lunedì 30 settembre 2013

Disamina ragionata del cliente al telefono. Fisicamente lontano, rompipallamente vicino.

Mentre tu te ne stai lì a governare libri, anziani, ragazzini, clienti normali, clienti con cui ti va persino di dissertare, improbabili richieste, drammi, deliri e pazzi ecco che squilla. Il telefono.
 Il dubbio se rispondere o meno dura di solito manco due secondi ed è dettato dall'unica terribile legge: se hai tempo DEVI rispondere. Il "sei hai tempo" starebbe per: se non hai nessuno fisicamente davanti. Che poi dieci persone si materializzino magicamente nei cinque secondi successivi sono affari tuoi.
 Il cliente al telefono è nella mia personale hit parade della molestitudine superiore a tutti, lo batte solo il cliente che vuole umiliarti con astuzia e perizia perché per almeno cinque minuti vuole sentirsi come Leonardo di Caprio sul Titanic: il re del mondo. 
 Perché tale astio per il cliente al telefono? Perché, a mio parere, la chiamata al telefono, se proprio non vuoi trasportare il tuo fisico corpo in negozio, è giustificata da una sola cosa: chiedere una vera informazione: "Avete x libro che passo a prenderlo?". Per il resto tenete giù la cornetta che la libreria non è un call center.
 Ma passiamo in rassegna i casi più comuni di molestitudine telefonica.

 IL CLIENTE CHE CHIAMA PER CHIEDERE COSE FUTILI
Nel mio immaginario personale questo tizi* se ne sta seduto da qualche parte, di colpo ha un'idea tipo: "Voglio avere un libro sulle lontre marine dell'Africa meridionale, chissà se in libreria ce l'hanno!", oppure "Mmm, chissà se la libreria è aperta". Invece di accendere un computer che sicuramente ha per controllare se esistono libri di tal sorta o vedere l'orario, si attacca al telefono per dieci minuti per poi chiederti: siete aperti? A che ora chiudete? Che orario fate la domenica? Per caso avete una sezione sulle lontre marine? No, non cerco niente di particolare, era solo una curiosità.
 Bene, dammi il numero del tuo ufficio che lunedì mattina alle otto e mezza, nel delirio totale, ti chiamo per chiederti che carta usate per stampare i documenti.

IL CLIENTE CHE PROPRIO NON PUO' VENIRE: 
 Costui o costei non possono proprio venire. Hanno figli che escono dalla scuola, mariti che se non le trovano a casa chi li sente, un lavoro che dura dalle 7 di mattina alle 9 di sera e gli impedisce di entrare nei negozi (come comprano vestiti? Come il cibo? boh), e sperano tanto che tu possa risolvere i loro problemi. Potresti tenere un libro da parte un mese e mezzo? Non c'è un modo per spedirglielo (richieste di questo genere arrivano da persone che abitano a tre fermate di metro)? Non posso proprio fargli il favorino di portarglielo a casa brevi manu?

IL CLIENTE CHE TI PIGLIA PER UN CALL CENTER:
 Ti chiamano e si attaccano al telefono trenta minuti e passa convinti che tu sia un call center pronto a risolvere tutti i loro problemi. Da: "Il sito non va", a "Mi saprebbe dire dove posso comprare i libri per la scuola media di mia figlia?", passando per "Ho bisogno di un libro per domani ma è fuori commercio mi dica dove trovarlo".
  I migliori sono quelli che ti chiamano dall'altro capo d'Italia senza motivo. 
 "Salve chiamo da xxxx in Basilicata, avrei bisogno della Divina Commedia."
 "Mmm noi siamo a Milano, c'è un motivo specifico se ha chiamato noi?"
 Risposte tipiche: "E' stato il primo numero che ho trovato su internet" "Mi fido più di voi perché siete al nord" (autorazzismo).
 Tenti di far ragionare il cliente: non ha senso chiamare dall'altro capo d'Italia, un libro del genere può trovarlo anche più vicino. Si aprono allora le dighe: ma io sono un cliente, non può spedirmelo, no, non posso andare nei negozi perché abito lontano, no non me la cavo con internet, no, non ho figli, nipoti, parenti e vicini che possono aiutarmi, no, non ho carta di credito (ve lo giuro). A quel punto, secondo lui, tu come puoi procurare un libro ad un uomo che è dall'altro capo d'Italia, munito solo di soldi contanti inchiodato in una casa su un monte? L'ideona del cliente solo e abbandonato da chiunque è: noi spediamo il libro per posta e lui, in busta (dobbiamo fidarci è un gentiluomo) ci rispedisce un assegno o del denaro contante.
 E lì altre ore a spiegare che non si può fare, forse negli anni '30 era ancora possibile, eh si signore è uno schifo sì. Nel frattempo in libreria i clienti fisici si sono stufati, ti hanno insultato e se ne sono andati da venti minuti. 

IL CLIENTE CHE NON SA MANCO PERCHE' TI HA CHIAMATO:
Chiama, desidera un libro, te lo fa cercare ovunque, magazzino compreso, scatole arrivate il giorno stesso. Lo trovi lo trovi perfavore. Pensi ad un esame che deve dare l'indomani, ad una questione di vita o di morte, ti fa passare venti minuti a cercare un libello di 20 pagine confuso col resto dello scaffale e quando lo trovi, candido, ti dice: "Mmm non so se riesco a passare, guardi, non lo tenga da parte, vedo io."
 Per quale motivo hai chiamato???

IL PROTESTATORE
Chiama gridando. Mentre gli altri si presentano in questo modo che mi sconcerta, dandoti del tu e dicendomi "Ciao sono Ivana mi serve questo" o "Salve sono l'avvocato Mazzotti puoi cercare...?" (a che prò mi dici che ti chiami Ivana??), il protestatore grida. Un ordine è in ritardo, un libro che doveva uscire non è uscito "Dove lo teniamo nascosto?? Dove??", il libro che ha comprato è senza dieci pagine (lo giuro a voi tutti: è un errore della tipografia!). Vuole parlare con responsabile, direttore e amministratore delegato, tutti insieme. Non ti fa capire nulla, grida e basta, qualsiasi cosa tu dica. Se cerchi di farlo ragionare ti ribadisce chiaro che "No, non vuole ragionare". La tecnica se grido mi danno ascolto è un'idiozia ve lo dico, non succede come nei film che se uno insiste allora il problema magicamente si risolve. 
 In genere l'unico modo per placarlo è passargli qualcuno che gli sembra davvero in alto nella scala gerarchica e gli dirà le stesse identicissime cose che gli avete detto voi, ma che in qualche modo lo rassicureranno maggiormente. Le sue grida hanno avuto effetto: ha parlato con un superiore.
 In tutto ciò dovete immaginare una sorta di incubo postmoderno in cui, mentre servi il cliente fisico, il telefono squilla in continuazione seminando il panico. Chi ci sarà dall'altra parte? Quale voce sarà pronta a vessarti?
 L'anziana che vuole il libro consigliato da Augias tre anni fa una mattina e pretende che tu faccia la ricerca su internet?
 La madre di famiglia che vorrebbe tanto le portassi a casa, magari con un caffè, l'opera omnia di Peppa Pig?
 Il terrore corre lungo il filo.

domenica 29 settembre 2013

Cose realmente avvenute, lo giuro! I tragici errori di pronuncia 2.


 L'insigne vittima dell'errore di pronuncia di oggi è il filosofo  Edmund Husserl trasformato in un simpatico orso teneroso. 
 Nella mia mente, ogni volta che qualcuno sbaglia la pronuncia di un filosofo che si atteggia a leggere senza manco riuscire a dirne decentemente il nome, parte in automatico la canzone di Zucchero: "Niccce che dicccce boooooh Niccce che dicccce boh". Sì, lo so, la mia immaginazione è fervida.

sabato 28 settembre 2013

"Fun home" di Alison Bechdel, (e tutte le sue altre opere!) una graphic novel sulla vita e il conto che ci riserva alla fine. Non per forza così terribile.

