martedì 13 settembre 2016

Il teorema Sabrina Salerno applicato a "Yeruldelgger". Il tempo perdonerà la versione cartacea di un film di Jean-Claude Van Damme nel ruolo di un ispettore mongolo? Io e Yoda non crediamo.

 Ogni tanto la notte guardo dei nei programmi che fanno sulla rai.
 Immotivatamente sono più belli i programmi e i film di seconda serata e spesso si trovano degli interessantissimi excursus storici musicali. Poiché io sono una capra ammaestrata in fatto di musica, tento di riempire lacune con queste subdole modalità.

Uno di questi programmi, mi svelò, un paio di anni fa che l'artista italiano arrivato più in alto nella hit parade inglese nella storia fu Sabrina Salerno che, cinta in un bikini bianco da cui i seni sgusciavano con furore, cantava "Boys boys boys" saltellando bagnata sul bordo di una piscina.

 Finalmente avevo dato un ruolo a quella donna a me ignota che ogni tanto saltava fuori dalle riviste di mia nonna piene di starlette pronte al matrimonio o piene di figli e giuoia familiare dopo una gioventù di successi tv di vario genere.

 Molti ora inorridiranno al pensiero che io potessi ignorare Sabrina Salerno (magari faceva pena, ma insomma, era ovunque all'epoca), ma è così: il successo passa, le generazioni pure e se prima sapevano il tuo nome pure i sassi, poco dopo sei solo un'ignota che ha spupato con successo a quarant'anni.

 Il teorema Sabrina Salerno si può applicare a quasi tutti i grandi successi di pubblico della narrativa contemporanea.

 Ricordate il furore egizio per Christian Jacq? Ricordate il misticismo de "La profezia di Celestino"? Ricordate quando non si poteva non aver letto "Il codice da Vinci"?

 E ricordate "Uomini che odiano le donne"?

 Certo, quello ce lo ricordiamo ancora, anche perché è uscito un quarto libro di recente, ma pochi anni fa non c'era persona che non sapesse chi fosse Lisbeth Salander, ventenne hacker svedese, in grado di compiere immani prodezze dall'alto del suo metro e cinquanta.

 Quello che colpiva nel personaggio di Lisbeth, fondamentalmente irrealistico, una sorta di Harry Potter sanguinario per adulti (lei, orfana, in balia di un tutore legale psicopatico, con una triste storia nel passato che la perseguita e in grado di compiere gesta eroiche che manco se fosse un'agente del KGB e della Cia fusi insieme) era il messaggio di fondo: la vittima che si fa carnefice.

 Lisbeth Salander non era solo il bene che trionfava sul male, era la vittima che si ribellava dalle sue storiche catene che la volevano in grado di vincere con la giustizia, la verità, buoni alleati e molta fortuna e diventava carnefice.
 Per capirsi, quando il tutore psicopatico la violenta non se ne sta lì a rimuginare e a provare vergogna, gli tende invece una trappola, lo lega e gli tatua sulla pancia un enorme: "Io sono un porco un sadico uno stupratore".
Tiè.

 Non sto dicendo che sia giusto o che sia sbagliato, ma che la potenza di Lisbeth era lì ed era quella che faceva l'enorme differenza tra lei e migliaia di personaggi di libri d'azione tutti uguali.
 C'è un giallo ambientato in Mongolia scritto da un autore francese globetrotter e che, dopo aver spopolato oltralpe è stato portato con successo anche da noi.
 Trattasi di "Yeruldelgger" di Ian Manook.
 Salutato e presentato come un nuovo imperdibile caso editoriale, ha attirato la mia attenzione in quanto giallo ambientato in un luogo insolito: la per me sconosciutissima Mongolia. poiché in genere i gialli in altre nazioni permettono di conoscere luoghi e usanze a me ignote, (e amando molto Qiu Xiaolong, che è cinese, lo so), ero molto ben disposta.

 Ebbene, mettiamola così, la recensione potrebbe ridursi in un "Come un film di Jean-Claude Van Damme, ma ambientato in Mongolia".

 Yeruldelgger è un ispettore di polizia, alto, robusto, belloccio e considerato, un tempo, tra i migliori della Mongolia.
 In procinto di sgominare una di quelle organizzazioni criminali stile Piovra interne allo stato mongolo, si vide rapire la figlia piccola, Kushi, che venne anche uccisa, gettandolo nella disperazione e dando il via a una catena di eventi uno più disgraziato dell'altro.

 Innanzitutto Yeruldegger divenne l'ombra di sé stesso, violento, irritabile, ribelle verso ogni ordine gerarchico e tuttavia adorato da una serie di sottoposti tra cui Oyun, un'ispettrice giovanissima e sprezzante di ogni pericolo (anche troppo).

 In secundis: la moglie impazzisce e la figlia maggiore Saraa inizia a drogarsi che se la fa con un gruppo di nazisti mongoli che mixano ideologia hitleriana a nazionalismo mongolo con spruzzate di filosofie orientali. Il loro odio è convogliato principalmente verso coreani e cinesi, rei di saccheggiare il paese con le loro potentissime aziende.

 La storia inizia quando tre geologi cinesi e tre prostitute mongole vengono trovati massacrati e mutilati all'interno di una fabbrica, tutto porta a pensare che c'entri il gruppuscolo nazista, ma Saraa fornisce loro un alibi prima di essere quasi cotta nelle orribili fogne di Ulan Bator, dove scorrono enormi tubi sovietici arroventati. Lo stesso giorno, guarda il caso, nel bel mezzo della steppa, un gruppo di nomadi, rinviene il cadavere di una bambina col suo triciclo.


