integrante dello spirito di chi è cresciuto in un'isola.

La sardità colpisce, più che nello stile, nelle intenzioni stesse della scrittura... sei sardo, non puoi fare altrimenti.
Sogno di tornare in Sardegna, ma mi rendo conto che vorrei tornare in una Sardegna più ideale che reale.

Vorresti o scriverai mai un libro?

Ogni anno arrivano degli editor che mi propongono di scrivere un libro. Non dico che non mi piacerebbe, ma ci sono due problemi:
  1. Ci vuole uno stile, bisogna saper scrivere e io dubito di saper scrivere un libro-libro.
  2. Non so di cosa scrivere. Dovrei avere qualcosa da dire oltre i fumetti... qualcosa che evidentemente non ho.

Che consigli daresti ad un aspirante sceneggiatore di fumetti?

Di non farlo.
 Ma se proprio deve farlo, di tener presente che in Italia è molto complicato. Vivendo in un mondo globalizzato, se si conoscono un minimo le lingue, mi rivolgerei agli Usa o alla Francia.

 Se proprio deve farlo in Italia, può proporsi alla Bonelli o alle piccole o medie case editrici che però, a meno che tu non sia Zerocalcare o Leo Ortolani, hanno budget molto molto molto limitati.

Ci sono ovviamente le dovute differenze tra le due cose.

 La Bonelli è una casa editrice professionale che paga in modo dignitoso, ma gli spazi per scrivere si riducono sempre di più perché si sta tendendo a ridurre la lunga serialità per prediligere serie da pochi numeri, 6-8 puntate. E difficilmente accetta proposte “esterne”. Bisogna scrivere i personaggi già editi.

 Le piccole case editrici offrono magari maggiore libertà creativa, ma purtroppo compensi spesso molto risicati se non assenti del tutto. Ma possono comunque far conoscere il tuo lavoro. E, in questo caso, devi presentarti con un disegnatore al seguito. Di fatto, si vendono i disegni, non le sceneggiature.

Per il resto, scuole di sceneggiatura di fumetti vere e proprie non ce ne sono. Molti vengono da scuole di scrittura, come la scuola Holden, nella quale ho insegnato, o hanno studiato altri tipi di sceneggiatura, cinematografica e televisiva, che comunque sono cose molto diverse.

Lo dico anche dopo aver partecipato alla stesura di una serie TV di cui non citerò il titolo, un'esperienza surreale che è anche finita in modo ancora più strano perché, andando male gli ascolti, alla fine la produzione ha concentrato il doppio delle puntate nella metà del tempo e quella che avevo sceneggiato io l'ho trovata sparsa e tagliuzzata qui e lì.

Cosa stai leggendo in questo momento?

“Il passeggero del Polarlys”, un romanzo giovanile di Simenon, costruito come il classico “delitto della camera chiusa”, ambientato su una nave mercantile in viaggio verso la Norvegia funestata da eventi misteriosi. Personaggi splendidi, figure messe lì con quattro pennellate e tratteggiate magnificamente.

Un bel saggio di Francesco Cassata, “Fantascienza?”, sui racconti a tema fantascientifico di Primo Levi.

“Il mistero di Tucidide” di Canfora nel quale il mistero della doppia, e in entrambi i casi plausibile e veritiera, biografia dello storico greco, viene trattata come un giallo e si risolve addirittura con un colpo di scena.

“Viva il Latino” di Nicola Gardini, sull'importanza della nostra “lingua madre”, decisamente interessante e ricco di ragionamenti emozionanti sulla funzione di una lingua e delle sue modalità espressive.

“Viaggio nella paura” di Eric Ambler, un classico dello spionaggio, una scrittura brillantissima.


Infine mi hanno consigliato “The Martian” (“L'uomo di marte” ndr) di Andy Weir e sono molto curioso di iniziarlo...

 Quanti libri vi è venuta voglia di leggere? Io ho puntato Cassata e un bel po' di Verne, di cui sono colpevolmente carente.
Ringrazio ancora Antonio per la sua disponibilità e gentilezza, grazie grazie grazie.

Ps. Il mio pensiero va oggi ai cittadini del centro Italia (che è anche casa mia). Ce la farete (e ce la faremo tutti insieme), siamo il cuore dell'Italia.

domenica 7 agosto 2016

Buone vacanze a tutt*!! Finalmente le meritate ferie! Saluti, baci, abbracci e una questua di voto per i Macchianera Awards 2016 (se ve va eh, ma sì, mi sento che ve va).

