giovedì 30 aprile 2015

Ma #ioleggoperché, alla fine, ha funzionato o no? Approcci stantii, grande racconto mancato, trasmissioni patchwork, titoli di dubbio gusto e il povero Carlo, che ignorerà per sempre di aver perso la grande festa di cui era ospite atteso.

 Quando andavo alle medie, i miei professori, non so se vittime di qualche aggiornamento scolastico o di un'idea che altrove aveva avuto successo, decisero di tentare una strada innovativa per migliorare i voti di chi in classe traballava.
La grande intuizione fu quella di costringere,  con la complicità dei genitori, chi era più bravo in alcune materie a fare i compiti con chi era meno bravo. Un'idea vecchia come il cucco che però vedeva qui una scienza forzosa: magari due in classe non si parlavano o si stavano antipatici, ma ecco che dovevano condividere i pomeriggi a fare compiti di matematica.
 Ne fui vittima anche io. Venni costretta saltuariamente a ripassare italiano con una ragazza che non era proprio una cima in materia, nel disperato tentativo di passarle per osmosi la mia scienza. La compagna di classe in questione non mi stava neanche antipatica, anzi, ma i risultati furono pressocchè inesistenti. Io la aiutavo e lei diligeva anche, ma in modo distratto.
 I compiti li faceva, ma il giorno dopo lo stesso faticava a dare una spiegazione sensata del racconto dell'antologia di italiano.
 I risultati furono omogeneamente pessimi per tutta la classe e il maggior ricordo che mi rimane di questa esperienza, che morì in una sola stagione, fu un epico mal di stomaco da pasta al gorgonzola preparatoci da mia nonna, orgogliosa del mio ruolo di insegnante improvvisata.
 Questo episodio di fallimento scolastico è secondo me una metafora calzante per il tanto atteso #ioleggoperché.
 In realtà non volevo scriverne nulla perché, francamente, ho faticato a seguirne il senso nei mesi di preparazione, tuttavia mi ha colpito il fatto che a posteriori si abbiano due correnti di pensiero in proposito abbastanza diverse:  "E' stata una cosa toccante e stupenda, ancora, ancora, ancora" e "Per per favore basta mai più". In particolare un articolo di Aldo Grasso (che so che sta sulle scatole a molti e ultimamente ha fatto un pezzo sui ggggiovani choosy da denuncia, ma generalmente mi piace abbastanza) ha bocciato senza rimedio questa manifestazione creata per convincere i non lettori a leggere.
 Chi ha ragione? Tentiamo di analizzare le cose con ordine.
 E' inverno, sento parlare di un fantomatico io leggo perché con l'hashtag davanti. 
 Il mio primo pensiero è: 'sta cosa fa tanto pubblicità progresso con i matusa che cercano di spiegare ai ggggiovani per come se li immaginano che leggere è una cosa estremamente figa, degna di un hashtag, degna di twitter. Un po' come quando i tuoi genitori facevano insensate battute giovanili all'apparire dei tuoi amici: magari ci stavano pure, ma in bocca a loro erano agghiaccianti.
 Ma insomma, non voglio essere bastian contrario, ci stanno provando, diamo loro fiducia. Così, scrivo una bella mail all'ufficio stampa e chiedo: ciao, sono la blogger x, mi pare un'iniziativa interessante, avete qualcosa per i bookblogger? Che so, un simboletto di affiliazione, delle iniziative a cui partecipare da hashtaggare, qualsiasi cosa da far girare con cognizione di causa sul web?
 Fidandomi di quel mitico cancelletto che prometteva un sapiente uso dei social network, della rete e delle sue funzionalità, mi attendevo una risposta assai più sensata di: rimani aggiornata guardando il sito, ciao.
 La visione di mio padre che tenta di fare il giovane e viene bruciato da una domanda delle mie amiche di cui comprende lo 0%, costringendolo ad una repentina ritirata, si affaccia con forza alla mia mente. In ogni caso, visto che preferisco leggere e occuparmi di cose che mi piacciono invece che inseguire gente random, mi disinteresso e torno alle mie faccende blogghesche.
 Vedo che ogni tanto c'è qualche cosa di carino, tipo il povero Guccini che cerca di fare la sua disperata parte, e scopro la lista dei libri che i "messaggeri", questi volenterosi volontari, dovrebbero consegnare ai non lettori per invitarli a leggere. Davanti a codesto elenco, capisco che un groviglio di interessi editoriali (almeno spero) misto a pessimo gusto, misto a non so quale idea di fondo, ha condannato a monte il vero obiettivo dell'iniziativa: far leggere chi non legge.
Ecco l'elenco per capire:

