venerdì 28 maggio 2021

Piccole recensioni tra amici! "Circe" di Madeline Miller e "Lisbona è un'assurda speranza" di Daniele Coltrinari: mito, maghe, Lisbona e gentrificazione

 Ed ecco che finalmente produco un nuovo piccole recensioni tra amici!

Spero la prossima settimana di riuscire a pubblicare due cose che ho in coda da troppo tempo: la recensione de "L'acqua del lago non è mai dolce" di Giulia Caminito (meno male che questo libro è uscito ora che sono tornata vicino casa altrimenti questo libro sarebbe stato uno struggimento totale e continuo) e una serie di vignette de "La dolce vita di Dolcemetà".

 Ma soprattutto, mi hanno fissato l'esame di pratica della patente, cosa che mi costringerà a tornare a Milano e mi ha condotto a prendere lezioni di guida anche a Roma.

Tutto ciò, oltre a mettermi un'ansia insostenibile, mi condurrà ad un fumetto che so molto atteso: la seconda parte de "Le avventure della patente".

Preview: l'istruttore di Roma dice che io non mi ricordo lo stacco della frizione, ma lui, dal canto suo, continua a chiamarmi Elena ogni 3 secondi. E come sapete, mi chiamo Laura.

Bene! Buon piccole recensioni tra amici a voi!


CIRCE di Madeline Miller ed. Marsilio/Feltrinelli:

 Per molti anni ho cercato una scrittrice che sapesse scrivere come Marion Zimmer Bradley, autrice della saga di Darkover, ma anche di grandi romanzi tra lo storico e il leggendario come "La Torcia", ispirata all'Iliade, o "Le nebbie di Avalon" che rielabora il ciclo arturiano. Aveva un modo di scrivere affascinante, in grado di dare una profondità incredibile ai suoi personaggi, non solo femminili.

Nonostante avesse numerose seguaci, purtroppo la ricerca è stata vana fino a quando mi sono imbattuta in "Circe" di Madeline Miller. 

 La Miller è autrice di un romanzo molto acclamato, "La canzone di Achille" in cui Patroclo racconta la sua vita e il suo rapporto con Achille, un romanzo che ho letto, recensito e mi è molto piaciuto, ma che non mi aveva stravolto come le leggende promettevano.

 Anche per questo non avevo preso, alla sua uscita, "Circe" la cui protagonista, come immaginerete è la semidea che trasformò i compagni di Ulisse in tanti maialetti.

 Con la combo dei due libri a 9,90 Feltrinelli l'ho recuperato e iniziato con scarsa fiducia E INVECE. E invece è un libro bellissimo, molto superiore, secondo me, a "La canzone di Achille" la cui tristezza di fondo e il fatto che Patroclo non sia l'eroe più trascinante del ciclo omerico fanno sì che la storia non riesca mai a spiccare completamente il volo.

 In Circe invece la Miller trova il personaggio giusto, rivisitandolo in un modo molto simile alla Morgana de "Le nebbie di Avalon": un personaggio nodale eppure mai ritenuto davvero all'altezza dagli altri che la circondano.

 Circe, figlia della ninfa Perseide e del titano Elio, il sole, ha tre fratelli bellissimi e terribili: Pasifae (sì, la regina di Creta madre del Minotauro), Perse e Eete (il padre di Medea). Solo lei nasce con un volto rapace che non si addice a una ninfa, una strana voce umana e non divina che non si sa da dove venga,  e un'ingenuità che non conosce amici alla corte degli dei. 

 Ma, inaspettatamente, come i suoi fratelli, Circe è qualcosa di nuovo: non è solo una semidea, ma una maga, una maga versata nelle metamorfosi.

Di sicuro sarebbe interessante
abbinare la lettura di questo libro
sulle diverse interpretazioni del
personaggio di Circe

 Quando Zeus si accorge della strana prole di Elio, gli impone di non generare più figli con Perseide e pretende una sorta di tributo.

