giovedì 9 giugno 2016

"L'importanza di chiamarti amore", il tragico fumettoso riassunto dell'ultima opera di uno dei grandi misteri dell'editoria italiana: Anna Premoli. Quando una storia d'amore tra bocconiani, tira fuori il bolscevico che c'è in te.

Aaaah e ce l'ho fatta!!
 Dopo due giorni passati a correre e disegnare (correre tra lavoro e seicento cose che sto organizzando), sono esausta, ma ho finalmente terminato il tragico fumettoso riassunto dell'ultima opera di Anna Premoli: "L'importanza di chiamarti amore".

 Si tratta di una storia d'amore tra bocconiani il cui pregio principale è farti salire la voglia di prendere una falce in una mano, il martello nell'altra e cominciare la rivoluzione bolscevica. 
 Se una ha già una pessima opinione di chi frequenta la Bocconi concependoli come una massa di figli di papà ingiustamente favoriti nel lavoro (ogni tanto qualcuno mi dice che conosce qualche squattrinato che la frequenta, immagino che ci siano diverse concezioni di squattrinamento), ebbene, questo libro conferma il pregiudizio e, se possibile, lo peggiora.

 Quella che ci regala la Premoli è l'agghiacciante ritratto di una figlia di papà che ritiene la madre, nata non ricca, una cafona ripulita e si illude di essere ribelle perché si fa due tatuaggi, due piercing e il fidanzato che non vede mai fa il musicista.
 Il protagonista maschile praticamente non è pervenuto, una sorta di yes man che immagini una ventina di anni dopo tradire la moglie perfettina e insopportabile tra mille sensi di colpa.
 Al solito, quando penso di non poter leggere niente di peggio, il peggio appare.
 Perciò ecco a voi: "L'importanza di chiamarti amore", il nuovo tragico fumettoso riassunto di cui non potevate fare a meno!










16 commenti:

  1. Questa recensione è esilarante, mi è piaciuta tantissimo e sto ancora ridendo! xD
    Ho sentito parlare di questa autrice, piace a molti, io però non l'ho mai letta perciò non ti so dare un mio parere...
    Beh, già un libro che parla di Bocconiani lo avrei lasciato dov'era, anche io sento ciò che si dice su di loro e forse in parte è vero - o forse no? Chissà!
    Ad ogni modo, la tua recensione ha accentuato il mio tassativo NO alla lettura di questo libro, lo trovo superficiale e privo di contenuto.

    RispondiElimina
  2. Fantastica! Quasi vado a leggermi il libro :-) Io ne ho letto mezzo della Premoli, non ricordo nè titolo nè trama quindi pare che non mi abbia colpito gran che, ma questo che recensisci sento che è...imperdibile.
    Bocconiana è stata mia figlia per un solo anno, dopo il quale (con gli esami del primo anno dati e superati, perchè noi siamo una famiglia piccoloborghese che pretende risultati nello studio) è fuggita all'Università di Pavia dove è stata accolta a braccia aperte (pare che ci sia una certa qual ruggine) e si è trionfalmente laureata senza alcun rimpianto per i fasti bocconiani. Scusate la digressione familiare, ma di quel periodo ricordo esemplari umani, fatti e fatterelli che mi hanno permesso di gustare al meglio il fumetto.

    RispondiElimina
  3. Sei sublime! E ti prego usa le tue inesauribili fonti per confermare che la Premoli continua ad auto-pubblicarsi e nessun scellerato editore lo fa davvero per lei!!! (temo che dopo il primo orribile romanzo questo non sia più vero ma mi piace illudermi) ;-)

    RispondiElimina
  4. Il fumetto è bellissimo, ma da brava lettrice quasi-forte e figlia di impiegati/operai e nipote di contadini, non so perché non riesce a nascermi un'impellente voglia di correre a leggerlo :P

    L'unica esperienza che ho avuto con i bocconiani ha riguardato il proprietario di una palestra che frequentavo anni fa. Un tizio che si è rivelato quanto di più arrogante, megalomane e sgradevole anche con noi clienti (e fin lì me lo potevo pure aspettare), ma (sorpresa!) pure un attimo disturbato. Ha finito per far scappare tutte le sue dipendenti (con una era diventato pure un attimo stalker) e iscritte, e alla fine gli affari non gli sono andati poi così bene (maddai!). A suo modo un'esperienza istruttiva...

    RispondiElimina
  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  6. Bellissimo! sono qui che mi rotolo dalle risate... Grazie libraia per lo spassosissimo fumetto e per aver avuto il coraggio, la perseveranza e lo sprezzo del pericolo necessari a leggere il libro!