Care lettrici e cari lettori,
me ne vò infine anche io in vacanza. 
Il mare, la tintarella e i pasteis de nata chiamano a gran voce e del resto le città sono già in quell'inquietante scenario apocalittico nel quale poche sparute persone escono timorose per recarsi in un unico luogo: l'ultima gelateria coraggiosamente rimasta aperta.


Non temete (nel caso temiate), tornerò quanto prima e sarà un settembre davvero fabulosamente pieno di novità.

Prima di abbandonarvi vi lascio solo col peana che anche quest'anno si ripete.

 Se avete tempo, modo, ve va e via discorrendo, anche quest'anno sono aperte le votazioni per i Macchianera Awards, i premi per i migliori siti e blog della rete.
 E' vero, questo piccolo blogghe se la deve vedere con dei veri giganti, ma l'anno scorso grazie a voi,  conquistò un quarto posto degno della miglior lotta tra Davide e Golia.

 Se anche quest'anno volete aiutarmi nella biblica impresa, potrete votare i dolori della giovane libraia come miglior sito letterario proprio qui:


Detto ciò, buoni bagni e buon sole, buone ferie, buoni camosci per chi è in montagna, buon lavoro e piscine comunali per chi rimane in città, buone città d'arte e insomma buon tutto! 
 Ci si rivede prima della fine del mese! Bailate, mangiate, divertitevi e olè.




venerdì 5 agosto 2016

Cosa mi porto da leggere in vacanza? Le letture scelte per le ferie 2016: fantascienza per fuggire dal mondo, molti gialli, il safe-book di Carrère e un tocco di "Stranger Things".

 L'etere è pieno di blogger che vanno in vacanza e io sono ancora qui, ma per poco.

Anche codesto blog e la sua blogger hanno bisogno di almeno due settimane di meritate ferie (sogno il giorno in cui potrò averne ben tre di seguito, ma capisco che è un sogno molto sognoso).
 Visto che finalmente il fausto giorno della pausa si avvicina e anche io potrò iniziare a fare foto sexy ai libri sulla spiaggia, davanti al mare, su uno scoglio o con vicino del cibo random, è arrivato quel momento dell'anno in cui elenco i libri che mi porterò in vacanza.

 Sperando che bastino (ma visto che quest'anno conto di panzeggiare di meno e di girovagare di più, dovrebbero) ecco il lussuoso bottino della biblioteca (tranne quello di Tuzzi e di Carrère che sono robbba mia).

 Siete pronti a sapere cosa mi farà compagnia mentre cercherò inutilmente di rilassarmi allontanando il pensiero del ritorno (l'unica cosa che mi conforterà sarà Halloween e ho detto tutto)?
 Let's go!


STAGIONI DIVERSE di Stephen King:

 Come gran parte dei trentenni anche io sono caduta nel trip di "Stranger things".

Non dirò che ho vissuto la mia vita sognando che un giorno tornassero i sani bei film per ragazzini anni '80-'90, ma come tutti coloro che sono stati ragazzini negli anni '80-'90 (e soprattutto passavano le vacanze di Natale confinati da parenti che non vedevi per tutto l'anno e quindi con l'unico conforto della tv), volente o nolente la filmografia for us l'ho vista tutta.

 Visto millanta volte i "Goonies" (che mi facevano anche un po' paura), non so neanche quante volte "La storia infinita" e i seguiti (anche perché erano tipici film da casa dei nonni, in cui anziani e bambini potevano guardare assieme qualcosa senza l'imbarazzo di qualche inopportuna effusione), "Stand by me", i mitici "Indiana Jones" (che tanto hanno segnato la mia vita e che per qualche assurdo motivo facevano sempre durante le sere della sagra del cinghiale, cosa che nei miei ricordi è indivisibile) ecc. ecc.

 "Stranger Things" in effetti riesuma un mondo che nessuno è stato più in grado di dipingere al cinema (ho visto "Super 8" ed è un ignobile polpettone americano fatto di tanti effetti speciali e genitori dementi) e lo fa benissimo. Sarà pure operazione nostalgia, ma va benissimo, di questi tempi cupi un po' ce ne vuole.

 Per rimanere in tema ho preso in biblioteca "Stagioni diverse" di King, autore di cui ho letto quei sei o sette libri che mi sono anche piaciuti, ma che non me ne rendono direttamente dipendente. 
 Penso che sia giunto il momento di avventurarsi nelle storie più brevi, spesso gli americani che sanno descrivere la loro provincia in una sorta di realismo magico dai toni gotici, danno il meglio di loro.