  Quel tributo sarà l'esilio perpetuo di Circe sull'isola di Ea dove in verità, almeno in principio si troverà benissimo: né parenti né ninfe ambiziose la tormenteranno più, i genitori che mal la sopportano e poco la tengono in considerazione sono finalmente lontani, come è lontano il bel Glauco, pescatore umano che ha trasformato in dio credendo l'avrebbe presa in sposa, e Scilla, che ha trasformato in un orrendo mostro marino, rea di averle rubato l'infedele pescatore.

 La bellezza della solitudine diventa un abisso col passare dei decenni e Circe non trova pace, di nuovo sfruttata dalla sua famiglia, abbandonata da tutti, vendicativa infine contro i marinai che le riservano il trattamento che ogni donna riceve quando non ha la protezione di un uomo: derisa, non rispettata, aggredita.

 La Miller segue il ciclo dei miti (molti, non li conoscevo tutti anche se sono una grande appassionata di mitologia classica da sempre) che vedono Circe protagonista o comparsa, disegnando un personaggio splendido, vivo, appassionato, triste, vilipeso eppure mai piegato.

 E' davvero un bellissimo libro che si legge di gusto, con vero piacere, e che non si può non consigliare.


LISBONA E' UN'ASSURDA SPERANZA di Daniele Coltrinari ed. Scatole Parlanti:

 Ha dei tratti interessanti questo romanzo d'esordio di Daniele Coltrinari, già autore di un saggio sulla Vuelta (la versione portoghese del giro d'Italia): l'enorme problema della gentrificazione e la capacità di restituire l'atmosfera del paese lusitano.

Per chi, come me, è grande appasionat* di Portogallo, è una gioia leggere un libro dove si ritrovano cibi, descrizioni, accenni culturali, a tutto ciò che rende la patria di Pessoa, un posto assolutamente peculiare nel panorama europeo: continentale, ma oceanico, un popolo mediterraneo a modo suo, i confini di un impero del quale la Troika si ricorda solo quando scova problemi economici di sorta.

 Con la scusa del suo protagonista tra i quaranta e i cinquanta, costretto, dopo anni di vita bohemienne a Lisbona, a rientrare in Italia e trovarsi un lavoro fisso e cedere alla stabilità che da una parte ci tiene in vita e dall'altra ci ammazza, la storia racconta gli ultimi anni di una città che perde l'anima in nome della turbogentrificazione.

 Stupisce in realtà che un tema importantissimo e attuale, come quello dei fondi immobiliari, della speculazione degli affitti e delle locazioni turistiche, che sta di fatto ridisegnando il panorama e la composizione urbana delle grandi città, non sia più diffuso a livello narrativo.


 Eppure chiunque abbia cercato una casa in affitto sa che ginepraio sia diventato trovare una stanza o una casa a fronte dell'enorme offerta di locazioni turistiche. Ti accettano per pochi mesi senza che tu possa prendere la residenza, poi arrivederci e grazie perché due settimane di turisti rendono quanto due mesi di affittuari che non sai bene neanche come puoi cacciare. 

 Lo fa il singolo privato, come lo fanno enormi fondi immobiliari che comprano case e svuotano città.

 E le città vuote, le città bomboniera, fatte per i turisti, come enormi luna park, cosa diventano? Dove finisce la loro anima? Che ne è delle persone che la rendevano unica?

 La storia racconta bene il crepuscolo della Lisbona che fu, senza nostalgie, ma con la consapevolezza che il capitalismo divora i suoi figli. Eserciti di invisibili abitanti sfruttati molto, pagati poco e cacciati a pedate dalle loro città per far posto a chi la città la vive un weekend.

Ciò che manca e che avrebbe reso il libro molto più corposo è però un filo conduttore, una storia da seguire e a cui appassionarsi, tra ricordi, aneddoti, riferimenti e incontri. Una storia d'amore forse, che alla fine è la via più battuta perché più facile, ma anche una storia lavorativa, un'amicizia, un dolore.