Qualche anno fa, in una calda ottobrata romana che bramo con ardore da quando vivo al nord, non esisteva la legge Levi (per chi ancora non ne fosse a conoscenza è quella legge che impedisce di fare più del 25% di sconto sui libri, noi tutti ringraziamo). In quei giorni stava chiudendo la storica libreria Rinascita (per poi rinascere mesi dopo sotto altre forme) e c'era il 30% su tutti i libri. Siccome mi sentivo particolarmente depressa, anche se non avevo molto denaro da dare all'industria editoriale, ho deciso di fare come le donne delle riviste femminili: di gratificarmi con un regalo fantastrabilioso. "Fun home" di Alison Bechdel. Ne avevo vagamente sentito parlare da qualche parte e il disegno non mi dispiaceva, così lo comprai. L'acquisto fu uno dei più azzeccati della mia vita per due motivi:
Sono entrata e ho puntato il settore delle graphic novel che, puntualmente, era già stato saccheggiato. Ma ecco apparire dalle tenebre
1) Questo libro fantastico è già  inopinatissimamente fuori commercio (Rizzoli che te dice il cervello???).
2) Mi ha fatto scoprire Alison Bechdel.
 Alison Bechdel è una fumettista americana dalla vita banale e particolare insieme. Come si evince da "Fun home: una tragicommedia familiare", è vissuta fino alla fine delle superiori nella provincia americana, non particolarmente squallida, ma ovviamente non particolarmente eccitante.
 I suoi genitori erano due insegnanti cattolici che sembravano usciti da un libro di Yates. La madre, aspirante attrice, aveva visto sfumare tutte le sue aspirazioni sposando il padre di Alison, un uomo col mito di Fitzgerald (dovrò indagare meglio sull'influsso che Fitz ha sugli uomini americani perché, pur considerandolo un ottimo scrittore, fatico ancora a capirne l'idolatria che essi ne fanno) con un MA grosso come una capanna. Ma omosessuale. Uno di quegli omosessuali repressi pubblicamente, ma non privatamente, che durante il matrimonio e nonostante tre figli non smetterà mai di avere storie con ragazzi molto giovani. La Bechdel che viene a scoprirlo solo adulta, quando dichiara in famiglia la propria omosessualità, costruisce su questo doppio coming out, su questa vita parallela tra lui e suo padre, un libro fantastico.
Infarcito di riferimenti letterari, di finezze di una trama che si interseca in più punti e che, nonostante tutti gli ingredienti per una famiglia disfunzionale, falsa, prosperata (male) sull'inganno, donano  infine un quadro tragicomico, quasi nostalgico di un interno americano anni '60-'70.
 Il colpo di teatro, ciò che rende la trama vera, ma da un certo punto di vista completamente surreale è già nascosto nel titolo: la sua 'fun home' non è solo una casa ironicamente divertente, ma il luogo di lavoro di suo padre 'funeral home'. Insegnante e impresario di pompe funebri (azienda di famiglia) al tempo stesso.
 Se riuscite a trovarlo, in qualsiasi modo, è uno di quei libri che non consiglio neanche di prendere in prestito ma direttamente di comprare!
 In Italia di quest'autrice bravissima sono poi arrivati: "Dykes" (con un'inutile, sconcertante, prefazione di Melissa P. suppongo sempre perché lesbica = sesso, e un sottotitolo imbecille che mi rifiuto di scrivere), una raccolta di strisce tradotta in modo incivile, sulla vita di un gruppo di amiche lesbiche e non, che da qualche decennio la Bechdel pubblica su varie riviste. Di queste, persino io che mastico malissimo le lingue, consiglio la versione originale.
 E infine, "Sei tu mia madre?", che avevo comprato con tante speranze quest'inverno, e invece si è rivelato un buco nell'acqua. E' il tentativo della Bechdel, speculare a "Fun home", di parlare del rapporto con sua madre facendo riferimento ai classici non della letteratura, ma della psicanalisi. Un fiasco su tutti i fronti: pesante, forzato, forzoso, farraginoso. Le ellissi narrative risultano confuse, il concetto di fondo anche. Più che del rapporto con sua madre, sembra che volesse parlare di quello con le sue varie psicanaliste.
 Già che siamo in tema Bechdel, c'è un libro che voglio consigliare come complementare a "Fun home": trattasi de "La lingua perduta delle gru" di David Leavitt.
 Non è una storia autobiografica né un ritratto di famiglia, rientra piuttosto nei canoni del romanzo di formazione: ragazzo gay insicuro di sé incontra ragazzo gay sicuro di sé e vive la sua prima storia d'amore. Parallelamente suo padre e sua madre vivono un dramma tutto interiore: al coming out del figlio, il padre segretamente omosessuale ripensa a tutta la sua vita e la madre, che viene a scoprirne il segreto, non ne fa un dramma, ma analizza con triste precisione l'arco delle loro vite ormai unite per sempre. 
 Il più grande punto in comune di queste storie non è tanto l'omosessualità, quanto quella qualità umana che, secondo me, è il segreto di una vita sempre e comunque dignitosa: la capacità di reggere il peso di tutte le proprie scelte riuscendo, infine, a tirare le fila e a pensare che il percorso fatto, comunque sia andata, ha sempre avuto dei lati positivi.
 Pensando alla vita di suo padre, vissuto in un'epoca in cui era quasi impossibile essere gay alla luce del sole, la Bechdel pensa:
  "C'è un certo opportunismo emotivo nel dichiararlo una tragica vittima dell'omofobia, ma è un filo logico problematico. Innanzitutto mi rende più difficile biasimarlo. Poi mi porta in un cul de sac curiosamente letterale. Se mio padre avesse fatto il suo coming out da giovane, se non avesse incontrato e sposato mia madre... che ne sarebbe stato di me?"
ps. Questo è il sito della cara Alison, fateci un salto: Alison Bechdel, sito ufficiale.

giovedì 26 settembre 2013

La terribile provincia della narrativa italiana: triste, desolata, orrenda, squallida e piena di gentaglia. Ma è veramente così?

 In uno dei commenti al post sui libri peggiori mai letti, veniva citato "Acciaio" della Avallone.
Da "La guerra degli Antò"
 A lei, rea, secondo gli abitanti di Piombino, di aver creato un microcosmo di perdizione, orrore e degrado che non appartiene alla città, avevo subito inconsciamente collegato Ammaniti, un altro che sul presunto oscuro squallore della provincia italiana ci campa da anni. Poi la rete di collegamenti mentali si è allargata, investendo i moltissimi libri italiani che ho letto con cognizione di causa o che ho semplicemente sfogliato perplessa, rendendomi conto la stragrande maggioranza dipingevano le perdute valli della provincia italiana in modo devastante.
La provincia sta allo scrittore italiano esattamente come la saga familiare: è un cliché, una di quelle teste di morto di cui pare non possa proprio fare a meno. Sembra che faciliti loro il lavoro: se premetti che ti trovi in una provincia del nord/est allora ti immaginerai automaticamente nebbia, ricchezza, gente chiusa, tanti immigrati, persone che tra loro non vanno d'accordo a causa di profonde e diverse identità cultural/locali/sociali radicate. Non devi manco prenderti il disturbo della descrizione o della creazione minima del contesto. Che poi possa esistere nella massa gente che studia, magari un'università locale, circoli arci, gente con piglio diverso, insomma pare che non sia previsto. Se, per dire, il commissario X deve indagare tra i loschi affari delle ditte nordiche in mezzo alla nebbia DEVE trovare solo diffidenza e chiusura mentale che, sottolineiamo, essendo nord si chiama "riservatezza" e non "omertà".
Un esempio veneto per tutti è "Savana Padana" ed. Tea di Matteo Righetto, con carabiniere terrone (io multerei chiunque osi ancora usare questa parola in mia presenza, persone del sud che si credono spiritose comprese), zingari, ultrà del Padova e la solita grettezza provinciale che sfiora il manicomio, anche se si è sempre speranzosi di sfiorare Lansdale (mettiamoci in testa che Vicenza non è in Nebraska).
Nel caso volesse prendervela a male in modo definitivo prendete "Semina il vento" di Perissinotto: quando un matrimonio va a scatafascio perché si sceglie di vivere in mezzo ai monti e non a Parigi.
 Se invece ti trovi in una provincia del sud devi essere ignorante: disoccupato, con qualche serio problema familiare, gli amici sono la tua famiglia (qui la gente è aperta, quindi è ammissibile che parli al vicino di casa), possibilmente, in quanto disoccupato, sarai anche sfaccendato che la noia di provincia è la Noia con la Enne maiuscola. Imbattibile.  Le province del centro Italia in genere sono luoghi mediamente più addormentati, buoni per quelle fiction alla Don Matteo, Carabinieri, Maresciallo Rocca, come ne "Il principe dei gigli" di Hans Tuzzi. Fa eccezione l'Abruzzo che dai tempi delle "Novelle della Pescara" di d'Annunzio appare come una landa di pura disperazione.
 Se invece sei Ammaniti va bene qualsiasi provincia.
A me come scrive lui piace molto, ha questo modo scorrevole, una grande capacità di intrecciare la trama e far quadrare tutto come se fosse perfettamente plausibile anche se siamo nell'universo della totale improbabilità. L'ho snobbato per anni, poi ho letto qualche libro e l'ho beccato in epic fail perché io, una delle province che lui descrive la conosco molto molto bene, e non ha nulla a che spartire con quella del libro.
 Non si tratta di orgoglio campanilista né di "i panni sporchi ce li laviamo a casa nostra" di Andreottiana memoria. Io parlo proprio dell'inventare con cognizione di causa seduto in una casa a Roma (egli è figlio di un esimissimo psicologo, la famosa provincia manco col binocolo l'avrà mai vista), un coacervo di personaggi stralunati che per carità possono anche benissimo esistere (chi non ne ha conosciuti?), ma non possono far parte di un intricatissima rete di orrore perpetuo. Nei suoi libri i provinciali sono tutti: brutti al limite del lombrosiano, vecchi e con mogli vecchie a 40 anni, rimbambiti dalla tv, pedofili, dediti alle prostitute o alla prostituzione, pazzi violenti con figli cresciuti con metodi fascisti e lasciati a loro stessi perché gli assistenti sociali sono pure sfigati, figli di papà purulenti. Per non parlare di satanisti, insegnanti vergini, cubiste con aspirazioni televisive e ovviamente squallore suburbano a perdita d'occhio tra capannoni industriali, terre coltivate o non coltivate ('sta pora terra sia che si dia da fare sia che stia ferma, se non è dell'Urbe deve fa' schifo).
 Suppongo che, come me, buona parte delle persone che leggono questo blog provenga da una provincia. La domanda è: perché permettiamo che avvenga ciò? Perché dobbiamo scimmiottare la provincia americana, quando da noi è estremamente improbabile vivere in una casa piantata nel nulla come in Kansas? Io non dico che abitiamo tutti in luoghi fioriti, ma c'è modo e modo di descriverli e soprattutto di inventare una storia. Poi non possiamo lamentarci se della nostra somma narrativa contemporanea all'estero arriva Federico Moccia. Almeno lui a Ponte Milvio ci viveva sul serio.
La parrucchiera dove andavo durante l'università, estasiata, diceva che lui sì che aveva colto il vero spirito della loro zona.
 Ora tocca trovare qualcuno che colga il vero spirito del resto d'Italia.

