martedì 28 agosto 2018

Letture dell'estate 2018, parte I. Quando la serendipità ti tradisce: "Il senso di Smilla per la neve" e "Il libro delle anime", due pessimi affari.

 L'unione civile si avvicina, ho un po' di ansia, ma, soprattutto, ho fatto delle ferie non ferie a casa dei miei genitori per confezionare manualmente bomboniere, segnaposto e tutte quelle amenità che avevo giurato e spergiurato non ci sarebbero state al mio matrimonio, ma poi che fai, non le fai?

 La mia scusa peraltro reggeva: è un'unione civile, è già abbastanza non convenzionale, da non poter essere convenzionale neanche volendo, ma la cruda verità è ben altra, un'unione civile con tutti i crismi è identica a un matrimonio con tutti i crismi (sai che scoperta in effetti), con l'eccezione che almeno non puoi cedere sul punto Chiesa (ma non avrei ceduto manco da etero).

 Comunque, non mi sono rilassata molto, ma ho letto parecchio e, per la prima volta, in modo quasi assolutamente casuale. 

 Non avendo avuto il tempo di passare in biblioteca, ho dovuto affidarmi ad acquisti di fortuna all'usato in un assurdo negozio suburbano che sarebbe piaciuto molto a Stephen King: un capannone sulla Braccianese pieno zeppo di mobili di modernariato polverosi e usati e una quintalata di libri.

 C'ero finita con mia sorella per cercare, incredibilmente, delle lanterne decorative per la cerimonia.
 Immaginavo uno di quei colpi di fortuna da raccontare ai posteri, "Pensa, ho trovato 10 lanterne in perfette condizioni per soli 10 euro!", ho trovato solo armadi di vent'anni fa (e le lanterne alla fine ho rinunciato a cercarle) e tre libri di cui andavo molto orgogliosa. Prima di leggerli.

 I primi due li trovate recensiti di cui sotto, il terzo "Creature del buio" di Stephen King, lo recensirò nel prossimo post altrimenti, al solito, si finiva per scrivere un poema epico.

 Immagino si evinca che sono un po' agitata.

 Bando alle ciance! 
Let's go!


IL SENSO DI SMILLA PER LA NEVE di Peter Hoeg:

 Non so come descrivere questo romanzo che divenne (ora lo so, incomprensibilmente) al tempo un best seller tale da meritare persino un film.

 Trattasi di un incredibile (nel senso che non ci si può credere) giallo che sfocia nel fantastico, con un inizio incalzante, una parte intermedia inutile come una sdraio al polo nord e un finale totalmente assurdo, ed entra a pieno titolo in quei gialli nordici senza un vero senso d'esistenza.

 La storia inizia quando Smilla, una glaciologa per metà danese e per metà eschimese che si trova a dover affrontare la morte di un suo giovanissimo amico, un bambino eschimese di nome Esajas, precipitato da un tetto mentre correva.

 Il fatto che un bambino mortalmente sofferente di vertigini sia precipitato da un palazzo non insospettisce gli inquirenti che bollano il tutto come "tragica fatalità".

 Tuttavia Smilla non ci sta, in quanto glaciologa sa leggere la neve e intuisce che il bambino stava scappando da qualcuno, ma chi?

 Per un po' tutto porta a pensare che l'omicidio sia legato alla morte del padre di Esajas, deceduto a seguito di un'intossicazione alimentare durante un'esplorazione governativa artica (!).

 Pur con qualche dubbio, dopo un avvio d'indagine abbastanza normale, la storia parte per una tangente incomprensibile. 

 Tutto perde senso quando, ad un certo punto, Smilla (che ha trovato il tempo di andare a letto con un meccanico, se non erro, dislessico) s'imbarca senza un motivo comprensibile su una nave che va verso l'artico e rimane invischiata in una sordida faccenda di marinai corrotti (come un secondo libro nel libro), per poi giungere in fretta e furia verso un finale folle che potete leggere nello spoiler di seguito se vi ho fatto passare la voglia di aprire questo libro durante il resto della vostra vita.