Kader Abdolah, “Il corvo”Kamal Abdulla, “Il manoscritto incompleto”Age & Scarpelli, Mario Monicelli, “Brancaleone”Silvia Avallone, “Acciaio”Alessandro Baricco, “Oceano Mare”Ronald Everett Capps,“Una canzone per Bobby Long”Paola Capriolo,“L’ordine delle cose”Massimo Carlotto,“La verità dell’Alligatore”Sveva Casati Modignani,“Lo splendore della vita”Cristiano Cavina “I frutti dimenticati”Andrea De Carlo,“Due di due”Diego De Silva “Non avevo capito niente”Khaled Hosseini,“Il cacciatore di aquiloni”Erin Hunter,“Warrior Cat. Il ritorno nella foresta”Emily Lockhart,“L’estate dei segreti perduti”Margaret Mazzantini,“Splendore”Giuseppe Munforte,“Nella casa di vetro”Yōko Ogawa,“La formula del professore”Maria Pace Ottieri,“Quando sei nato non puoi più nasconderti”Daniel Pennac,“Come un romanzo”Roberto Riccardi,“La foto sulla spiaggia”Luis Sepùlveda, “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”Marcello Simoni,“Il mercante di libri maledetti”Andrea Vitali Galeotto fu il collier”.

 Le domande sorgono spontanee e sono molte. Innanzitutto, come si può pensare che una persona che non legge decida improvvisamente di concedere una possibilità a Kader Abdolah o "Come un romanzo" di Pennac? Perché una scrittrice raffinata come la Ogawa è stata infilata qui dentro?
 A nessuno viene in mente che se un adulto scientemente evita di leggere, non sarà rifilandogli un autore che non ha mai sentito manco per sbaglio o un titolo evidentissimamente da lettore appassionato ed esperto, che verrà convinto?
 Immaginiamo questa scena edificante.
 Carlo è un brav'uomo, ha due figli, ama appassionatamente l'inter e la sua principale ragione di vita è seguirla in trasferta. Lavora come impiegato da qualche parte e l'ultimo libro che ha letto risale alle scuole superiori e francamente non ne ricorda il titolo perché ha preferito dimenticarlo. 
Carlo esce in un pomeriggio d'Aprile che non si decide ad essere nè bello né brutto, ha deciso di farsi una passeggiata innocua, ma incontra un gruppo di festanti persone che lo circondano gioiose invitandolo a prendere un libro.
 Convinto di essere finito tra le grinfie di un gruppo di gioiosi avventisti del settimo giorno o di mormoni o di testimoni di Geova o militanti di lotta comunista, tenta di schermirsi giurandosi cattolico praticante e iscritto al Pd anche se non vede una chiesa da anni e pensa che Renzi sia l'anticristo. Il gruppo cerca di risolvere il misunderstanding mettendogli in mano alcuni titoli.
 Legge e vede: "Nella casa di vetro" di Giuseppe Munforte, "I frutti dimenticati" di Cristiano Cavina e "Il corvo" di tale Kader Abdolah. Le copertine tutte identiche gli impediscono anche solo di capire l'argomento, (non c'è scritta neanche la trama sul retro della copertina!), ma, in ogni caso, nessuna sembra la biografia di Zanetti, l'unica cosa cartacea che potrebbe entrare in casa sua.
 Confuso da tutto quel caos, e un po' diffidente (perché caspita quella gente vuole regalargli dei libri? E' un'iniziativa del governo? Gli faranno firmare qualcosa per poi costringerlo a comprare scatervate di libri per anni, come è successo a suo cognato?) Carlo si allontana con mestizia. E' allora che una ragazza tenta un ultimo assalto qualificandosi come "messaggera": "E' per convincere la gente a leggere", gli dice sorridendo.
 Carlo sorride, prende candido il libro dalle sue mani e capisce che la sua intuizione non era sbagliata: sono davvero i Testimoni di Geova.
 The end!
 Sarà suppongo avvenuto un po' ovunque. Del resto, se uno non legge non sospetta neanche che sia in corso una complicata manifestazione di rilevanza nazionale indirizzata proprio a lui.
 Ma veniamo infine alla grande serata. Convinta ci fosse un dispiego di energie in piazza Gae Aulenti per tutta la giornata, mi reco lì verso le 15 per disegnare. Passano le ore e non succede niente.
 Ad un certo punto iniziano le iniziative per i bambini, semifallimentari fino all'arrivo dell'amato topo Geronimo Stilton che però fa la sua apparizione quasi alle otto,quando decido di tornare a casa chiedendomi insistentemente perché nessuno abbia deciso di organizzare qualche incontro un po' prima dell'ora di cena.
 Il mio cervello pensava di aver letto da qualche parte una roba immaginifica (frutto chiaramente dei miei sogni più accesi): avevo capito che ci sarebbero state delle letture di lunghi pezzi, ad alta voce, per tutto il pomeriggio, con persino degli sketch o delle interpretazioni teatrali. Un'idea assolutamente irragionevole.
 Torno a casa e inizio a vedere il programma. La prima immagine che mi si para davanti è Benedetta Parodi che, sempre più ossuta, ammette di non saper fare una beneamata mazza, mentre un Favino solo nella bufera cerca di portare a casa un programma patchwork non ben amalgamato.
 Svanisce la Parodi che, per un attimo, avevo temuto co-conduttrice e iniziano una serie di ospiti a catena, alcuni riusciti (fantastico il momento in cui Rocco Tanica compiange Manzoni con toni da Barbara D'Urso), altri insensati: perché il vincitore di sanremo giovani con la canzone a tema omosex "Amami uomo" sta cantando "Pop"? Che caspita c'entra?