CENTO RACCONTI di Ray Bradbury:

Volevo leggere un po' di fantascienza questa estate. Non so, ma forse per i tristi fatti di cronaca, la mia voglia di allontanarmi dal mondo reale davvero e in toto per almeno due settimane, si è fatta così forte da rendermi necessario staccare anche sulla carta stampata.

 In biblioteca avevano varie cose, ma nessuna che mi colpisse davvero. Poi ho trovato il gigatomo Mondadori da cento racconti che ok è una specie di mattoncino da portare, ma almeno è abbastanza pasciuto da durare qualche giorno e Bradbury non tradisce di certo.

 Inoltre era il momento di leggere altro oltre il celebre "Fahrenheit 451", "Cronache marziane" e "L'estate incantata" (oltre a un saggio sulla scrittura) e questo cicciuto tomo sicuramente sarà d'aiuto. 


I GIALLI:

 Non è estate se non ci sdraia in spiaggia a risolvere qualche delitto, perciò ho fatto dovuta incetta. 
 Purtroppo al contrario degli altri anni in cui avevo voglia di leggere uno specifico autore che mi ero tenuta in serbo per tutto l'anno (come Markaris la scorsa estate), quest'anno non avevo nessun idea, così mi sono fatta guidare dal caso. Questo ne è venuto fuori:

"La morte del testimone" e "Con la morte nel cuore" di Ruth Rendell:

 Mi piace sempre prendere almeno due libri di uno stesso autore, così se mi è piaciuto molto il primo, non mi prende la smania che non ne ho subito un altro sotto le mani. Quest'anno mi sono buttata sul classico (anche perché la biblioteca ne aveva un sacco): Ruth Rendell.
 Alle superiori lessi un suo libro, "La notte dei due uomini" di cui non ricordo praticamente nulla se non che mi era piaciuto. Voglio essere fiduciosa e pensare che anche questi daranno i loro frutti.

"L'isola dei cacciatori di uccelli" di Peter May:

 L'unica cosa che so di questo giallo è che aveva venduto bene e la trama mi era sembrata, all'epoca, curiosa. Un ispettore in crisi viene rispedito nella sua terra natia, un'isola scozzese sferzata dal vento e dal gelo, a indagare su un misterioso omicidio.

 I gialli claustrofobici mi piacciono sempre molto, spero che non sia splatter perché se c'è una cosa che non reggo sono quelle robacce moderne in cui sono convinti che più ti descrivono quanti organi sono fuoriusciti dal cadavere più ti appassioni morbosamente. 

 Il plus è che amo leggere di storie ambientate nel gelido inverno, mentre mi sto arrostendo in spiaggia a 38 gradi.


"Il principe dei gigli" di Hans Tuzzi:
Sin dalla sua uscita, questo giallo mi aveva intrigato.

 Un delitto tra bibliologi in un paese medievale tra Viterbo e Spoleto è tipo il mio ideale di giallo. Mi fa pensare a casa mia (che non è tra Viterbo e Spoleto, ma è un paese medievale), ai miei studi, ed essendo ambientato negli anni '80, non ha neanche quella parte tecnologica che non si può certo ignorare, ma che per sua natura, quando viene trascritta risulta sempre troppo telefonata (o abusata a seconda di quanto la trama traballa).
Mi aspetto grandi cose, peccato che sia così piccino.


"Finestra sul vuoto" di Raymond Chandler:

 Ho iniziato a leggere Chandler due anni fa, dopo aver preso, proprio per le ferie, "Il lungo addio" che mi era piaciuto moltissimo. Dopo mi sono avventurata in vari altri, ma, come sempre quando un autore mi piace, non ho letto TUTTA la sua bibliografia.
 Mi piace centellinarla e questa è la goccia per questa estate.


IO SONO VIVO, VOI SIETE MORTI  di Emmanuel Carrère:

 Questo è quello che definirei il safe-book. 

 Quel libro da utilizzare in caso di errore su tutti i fronti. Hai scelto i gialli sbagliati? Pensavi di trovarti tra le mani una splendida storia ambientata nella politica degli anni '70 e invece sei vittima di un pornazzo con protagonista un fascista e una barricadera? Una quarta di copertina ti ha venduto per favoloso un libro che non ha capo, coda, mezzo, fine? Odi il protagonista del libro che tutti avevano spergiurato avresti amato alla follia?