 Alcuni scrittori soffrono di un'ambizione smisurata che gli impedisce di comprendere i propri limiti, altri limitano le proprie ambizioni scrittorie e sembra temano di gettarsi in una storia forse difficile e complessa da gestire, ma che renda la lettura l'esperienza impressionante che dovrebbe essere.

 Ma le opere prime servono anche per prendere le misure per il futuro. E quindi, che si attenda la seconda, con un po' di ambizione e coraggio in più!

domenica 16 maggio 2021

Quali titoli scegliere nella collana di Letteratura Giapponese del Corriere della Sera? I miei consigli tra gusti personali, valutazioni di trama e di prezzo!

  In questa piovoserrima primavera di questo anno fatto di tanta lentezza e molta attesa, si hanno qui e lì piccole gioie e scoperte.

Ill by Tofugu

 La gioia della scorsa settimana è stata scoprire che il Corriere della Sera ha deciso di dedicare un ciclo di allegati ai narratori giapponesi contemporanei. 

 Tutti i martedì (a partire da martedì 11 Maggio) per 25 uscite ci sarà in allegato col Corriere un libro di autore giapponese, prezzo davvero ottimo, 8.90 a titolo, e cover belline anche da esporre, (lo so che detta così sembra che mi abbiano pagato per annunciarvelo, ma no, non vi preoccupate, la povertà è sempre benvenuta in questa casa).

 Premetto che amando io la narrativa giapponese, li prenderei tutti di default, (al netto di quelli che ho già), ma ovviamente non posso sigh, perciò anche io farò una selezione.

Alcune cover della serie del Corriere della Sera
 Visto che molti su fb mi hanno chiesto consigli su quali suggerissi di acquistare, eccovi il post in cui titolo per titolo vi dico cosa farei/farò.

 Non troverete le trame, (che sono reperibili su tutti gli store online), ma le mie impressioni, riflessioni e anche le disamine prezzo del libro in allegato/prezzo dell'originale in libreria, che in tempi di magra anche i soldi sono cose a cui pensare.

Detto ciò, andiamo!

L'assassinio del commendatore di Haruki Murakami:

Assolutamente sì. Uno dei miei preferiti di questo tardo periodo murakamiano perché riesce a gestire la trama senza perdersi a un certo punto (sotto questo punto di vista "1Q84" era un po' fallace).  Si tratta di una sorta di noir psicologico con un pittore in crisi, uno strano vicino di casa molto ricco e una ragazzina che sparisce.

  Il prezzo rispetto alla libreria è favorevolissimo: l'originale era diviso in due volumi entrambi sui 20 euro, anche se ora la versione integrale è "solo" a 16. Qua vi beccate il volumazzo unico e a 8,90.

(Se vi interessa qui trovate una mia vecchia recensione).

Il dolce domani di Banana Yoshimoto:

Uno dei più graziosi del periodo calante di Banana Yoshimoto. 

 Banana riprende alcuni temi che le riescono particolarmente bene: l'elaborazione del lutto, il sovrannaturale che entra a far parte del quotidiano, la vita che ricomincia. In qualche modo sembra una versione molto depotenziata di "Amrita" (che vi superconsiglio). 

 Io già lo posseggo perciò non lo prenderò, ma lo suggerisco a chi vuole iniziare ad approcciare lo stile narrativo giapponese, tenendo presente che è davvero solo un punto di partenza.

  Se siete nel dubbio, sappiate che quando Feltrinelli farà l'edizione economica, il prezzo non dovrebbe poi discostarsi molto (anzi, visto che non è particolarmente cicciottello potrebbe anche essere inferiore), quindi nel caso potreste recuperarlo successivamente senza grandi differenze di spesa.

(Se vi interessa qui una mia vecchia recensione).

Il gatto che voleva salvare i libri di Sosuke Natsukawa:

Non l'ho ancora letto e dopo aver rivisto la cover (molto più bella quella della serie del Corriere della Sera, se posso dirlo) e aver riletto la trama non mi stupisce. Sembra un libro di Fabio Volo solecuoreamorelibrerie che onestamente se fosse di un autore italiano non avrei nemmeno aperto.

