Uno dei pochi film di Woody Allen che mi è davvero piaciuto (e suppongo che questa cosa mi renda una pessima cinefila) è "Midnight in Paris".
L'idea di base, quella di un uomo insoddisfatto della propria epoca, che viene catapultato per caso nel suo periodo storico preferito, (in questo caso la Parigi-festa mobile degli anni '20-'30) è tanto semplice quanto potente: quanti di noi vorrebbero vivere in un altro tempo, che consideriamo più consono alle nostre inclinazioni, al nostro carattere o alle nostre aspirazioni?
Certo, il film poi ci spiega pazientemente che si tratta di una sorta di sindrome da "epoca d'oro": il passato che immaginiamo è sempre assai diverso da quello che è stato poi realmente e, soprattutto, sarà sempre in vantaggio sul presente. Tutto quello che abbiamo e viviamo rischia sempre lo svantaggio verso l'immaginato, il ricordato, lo sperato, perché i sogni raramente sono crudeli, la realtà lo è quasi sempre.
Tuttavia, nonostante questa spiegazione sia perfettamente giusta, logica e coerente, penso sia altrettanto incontrovertibile che non tutti siano nati per vivere nella propria epoca.
Lo penso dai tempi in cui ho appreso che il povero Keplero che adesso sarebbe al Cern a studiare i bosoni, all'epoca veniva considerato solo in funzione della sua capacità di fare ottimi oroscopi.
Guardate (o leggete) il meraviglioso spettacolo di Paolini, "Itis Galileo" e scoprirete (se non lo sapete già), come prima della nostra epoca positivista e tecnofila, essere uno scienziato un tecnico non portava a carriera, borse di studio e implorazioni da parte del governo per popolare le facoltà scientifiche, ma ad essere considerati studiosi di serie B.
Era l'epoca degli umanisti (che comunque dovevano girare per Cangrandi e Mecenati vari per trovare qualcuno che li mantenesse mentre, pacifici, creavano).
In parte è la fortuna di trovarsi al posto giusto al momento giusto, in parte però credo che la sindrome da epoca d'oro derivi da quel concetto inafferrabile che è lo zeitgeist, lo spirito del tempo.
Coloro che hanno la ventura di corrispondere e cavalcare lo spirito del tempo vivono un privilegio enorme che è negato ad altri ed in genere rimpiangeranno per tutta la vita.
Perché lo spirito del tempo, basta vedere i filmati di Techetè sulla Rai la sera, non perdura per molti anni.
Un giorno del 1972 Ivano Fossati canta Jesahel vestito da Gesù Fricchettone e circondato da hippie, pochi anni dopo te lo ritrovi con le tastiere elettriche e una giacca discutibile in pieno stile anni '80.
La moda è cambiata, ma in realtà è l'atmosfera ad esserlo, quello che prima era normale, diventa ridicolo, quello che prima era impensabile, ora è indispensabile, è lo spirito capriccioso del tempo.
Questa riflessione è quella che più mi è saltata agli occhi leggendo la biografia di Philip Dick scritta da Carrère, il quale non ha operato un'impostazione biografica tradizionale, ma ha piuttosto seguito un sistema generalmente riservato alle autrici donne.
Ha infatti analizzato la vita di Dick attraverso le sue numerose e turbolente relazioni sentimentali.
Incapace di star solo, (e nei rari attimi in cui gli è capitato, totalmente allo sbando), Dick aveva la stessa tendenza di Paul McCartney: sposava tutte le donne con cui si fidanzava.
Da qui un primo matrimonio di una settimana e uno immediatamente successivo con l'unica moglie che Carrère giudica equilibrata e presente a sé stessa: l'attivista politica di origine greca, Kleo.
Dopo Kleo venne la devastante Anne, che condusse Dick a una tale tensione psichica da portarlo a scrivere "La svastica sul sole", ma che con le sue aspirazioni da vedova borghese minò abbondantemente il suo già minato equilibrio psichico. Si fecero molto vicendevole male (Dick riuscì persino a farla rinchiudere in una casa di cura per un periodo) prima di separarsi.
Dopo Anne venne una diciottenne con problemi di anoressia, completamente dipendente da Dick, e dopo di lei, un'altra giovanissima.