 Eccolo, il safe-book, quel libro che è tecnicamente impossibile sia brutto. 

 Scritto da Carrère, sulla vita di Philip Dick, non può che essere un libro affascinante, ricco di colpi di scena e scritto benissimo.
 Ovviamente sono caduta in errore e l'ho già iniziato (mai iniziare il safe-book per primo, se no che safe è??), ma tenterò di trattenermi nei prossimi giorni, anche se non so per quanto funzionerà.
 In ogni caso, questo è il safe-book che STRACONSIGLIO a tutti per codesto Agosto.

Pensate che siano good scelte? Pensate che siano pessime scelte? Qualcuno vi incuriosisce? Lo avete già letto? Vi domandate "Perché hai scelto 'sta roba"?

martedì 2 agosto 2016

Le recensioni parallele. Il pessimo "Il fermaglio" di Sloane Crosley e il frizzante "Camera Single" di Chiara Sfregola. I trentenni non sono uguali sulle due sponde delle oceano, alcuni sono meno egocentrici dei loro coetanei.

 Nelle mie intenzioni c'era un'ultima infornata di consigli per le vacanze, purtroppo ogni tanto i miei sensi di ragno lettore fanno cilecca e il piano è stato rovinato dal primo dei due libri del post.

 Partita come un razzo, mi sono arenata in un pantano che ho superato solo perché potessi mettervi in guardia, fortunatamente, almeno, nel frattempo avevo l'altro tomo a cui attaccarmi che ha reso più sopportabile il tutto.

 Il filo rosso che inconsapevolmente lega le due recensioni è il fatto che in entrambi i casi i protagonisti sono dei quasi trentenni/trentenni alle prese con le giuoie e i dolori della vita.

 Devo dire che mai come in questo caso una scrittura potenzialmente migliore (quella del primo) è stata battuta da una storia oggettivamente più sensata. Per la serie, non è vero che basta avere un ottimo stile se lo butti in trame agghiaccianti.

 In ogni caso, sono felice di essere una trentenne in Italia, ebbene sì.
 Perché? Scopritelo in queste due appassionanti recensioni!


IL FERMAGLIO di Sloane Crosley ed. Einaudi:

 La recensione di questo libro potrebbe ridursi a quattro parole "Che è 'sta roba?".
 Siccome bisogna sempre argomentare una stroncatura, però, ci metterò un po' di righe per spiegare come questo sia uno dei libri più brutti che abbia letto negli ultimi non mesi, ma anni.

Ok, la quarta di copertina dava l'idea di una kinsellata universitaria e, francamente, anche la copertina, ma mi sono voluta fidare di una recensione (mi pare, ma potrei errare, comunque non è importante, su "Internazionale") in cui invece mi si diceva che era un libro bellissimo, valido, davvero bello. Va bene, mi fido, leggiamolo.

 Inizia come una sorta di "Grande freddo" di ex compagni di università quasi trentenni che si rincontrano tutti al matrimonio di una loro, tale Caroline, che oltre a essere ricca e insopportabile, sposata a uno altrettanto ricco e insopportabile, non ha pregi né caratterizzazione alcuna (e non sai neanche perché li abbia invitati al matrimonio).

 I tre protagonisti, che alternano (inutilmente) il loro punto di vista sono:

1) Nathaniel, una specie di manzo americano che aspira a diventare uno sceneggiatore di successo e che ha effettivamente avuto un folgorante inizio nel mondo dorato della tv statunitense. Classico caso in cui l'inizio corrisponde all'apice di una carriera, non riesce più a trovare lavoro e passa il suo tempo a macinare livore verso i colleghi più fortunati e a uscire con modelle.
 Grado di empatia provato verso questo individuo inutile e viziato: 0.

2) Kezia. Ve lo giuro, si chiama così. Kezia fa un lavoro di tipo amministrativo nel campo della bigiotteria e invidia a morte una sua ex compagna di stage che fa i soldi lavorando per una ditta di gioielli veri. Ha una capa che la vessa e disegna finti gioielli orrendi, ma non molla il lavoro non si capisce perché.
Grado di empatia verso questa tizia che a 28 anni frigna come se la sua vita fosse già finita perché non ha fatto i big money ed è single: 0.