mercoledì 25 settembre 2013

Sexy angeli caduti e vampiri con una certa inclinazione alla violenza vs giovani vergini tremanti. Ma questo strano schema amoroso non ricorda forse qualcosa?

So che mezzo web ha già scritto di questa passione dei vampairi, di sexy adolescenti assetati di sangue pronti a mettere la testa a posto sposandosi senza prendere fuoco all'altare, figliando anche post mortem bambini che non capisco bene come anche pindaricamente possano essere generati, quindi il mio post è diciamo non indispensabile. Tuttavia, se lavorate in una libreria, non potete rimanere muti davanti al gettito continuo di inquietanti storie di amore/sesso/violenza/non morti che arrivano ogni giorno.
 Premetto, se capitate nella sezione horror e date un'occhiata alle trame, sarete costretti a rivalutare "Twilight" e per tanti motivi. Io non lo metto alla pari con roba seria come i libri di Anne Rice,  lungi da me forever, dico solo che è sicuramente superiore e meno pericoloso dei suoi simili. 
 C'è infatti un aspetto molto frequente in queste storie a base di sangue caldo, donzelle terrorizzate e perenni battaglie per il possesso dell'unica inimitabile perfetta fanciulla (la protagonista ovviamente) che almeno in "Twilight" viene toccato in modo diverso: la violenza.
 E' ovvio che un libro che parla di non morti non sia all'acqua di rose, io non dico che non debbano volare paletti assassini o che la gente non si debba sventrare a mani nude, altrimenti che horror è? Quello che colpisce nella trama tipo è:
Non morto/Angelo caduto ha un problema. E' tipo in mezzo ad una guerra, ad un conflitto post-apocalittico, ad una faida familiare e via dicendo. Incontra lei, pura, bellissima, ingenua, solitamente vergine, in attesa del primo palpitante amore, terrorizzata dal mondo intero. Si incontrano in qualche circostanza di tragedia e si innamorano. Lei diciamo che istintivamente non si fida di lui perché insomma, l'ha visto sgozzare a mani nude sei persone o perché essendo un angelo caduto è malvagio e assetato di sangue umano, oppure tende a sventrare qualsiasi cosa si muova nell'arco di mille km, ma qualcosa la attrae irresistibilmente.
 A questo punto inizia tutto un: fremere, eccitare, palpitare, tremare, sussurrare, tormentare, sentire il sangue che pulsa, le labbra avide, le mani vogliose. Sì lui è violento, sì lui insomma vuole farmi la pelle e farsi una collana con le mie ossa, ma io io io sono irresistibilmente attratta. So che non è così malvagio, io lo salverò, lui guarirà o almeno mi farà vampira così saremo giovani, immortali, ma sono certa meno violenti, insieme e per sempre.
 Lui allora, tentenna si fa qualche scrupolo morale, cede alla violenza perché è la sua natura, poi si pente, chiede scusa, promette di cambiare perché vuole stare con lei, lei col suo amore l'ha cambiato. Poi vabbeh in tre o quattro libri (in cui solitamente arriva anche un bravo ragazzo, ma non immortale e troppo buono che quindi viene mollato in poche rapide mosse) l'amore trionfa e la violenza scompare.
 Spulciando questi vari titoli, mi sono fatta delle domande: che cazzarola di schema amoroso è, uno che ti propone come protagonista una donzella sempre tremante ed eccitata e un tizio violento assetato di sangue che si pente regolarmente? Mmm ma non mi ricorda qualcosa? Tipo uomini che menano donne che li giustificano sempre perché è la loro natura, ma il loro amore li cambierà?
 A me da adolescente piacevano da morire i libri di Anne Rice.

Non è che lei ci andasse leggera con la violenza, anzi, ma le storie erano fichissime. Innanzitutto i vampiri erano bisex, cosa che ti permetteva di circuire pure ragazzini che poi tanto indifesi non erano (Armand) e giornalisti vogliosi di una nuova gloriosa vita yuppie post mortem (in "Intervista col vampiro"), ma poi, pure le donne non è che te la mandavano a dire. Diventavano delle assassine violente pure loro: la madre di Lestat, Pandora, Claudia la ragazzina di 10 anni intrappolata per sempre in un corpo non suo. Altro che giovinette tremanti. Diciamo che c'era una cosa chiamata "Profondità psicologica" nonché "Capacità di intessere una trama".

 La signora Meyer, rea di aver ispirato i suoi mille mila epigoni come "I promessi vampiri", "Il bacio dell'angelo caduto" "A cena col vampiro" (by Abigail Gibbs, una 17enne che si definisce tossicodipendente di caffeina), aveva un'idea precisa quando ha creato Bella/Edward, ed è probabilmente il segreto del suo successo. 
 Lei, mormone praticante, voleva trasmettere dei valori bigotti: i due non fanno sesso prima dell'improbabile matrimonio, lui è vampiro, ma è buono (peraltro onore ad Edward quando capisce che potrebbe farle del male prende e la molla non è che rimane lì a tartassarla), i vampiri violenti sono cattivi e periranno nel dolore. Concezione elementare e infantile completamente opposta a quella di Lestat & co. (che infatti dentro sono adulti anche quando esteticamente rimangono adolescenti: Armand ha 16 anni e l'anima di uno di 500, Edward ha 17 anni dentro e fuori anche se dentro dovrebbe averne un centinaio in più), ma almeno sorretta da uno schema di valori espresso in modo molto forte.
 I suoi epigoni, che non hanno questo schema, fanno un gran mescolone.
A partire dalla scelta di usare ultimamente gli angeli caduti (come anche ne "Il bosco dei cuori addormentati"), dove in via teorica si dovrebbe sottolineare gli ambigui confini tra bene e male, in via pratica la scema di turno vuole redimere il cattivo di turno certa che tornerà ad essere buono grazie alla forza del suo incontenibile amore. Non chiedendosi mai molto seriamente per quale arcano motivo quest'angelo sia caduto (e se il motivo c'è al 90% è una cosa lacrimevole di cui scusarlo).
 Vi lascio con le parole della quarta di copertina di "L'angelo caduto" di Susan Ee:
"Non dormo da due giorni per paura di perdere l'unica occasione che potrei avere se l'angelo si svegliasse, solo per morire davanti ai miei occhi. Così addormentato sembra un principe azzurro (ndcs. questi angeli stanno devastando la terra). Sanguinante e incatenato nella segreta. Da bambina ho sempre pensato che sarei stata come Cenerentola, ma ora per come mi sono comportata, forse assomiglio di più alla strega cattiva. E d'altra parte Cenerentola non viveva in un mondo post-apocalittico invaso da angeli."
 Figliola, potevi almeno immedesimarti in una fiaba dove prima di diventare princineve biancaspessa non dovevi fare la sguattera per le cattive sorelle. E comunque non temere, sei in buona compagnia, anche la Marzano da piccola sognava il principe azzurro. Ora ha una cattedra alla Sorbona. Pensaci.
 Pensiamoci tutt*.
 Seriamente.