Anche costei lo lasciò, precisamente dopo che Dick cadde vittima di un episodio psicotico devastante della durata di tre mesi in cui ebbe l'impressione di ricordare una vita precedente dove era un cristiano perseguitato dell'antica Roma (e da cui scaturì quella contortissima e infinita opera che è l'Esegesi). Dopo ci furono un'aspirante suora alle prese con un morboso rapporto con la propria malattia e un'energica insegnante di yoga. Infine la morte.
Il giudizio generale di Carrère su Dick è quello di un uomo incredibilmente fragile, sentimentalmente dipendente (dalle donne sbagliate) e salvo dalle sue psicosi grazie alla letteratura o meglio, alla particolare forma di letteratura, la fantascienza, che gli permetteva di convogliare i mondi possibili e inquietanti che altrimenti lo avrebbero condotto alla pazzia.
Tutto giusto, ma, da come la mette Carrère, e anche dalle brevi memorie lasciate di suo pugno da Dick stesso, l'idea che si potrebbe trarre è anche quella di una forma di psicosi nei confronti della società, di un tempo e un mondo nel quale una persona come lui non poteva trovarsi a suo agio.
Dick aveva infiniti problemi e numerosi psicologi e psichiatri hanno tentato di formulare ipotesi sui disturbi dei quali poteva soffrire. Quali che fossero gli consentirono di vivere, nonostante tutto, fino ai cinquant'anni, di intessere relazioni amorose e d'amicizia, di avere tre figli, vincere premi, scrivere libri anche a ritmo sostenuto.
Il tutto, nonostante l'uso di stimolanti e droghe (malgrado Carrère asserisca che Dick, al contrario ad esempio di Huxley, abbia fatto uso di LSD solo una volta e anche male).
Era perciò una persona in grado di sopravvivere all'interno della società e di condurre una vita socialmente integrata, però, c'è un episodio rivelatore sul modo in cui considerava la sua presenza nella società.
Chiamato dalla vicina di casa perbene per ucciderle un orribile insetto che le era piombato in casa, una volta compiuta la missione, era stato apostrofato dalla donna con un "Se avessi saputo che era innocuo, lo avrei ucciso io"
Era questo il suo rapporto con la società borghese dunque? Un eccentrico tollerato solo in funzione del lavoro sporco (nel suo caso la narrativa di genere, considerata di serie B)? E sminuito dopo che era stato compiuto?
Leggendo la biografia e i libri di Dick, pieno di mondi, realtà e tempi che si intersecano tra loro come incubi concentrici, viene il dubbio che Dick, tra le altre cose, soffrisse di una terribile mancanza di adattamento allo spirito del tempo.
Ebbe la fortuna di cavalcarlo con gioia per una manciata di anni, durante il periodo della controcultura, degli hippie, della contestazione e dell'amore libero. Il momento storico in cui non era un freak, ma una persona interessante, anzi era la persona da conoscere e da frequentare per essere considerati una persona interessante.
Terminato il momento tornò un ratto alla ricerca di un suo posto nel mondo, tentò di ricreare l'attimo adibendo la sua casa a una sorta di ritrovo di squatter e vagabondi, ma la magia era passata, lo spirito del tempo era cambiato. Non era più sull'onda, era sotto.
E Dick, a quanto sembra, non era persona da adattarsi, da far buon viso a cattivo gioco, era uno che continuava a sentirsi fuori dal tempo e su un altro pianeta, l'abitante di una dimensione parallela che fatica a comprendere quella in cui, suo malgrado, si trova, intrappolato dal dubbio che tutto sia una grande finzione, che qualcuno lo stia manipolando.
Sarebbe stato lo stesso se avesse sempre cavalcato lo spirito del tempo?Se non avesse avuto difficoltà di adattamento? Sarebbe poi stato così strano, così sempre in affanno, fuori contesto, alla disperata ricerca di un punto fermo, di una moglie, una compagna, un qualcuno che lo tenesse ancorato al presente?
La domanda vera è: Dick sarebbe stato considerato una persona schizoide se fosse sempre vissuto in un tempo e in una società a lui consona?
O è diventato Philip Dick, autore di contorti e controversi romanzi di fantascienza, di mondi a metà tra la vita e la morte, di ucronie al rovescio, di robot che non sanno di esserlo, perché la sua, la nostra, realtà gli appariva talmente estranea da non poter essere considerata, ai suoi occhi, davvero reale?