 Credo che, al massimo, lo prenderò in biblioteca, ma non avrà i miei soldi. 

Potrebbe piacere a chi ama il genere, immagino (o magari è un mio pregiudizio ed è graziosissimo, in tal caso, testimoniate e valuto anche io se cambiare idea!).

Tokyo Soundtrack di Furukawa Hideo: 

 Dalla quarta di copertina la trama onestamente non si capisce (e io ammetto che le quarte di copertina vaghe non le sopporto, se compro un libro gradirei sapere almeno a grandi linee la trama), ma è uno di quei casi in cui il rapporto di prezzo con "l'originale" in libreria è davvero buono, soprattutto perché Sellerio di edizioni economiche non ne fa quasi mai.

 Lo prenderò e probabilmente lo metterò nei libri da portare in vacanza (sperando di andarci).

L'anulare di Yoko Ogawa: 

Se non avete mai letto niente di Yoko Ogawa, autrice nipponica molto raffinata e un po' inquietante, potrebbe essere un buon modo per iniziare

 La storia ha tutti i crismi letterari giapponesi: una protagonista senza nome, che ha perso un pezzetto di anulare nel lavoro precedente, inizia a lavorare presso uno strano tizio che prende in custodia dalle persone oggetti legati a ricordi dolorosi per farne altro.

 La trama non scarta sul versante Mangiapregaama, ma va verso prospettive molto più inquietanti che danno una buona misura della cifra stilistica dell'autrice. Tenete presente, nel caso foste in dubbio, che si tratta di un romanzo comunque piuttosto breve che in libreria non costa molto di più.

 Avendo già letto svariate altre cose dell'autrice e non essendo particolarmente attratta dal titolo, io non lo prenderò.

Il gatto venuto dal cielo di Hiraide Takashi: 

Una storia graziosa, triste, sulla capacità che hanno alcune cose improbabili, in momenti di grande crisi, di salvarci. 

 Nonostante questa premessa non lo ricordo come memorabile e mi sento perciò di consigliarlo principalmente a tre categorie di persone: persone in crisi, amanti dei gatti, gente che (come me) legge tutto quello che esce di autori giapponesi. 

 Per tutti gli altri, passate oltre.

(Se vi interessa qui una mia vecchia recensione).

Venivamo tutte per mare di Julie Otsuka:

 Non mi sentirei honestly di chiamarla narrativa giapponese. Parla indubbiamente di un tema interessante: le donne giapponesi che partivano per l'America per sposare connazionali lì emigrati. Tuttavia il libro è di un'autrice americana di origine giapponese, tanto che l'originale è scritto anche in inglese.

 Sarà una questione di lana caprina forse, ma non credo dovrebbe essere nella selezione.

Sei Quattro di Hideo Yokoyama: 

 E' un giallo e io un giallo giapponese che mi piaccia devo ancora trovarlo. Generalmente sono molto molto lenti, minuziosissimi e sono fatti al contrario rispetto a quello che siamo abituati a leggere in occidente: gli investigatori  capiscono subito chi è l'assassino e passano il libro a cercare prove per dimostrare la loro intuizione. 

 Non credo che vorrò ritentare l'impresa, quindi per me è un no, ma magari mi sbaglio eh. Se qualcuno lo ha letto, mi faccia sapere!

La foresta d'acqua di Kenzaburo Oe:

Unico vero e proprio letterato (premio Nobel del 1994) di questa selezione di titoli, è indubbiamente un sì, se non altro perché dà una misura della vera letteratura giapponese alta.

 Peraltro avendo amato sin dalle superiori molta narrativa giapponese, ho letto almeno un'opera di ogni grande autore, Akutagawa, Tanizaki, Dazai ecc. MA non ho mai letto nulla di Oe. 

E' ora di colmare questa lacuna.

La cartella del professore di Hiromi Kawakami:

 Questo è assolutamente un sì. La delicatissima storia d'amore tra un anziano professore e una sua ex alunna (ultratrentenne), una donna in carriera che soffre nel non corrispondere all'ideale di donna giapponese moglie e madre, è davvero splendida. 