    RispondiElimina
  7. Bello il fumetto, complimenti. XD
    (Però sono un attimino perplessa sul fatto che sconvolgersi per le prostitute in vetrina e non essere abituate alle canne significhi essere bigotte)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Beh, se vai in uno stato in cui la prostituzione e le droghe leggere sono legalizzate, non c'è sfruttamento, si pagano le tasse e le prostitute in vetrina lo fanno per loro scelta e non perché qualcuno le costringe, io penso che scandalizzarsi sia un po' da bigotti. Ci si dovrebbe scandalizzare per le cose che non vanno, non per quelle che non capiamo. Ovviamente se quelle che non capiamo prevedono che tutti i coinvolti siano liberi, consenzienti, maggiorenni e non facciano del male a nessuno. Il discorso è ovviamente più complesso di così, ad esempio le prostitute o in questo caso sarebbe più corretto l'inglese sex worker, nell'ottica di un certo tipo di femminismo (soprattutto vecchia guardia) sono condannabili anche se decidono in autonomia di svolgere il mestiere perché c'è una mercificazione del corpo (cito il femminismo perché almeno tenta di dare ragioni più valide della semplice morale del: ommmioddio è peccato è immondo è orribile) che non è mai giustificabile. Io ho un'opinione più vicina diciamo alle nuove istanze: per me, se una donna o un uomo svolgono un determinato lavoro senza alcuna costrizione, liberi e per loro liberissima scelta, non sono nessuno per giudicare. Se c'è una cosa finora che la mia esistenza mi ha insegnato è che odio che qualcuno giudichi il mio modo di vivere: ognuno è libero, io non sono nessuno per dirti cosa devi fare e francamente manco per sconvolgermi. Ci vuole davvero molto per farmi strabiliare, credimi. Le cose che mi sconcertano sono altre: lo sfruttamento sul posto di lavoro, la gente sfruttata con contratti usa e getta che si ritrova a casa dall'oggi al domani senza sapere come mangiare e pagare l'affitto, lo strapotere di chi ha sempre più soldi nei confronti di chi non riesce ad arrivare a fine mese ecc. Le canne e le sex worker olandesi francamente mi sembrano sempre lo specchietto per le allodole di chi bada alle apparenze e se ne frega della sostanza. Nel caso del libro: strabili sconvolta davanti alla prostituta in vetrina poi stai lì in Olanda a cercare di fregare il fisco? Francamente mi fai un po' schifo.

      Elimina
    2. Be', il fatto è che non è certissmo che le lavoratrici del sesso siano poi cosi' libere solo perché si mettono in vetrina e la prostituzione è regolamentata. Non seguo la questione da secoli, ma ricordo un'intervista di una giornalista che ha a lungo scritto su questi temi diversi anni fa (Roberta Tatafiore) che spiegava inoltre come la prostituzione in vetrina fosse una forma di lavoro molto misera (fino a dieci euro alla prestazione se non erro), lei stessa la definiva una forma di sfruttamento estremo.
      Poi ok che un certo tipo di borghese si scandalizzi è del personaggio, pero' la tipa bocconiana penso che avrebbe piuttosto accettato il tutto con una battuttaccia un po'imbarazzata e una scrollata di spalle, in fondo mica la riguardava.

      Elimina
  8. Geniale! Sospettavo fosse un libro con una trama del genere, ma questa recensione a vignette è esilerante. Grazie

    RispondiElimina
  9. OMG!! Sono coooosì felice di aver scoperto il tuo blog. Mi hai letteralmente conquistata con quelle vignette *w* Ovviamente, non leggerò più questo libro ma ritornerò a farti visita molto spesso. *voglio un'altra recensione*

    RispondiElimina
  10. Peraltro, da laureata in diritto tributario (alla Statale) con una tesi sull'ELUSIONE FISCALE, posso dire che la Bocconi non paga.
    Se non riescono a trovare una scappatoia nel sistema tributario dei PAESI BASSI, che ha più falle dello scafo del Titanic dopo l'impatto con l'iceberg, sono dei dementi.

    RispondiElimina
  11. Peraltro, posso dire che conosco personalmente uno che l'ha frequentata senza avere il becco di un quattrino; mio cugino Mauro, padre impiegato della Centrale del Latte di Milano, e madre casalinga.
    Però era un mezzo genio che ha vinto sette borse di studio consecutive per i figli dei dipendenti della centrale del latte, ed è stato quarant'anni fa XD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Allora ci posso pure credere. Praticamente siccome la centrale del latte doveva essere pubblica all'epoca, sono le tasse nostre che hanno pagato l'università privata al genio, che sarà stato pure bravo a vincere le borse, non discuto, ma bisognava che ci fossero, appunto...

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...