lunedì 23 settembre 2013

Breve carrellata dei magici incontri tra clienti in libreria! Dal professore con l'alunna, agli acerrimi nemici passando per autori stalker e mitomani di successo!

La domenica porta consiglio e si sa, sempre nuovi orrori. La magica giornata in cui si aprono le gabbie dell'umanità porta, davanti a chi dietro le sbarre c'è rimasto (tipo me), la più vasta delle carrellate antropologiche. Questa settimana, un episodio che di seguito narrerò, ha ispirato questo elenco degli incontri più tipici che avvengono in libreria.
 Come in tutti i posti dove la gente passa e spassa, e molto più di altri negozi perché in genere c'è mediamente meno caos (ergo più possibilità di notarsi a vicenda) e si tende a stanziare per più tempo alla ricerca della sempre più introvabile ispirazione per un buon libro, vi è in libreria una tendenza all'incontro che propone dei casi frequenti. Di seguito ve ne darò elenco, protagonisti e motivazioni.

 Perduti amici di infanzia che si rincontrano: Il mondo è un fazzoletto. Tu ignori che Peppuccio il tuo compagno di banco delle elementari si sia sposato, trasferito in Canada e fatto sei figli, poi, trent'anni dopo lo trovi in libreria a vessare il libraio di turno ed è subito amore fraterno.
 "Peppuccio mio da quanto tempo!" "Nooooo da quanto tempo tu!" "Che fine hai fatto? Sempre a leggere eh!" "Sì e tu? E tua madre e tua sorella e il tuo cane?" "Il cane è morto, gli altri bene!"
Insomma, tempo cinque minuti le grida di giubilo per questa commovente carrambata si spanderanno per tutta la libreria, attirando i curiosi pronti a gioire per interposta persona, e i molesti pronti a rumoreggiare stile telefonino che suona in mezzo alla messa: "Eh, ma un po' di rispetto, qui c'è gente che legge"
  Gli incontri dei perduti amici e fratelli durano in genere una molestissima mezz'ora che si conclude con un "Non facciamo ripassare trent'anni" che verrà opportunamente dimenticato appena fuori dal negozio.

Perduti nemici d'infanzia e di vita che si incontrano:
Ogni tanto si assiste a queste surreali scene da film in cui un tizio, se ne sta pacifico a leggere un libro, quando, con la coda dell'occhio, scorge lui. Il nemico. Qualcuno che aveva avuto la saggezza di non rispondere alle sue chiamate, mail, sms, lettere, richieste di incontro tramite interposte amicizie e inimicizie, entra ignaro in libreria e fiuuuum finisce tra le sue grinfie. Inizia allora un balletto minaccioso che ti fa sempre domandare se non dovresti chiamare la polizia.
 "Ehi tu, finalmente ti vedo!" "Ah, lasciami in pace. Non parliamo qui!" "E invece proprio qui parliamo perché non rispondi st***o??" "Non mi pare il posto pr litigare." "E invece lo è!"
Il mondo è un posto pericoloso, pieno di gente strana, con conti in sospeso, debiti, denunce pendenti, tradimenti matrimoniali, bancarotte fraudolente. E sì anche la pacifica libreria fa parte del mondo.

Il professore e la studentessa:
Anziani tremebondi e tranquilli sono lì, in pace, che si leggono l'ultimo libro sulla prima guerra mondiale (di cui tutta una fascia di anziani è superfan, la II guerra la lasciano ai 50enni, non so perché), quando ecco avvicinarsi lei, la ragazza/donna scosciata, con capello fluente e stivale alla moda che, orrendamente, li riconosce.
 "Professoreeeeeeeeeeeee", miagola rischiando di fargli saltare il bypass.
 Comincia allora lo stalking: "Ma cccccome? Non si ricorda di me? Circa 8 anni fa, lei ha fatto una supplenza di mezz'ora nella mia classe! Non può non ricordarsi di noi! Eravamo i più pazzi pazzi dell'istituto!".
 L'anziano allora ha due possibilità: dire che no, lui ha sempre fatto il camionista, altro che professore lei si sbaglia, oppure fingere di ricordare e inventare cose a caso. Nel 100% dei casi, forse per educazione, l'anziano dice che sì, si ricorda, anche se non rimembra una mazza. La ragazza allora attacca un soliloquio di un'ora in cui racconta la sua vita, i suoi successi scolastici, l'importanza per lei di quella supplenza, che fine hanno fatto TUTTI gli altri alunni ecc. ecc. L'anziano stordito vorrebbe evidentemente scappare, ma nulla può salvarlo. 
 Se comunque non è supplenza sarà stato un seminario universitario o mezza giornata di orientamento. Ma si sa, tutti ci crediamo indimenticabili.

Il mitomane al 90% e il fesso che ci casca:
 Talvolta vengono in libreria questi strani soggetti che al 90% sono dei mitomani, ma a cui non riesco a negare un 10% di fiducia. Parlano con cognizione di causa, hanno qualcosa di molto serio. Ma. Sostengono di aver tradotto Gramsci in svedese, di essere gli autori dell'ultima edizione commentata della Divina Commedia in turco o dei miliardari in vacanza. Insomma, c'è di che instillare il dubbio. Un esempio che si è palesato ieri, spiega bene quello che voglio dire. Arriva questa anzianissima, accento inglese, curata, che mi prega di consigliarle dei libri di filosofia perché presto partirà per Dubai, e vuole leggere buoni libri sotto il caldo sole. Io, che di filosofia non ricordo nulla, mi arrampico sugli specchi finché arriva il fesso. E' un uomo ben vestito, di corsa, mi chiede un libro di Sennett, il sociologo che per lui però è filosofo ed indignato mi comunica che no, non posso tenerlo tra i libri di sociologia. Mentre tento di non farmi partire un embolo, l'anziana dice "E' vero! Sennett se la prenderebbe. Sa è un mio caro amico, come lo era Chomsky del resto." A queste parole voi che fareste? Prendereste il libro e via come il vento.
 No. Il fesso rimane estasiato e comunica tutto il suo cv all'anziana, che intanto afferma di aver tradotto Heidegger in inglese e di tenere un colto salotto a NY dove sono passati un po' tutti da Warhol al pupazzo Gnappo. Il fesso è sempre più estasiato, cade in adorazione e comincia a chiedermi millanta libri che vuole consigliare alla signora. Credo si veda a NY a pasteggiare con Chomsky, Keith Haring e il Che.  Li lascio ad amoreggiare tra loro. 
 Poi chi può saperlo, magari io sono una cretina e la signora davvero una delle intellettuali più in vista di NY. Concedo sempre il beneficio del dubbio.