 Originale, tenera, profonda, una storia che vi straconsiglio e che anche io prenderò (presi il romanzo in prestito in biblioteca).

 Vi consiglio, nel caso dovesse piacervi, anche la graphic che ne ha tratto Jiro Taniguchi, "Gli anni dolci", molto fedele.

(Se vi interessa qui una mia vecchia recensione).

Un litro di lacrime di Kito Aya:

Credo che non lo prenderò, ma lo cercherò in biblioteca. 

 Mi pare di capire dalle recensioni che si tratta di un grande successo nipponico degli anni '80, uno di quei diari un po' stile "Alice i giorni della droga" o "I ragazzi dello zoo di Berlino", anche se il tema non è assolutamente la droga, ma la malattia dell'autrice.

 I giapponesi hanno un modo molto particolare di indagare il dolore e in questo senso sembra molto interessante, ma i romanzi diaristici non mi fanno impazzire di solito.

Le ricette della signora Tokue di Durian Sukegawa:

 Assolutamente sì! Bello il libro e molto bello anche il film, fedelissimo, che ne è stato tratto. 

 La cover Einaudi non gli rendeva giustizia, facendo pensare a qualcosa di un po' melenso (spero in quella di questa serie), quando si tratta di un romanzo che svela una verità durissima: il dramma degli ex lebbrosi in Giappone.

 Un ex carcerato gestisce un piccolo negozio di dorayaki per conto di una padrona che lo vessa. Un giorno decide di cercare un aiuto per cucinare la marmellata di Azuki e si presenta una strana vecchina, la signora Tokue del titolo, bravissima a cucinare, ma con le mani sfigurate.

 Nasconde un passato terribile, un passato col quale il Giappone non hai ancora fatto i conti, nonostante abbia derubato migliaia di cittadini delle loro vite.

(Se vi interessa qui una mia vecchia recensione).

La cicala dell'ottavo giorno di Mitsuya Kakuta:

 Non so. Nel senso che si tratta di uno di quei romanzi giapponesi che presentano situazioni disturbanti che mi attraggono e respingono allo stesso tempo (mi attraggono perché spesso sono scritte benissimo, mi respingono perché spesso la sensazione inquietante di fondo inquina la lettura ). In questo caso la trama prevede una ragazza, amante di un tizio, che dopo aver avuto un aborto, assiste alla nascita della figlia di lui con la moglie, e, sconvolta, decide di rapirla. 

 Credo che infine lo prenderò, l'estate è lunga.

Il paese dei suicidi di Yu Miri: 

 Sospendo il giudizio. Anni fa, quando davvero c'erano pochi libri giapponesi in giro, cercai di leggere il suo "Oro rapace", uno dei pochi in circolazione. Tentai più volte di iniziarlo senza riuscire ad andare oltre, temo, pagina cinquanta. 

 Credo che almeno personalmente dirotterò i miei soldi su altri titoli, ma non escludo si tratti di gusti personali perché comunque come autrice in patria è molto apprezzata.

Mosaico di Randy Taguchi:

 Sono davvero stupita di vedere Randy Taguchi (che avevo da poco inserito in questo elenco) nella selezione di titoli. 

 E' un'autrice tradotta dalla Fazi nei primi anni 2000 e mai più rivista, quindi tenete presente che se non acquistate "Mosaico" così, non lo troverete in libreria nel caso doveste ripensarci. Di lei lessi "Presa elettrica", lo ricordo scritto bene e un po' angosciante. Dalla trama mi pare di capire che anche qui siamo dalle parti della realtà che entra in contatto col sovrannaturale (grande must della narrativa giapponese).

Penso che ci rifletterò e deciderò all'ultimo cosa fare.

Un'estate con la strega dell'Ovest di Kaho Nashiki: 

Storia graziosa, molto pericolosa se avete perso da poco una nonna adorata perché parla del rapporto tra una ragazzina e la sua nonna di origine europea trasferitasi giovane in Giappone.