 Il libro diventa un susseguirsi di scene d'azione, il più delle volte assolutamente senza senso o incredibili (nel senso di non credibili): Oyun che fa la pensata geniale di andare a indagare da sola, disarmata, nel bel mezzo di un gruppo di 40 nazisti tutti maschi e ubriachi, nella steppa profonda e isolata (vi lascio immaginare come finisce); Yeruldelgger che per ritrovare la pace va in un monastero in stile Kung Fu Panda dove dei monaci che lo hanno cresciuto gli insegnano a ritrovare la pace interiore parlando come Yoda.

 Il tutto mentre personaggi secondari diventano perfidissimi protagonisti e il cattivo, come nei migliori film d'azione, è nientepopodimeno che il suocero!

 Uomo mandato in un gulag durante il regime sovietico, sopravvissuto a torture, cannibalismo, fughe, ferite e diventato miliardario potentissimo che invita miliardari coreani a fare corse in quad dentro i parchi nazionale.
 Ebbene, egli, perfido e malvagio, non ha pietà per nessuno e ha un solo obiettivo: distruggere Yeruldelgger. Solo che, inspiegabilmente non lo fa (e Yeruldelgger gli restituisce il favore evitando di ammazzarlo per lasciarlo a tre cinesi altri un metro e mezzo che muoiono in 20 secondi netti).

Anche Steven Seagal è un'alternativa
 La storia dura la bellezza di 500 pagine e la famigerata ambientazione mongola spunta qui e lì vagamente, quando parla della ritirata sovietica improvvisa all'inizio degli anni '90, dei russi che hanno distrutto il sistema di famiglie nomadi all'interno della steppa, portando molti di loro, in preda a una totale perdita d'identità a vivere nelle fogne.
  L'occidente è lontano, ma una volta tanto i cattivi non siamo noi, ma gli immediati vicini: coreani, russi e cinesi sopra a tutti.

 In quanto a verosimiglianza siamo insomma dalle parti del secondo e terzo libro di Larsson, eppure del libro di Larsson non ha la forza.
Il motivo è presto detto: se nel primo caso il messaggio della vittima che diventa carnefice in un certo senso sostiene la follia della trama, in questo non c'è niente che renda valida la lettura a oltranza di un libro esponenzialmente assurdo.
 Intendiamoci, a me non piace il genere del giallo d'azione molto sanguinolento e con scene cruente, ma il problema non è neanche quello, il problema è che è tutto incredibilmente gratuito o posticcio (le scene del tempio sono degne di Karate Kid).

 Manca quello che fa appunto la differenza tra un action movie ben fatto e un film di Jean-Claude Van Damme.

 L'unica cosa che non mi è spiaciuta è l'atteggiamento che Yeruldelgger ha nei confronti della gente che incontra. In un mondo che sembra aver perso ogni dignità e ogni morale, non se ne capacità.
 Si chiede: davvero non c'è possibilità di redenzione?
 Davvero non c'è nulla che si possa fare per non vivere come topi nelle fogne, per tornare ad essere un popolo fiero che cavalcava nella steppa?
  E a che serve vivere se non si è in grado neanche di proteggere i propri figli? 
 Se si preferisce venderli ai potenti che vogliono divertirsi nel fine settimana come fossero merce? Cosa, esattamente, si teme se il peggio è già avvenuto?

 A quale punto da vittime si diventa complici?

 Quello avrebbe potuto essere il punto di forza di Yeruldelgger, un giustiziere che non compatisce la propria gente connivente di un potere di cui si sente vittima e che in realtà contribuisce a sostenere.
 Peccato che Manook abbia puntato sul drammone familiare in duecento atti.
Il teorema Sabrina Salerno lo punirà.

7 commenti:

  1. Calcolando che io ho già trovato pessimo "Uomini che odiano le donne", e che penso tutto il male possibile di un personaggio quale Lisbeth Salander (che non mi pare avere molta più profondità di uno a caso dei personaggi recitati da Van Damme, con tutto che alcuni suoi film mi fanno almeno ridere, ma Larsson no - l'inseguimento in moto, perD*o!, manco in "Cobra 11", e con l'aggravante che Larsson la descrive come una scena seria...), direi che eviterò come la peste pure questo giallo d'ambientazione mongola.
    Grazie per la rece e per la dritta! XD

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    1. ahahaha anche tu ricordi con orrore l'inseguimento in moto? Comunque Yeruldelgger fa di peggio. Il pezzo nel monastero coi monaci yoda è pura magia anni 90

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  2. P.S.: Sabrina Salerno è stata pure a Sanremo con Jo Squillo a cantare "Siamo donne" nel 1991. Come puoi non ricordare? XD

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  3. a proposito di gialli con ambientazione insolita: quest'estate dalla solita biblio americana abbiamo (ho infettato pure il maritozzo) i libri di Louise Penny con protagonista l'ispettore Gamache e ambientati nel Canada francese (credo qualcuno tradotto anche in Italia, ma non so quanto bene) e mi hanno conquistato al punto che ci è venuta voglia di visitare quel paese... e il freddo mi orripila.

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    1. Devo dire che mi è passata la voglia di leggere gialli per un po'. Credo sia la fine dell'estate, l'attesa di ottobre e queste 500 pagine irritanti mi hanno un po' fatto passare la voglia :(

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  4. Sì ma io adoravo i film di Jean Claude Van Damme in tv :/ mi vergogno? Non mi vergogno? Vabbe' io lo dico.
    Comunque leggere libri brutti, senza ispirazione, scritti coi piedi, incredibili etc. può avere un valore catartico. Un tempo sotto stress leggevo al bisogno qualche pagina a caso da un libro della Margaret: ridevo, mi incazzavo, la insultavo, poi insultavo tutti i pezzi della catena editoriale per la loro parte di responsabilità, sfogavo tutto con massima cattiveria e non me la prendevo con chi mi stava intorno :D

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