Ed ecco il primo post di Giugno!
In modo assolutamente involontario (anche perché ultimamente inizio a scrivere un post di lunedì e lo finisco la domenica) inaugura quello che sarà il maggior trend di questo mese del pride: tanti consigli a tema lgbt.
Forse non tutti sanno che questo giugno ricorre il cinquantesimo anniversario dei Moti di Stonewall, la prima volta in cui persone lgbt furono esasperate al punto da ribellarsi dando vita alla prima scintilla del movimento di liberazione omosessuale.
Comunque non temete, farò un post a tema anche su questo. Anche perché, ebbene sì, non esiste praticamente nessuna pubblicazione che racconti la storia dell'evento in lingua italiana.
Ma bando alle ciance (anche perché sto scrivendo un altro post ben più sugoso di questo anche se meno libresco)!
Godetevi questo doppio consiglio: molto triste e molto allegro.
E buona lettura!
L'ultima notte della nostra vita di Adam Silvera ed. Il Castoro:
Non ho mai letto un sick lit. Mi rifiuto.
So anche che probabilmente dipende dal fatto che questa roba adolescenziale dell'immaginare una tragica storia d'amore in cui uno dei due muore (o magari muoiono entrambi in un tripudio di "e saranno per sempre giovani") rimane appunto, una roba adolescenziale che non posso più comprendere e capire.
Quando cresci la gente muore davvero e tutto assume toni molto meno romantici e più spiccatamente drammatico/devastanti, quindi idealizzazione dell'amore eternamente giovane anche no.
Però bisogna leggere sempre bene le trame dei libri e "L'ultima notte della nostra vita" ne è la prova.
La sinossi raccontava una storia dramaticissima: in un futuro in cui è possibile prevedere il giorno preciso della morte di ognuno, esiste un servizio che provvede a chiamare le persone una ad una 24 ore prima del funesto accadimento in modo che possano godersele (non se le gode davvero nessuno).
Quando a Mateo, diciotto anni, arriva la chiamata, la sua vita è già un deserto di dramma: padre in coma in ospedale, madre morta di parto. Per tutta la sua breve esistenza è stato un bravo figlio, meticoloso, un amico timido, una giovane riservato che non se l'è mai goduta fino in fondo.
Decide perciò di fare qualcosa delle sue ultime 24 ore, ma non se la sente di affrontarle da solo.
Ovviamente in questo futuro in cui esistono dei veri e propri morti che camminano ci sono una serie di servizi ad hoc, tra i quali un'app chiamata "Last friend".
Una persona che sa di dover morire trova un ultimo amico con il quale condividere le sue ultime ore. Può essere un volontario in vena di buone azioni oppure un altro sventurato.
Mateo trova Rufus, che ha appena pestato il nuovo ragazzo della sua ex, è orfano e ha capito da molto tempo che la vita è molto ingiusta.
Non vi mentirò. Non è un libro allegro. Però è uno dei pochissimi libri per adolescenti e similari che ha il coraggio di affrontare il tema della morte, o meglio, della possibilità della morte.
Se nei sick lit c'è comunque quell'aura romantica un po' malata alla Romeo e Giulietta, in questo romanzo nulla è romantico, è solo tutto angosciante e triste e arrabbiato, tutte cose che, in effetti, la morte di qualcuno di caro ci lascia dentro.
E' incredibile, ma da parte di molti adulti c'è proprio il rifiuto di affrontare questo tema con bambini e ragazzi.
Ricordo quando in libreria una "nonna" voleva costringerci a togliere un libro realizzato dal progetto Giovani dell'istituto dei tumori di Milano e Mammaiuto LAB, dall'esposizione per i ragazzi (ragazzi eh non bambini).
Non ci fu verso di farla ragionare sul fatto che erano storie che venivano dai ragazzi stessi che affrontavano ospedali e malattie in prima persona.
Un libro scritto da ragazzi non era da ragazzi perché non trattava un tema per ragazzi.
Facile no? Basta prosciuttarsi gli occhi e tutto fila via.