 La trama è abbastanza esile e la scrittura non particolarmente corposa. 

 Tenete presente che essendo un Feltrinelli è uno dei pochi titoli che trovate a meno in libreria (8,50 invece degli 8,90 dell'allegato) quindi, a meno che non vogliate la serie completa per collezione, potreste dare priorità ad altri titoli che in negozio normalmente vi costerebbero il doppio.

Ogni giorno è un buon giorno di Morishita Noriko: 

 Sono indecisa. Questo libro che è stato uno dei grandi successi dello scorso anno, è una storia che incrocia autobiografia e cerimonia del tè che però non so, non mi convince del tutto. Temo sia una cosa proprio leggerina leggerina per chi è appassionato più di Giappone che di letteratura nipponica.

 Credo che alla fine propenderò per il no.

Un bosco di pecore e acciaio  di Miyashita Natsu: 

 Sapevo da tempo dell'esistenza di questo romanzo che parla di un accordatore di pianoforti, ma non mi aveva mai particolarmente attirato dandomi l'idea di una trama molto vaga e fatta un po' tanto e un po' troppo di "sensazioni".

 Le poche recensioni su internet sostengono un po' questo mio pregiudizio, ma penso deciderò all'ultimo se dargli o meno una possibilità, ma credo propenderò per il no.

Passione Sakura di Naoko Sabe: 

Poche cose sono più giapponesi dei ciliegi e degli hanami e questo libro che ne racconta la storia anche attraverso il botanico inglese che ne determinò la diffusione mi affascina, anche se mi pare di capire che si tratti più di un saggio che di un romanzo

 Lo prenderò.

La stanza del Kimono di Yuka Murayama:

 La cover dell'edizione Piemme originale fa pensare a una di quelle robe solecuoreamore, ma la trama sembra più declinare verso "La croce buddista" di Tanizaki (a proposito, non è purtroppo in questa selezione, ma ve lo straconsiglio). Un negozio di kimono, due coppie che a quanto sembra avranno le loro gatte da pelare. 

Credo lo prenderò.

Le storie del negozio di bambole di Tsuhara Yasumi: 

Una raccolta di racconti eterogenei che hanno come fulcro lo stesso negozio di bambole. La bambola in occidente è associata praticamente solo ai giocattoli, ma in Giappone ha una valenza molto diversa e il libro (che a mio parere funzionerebbe benissimo come una serie manga delle CLAMP) rende bene le molte sfaccettature della questione. Tuttavia la storia rimane un po' incompiuta e non ha una parabola ben definita.

 E' comunque un titolo insolito che vi consiglio soprattutto se amate i manga, i racconti e siete grandi lettori di narrativa nipponica. (Io già lo posseggo).

(Se vi interessa qui una mia vecchia recensione).

La locanda degli amori diversi di Ito Ogawa: 

E' un NI. Nel senso che è un libro grazioso, molto tenero, che racconta la storia d'amore tra due donne, una trentenne divorziata con un figlio e una ventenne che all'inizio del romanzo cerca di suicidarsi perché non può più vivere nella finzione. 

E' una bella storia, ma il finale la rovina drammaticamente. 

 Se avete letto poca narrativa giapponese e volete iniziare con un romanzo che non sia troppo esile, potrebbe essere adatto a voi, ma non dite che non vi avevo avvertito (l'originale in libreria, per la cronaca, costa solo un euro in più, quindi male che va potete recuperarlo più avanti).

(Se vi interessa qui una mia vecchia recensione).

Ecco, queste le mie valutazioni! Se vi va, fatemi sapere le vostre! Anche io, come avrete visto, ho dei titoli in bilico e vorrei capire cosa fare!

venerdì 14 maggio 2021

I ruoli di genere sono solo un grande travestimento? Una recensione di "Pelle d'uomo", fiaba queer del compianto Hubert e Zanzim

 E' molto interessante "Pelle d'uomo", graphic novel di Hubert (prematuramente scomparso da poco, già autore di "Bellezza") disegnata Zanzim (edita in Italia da Bao Publishing) perché interpreta in un modo altro e personale il concetto di Queer.