Bradbury, Asimov, Sheckley, sono stati tutti grandi autori di fantascienza che hanno inventato mondi possibili e probabili, e la loro grandezza è stata nella capacità di prevedere il futuro o di piegare il presente alle regole della fantascienza facendone una critica politica sociale.
Dick sembra essere altro, completamente altro. Sembra non voler prevedere mondi possibili, ma descrivere il mondo come appariva ai suoi occhi: folle, doppio, inverosimile, crudele.
Un mondo di soprusi in cui il vincitore decide chi è vivo e chi è morto, chi è la vicina perbene, chi l'insetto schifoso e chi il vicino trasandato da usare per schiacciarlo.
beh non mi pare che si sia aperta un'epoca tecnofila, anzi mi pare che la scienza e tecnologia sia ancora, almeno in Italia, considerata cultura di serie C quando va tutto bene.
RispondiEliminaPer quanto sia fondamentale conoscere il proprio passato per non rifare gli stessi errori nel futuro penso che un po' di attenzione alle materie scientifiche sia necessario in Italia se non vogliamo diventare sempre meno importanti e considerati a livello mondiale.
Da laureata in una materia umanistica ti posso assicurare che questa non è un'epoca per umanisti (conosco quanti laureati vuoi in filosofia e lettere che arrancano, non conosco nessun laureato in ingegneria, fisica o statistica con lo stesso problema). Che poi in Italia si sia clamorosamente indietro per quel che riguarda scienza è ricerca, non è perché stiamo a studiare le belle lettere o i dipinti, ma perché, in generale, lo studio avanzato in ogni materia, è continuamente sminuito da offensive offerte di lavoro (in proporzione alle competenze e non sempre ha una giustificazione nella crisi, spesso c'è anche una volontà di sminuire il lavoratore competente da parte di dirigenti non all'altezza) e da carriere universitarie precarie, contorte e non sostenibili senza adeguate finanze. Un esempio ottimo è quel bellissimo film di Virzì che è "Tutta la vita davanti", l'unico film italiano che è riuscito a fotografare il marasma in cui ottime menti si trovano ad affogare in Italia al momento. In tutto ciò, dall'altra parte del mondo, esiste la Silicon Valley che viene il vero nuovo centro del potere mondiale.
Elimina*viene considerato
EliminaChe ci siano offerete oscene per qualsiasi tipo di lavoro in Italia lo confermo ma ti assicuro che la cosa è bipartisan.
EliminaOfferte offensive ci sono anche per studi tecnico-scientifici, sentirsi offrire un risarcimento di 400 euro al mese per fare turni di 12 in sale server a 16-18 gradi, oppure 500-600 per infilarsi in cunicoli tecnologici che farebbero spavento ad una talpa sono la norma.
La dimostrazione pratica di quello che dico è che quando si è presentata la riforma della buona scuola ( che ahem è di buono mi apre aver mica tanto) sulla lavagna del nostro caro premier c'era scritto cultura umanistica e basta...
da quando il signor Gentile negli anni del fascismo relegò lo studio scientifico ad una cultura di serie B non si è mai riusciti a recuperare il Gap imposto.
Io non predico la superiorità di un tipo di cultura rispetto ad un'altra ma chiedo che ci sia il giusto equilibrio cosa al momento totalmente assente in Italia.
Purtroppo per noi se ne vedono i risultati, siamo tra i paesi in cui maggiormente ci affidiamo a maghi e fattucchiere, facciamo fatica a utilizzare il computer, non abbiamo la capacità di riconoscere bufale pseudoscientifiche, ci affidiamo sempre più a pratiche che di medico non hanno nulla, crediamo a complotti orditi dai bildenberg per distruggere il mondo, alle scie chimiche o alle sirene e mandiamo al governo ( comunale, provinciale, regionale, nazionale ed europeo) gente che rappresenta idiozie simili.
Senza equilibrio non possiamo pensare di progredire come popolazione, io mi pento di non aver studiato bene letteratura e pur essendo un lettore accanito ( fantasy e fantascienza) purtroppo so che farò una enorme fatica a recuperare se mai ne avessi tempo.
scusa per il WOT.
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Eliminaho fatto un errore Gentile fu il meno il peggiore fu Croce che considerava gli studi scientifici poco meglio dei rifiuti.
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