SPOILER

 Giunta nell'artico, Smilla scopre la verità sulla famosa intossicazione alimentare artica: un meteorite caduto al polo nord aveva causato la mutazione di un verme che, introducendosi nel corpo del malcapitato umano, finiva per ucciderlo, com'era accaduto agli sveturati marinai.
 Tuttavia Esajas, bambino prodigio in grado di imbarcarsi di nascosto sulla stessa nave del padre, pur avendo contratto la bestia aliena era riuscito a non morire ed era perciò tenuto sotto controllo dal governo.
 Purtroppo veniva tenuto sotto controllo male perché era precipitato dal tetto proprio durante una visita di controllo.
 Sì. avete letto bene: vermi mutanti.

 FINE SPOILER


 L'unico lato positivo, perché nonostante tutto ce n'è uno: 

 Se leggete i romanzi ambientati nelle "colonie" danesi, posso assicurarvi che qualsiasi simpatia vaga per il tenero popolo nordico verrà a perire.

 
A fine agosto quando l'estate mi sembra interminabile, inizio
 a bramare distese innevate
Ho letto due gialli ambientati alle isole Faroe
che, sommati, a questo qui di Hoeg in Groenlandia, restituiscono un ritratto impietoso: i danesi appaiono come dei predatori di risorse naturali senza cuore che trattano le popolazioni locali con sufficienza.

 O meglio, gli abitanti delle isole Faroe sembrano i cugini zotici di campagna che però uno  alla fine sopporta, gli inuit appaiono come gli indiani d'America: sradicati dai loro luoghi, resi fragili, spesso dipendenti dall'alcol, con un livello d'istruzione mediamente più basso dei danesi che in fondo in fondo li disprezzano e discriminano.

 Se c'è un vero lato positivo che rende "Il senso di Smilla per la neve" un libro che va letto almeno a metà è la descrizione di questa fetta di mondo a noi completamente ignota.

 Il mondo degli inuit, le loro sofferenze, il loro rapporto con l'Europa, le peculiarità sono tutto ciò che rende questo libro, incomprensibile caso di successo, almeno interessante.

 Il più grande mistero resta comunque come un libro del genere possa essere diventato, all'epoca, un best seller mondiale. Inspiegabile.


 IL LIBRO DELLE ANIME di Glenn Cooper ed. Tea:

 Ci sono alcuni libri che leggi a causa del mestiere.

 Dopo un po' di anni che lavori in libreria e vendi incessantemente gli stessi titoli ti sorge il dubbio che in fondo possano avere un loro perché.

In alternativa, alla trecentesima volta in cui ti chiedono: "Ma me lo consigli?" o "Di che parla?" pensi che invece di limitarti a ripetere in modo convincente la quarta di copertina, forse dovresti andare oltre la poker face e sforzarti di leggerlo.

 "Il libro delle anime" di Glenn Cooper è uno di questi tragici romanzi e, probabilmente, se non fosse stato l'unico libro sottomano durante un'imprevista permanenza di un'ora e mezza nella stazione di Viterbo con un caldo assassino, non lo avrei mai finito.

 Ora posso dirvelo con cognizione di causa, non è pregiudizio snob: è realmente pessimo, un'americanata degna del camerlengo folle di Dan Brown.

 La storia credo sia l'ideale seguito de "La biblioteca dei morti" che non leggerò e racconta le gesta di un poliziotto con una moglie poliziotta divenuta bocconcino solo per sedurlo e che vuole continuare a lavorare dopo la nascita del figlio (tutto ciò che sappiamo di lei).

 Lui, precocemente in pensione, muore di noia e si fa convincere da due anziani ad andare in Inghilterra a comprare un prezioso manoscritto battuto all'asta su cui ci sono nomi e date, date e nomi.

 Cosa accade? 