 Il Queer, concetto inafferrabile sospeso tra l'eccentrico, il divergente, il cangiante e il complesso è materia storicamente di autori e mondo lgbt, gli unici, gli unic* che per molti anni hanno avuto il coraggio di interrogarsi sulla propria identità di genere, l'orientamento sessuale e il rapporto verso il mondo.

 Un coraggio che, intendiamoci, non prevedeva diserzioni alla Don Abbondio: anche chi non ce l'aveva, se non voleva soccombere (e molti in realtà sono rimasti sul cammino della mimesi eterosessuale ed eteronormata come sopravvivenza) doveva necessariamente farselo. Interrogarsi sulla propria natura, in un mondo che non ti prevede tra le possibilità, è qualcosa di obbligatorio per non morire.

 Che il Queer non fosse materia anche per il mondo eterosessuale ed eteronormato era però solo una pia illusione di una società che per millenni si è retta sulla grande menzogna dei ruoli di genere: le donne fanno questo, gli uomini fanno quello, i veri uomini e le vere donne, i difetti delle donne e degli uomini e via discorrendo.

 A me viene ancora il sangue al cervello quando sento cretinate come "Gli uomini non sono multitasking sanno fare una cosa alla volta" oppure "Quella donna è diventata manager pur conservando la sua femminilità" (di solito la femminilità sono dei tacchi e una borsetta).

 Mi sembra di vivere in un grottesco carnevale in cui ognuno è travestito da qualcosa.

 Da questa stessa sensazione sembra scaturito "Pelle d'uomo": il genere come travestimento da cambiare senza che esso al contempo cambi ciò che siamo davvero. L'idea di fondo infatti è surreale e geniale: cosa accadrebbe se una donna di un medioevo immaginario avesse a disposizione una pelle d'uomo per cambiare sesso a proprio piacimento?

 Non può sfuggire la similitudine con una delle fiabe di Perrault più angoscianti che si possa leggere a una bambina: un uomo, rimasto vedovo, si invaghisce della propria figlia che da adulta somiglia in modo impressionante alla moglie defunta e desidera incestuosamente sposarla.

 La poveretta per fuggire chiede al padre degli abiti impossibili, tra i quali la pelle del suo asino magico convinta che lui non lo scuoierà mai. Quando invece lui lo fa, lei si trova costretta a scappare travestita con la sua pelle d'asino.

Quando ero bambina trovavo questa fiaba molto disturbante

 Non capivo assolutamente come facesse e volesse il re  sposare la propria figlia e la faccenda della pelle d'asino mi sembrava il meno (semmai ero più affascinata dai vestiti color della luna, del sole e del tempo), comunque evidentemente la storia doveva aver impressionato anche Hubert che l'ha rielaborata a modo suo.

 La protagonista di "Pelle d'uomo" è Bianca, una giovane nobildonna in procinto di sposarsi con un bel giovane, Giovanni.

 Il loro, come d'uso, è un matrimonio combinato, ma Bianca vorrebbe conoscerlo meglio prima dello sposalizio. Le viene in aiuto sua zia che le svela come le donne della loro famiglia si tramandino una pelle d'uomo di nome Lorenzo che, una volta infilata, permette loro di cambiare sesso (per capirci è una vera e propria tutina di carne, non un travestimento).

 Bianca è entusiasta e si getta a capofitto nella nuova vita di Lorenzo.

 Essere un uomo, scopre, è bellissimo: è libera di girare come, dove e con chi vuole, con una libertà mai sperimentata prima. Ma. C'è un Ma. Quando avvicina il suo futuro promesso sposo Giovanni capisce infatti che questi è straordinariamente interessato a Lorenzo, fin troppo, e scopre così il suo grande segreto: a Giovanni piacciono gli uomini. Farà il suo dovere in quanto marito, ma Bianca sa che sarà destinata a una vita senza amore e passione, una cosa normale per le sue amiche e la sua famiglia, ma che lei si rifiuta di accettare.