3) Victor, all'inizio il più simpatico dei tre. Innamorato da sempre di Kezia (che non lo fila), lavorava per un motore di ricerca prima di essere licenziato rovinosamente per aver tentato la scalata al successo. La sua caratteristica più significativa è che sfigato e somiglia molto ad Adrien Brody.
 Grado di empatia lievemente più elevato, facciamo 3.

 La storia inizia con ricordi universitari e tu pensi che stiamo per assistere a una qualche nostalgica resa dei conti: i tre si accorgono che i sogni di ventenni possono essere ridimensionati a trent'anni e ciò non vuol dire che la tua vita sia finita, anzi magari inizia a essere meno frustrante.

 No, non accade nulla di tutto questo.

 Ciò che accade è che la nonna dello sposo, una tedesca di nome Johanna che nel periodo post bellico aveva abitato in Francia, racconta a Victor dove nasconde i gioielli di famiglia e gli consegna il disegno di una collana che una sua amata zia aveva avuto in dono (il disegno non la collana) da parte di un ufficiale nazista.
 Costui, innamorato della zia di Johanna, aveva scovato il gioiello in un castello a nord della Francia, dove probabilmente si trovava ancora e le aveva consegnato il disegno prima di sparire durante il ritorno in Germania.
Due  giorni dopo Johanna muore e lascia scritto nel testamento che Victor è il solo che sappia dove sono i gioielli.

 Poi Victor parte per la Francia a cercare la collana (Perché? Non si sa) e scopre che è collegata a un racconto di Maupassant, poi si appassiona alla vita di Maupassant, poi trova la Francia orribile e viene picchiato in una bettola dopo aver ricevuto le peggiori indicazioni stradali della storia e aver trovato l'inglese dei francesi pessimo (parbleu!).

 Nel frattempo, Kezia ha un problema con la chiusura di una collana, una specie di fermaglio smaltato che producono solo gli insopportabili francesi (sappiate che i francesi nel libro sono una mandria di mangiabaguette pretenziosi e insopportabili che divorano cibo pessimo e vivono in posti discutibili e collegati male dai bus) e la sua capa la spedisce a Parigi a fare delle modifiche.
 Anche Nathaniel parte, non si capisce bene per quale motivo (mi pare perché una mail in cui Victor vaneggiava della collana lo avesse mosso a compassione).

  Una volta lì, i due decidono di essere preoccupati per Victor che, nonostante abbia un cellulare, non dà segni di vita e non li pensa proprio, occupato com'è a rintracciare senza motivo un'irrintracciabile collana nei castelli francesi.

 Non si capisce come, a un certo punto, Victor collega la collana al famoso racconto "La collana" di Maupassant e questo, suppongo, dovrebbe dare un senso letterario alla vicenda. Quale, è ignoto, visto che non basta nominare un racconto di letteratura francese per rendere degno un libro senza trama e con dei personaggi schizofrenici.
 Mentre Victor trova, ad caxxum, tra millemila castelli francesi, proprio quello giusto e viene portato in carcere per direttissima dopo essere stato scoperto ad introdurvisi, Kezia e Nathaniel lo rintracciano in un modo così casuale da farti pensare che forse gli americani pensano che la Francia sia grossa quanto la Repubblica di San Marino.

 Nel finale non impariamo nulla, se non che ai trentenni americani non frega una mazza del mondo circostante e il loro obiettivo unico è raggiungere il successo professionale e fare soldi.
 La qual cosa, forse, potrebbe essere l'unico vero insegnamento di un libro scritto coi piedi.

 Un libro senza senso, senza trama, senza personaggi credibili e, a mio parere, persino col titolo sbagliato: che cazzarola c'entra il fermaglio? Se proprio, doveva intitolarsi "La collana", inutile mcguffin narrativo, appresso al quale corrono tutti quanti, come se esaudire la volontà di una vecchia ignota fosse una motivazione sensata.
 Mi spiace. 0/0. 

 La scrittura non sarebbe neanche male, ma bisogna avere qualcosa da dire, non scrivere libri pieni di pregiudizi sugli Europei e retti sul niente solo perché si sente la necessità di sfornare un romanzo ogni tot di tempo. Gli Harmony sono scritti peggio di sicuro, ma almeno hanno una trama.


CAMERA SINGLE di Chiara Sfregola ed. Leggereditore:

 Visto che viviamo nell'epoca del conflitto di interessi pure quando saluti il vicino di casa e si vedono favoritismi e komplotterie ovunque, metto le mani avanti: Chiara Sfregola scrive su LezPop come me.