L'autore e i clienti:
Eccolo. Si apposta. Come un predatore nella savana si mimetizza con gli altri, egli è leone gli altri gazzelle, ma gli altri non lo sanno. Ignari, si avvicinano ad alcuni libri generici di narrativa sotto la lettera K. Magari vogliono Kafka, ma sono indecisi. Temporeggiano e sfiorano un libro, forse a caso, forse per curiosità, ed è lì che il predatore coglie l'attimo. 
 "Saaaaaaaaaaalve, scusi se la disturbo, passavo per caso di qui, ma sa che io sono l'autore del libro che ha tra le mani?".
 Alcuni clienti fanno smorfie come a dire: sei pazzo o chissenefrega. Altri no, cadono in adorazione. Magari il libro si chiama "Peccami" e parla delle pornoavventure di una suora carmelitana scalza del XIII° sec. che mai avrebbero comprato, ma davanti ad un AUTORE in carne ed ossa, molti si sciolgono. Inizia un vicendevole gorgheggio di "Come sei bravo" "No signora che dice" "Ma no sei bravo davvero" "Sì forse lo sono sul serio" che termina in verità molto spesso con l'abbandono del libro da parte del deliquiante cliente. Sei bravo sì, ma insomma, il soldo è soldo e non so se "Peccami" a casa mia ci starebbe poi così bene, ma vedrai ti farai strada.

"Peccami" ovviamente è un parto della mia mente (anche se temo che qualcuno abbia davvero partorito questa trama). Tutto il resto invece è reale realtà. 
E voi siete stati vittime di qualche delirante incontro mentre, ignari, vi appassionavate a qualche quarta di copertina?

domenica 22 settembre 2013

Cose realmente avvenute! Lo giuro! Le vergogne dei clienti...

Alcuni clienti chiedono talvolta dei libri che sono o loro stessi ritengono imbarazzanti, tipo il Kamasutra o le tecniche di bondage. Ciò che sono in grado di inventare in questi casi è materia di studio e di futuro post. Ci sono però dei casi esilaranti, il recente libro di Naomi Wolf ha dato vita ad un siparietto che è risuonato per tutta la libreria.


Ps. Sì lo scanner stasera è stato particolarmente poco collaborativo..

Cose realmente avvenute! Lo giuro! Gli imperdibili indizi dei clienti...



I personaggi famosi e i loro danni. E ovviamente gli imperdibili indizi dei clienti, portati a ricordarsi tutto di un libro, dal prezzo, al colore della copertina, alla posizione in libreria ma NON il titolo né l'autore.
 "Vorrei quel cibo che vendete, è bianco, forse liquido e si usa per fare i mignon."
 Avete mai visto una richiesta del genere al supermercato?

venerdì 20 settembre 2013

Borghesia borghesia per cattiva che tu sia. Post di sfogo politico: cosa spinge una persona a comprare gli aforismi di Agnelli e a votare un certo imprenditore?

Alcuni eventi della mia vita mi hanno indotto ad uno status che poco si accorda, assai probabilmente, col XXI° secolo. Tale movimento dell'anima non si quieta neanche dopo tempo: trattasi della mia profonda avversione (odio pare brutto ma potrebbe anche essere) verso la borghesia.
 
Quando ero alle medie credevo molto ingenuamente che i borghesi fossero questa classe sociale formatasi perché in sostanza l'aristocrazia non faceva una beneameata mazza campando sul latifondismo e i servi della gleba. Mentre principi e visconti se ne stavano in panciolle sui loro enormi cuscini piumati aspettando la decima, avvocati, commercianti e uomini brighevoli di estrazione sociale più bassa diventavano sempre più ricchi grazie al loro duro lavoro (dovremmo dare una rivista ai libri scolastici credo). Alle superiori, si iniziava ad avere un quadro un po' più chiaro della faccenda, ma c'è da dire che se non si vive in un contesto fortemente borghesizzato rimane sempre un po' tutto nel boh, chissà de che stamo esattamente a parlà? Non riesci (o almeno io nella mia tontaggine non riuscivo) a fare alcuni collegamenti fondamentali. Fino alla V superiore, avevo l'idea confusa, probabilmente generata dalla scuola pubblica che fossimo davvero tutti uguali e davvero il più bravo dei bravi sarebbe giunto in cima alla catena alimentare del successo. 
 Poi, fortunatamente, ho messo piede all'università e sdeng, ho capito finalmente che la borghesia andava  ben oltre il pur bel romanzo di Moravia, "Gli indifferenti".
 Me lo diedero da leggere al liceo, a molte mie compagne non piacque, io ci vidi una sorta di profonda vendetta verso un mondo che meritava di ripiegarsi su se stesso e morire. Se Carla preferisce sposare un ricco uomo che prima se la faceva con la madre pur di vivere negli agi, e il fratello vuol vivacchiare depresso, nel tipico sconforto blasè di chi non ha un cavolo a cui pensare, cavoli loro. Era anzi, a mio parere un trionfo del bene.
 Se ben osservata, la libreria offre una risposta al perchè il nostro paese sia tra le grinfie di un chiacchierato imprenditore da così tanti anni, tanto da aver quasi festeggiato i vent'anni di regno quasi ininterrotto. 
 Nella sezione di economia c'è un ripiano piccino picciò abitato da questi libri sulle biografie dei grandi imprenditori o delle grandi famiglie industriali dell'Italia e in the world. Ovviamente i signori incontrastati del settore non possono essere altro che gli Agnelli, sviscerati in ogni loro forma e sottoforma. 
 Ebbene, vendono in modo inquietante. Voi direte, vabbeh, gli Agnelli tra morti, amanti, principesse, intrighi di potere e compagnia bella, sono un boccone molto ghiotto, è tipo leggere "Beautiful", ma vero. E vi do ragione. Ma l'anno scorso, in occasione del decimo anniversario della morte del caro avvocato (a 10 anni sappiate che scatta la santificazione, quest'anno è toccato ad un imprenditore morto suicida durante tangentopoli: bello, ricco, sì ladro, ma stai a guardà il capello?) ci è giunto in libreria un tomo che per qualche tempo è stato vendutissimo.
 Titolo: "Mi piace il vento perché non si può comprare" by Gianni Agnelli. Una sorta di raccolta di aforismi/pensieri/imperdibili perle del proprietario della Fiat.
 Adesso, di titoli orrendi ce ne sono tanti, (l'altro giorno ne è arrivato uno di religione che raffinatamente si chiama "Chi non muore si rivede", sì stiamo parlando dell'aldilà), ma questo non solo è orrendo, è sfacciatamente sincero. Uno degli uomini più straricchi d'Italia il cui degno nipote sta divorando un'industria col concorso di un manager che se rinunciasse al suo stipendio sfamerebbe tutti gli operai di tutte le fabbriche in barba alla crisi, ti dice vezzoso che insomma, il vento è fico perché supera la tua capacità di ottenere tutto coi soldi. Cazzarola che profondità.
 Ecco questo libro è stato vendutissimo, te lo chiedevano! Ah, il povero avvocato, ah la santificazione postuma! 
Mi chiedo come non si rendano conto che il signor dottor industriale li avrebbe guardati con lo stesso sguardo di benevolo disagio, un po' paternalistico, che la moglie sciura dell'imprenditore ai cui figli rincoglioniti facevo ripetizioni, mi fissava. "Sa", mi diceva in ansia. "Dovrebbe fargli fare tutti i compiti della settimana oggi, perché poi andiamo in Svizzera a sciare tre giorni e non vorrei fossero disturbati dallo studio."
 I pargoli che non devono essere disturbati mentre sciano, avranno un giorno molte più possibilità della maggior parte dei figli di coloro che, boccaloni, comprano la raccolta di aforismi di Marchionne "Chi comanda è solo" (sognando che un giorno il loro pargolo diventi un bel padroncino come lui).
 C'è un libro della Feltrinelli, uscito quest'inverno di Susan George, si intitola: "Come vincere la guerra di classe". Molti diranno: stiamo ancora qui a raccontarcela e a parlare della lotta di classe, così non andremo mai avanti. Ma voltando il retro ci si accorge che il titolo non deriva da una massima di Marx, ma direttamente dalla viva bocca di uno degli uomini più ricchi del mondo, una delle grandi star della leadership, che migliaia di uomini in tutto il mondo non solo seguono, ma arricchiscono comprando i suoi libri.
"C'è una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo"
 Warren Buffett, la terza persona più ricca del mondo.

ps. Oggi volevo in verità parlare di tutt'altro, ma la visione di "Viva la libertà" di Roberto Andò e gli scempi che stanno accadendo in questi giorni, tra cui un certo videomessaggio, mi hanno sospinto verso questi momenti di ribellione molesta. Domani rientrerò nei ranghi, promesso.

mercoledì 18 settembre 2013

Distopie poco conosciute. Il gemello cattivo di "1984", mondi antiglobalisti, il momento prima del caos e mostruosi uteri in affitto!