 Bianca si ritrova quindi a vivere una vita degna di Viola della Dodicesima notte di Shakespeare (o di Mulan nel forse più equivoco film Disney), uomo e donna allo stesso tempo, con la differenza che le fattezze maschili in questo caso sono reali e le consentono di avere col futuro sposo un'intimità completa.

 La storia si fa via via più complicata quando il fratello di Bianca, prete, si scoprirà furioso censore desideroso di imporre costumi morigeratissimi e non solo alle donne, come al solito, ma anche agli uomini.

 La storia gioca con alcuni lati ben conosciuti, almeno dalle donne: la mancanza di libertà, il ruolo imposto di angelo del focolare il cui unico scopo è far figli e sopportare tacendo, l'ipocrisia di una religione che viene usata dagli uomini per ingabbiare le donne, ma viene defenestrata quando osa ingabbiare anche loro.

 Lati che non sono particolarmente originali né nel loro svolgimento né nella loro prevedibile conclusione (il potere dominante non tollera limiti e se ristabilisce un ordine più mite è solo perché ne ricava vantaggio). 

 La parte più interessante rimane il rapporto tra Bianca e Giovanni, quell'incastro che non trova una soluzione: Giovanni ama Lorenzo che è anche Bianca, (ma non è esattamente Bianca), ma non riesce a trovare il modo di amare lei.

Trovo che l'idea di indagare il mistero dell'attrazione fisica sia affascinante. Giovanni ama Bianca quando è un uomo e Bianca cerca di dimostrargli, ad un certo punto della storia, come anche da donna potrebbe amarlo come lui vorrebbe. 

 Ma i ruoli di genere, almeno nel loro caso, sembrano aver poco a che fare con le regole dell'attrazione e Giovanni, pur avvicinandosi a Bianca, non riesce ad andare oltre l'amicizia.

 Tuttavia questo avvicinamento non è vano perché Bianca, pur delusa, acquista qualcosa dal suo coraggio: il rispetto del futuro marito e la libertà, esattamente come lui, di amare chi vuole.

 Ammetto che a partire dall'idea originale mi attendevo forse uno svolgimento più peculiare, ma se è vero che il Queer è eccentrico, può essere eccentrico in molti modi.

  Ciò che sappiamo noi di questo inafferrabile concetto è una visione propria della comunità lgbt che lo ha scoperto, plasmato e tenuto in vita, in un rapporto simbiotico e osmotico difficile da scalfire in una società ancora patriarcale incapace di mettersi in discussione.

 E "Pelle d'uomo" può essere visto come un tentativo di questo genere, semplificare il concetto del Queer concedendo una visione più comprensibile ad occhi non lgbt, districandosi in un sistema complesso del quale sfuggono alcune cose, se ne semplificano alcune, ma ci si permette la meraviglia verso altre.

  Di certo però è qualcosa che sembra più avere un occhio rivolto alla commedia del passato (il locale gay per cavalieri sembra un po' una scena del Vizietto) che non ha quell'inventiva post-moderna di autori più giovani in grado di proporre una visione completamente altra, come Tillie Walden.

 Resta comunque una lettura splendida, sognante, godibile, che funzionerebbe benissimo anche come base di un rocambolesco film.

 Anche i disegni sono perfetti per la storia, non so se Zanzim abbia fatto delle ricerche sulle miniature medievali (immagino di sì), ma alcune decisioni stilistiche indubbiamente riecheggiano le stile e aiutano a inserire idealmente una storia puramente fantastica in un affresco storico.

sabato 1 maggio 2021

Due episodi della Dolcevita di Dolcemetà! "Esotismo" e "Geografie"!

In questi giorni sono riuscita a produrre due nuove vignette della Dolcevita di Dolcemetà.

 Due episodi curiosamente entrambi a tema geografico. Anche io, in verità, quando mi trasferii al nord ero un po' confusa sulle distanze e i posti improvvisamente da me raggiungibili.

 Speriamo, se la finisce di piovere, di poter fare tante gite!

A voi "Esotismo" e "Geografie"!





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