 Ma non è ovviamente per questo che ho letto il suo libro, l'ho letto invece perché tento di leggere un po' tutto quello che esce a tematica lesbica in Italia, cioè un numero di libri praticamente prossimo allo zero (sono settimane che non riesco a scrivere un articolo decente per la rubrica di libri perché c'è il niente cosmico editoriale).
 Quando perciò un mese e mezzo fa è uscito il libro (a sorpresa anche per me visto che siamo una redazione virtuale ed essendo sparse per tutta l'Italia non ci vediamo mai dal vivo o quasi), ero curiosa di leggerlo. Che fosse arrivato il momento per un chick-lit in salsa lesbica anche in Italia?

Ebbene, è arrivato.

 Quando ero più gggggiovane, mi chiedevo sempre chi erano i ragazzi e le ragazze descritte da film, libri e telefilm (ne ho anche parlato in un post sul libro di Eleonora Caruso tempo fa). Gente che non solo non somigliava a me, ma neanche a nessuno che avessi mai conosciuto.
 La domanda perciò era lecita: questi autori descrivono una realtà che esiste, ma io non conosco o una realtà che non conoscono loro, ma immaginano che esista?

 La stessa cosa vale per i libri con protagoniste lesbiche, un coacervo di drammi, sesso fantastico con donne dalla pelle sempre e comunque morbida e serica, difficoltà di genere vario e fisime mentali mode on a tutto andare.
 Per carità c'è pure questo, ma la vita vera NON è questa. E va bene il romanzo d'invenzione, ma se ogni tanto avesse delle basi reali non è che farebbe schifo a nessuno.

 "Camera single", probabilmente anche per la sua componente autobiografica (sebbene non sia un'autobiografia) racconta finalmente un mondo che esiste e lotta insieme a noi.

 Linda, assistente di produzione cinematografica (un lavoro un po' raro da fare lo ammetto, ma in effetti la Sfregola lo fa), viene mollata dall'oggi al domani dalla sua fidanzata Margherita, con cui si vedeva praticamente sposata e con figlie a carico.
 Libera e infelice, torna a vivere con Annalisa, sua amica d'infanzia pugliese assieme alla quale anni prima si era trasferita a studiare a Roma.


Per spiegare meglio. "Camera single" è una rubrica tenuta da
Chiara Sfregola su LezPop a partire dalla rottura con la sua ex
(prima si chiamava "Camera doppia"). Il libro aggrega in modo
fluido e in forma di racconto le varie vicissitudine raccontate
in questi ultimi due anni,
 E comincia la faticosa caccia che contraddistingue la popolazione lesbica: la fidanzata con cui nidificare.

 Peccato che nonostante le potenzialità di una città popolosa come Roma, non sia così semplice.
  Ninfette ventenni si susseguono a vicine di casa strapiene di soldi, ma non di calore umano, costumisti di scena gender fluid si avvicendano a dottorande in studi di genere vestite come "suore laiche", il tutto in una capitale ben più magica di quello che appare dai tg (se non siete di Roma, vi avviso, tenete una cartina della città a portata di mano se no rischiate di essere più confusi di un hobbit nella Terra di Mezzo).

 Una storia leggera, frizzante, con amiche che tutti potrebbero avere, persino amici maschi etero, un po' di sesso (senza stravolgente pelle serica e sempre tesa nei punti giusti), Bologna come massima aspirazione festaiola e persino una visione meno fabulosa di un lavoro che, sulla carta, sembra fantastico.
 Lo consiglio a tutti e tutte. 
 Se siete appassionati di quelle storie frizzanti (in genere anglosassoni) e senza impegno che in genere si leggono con estremo piacere sotto l'ombrellone, se volete sapere cosa alberga nei trentenni italici di adesso (ve lo dico, se prendiamo "Il fermaglio" come unità di misura, siamo meglio dei nostri coetanei americani), se volete leggere una variante poco esplorata su un tema esploratissimo: giovane che credeva di essere arrivata a una svolta nella sua vita e viene rigettata nel grande mare contro la sua volontà.
 Vi accorgerete che i passi avanti fatti dalla nostra Italia, nonostante i commenti beceri di fb diano un'altra sensazione.
 I trentenni di qualsiasi orientamento sessuale sono tutti uguali. Alle prese con la crisi economica (presa come una tranvata in faccia) e con le crisi esistenziali proprie di ogni generazione.
 Non siamo meglio e non siamo peggio, siamo come tutti. Ed è un grandissimo risultato, almeno secondo me.
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