 Di tutti i post che ho scritto nessuno ha riguardato libri di fantascienza tranne quello sulla fantascienza femminista. Dite, "Non ne sentivamo la mancanza" e potrei pure darvi ragione.
  Come detto in quell'occasione, non sono mai riuscita a digerire Asimov, navicelle, guerre con raggi cosmici, alieni e scontri di reciproca baldanzosità. Un genere che però ha sempre fatto molta presa su di me, è la distopia. Essendo portata per mia natura a pensare sempre che accadrà il peggio e solo il peggio, non c'è genere che rispecchi meglio le mie fantasie catastrofiche di uno che mi rassicura sul fatto che sì, un giorno scoppierà la terza guerra mondiale, noi donne verremo recluse in pieno medioevo style e torneremo ad un'epoca preilluminista. Parlarvi di "1984" però sarebbe troppo facile nonché inutile, Orwell non ha certo bisogno di una nuova recensione, tanto meno la mia. 
Oggi volevo perciò consigliarvi tre distopie che ho casualmente incontrato nel mio percorso di lettrice, bivaccando per mercatini dell'usato, prestiti di amici e biblioteche (che sì, non riservano solo orrori a base di Terry Grisedu).
Karin Boye
 Inizio con "Kollacaina" di Karin Boye, autrice svedese che riversò in questa sua opera, scritta in piena II guerra mondiale (1940), tutte le sue angosce. Il romanzo, è ambientato in un'indistinta società molto rigida e ipercontrollata ispirata in qualche modo ad un regime comunista (ma non sarebbe neanche esatto definirla così, perchè la Boye non descrive mai bene la struttura di questo stato) e ha per protagonista un eroe negativo. Leo Kall, il protagonista, è uno scienziato completamente dedito al regime, ci crede, lo adora, lo ama al punto da tradire i suoi amici, da sacrificare i suoi affetti e da inventare un serio della verità che appunto impedisce di mentire e che in mano al regime può diventare un'arma devastante. A questo punto i filoni su cui il libro si divide sono due: la potenza di un serio della verità sull'essere umano che  per sua natura è ambiguo e prima o poi, ha mentito o pensato qualcosa che deviava dalla normalità imposta, e il percorso interiore di Kall. L'odioso Kall è la tipica persona estremista perché ha qualcosa da nascondere, come l'omofobo che in realtà è un omosessuale represso. E infatti, in molti ritengono rispecchi il complesso mondo interiore della stessa Boye, lesbica che faceva di tutto per combattere la sua natura, al punto che infine si suicidò.
 Ve lo consiglio per fare un raffronto con "1984", la scrittura è di tutto rispetto, ma le domande, seppur in un contesto simile, sono altre. Persone e personaggi diversi generano, seppur in contesti simili,  dubbi diversi.
 Il secondo libro è "L'intervento" by Julian May
 Julian May fa parte di quella generazione in cui le autrici di fantascienza donne erano spesso costrette a usare pseudonimi maschili, perché, in un'epoca in cui sulle copertine apparivano giovani donne seminude in attesa di essere spolpate da un granchio spaziale, non si dava una grande credibilità ad un'autrice di sesso femminile. Scrisse due considerevoli serie, "La saga dell'esilio nel Pliocene" e "Il ciclo del Milieu Galattico".  "L'intervento" è il libro che raccorda le due saghe e può essere letto in modo a sé stante.  
 Alcuni esseri umani stanno per scoprire di possedere straordinari poteri psi tanto da indurre una sorta di civiltà galattica di livello superiore a decidere di inglobare la terra. La grande civiltà non si vede mai, non ci sono alieni, non c'è guerra, ma c'è tutta la confusione, l'ingordigia, la malvagità, la paura, il coraggio, che l'umanità è in grado di sprigionare il momento prima del caos, quando si ritrova davanti a qualcosa che non può comprendere ed è enorme, un cambiamento troppo grande.
 Io lo scovai ad un mercatino dell'usato, vi straconsiglio di cercarlo in biblioteca. E' davvero fantastico.
 The last but not the least, voglio consigliare ancora un libro e un'autrice. 
 Il libro è "La salvezza di Aka" del "Ciclo dell'Ecumene" di Ursula K. Le Guin. Ambientato in un futuro in cui molti pianeti si sono uniti in un'alleanza chiamata Ecumene, vede la studiosa Sutty inviata sul pianeta Aka (stile inviata dell'Onu in Siria), a controllare che la cultura locale venga preservata e non inglobata da quella dell'alleanza. Sutty, (che proviene da una terra ormai sconvolta da un terrorismo di matrice religiosa), scopre che gli abitanti di Aka debbono nascondere tutto quello che definiscono e includono in una misteriosa tradizione chiamata "La narrazione". Non si comprende mai esattamente cosa sia, in ogni caso il grande stato/azienda che impera ad Aka, ansioso di ingraziarsi l'Ecumene e di raggiungere i suoi livelli di progresso, perseguita tale Narrazione con sistematicità crudele. E' un'opera che definirei, personalmente, antiglobalista, (e che somiglia a grandi linee in modo straordinario ad un evento recentemente accaduto ad un paese ansioso di entrare in una certa comunità di stati europei), che con la scusa della fantascienza sottolinea le profonde contraddizioni del capitalismo e del progresso posto come bene assoluto.
Notare la copertina classica
donne/fantascienza=
 seni al vento
 Infine, visto che questo post è già abbastanza lungo, voglio citare Octavia Butler. Tra le primissime donne di colore a primeggiare nel campo e unica donna in assoluto ad aver vinto finora il premio McArthur, si interessò in particolar modo alle implicazioni profonde insite nella capacità di "generare" vita. Postulò incroci tra alieni e umani in quanto ibridi genetici, "uteri" vicendevolmente in affitto, rapimenti e adozioni. Particolarmente importante è "Bloodchild" (trad. "Figlio di sangue) contenuto in Italia nella raccolta "Aliene, amazzoni, astronaute"ed. Mondadori.
 Mi spiace di aver consigliato solo donne. In realtà leggo anche molti autori uomini ovviamente. Tuttavia, come detto, a lungo si è creduto che le donne non fossero adatte a scrivere di fantascienza e le loro opere ignorate o coperte dall'oblio. E visto che questo è un post sulle distopie meno conosciute, ho finito per parlare solo di donne. 
 Se qualcuno ha già letto qualcuno di questi libri mi farebbe piacere ovviamente conoscere la loro opinione!

martedì 17 settembre 2013

Il pregiudizio in editoria/libreria. Quando autori, generi e tipologie di libri vengono arbitrariamente considerati inferiori o ficcati in sezioni in cui non c'entrano niente.

Uno dei commenti al post dei libri pop-up mi ha convinto a scrivere questo post che già frullava da un po' di tempo nella mia testa: la disposizione arbitraria che si appioppa in libreria (con la gentile collaborazione, talvolta, dell'editoria) ad alcuni generi, argomenti e autori in sezioni che non c'entrano assolutamente nulla.
 Il mondo è ovviamente ricco di pregiudizi: se sei lesbica devi portare i capelli corti e amare il calcio, se sei gay devi essere effeminato e amare la moda, se sei maschio apprezzare le macchine, se sei femmina lodare il tacco alto. Anche la disposizione libraia non resta indenne da tali preconcetti, ecco a mio parere i più frequenti e insensati.

LIBRI POP-UP/ILLUSTRATI E FANTASY/FANTASCIENZA:
Qualcuno, non so quando e non so come né perché, ha deciso che gli unici ad essere autorizzati ad apprezzare questi generi siano i bambini. Il fatto che un treenne possa strappare a mani nude un pop-up artistico e ignorare placidamente che un famoso artista abbia illustrato "Cappuccetto rosso", non tange. Peggio va al fantasy e alla fantascienza,  equamente suddivisi tra bambini e adulti con criteri che fatico a comprendere. 
 Licia Troisi e Paolini sono per ragazzi, Terry Brooks e Dragonlance per adulti, segno che la discriminante non sta neanche nella presenza di draghi, maghi e condottieri. C'entrano forse le scene di sesso? Non mi pare di ricordarne manco una nei primi terribili libri della saga di Shannara. Il risultato, in qualsiasi caso, è che vedi adulti sgomenti e talvolta rinuncianti, quando scoprono che Ray Bradbury e Ursula K. Le Guin sono stati infilati accanto a Percy Jackson.
LIBRI GLBT: 
Questa è una cosa che mi ha sempre fatto infuriare. Quando cercavo una delle innumerevoli raccolte de "Le principesse azzurre" prontamente le trovavo infilate nella sezione di erotismo, che all'epoca ancora non scoppiava di epigoni delle 50 sfumature. Si ritiene che se un libro è a palese tematica glbt, meglio se lesbica, vada infilato non in narrativa normale, ma accanto a De Sade. Perché? E' come quando, parlando dei diritti gay, le uniche immagini messe a corredo degli articoli fanno vedere uomini nudi. 'Sta mania di collegare omosessuali e sesso deve finire.