 C'è un'improvvisazione teatrale buttata a caso con Sabrina Impacciatore, mentre Carofiglio racconta una storia molto toccante su un'amata libreria comunista dell'infanzia. Insomma una specie di minestrone di cui Favino cercava coraggiosamente di tenere le fila senza che ci fosse un forte filo conduttore a tenerla.
 Ad un certo punto, dopo tante belle parole e bei racconti, ho spento, lievemente annoiata e con un certo senso di "Ma quando finisce?" nell'animo. Tutto bello tutto giusto, ma proprio non c'eravamo.
 Io leggo perché con l'hashtag davanti è stata una lodevole iniziativa combinata assai male. Non voglio sparare a zero a prescindere perché per troppi anni non si è fatto nulla e ora che finalmente si smuove qualche acqua va bene tutto. Del resto a non far niente siamo bravi tutti.
Però è stata un'iniziativa con tre grossi problemi: è nata vecchia nonostante l'hashtag, non aveva un'idea di racconto universale dietro e, soprattutto, era evidentissimamente fatta per i lettori e non per i NON lettori.
 La sezione di marketing e di mass media scoppia di libri che insistono sul fatto che per vendere un prodotto, al giorno d'oggi, devi vendere una storia. 
 Il mulino bianco che ci vende il mondo buono, la Star che ci vende gli operai felici di lavorare e di fare un brodo proprio per te, la piccola azienda a conduzione familiare che esporta lenticchie e va all'expo. Ci stanno vendendo tutti delle piccole storielle che appassionano. Non è una roba nuova.
 Le storie, il racconto, sono ciò che lega tutte le epoche del mondo. Ci sono dal principio, da Giovanni l'apostolo che diceva che "Dio era il verbo e il verbo era presso dio", ad un immaginario comune intessuto di miti, di ricordi, di leggende, di aneddoti, di metafore. Chi legge i libri dovrebbe essere più cosciente di chiunque che ciò che ti spinge a leggere è la capacità di ritrovarsi dentro ad una storia in qualche modo ti porti fuori dalla realtà per mostrartene un'altra che altrimenti non avresti mai visto.
 #Ioleggoperché pensava di tirar fuori il racconto dai lettori: guarda ti racconto perché leggo così piace pure a te. Ma l'approccio è fondamentalmente noioso a monte, didascalico, pedante e con un vago tono pedagogico. Non basta mettere una brava in italiano a fare i compiti con una incapace per farle capire dove sbaglia. Servono altri approcci, più coinvolgenti, che comportino passi più piccoli, un irretimento più mascherato del mettere in mano un libro scelto da terzi (la grande maggioranza dei titoli proposti non li leggerei neanche io).
 Quello che andrebbe raccontato ai non lettori, che si stanno perdendo qualcosa che pensano di poter avere anche con altri mezzi.
 E' una delle più grosse scuse dei non lettori: io non leggo perché ascolto musica, perché tanto viaggio, perché ho altre passioni. Come se le passioni potessero essere interscambiabili tra loro.
 Una campagna per coinvolgere i non lettori deve fare perciò due cose:
 1) Arrivare ai non lettori con tutti i mezzi possibili e più subdoli, ma anche credibili.
 Prendere un rapper x e fargli dire qual è il suo scrittore preferito, non serve se il contesto non è credibile. La sensazione finisce per essere quella di uno che recita la poesia per avere la paghetta a Natale. Puoi anche metterci passione in nome dei cinque euro che ti darà tuo nonno, ma i tuoi cugini vedranno la verità.
 Rocco Tanica che mi parla del caro estinto Manzoni con toni sarcastici era, per esempio, azzeccatissimo nel programma. Surreale, ma colto. Moderno, ma ironico. Era uno dei pochi al posto giusto al momento giusto (e aggiungerei con la presenza scenica giusta).
2) Devi convincere qualcuno che pensa la lettura sia una palla a leggere. Non basta dire che siamo tanti messaggeri e ce la faremo, questa non era una campagna per le persone a cui piace leggere che si galvanizzano a vicenda! Era una campagna per i NON lettori.
 E proprio per questo, a maggior ragione, i libri scelti erano quasi tutti epic fail: bisognava avere robe come "Open" di Agassi, la biografia di Zanetti o di Totti, dei grandissimi successi editoriali o qualcosa che fosse simile (se non "Angeli e demoni" di Dan Brown, poteva andare benissimo la Asensi), Camilleri, De Crescenzo!
 Io leggo perché aveva un'impostazione sbagliata già dal titolo. 
 Io GIA' leggo, siete voi che dovete scoprire quanto è bello e dovete scoprire le vostre motivazioni, con le mie non ci fate niente.
 Che l'anno prossimo, se si ripeterà, la campagna sia fortemente aggiustata, più moderna, più organica, meno meno meno retorica, meno meno meno autoreferenzialità del lettore, dello scrittore, dell'addetto ai lavori. Mentre snocciolate le citazioni a effetto, il non lettore dormirà: vi rendete conto che se non legge quasi sicuramente non sa di chi siano le belle parole spappardellate?
  Le vignette del mio blog fanno ridere, ma se c'è gente che crede che Mark Twain sia una casa editrice allora dovrebbe venire facile capire che col non lettore non stiamo manco al punto di dargli un libro (che poi ripeto, ma si può dare "Una canzone per Bobby Long" a uno che non legge dai libri scolastici delle superiori?), stiamo ancora prima: all'educazione alla lettura.
 Forza, ce la potete fare. La linea guida è: se sembra una pubblicità progresso non va bene. Vedrete che con questo assioma in mente, sbagliare sarà meno difficile.