Il libro non ha frasi consolatorie né profonde verità. E' vero invita a vivere ogni istante della propria vita, ma in realtà quello che più specificatamente cerca di dirci è di non sprecare il nostro tempo passando le giornate ad essere timidi o a rimandare o a pensare che non siamo adatti per quella o quell'altra cosa.
Avevo deciso di leggerlo perché il fatto che i due protagonisti fossero due maschi garantiva di sicuro che non sarebbe stata una roba melensa e piena di smancerie in cui ad un certo punto uno dei due si sarebbe sacrificato per l'altro (vanificando in tal modo qualsiasi tentativo di riflessione reale sul tema della morte). Inoltre avevo la segreta speranza di una svolta vagamente lgbt (che molto alla fine c'è).
Consigliato a chi se la sente, di sicuro interessante per gli insegnanti che vorrebbero parlare della morte coi propri alunni, ma non sanno mai come prenderla.
Ora che sono nato di Maurizio Fiorino ed. E/O:
Non ho letto il libro di esordio di Maurizio Fiorino, "Amodio", una storia di omosessualità e 'ndrangheta che mi dicono molto bella, ma che onestamente ho paura di affrontare.
"Ora che sono nato" mi aveva invece dato l'idea di una di quelle commedie tragicomiche che talvolta, soprattutto al cinema, fanno passare quelle due ore serene di cui ogni tanto si ha molto bisogno.
Visto lo stato psicoemotivo in cui versavo prima delle vacanze sentivo che sarebbe stata una lettura giusta per distrarmi un po' e ci avevo azzeccato in pieno.
La storia, da un certo punto, di vista è abbastanza simile a "Più veloce dell'ombra" di Federica Tuzi edita da Fandango edizioni un paio di anni fa.
In entrambi i casi il protagonista è un ragazzino (nel primo caso una ragazzina/ragazzin*) con questioni lgbt in via di definizione e una famiglia ricca di folli manie alle spalle.
Il protagonista di "Ora che sono nato" è il piccolo Fortunato, terzogenito di una coppia che non fa altro che stuzzicarsi e pizzicarsi in una versione malata della coppia in cui si battibecca per ogni minimo motivo, insofferenti a qualsiasi cosa, pure all'aria che l'altro respira.
Fortunato è convinto, da molteplici foto e racconti, che prima del suo arrivo la sua famiglia fosse spensierata e felice, e si sente la classica persona nata nella famiglia sbagliata.
Ogni tanto succede che, come si dice dalle mie parti, qualcuno "dirazzi" ossia esca dalla razza (intesa come famiglia).
Può capitare che uno si sposi e poi i figli siamo più caratterialmente simile all'altra metà della mela lasciandoti solo soletto sulla tua sponda o, più frequentemente, può succedere che i figli non ci azzecchino assolutamente nulla coi propri genitori nonostante accurati anni di educazione mirata in merito.
Fortunato è così, non somiglia né ai suoi genitori né a suo fratello né a sua sorella. Suo padre è un fornaio frustrato con sogni di gloria che non riesce a portare avanti, sua madre si lamenta perennemente del marito che non riesce a portare avanti sogni di gloria, sua sorella è una bugiarda patologica e suo fratello è semplicemente un cretino.
Ce n'è in abbondanza perché il libro racconti la tragica adolescenza di un ragazzino nella provincia calabrese.
Invece c'è una variante: il ragazzino oscuramente capisce di essere gay. Poiché è giunta l'ora di dare una notizia: i gay non nascono adulti, ma hanno un'infanzia. Non diventano gay a causa di influssi malvagi provenienti da Madonna, vestiti rosa e ballo di sala, ma, semplicemente, sono così dalla nascita. Negarlo gli rende solo la vita più complicata.
Esattamente come succede a Fortunato detto Nato che affronta la sua non facile situazione (familiare e personale) in un tripudio di delirio comico. Premio a uno dei best capitoli dell'anno al momento in cui lui, decenne, e sua madre, preda di mistica follia, partono per un pellegrinaggio verso una delle Disneyland del cattolicesimo: Pietralcina.
Grazioso, io avrei allungato un po' il brodo perché è davvero piacevole da leggere. Per le sere d'estate un po' leggere.
Nessun commento:
Posta un commento