domenica 14 aprile 2019

Piccole recensioni tra amici! Tra gialli malriusciti e emigrazione italiana anni '60: "Oltre l'inverno" di Isabel Allende e "Il figlio prediletto" di Angela Nanetti

Mentre vedo le prime vacanze dai tempi del viaggio di nozze avvicinarsi finalmente col cuore in tumulto (penso di non essere così stanca da secoli e la mia cervicale non mi dà nessuna tregua sigh), finalmente ecco a voi qualche nuova recensione di libri letti nei mesi scorsi.

 Sono stati mesi di letture tra alterne vicende: alcune molto gustose (tipo "Dracula e io" di Morozzi, il prossimo che vorrei recensire bene) altre passabili, altre proprio no (una è in questo post).


Bando alle ciance! E buoni spunti di lettura e non lettura!





OLTRE L'INVERNO di Isabel Allende ed. Feltrinelli:

Come tutti coloro che seguono la Allende (anche non spasmodicamente, tipo me) sanno, è solita iniziare tutti i suoi nuovi romanzi l'otto di gennaio, data in cui iniziò il famoso "La casa degli spiriti".

 E' un bel gesto scaramantico e, volendo, anche un buon metodo di autodisciplina per uno scrittore, ma si potrebbe anche aggiungere che non sempre le idee venute a furia di spremersi le meningi (come ammesso dalla stessa Allende nei ringraziamenti), si rivelano poi buone idee.

"Oltre l'inverno" è uno strano papocchio di tante idee mescolate in modo poco organico, spacciato inopinatamente per thriller e un finale assolutorio e surreale che definirei imbarazzante.

 Il libro che, specifico, non è scritto male (la Allende sa sempre il fatto suo), inizia durante una terribile bufera natalizia che si abbatte su NY causando vari disastri tra i quali l'accidentale tamponamento tra un ipocondriaco professore universitario, Richard, e un'immigrata irregolare del Nicaragua, Evelyn.

 Qualche ora dopo, Evelyn si presenta a casa di Richard perché non può tornare a casa: l'incidente ha danneggiato la macchina aprendone il cofano posteriore e, a quanto sembra, dentro c'è un cadavere.
 La macchina appartiene ai suoi datori di lavoro, un ex campionessa di nuoto ora depressa e in preda ai farmaci e all'alcol e al marito, un violento tizio con qualche losco affare in ballo.
 In tutto ciò, nella taverna di Richard vive una sessantenne cilena dall'incontenibile vitalità che vorrebbe tanto portarselo a letto nonostante lui la privi del riscaldamento.

 La storia è raccontata dai tre diversi punti di vista e in verità ignora il giallo fino all'improbabile finale, concentrandosi invece sul passato dei tre protagonisti.

 La parte migliore è quella dedicata ad Evelyn, probabilmente perché è l'unica che ha un'idea di fondo: lasciata assieme ai suoi fratelli maggiori in Nicaragua dalla madre emigrata negli Usa (sta storia che gli Usa non hanno il ricongiungimento familiare è assurda, ma non la più assurda del loro assurdo sistema), vive in povertà, ma serenamente assieme alla nonna finché il fratello maggiore non si unisce a una violentissima banda.

 Da quel momento in poi ci saranno tragedie a catena intrecciate al dramma dei migranti che dal Sudamerica cercano di attraversare il confine per agguantare il sogno americano.

 Gli altri due personaggi, la professoressa cilena Lucia e Richard, professore americano, sono piuttosto piatti.

 La prima con la solita storia che affonda le origini nella dittatura per poi virare verso una sorta di dramma amoroso di mezz'età, il secondo con una storia fatta da stereotipi sul Brasile e tragedie a catena che a un certo punto l'idea di fare un pellegrinaggio a Lourdes diventa l'opzione più sensata.

 Stendo un velo pietoso sul modo in cui la storia del famoso cadavere nel cofano procede: neanche in un libro per tredicenni ci si permetterebbe una faciloneria simile, con tanto di assoluzione morale a destra e a manca sul finale.
 Sconsigliato. Mi spiace Isabel, sarà per un'altra volta.


IL FIGLIO PREDILETTO di Angela Nanetti ed. Neri Pozza:

 Candidato allo Strega dell'anno scorso, avevo quel dubbio perenne del "lo leggo o no" causato sempre dai miei conflitti di gusto: è una storia lgbt e racconta anche della Londra degli anni '60 vs oddio l'ennesima storia del sud deprimente e reprimente da cui una coraggiosa donna scappa.

 Trovato all'usato, ho potuto fugare tutti i miei dubbi.

 La storia ha un che di originale, ambientata in un periodo che ci piace dimenticare: quando i migranti interni europei che arrivavano, poveri e con una mentalità retrograda, in nazioni avanti anni luce, eravamo noi.

 Il racconto scorre su due binari paralleli: da una parte la storia di Nunzio Lo Cascio ambientata negli anni sessanta tra la Calabria e Londra, la seconda, quella di Annina, sua nipote, una ventina di anni dopo (mentre la prima è più contestualizzata, la seconda è connotata in un presente vago).

 Tra le due, la storia di Nunzio è quella più riuscita, più originale, più struggente e più sentita anche dall'autrice (almeno così mi è sembrato da lettrice), la seconda, forse anche per il finale un po' boh, ha meno tensione e sembra, a un certo punto, mettere troppa carne al fuoco assolutamente non necessaria all'economia della trama.

 La parte dedicata a Nunzio però vale interamente il libro. 

 Ragazzo, s'innamora, ricambiato, di un suo compagno della squadra di calcio. Sono felici, poi un giorno arrivano i fratelli, affiliati di una cosca locale, e per lavare l'onta gli ammazzano il compagno come un cane, in mezzo alla campagna, e lo spediscono a Londra a sparire.

 Nunzio arriva in Inghilterra, traumatizzato e sconvolto.

 Inizia a giocare a calcio, ma un infortunio lo costringe a cambiare rotta e diventa cameriere in un ristorante italiano. Per anni vive in Inghilterra, ma è come se non ci vivesse.
 Impara la lingua male, non conosce nessuno, non riesce ad affrontare dentro di sé la tragedia che gli è accaduta.
Sul tema e per ricordarci "Come eravamo" ASSOLUTAMENTE
da vedere "La ragazza con la pistola" se ancora non lo avete fatto

 Poi un giorno decide di iscriversi ad un corso di lingua e conosce un giovane professore di origini nobili e dalle idee marxiste.

 Non è amore, ma è amicizia, un'amicizia che salva dal baratro della solitudine e accompagna verso una vita nuova e ricca che però...che però non posso raccontarvi perché il libro va assolutamente letto.

 La parte dedicata alla nipote Annina è meno forte forse perché assai rivista: unica figlia, per giunta femmina, per giunta bellissima, di un fratello di Nunzio, assurto alla gloria di piccolo boss locale, vive una vita da reclusa che manco all'oratorio può mettere piede perché maschi e femmine giocano insieme.

 Scopre l'amore per il teatro e il ballo, ma le ali vengono tarpate seduta stante perché l'idea è farne una giovane sposa d' 'ndrangheta appena compiuti diciotto anni.

 Anche lei dovrà fuggire a Londra, sulle tracce dello zio Nunzio di cui nessuno, misteriosamente vuole mai parlare dai tempi in cui tornò in una cassa da morto dalla terra d'Albione.

 Ripeto, se la storia si fosse concentrata solo su Nunzio, a mio parere, ne avrebbe guadagnato. C'erano molte più cose da sapere, legami da indagare, solitudini da raccontare, ma il libro, a parte il finale, funziona anche così.
Superconsigliato!

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