Ps. Ovviamente massimo rispetto per i volontari, io apprezzo sempre sempre sempre sempre chi fa qualcosa invece di lamentarsi e basta. Ripeto, a non far niente siamo bravi tutti. E poi, magari nella massa uno di questi famosi 240.000 libri ci è effettivamente finito a casa di un non lettore, e se non ha ispirato lui, potrebbe ispirare il figlio o la figlia non abituati a vedere materiale cartaceo in casa. Un libro in più in giro non fa mai male (a meno che non sia 3MSC).

Pss. Nessun Testimone di Geova si senta offeso, por favor, prendevo solo scherzosamente in giro l'attitude al proselitismo.

3 commenti:

  1. Convinto di essere finito tra le grinfie di un gruppo di gioiosi avventisti del settimo giorno o di mormoni o di testimoni di Geova o militanti di lotta comunista,
    (cut)
    (la grande maggioranza dei titoli proposti non li leggerei neanche io)
    (cut)
    questa non era una campagna per le persone a cui piace leggere che si galvanizzano a vicenda! Era una campagna per i NON lettori

    Direi che qui è racchiuso già tutto ciò che spiega perché era un'iniziativa fallimentare in partenza.

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  2. eh, il tuo articolo, è, come al solito, ben ponderato, ed è tutto giusto. quello che proprio non capisco è perchè non si siano dati un tema unificante, tutta la manifestazione mi è sembrata dispersiva in una maniera inutile, una cosa alla "prendiamo ciò che (nella mia visione probabilmente distorta dalla mia ignoranza in materia) attira i ggiovani e i non lettori, e facciamoci un minestrone, pure se non ci sta". l'esempio lampante è la lista, del tutto a caso, dei libri da regalare. avrebbero dovuto cercare di legare ogni cosa da un tema, mah, sono sempre sorpreso quando eventi, che dovrebbero essere gestiti da chi è competente, prendono queste cantonate assurde. certo, come dici tu, è un inizio, e, forse, è meglio di niente. spero solo che per la prossima edizione imparino dai loro errori (anche se, di solito, non succede)
    dovrebbero chiedere alla gente perché non legge, e iniziare a lavorare da li

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  3. Niente da dire, sono d'accordo. Piuttosto, complimenti per i poster socialisti/orientali che scovi in giro! Anche in altri articoli ne ho visti di ottimi.

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