LIBRI ROSA: La sezione di libri rosa è a mio parere quanto di più sessista esista. E' vero che sciure e le giovani donne rampanti (in genere future sciure) prediligono storie di cupcake, amore, principi azzurri ricchissimi e lavori stravolgenti a New York, ma è anche vero che, come ho dimostrato, pure gli uomini si fissano su romanzi di avventura maschia, bombe, aeroplani, guerre, spie che salvano il mondo, giungle, antichi vasi da portare in salvo. Non si è però mai vista una sezione di "Narrativa azzurra". Così non ti ritrovi la Kinsella vicino a Tolstoj, ma Christian Jacq sì.

Tale discorso si va a collegare a quello più ampio degli:

AUTORI ARBITRARIAMENTE CONSIDERATI MINORI.
Ovviamente anche la copertina
è da romanzo rosa.
Ci sono autori, più spesso autrici, che vengono svilite a priori. Spesso si ritiene che se una donna scrive d'amore, allora starà dicendo sicuramente qualche cretinata, quindi va messa d'ufficio nella narrativa rosa. Si arriva a degli abomini che vedono la bravissima Fannie Flagg accanto a "Amore, zucchero e cannella", mentre Federico Moccia, malgrado scriva porcherie di pianiste innamorate con mariti invalidi e ragazzini dediti allo stalking molesto, no. 
 Fannie Flagg, che ci tengo a ricordare, è l'autrice del celebre "Pomodori verdi fritti", che non è per niente un libro zuccherrino, ma una bellissima storia lesbica che parla tra l'altro della violenza insita nella società e del periodo della segregazione razziale. Quest'autrice del profondo sud degli Stati Uniti, narra con grazia solo apparente un contesto sociale fortemente chiuso, razzista e spesso sessista, senza che i suoi libri risultino mai noiosi o tristi. Una cosa che richiede una notevole dose di talento, che noi appunto vediamo bene di ficcare vicino a donne leziose che impazziscono per l'ultimo modello di scarpe di Louboutin.

CLASSICI CHE NON SI SA PERCHE' SONO PER RAGAZZI: 
 Calvino è per ragazzi. Si è deciso così. In genere non "Il sentiero dei nidi di ragno" che ha un ragazzo per protagonista, ma parla della guerra, ma tutto il resto sì. Come Swift, nonostante tutta la sua filosofia e il povero Verne. Io non dico che bisogna trattare i ragazzini come dei cretini, come troppo spesso ultimamente si fa, dando loro cose sempre più facilitate. Dico semplicemente che la mia maestra in V elementare ci fece leggere "La fattoria degli animali" del povero Orwell, di cui non capii francamente (e ovviamente) nulla e non solo perché non conoscevo la grande parabola sul comunismo. Afferravo che si andava oltre la dicotomia bene/male, che le pecore erano stupide e che il cavallo gran lavoratore Gondrano (nella mia traduzione ebbene si chiamava così) che alla fine viene mandato al macello, era stato fregato in un quale modo, ma c'era qualcosa che proprio non andava. Era semplicemente un libro, che per quanto abbia per protagonisti degli animali, non va dato a bambini di 10 anni. Animale come personaggio non dà sempre bambino come risultato.


IL GRANDE MONDO DELLA NEW AGE/ESOTERISMO:
Il grande mondo della new age ha fatto danni un po' in tutti gli argomenti. Rimane dunque arbitrario il motivo per cui infiliamo Osho e parte di Jodorowsky qua dentro, mentre la PNL si aggira indisturbata in economia e l'enneagramma in psicologia. Capisco anche che se ci mettessimo ad infilare i libri sulle diete psicomentali e le grandi regole per imparare ad amarci qui dentro, praticamente avremmo occupato mezza libreria.
 Stessa storia vale per l'esoterismo, in cui a mio parere andrebbero infilati tutti quei libri di esorcismo che abitano la sezione di religione. Se il cattolicesimo non fosse la confessione principale degli italiani, padre Amorth e tutte quelle perdibilissime memorie di gente posseduta starebbero tranquillamente accanto agli innumerevoli libri su Rosacroce e Alieni.

E voi? Ritenete ci siano dei libri/generi che vengono messi in posti completamente sbagliati solo in nome del comune pregiudizio?

domenica 15 settembre 2013

Mysteriosi manoscritti di giochi e scacchi! Il "Libro de los juegos" e il "De ludo scachorum", quando gli antichi ne sapevano già molto più di noi.


Come ho già scritto, il mio modello di vita lavorativo fin da bambina è sempre stato il caro Indiana Jones. Costui è il principale artefice delle mie disgrazie lavorative, avendomi indotto a studiare cose che ancor oggi considero spettacolari, ma che insomma non è che ti lancino proprio nel mondo del lavoro del XXI° secolo.
 La sezione di archeologia/libri antichi, per piccina che sia, esercita perciò su di me il tipico fascino dell'ex a cui una non vorrebbe più cedere, ma che alla fine in qualche modo ti irretisce di nuovo tragicamente. 
Dalle sue splendenti nebbie è apparso questo libro fantastico  "Il labirinto dei giochi perduti. Giochi da tavolo dal mondo antico al medioevo" di Ezio Zanini ed. Il Cerchio.
  Faccio ancora parte di quella generazione che nella sua infanzia invece di trafficare con videogiochi (che comunque c'erano in abbondanza) o pc (che invece erano ancora in divenire), si lanciava in indimenticabili giochi da tavolo. Questo nobile passatempo, affonda le sue radici nella notte dei tempi e molto spesso, nelle varie culture nascondeva spesso significati simbolici e astrazioni logico-matematiche che popolavano le fantasie e i mondi di culture diverse. Il libro è ben costruito, divide i giochi in sezioni a seconda delle modalità di gioco (scacchi, dadi, su tavola ecc.) e si rifà ampiamente a quel capolavoro che è il "Libro de los Juegos".
 Per chi non lo conoscesse, trattasi di un manoscritto meraviglioso, con straordinarie miniature commissionato dal re di Spagna Alfonso X il saggio più o meno a metà del 1200. Si ritiene, sia dalle miniature che dalla completezza delle informazioni e dai giochi in esso catalogati ed esplicati, che sia frutto del lavoro di studiosi delle tre diverse religioni monoteiste, e proprio per le sue forti influenze islamiche viene considerato un particolare capolavoro.
 Nel "Libro de los juegos" non si affrontavano solo problemi matematici (soprattutto di scacchistica) particolarmente complessi, ma un'intera concezione cosmica che veniva in tal modo tripartita:


1) Giochi di dadi, considerati a prescindere inferiori agli scacchi, rappresentavano in modo allegorico la totale casualità della vita e il concetto di predestinazione.
 Insomma, "Forrest Gump" all'ennesima potenza.






2) Gli scacchi, frutto unico dell'ingegno del giocatore, rappresentava il concetto di libero arbitrio e di poter forgiare il proprio destino grazie alle capacità personali. Ovviamente era il gioco star.




3) Le tavole. Quei giochi in cui la congiunzione di casualità e ingegno veniva posta come ideale compromesso tra le parti dal buon Alfonso X, uomo che alla mediazione, anche interculturale ci teneva. Un destino era frutto del libero arbitrio e di una dose di casualità (come anche Machiavelli dixit).