 Che egli compra il libro e inizia ad indagarne il contenuto in una sorta di piccola caccia al tesoro all'interno del maniero degli ultimi proprietari del tomo un anziano e sua nipote, ultimi discendenti di una nobile casata inglese.

 Di flashback in flashback veniamo a scoprire che il libro è passato per le mani di Shakespeare, Calvino e Nostradamus (i flashback nella loro follia sono forse la parte scritta meglio) e che è stato prodotto da una schiera di monaci dagli occhi verdi che si riproducevano tutti identici tramite violazione di sistematica di suore (giuro).

 After caccia al tesoro arriva il momento da blockbuster in cui il poliziotto in pensione prende definitivamente la forma di Nicolas Cage in modalità cacciatore di templari e finisce nell'idiozia totale.

 Nel senso, se fosse un libro con una vaga ombra di verosimiglianza, il protagonista non finirebbe civttosamente intervistato da una giornalista tutta complimenti, ma morto con una pietra al collo in fondo al mare.

 Insomma, certi libri, se proprio non ti viene di leggerli, c'è un motivo.

Vi anticipo che purtroppo con King non mi è andata meglio sigh sigh

7 commenti:

  1. "Di flashback in flashback veniamo a scoprire che il libro è passato per le mani di Shakespeare, Calvino e Nostradamus"
    ci ho messo un po' a capire che non stavi parlando di Italo Calvino :'D

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  2. Li ho letti tutti e tre. Hai scelto veramente tre ciofeche, e te lo dico da fan sfegatata di King. Ancora mi chiedo chi mi ridarà indietro il tempo buttato su tutte quelle pagine T_T

    Ma levami una curiosità, per caso sei finita in un Mercatopoli?
    Io mi ci rifornisco a ciclo continuo di libri usati :D

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    1. Non so cosa fosse, non lo avevo mai visto prima, ha aperto da poco O.o Di King c'era anche "Pet cemetery", ma era più breve e volevo una cosa cicciona. Mi chiedo perché, se almeno non potevano impedirgli di pubblicarlo perché dei saggi editor non hanno scorciato almeno metà e più del libro. Ci sono proprio degli episodi che a segarli via la trama non acquista e non perde nulla.

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    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    3. Posto che trovo quasi sempre i finali di King un po' meh, devo dire che con "Pet Cemetery" ti sarebbe andata assai meglio (e il finale non è neanche così cretino). Cioè, io "Creature del buio" non l'ho letto, ma se me lo accosti a quelle due porcate lì... ^^;

      Per quanto riguarda l'ipertrofia di certi romanzi di King, a volte ho avuto l'impressione che scriva a cottimo. Oppure che, diventato famoso, nessun editor osi più questionargli nulla. Di libri suoi che avrebbero avuto bisogno di una sforbiciata violenta ne ho incontrati diversi. Il peggiore di tutti, imho, fu "Insomnia", con uno stesso concetto/scena ripetuto all'infinito per centinaia e centinaia di pagine. Più di 700 pagine di cui, secondo me, 3-400 completamente rinunciabili. Un tormento!

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  3. Sull'onda del suo successo, lessi Smilla quando L'Espresso lo inserì fra i romanzi della collana "Le strade del giallo". E posso sottoscrivere ogni riga della tua recensione. Quando arrivò la parte "fantastica" e il giallo si trasformò in una puntata di X-files (brutta, tra l'altro) non ci potevo credere. L'unica spiegazione che mi sono data del perché 'sta boiata sia diventata un best-seller è che, ai tempi, la moda dei gialli scandinavi era ancora di là da venire, o quasi, e forse questo era considerato una lettura straordinariamente esotica, boh...

    Da Glenn Cooper mi sono sempre tenuta accuratamente lontana, e tu mi confermi che ho fatto bene. Anche se non avevo idea che potesse giungere a tali bassezze...
    una schiera di monaci dagli occhi verdi che si riproducevano tutti identici tramite violazione sistematica di suore (giuro).
    WTF??? °_°

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