Interessante il modo in cui vengono rappresentati i giocatori accaniti (Alfonso era un fan de los juegos, ma condannava duramente l'azzardo): completamente nudi. Privi di dignità e spogliati dei loro beni, sicuramente incapaci di qual che fosse allegoria.
Capolavoro manoscritto successivo e tutto italiano di tale tradizione è il "De Ludo Scachorum" del frate mito di generazioni di ragionieri, colui che inventò la partita doppia: Frà Luca Pacioli. Costui, grande matematico e appassionato di scacchi e giochi logici, scrisse un manoscritto illustrato nientepopòdimeno che dal buon Leonardo da Vinci, il "De divina proportione".
Nel suo trattato scacchistico, casualmente ritrovato solo nel 2006 (ah, la storia dei fortunosi ritrovamenti librari merita un post a sé!), forse anch'esso illustrato dal buon Leonardo, racchiuse più e più strategie logico-matematiche particolarmente complesse, (che per lui che lo definiva un iocondo tractato, non dovevano essere poi così difficili, beato...).
 Non potendo purtroppo accedere direttamente a tale meraviglia, possiamo però gettarci nella lettura e risoluzione de "I giochi matematici di Frà Luca Pacioli. Trucchi, enigmi e passatempi di fine Quattrocento" di Dario Bressanini e Toni Toniato, ed. Dedalo.  Il libro presuppone che si sia degli sfigati del '400 privi di divertimenti in una notte d'inverno. Io direi che possiamo anche essere dei nerd del XXI° sec. che molliamo Dungeons&Dragons per una serata e proviamo a capire come fare scacco al re di tre rapide mosse.

 Spero di non avervi annoiato. Personalmente trovo che poche cose al mondo siano affascinanti quanto queste opere fantastiche, ingegnose e misteriose che giungono terribilmente moderne fino a noi.

sabato 14 settembre 2013

I libri peggiori che io abbia mai letto. Chi se la canta e se la sòna, chi tenta tarantinate terrificanti e chi ci aggiorna sulla sua cartella medica.

Pensavo di scrivere un post diverso, poi oggi mi sono infognata in una discussione con alcune mie colleghe sulla presunta profonda bellezza dei leziosi, inutili e fatui libri della Nemirovsky.
Di costei, poiché ho in genere la pessima idea di cedere talvolta alle sevizie libresche dei miei amici ("Devi leggere questo libro, devi assolutamente leggerlo, no per forza DEVI leggerlo. LEGGILO"), ho letto due libri che ho trovato pessimi. Nonostante sapesse scrivere, fa parte di quel genere di scrittori che come si dice prosaicamente  "Se la cantano e se la sònano". Cioè ha usato il suo talento per lasciare ai posteri le risparmiabilissime tracce di quel mondo aristocratico, con la puzza sotto il naso, con problematiche (per me) inesistenti come lo status sociale e il giusto modo di dare una festa,  e per descrivere orridi rapporti madre e figlia circondati tra trine sbrillucicanti.
 Se volete farmi arrabbiare proponetemi un libro in cui l'autore/autrice butta il suo talento nel cesso per descrivere il nulla pneumatico (e non nel senso di vuotezza della vita, ma nel senso di frescacce vere e proprie).
 Ci son però altri libri che meritano di finire nella mia classifica personale delle schifezze. Alcuni perché scritti male, indigeribili, ingestibili, altri perché mi chiedo perché siano stati pensati, scritti, pubblicati e financo in alcuni casi pure tradotti.
 Un libro il cui orrore non mi abbandona neanche a distanza di anni è "Belle anime porche"di Francesca Ferrando ed. Feltrinelli.
Fu un errore di biblioteca. Una di quelle volte in cui mi sentii ispirata da qualcosa, suppongo dal fatto di voler donare il mio tempo e fiducia ad un autore mai sentito in vita mia.
 Venni catapultata nella storia di una disadattata di provincia di nome Terry Grisedu sempre sporca, con problemi di converse, una famiglia devastata e devastante con patrigno violentatore annesso, dalla quale scappa dopo aver subito sevizie (vi risparmio come sua madre l'ha concepita). Fuggendo fuggendo anche lei trova il suo cammino di Santiago subumano e incontra mille e più persone sulla sua strada: un ragazzino gay con l'aids, un tizio che la infiocchetta come un porco (perché dimenticavo di dire è pure obesa) e cerca di venderla ad alcuni mafiosi pedofili, da cui però lei riesce a scappare. Mentre aspetta che i mafiosi la riacciuffino perché ha furbamente rubato loro del denaro, incontra una barbona, la quale come tutti i barboni di tutti i film/libri maledetti custodisce nei suoi occhi perfetti il vero segreto della vita. L'incubo non finisce perché: viene riacciuffata dalla mafia, torturata, messa in galera, vive una storia lesbica con una tizia, poi finalmente esce e torna a casa dimagrita.
 Vi giuro che la trama è questa. E' la classica cosa tarantiniana che può fare SOLO tarantino. In mano al resto del mondo conosciuto diventa un ammasso di assurdità misto a disgustosità misto ad ovvietà.
 Penso che il buon Giangiacomo all'idea che la sua casa editrice sia stata usata per pubblicare 'sta roba (oltre che Moccia ovviamente) si stia rotolando nella tomba come un rullo.
 Altri libri meritano il mio disprezzo per altri motivi. Potrei  citare la biografia di Pocahontas, ma non sarebbe giusto. Più giusto è chiedersi il motivo di una cosa come: "La donna che trema" di Siri Hustvedt, meglio conosciuta come madame Paul Auster.
Mrs Paul Auster (che viene presentata al mondo come intellettuale anche in nome della sua coniuganza), è stata in grado di scrivere e mandare per il mondo un libro su un disturbo psicosomatico di cui soffre e sulle analisi che i medici le hanno fatto.
 Non succede niente, è tutto un "Il luminare x mi ha detto che forse è una carenza di vitamine", "Il dottor Y mi ha fatto notare che c'entra il rapporto con mio padre" e via discorrendo. Zzzzzzzz. La domanda è "Perché???", a noi, con tutta la compassione e la solidarietà che possiamo provare verso le crisi di questa donna, che ce frega della sua cartella medica?? Voi direte: in realtà c'è un sottotesto sul significato della malattia, della vita, della spiritualità. No, non c'è niente ve lo giuro, e se qualcuno lo ha trovato me lo faccia sapere.
 The last but not the least, non può non mancare la già citata, colei per la quale ho subito un linciaggio virtuale su Anobii, il mito della sciura: Margaret Mazzantini.
 Come troppi ho letto "Non ti muovere" e pure fino alla fine.
Un libro di straordinario becero maschilismo (oltre che scritto in modo pessimo a mio parere) che questa intellettuale dei nostri tempi (un tempo c'era Pasolini mò c'è la Mazzantini, rendiamoci conto del degrado morale) ha voluto donarci in milioni di copie.
 Io, nella storia che Penelope Cruz ha tanto amato, non vedo la traccia di questo amore sconvolgente che fa stracciare le vesti alle sciure: un professionista violenta una poveraccia, la quale rivede in lui il padre stupratore, ne diventa vittima consapevole (non riuscirò mai a dimenticare il disgustoso pezzo in cui lei conserva le unghie dei piedi che lui si è tagliato a casa sua) in un eterno gioco di carneficina, poi abortisce da una mammana (ma l'ospedale no? Ok che a suon di ipocriti medici obiettori dalle mammane ci torneremo, ma insomma...) e muore tra le braccia di lui, il quale peraltro sta per avere un figlio dalla moglie (dipinta ovviamente come una strega malvagia).
 Ancora non riesco a capire questa grande storia d'amore dove sia. Mi sfugge, giuro. Di "Venuto al mondo" non parlo perché ho letto solo le prime 100 pagine (ostico regalo di Natale riregalato subito) che ho trovato al limite della licenza media.
 Non accetto che si pensi che stronco la Mazzantini per darmi un tono. Se volessi fare l'intellettuale delle mie ovaie stroncherei gente molto più seria. Io la stronco perché so che la storia mi darà ragione e 'sta roba sul Guglielmino-Grosser del 2070 non apparirà mai.

Ah, proprio questa mattina ho letto su un sito che dovremmo essere tutti frizz frizz e donarci solo gioia e felicità parlando dei libri che ci sono tanto tanto supermegapiaciuti, perché altrimenti o siamo dei finti intellettuali o spariamo sulla croce rossa. Io rivendico il mio sacro diritto alla stroncatura: se ho perso del tempo a leggere una sonora schifezza o un libro tranquillamente risparmiabile, potrò almeno mettere in guardia il prossimo mio o anche solo sfogarmi?

 E voi? Avete qualche libro che anche a posteriori vi chiedete per quale arcano motivo abbiate letto?
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