mercoledì 2 aprile 2014

La giovinezza, la passione e il sacrificio: "Una vita tra i margini" di Yoshihiro Tatsumi e "Uno zoo d'inverno" di Jiro Taniguchi, ecco ciò che trasforma i sogni in realtà, senza nessuna magia.

 I miei amati e ggggiovani coetanei potranno ricordare agevolmente l'esistenza di Sailor Moon. 
Faccio notare che nella prima serie morivano addirittura tutte.
 Forse un po' meno agevolmente potranno ricordare l'assurda polemica che vi fu sulle nostre ignare pelli che volevano la combattente vestita alla marinara e le sue scattanti amiche in minigonna, ree di confondere i nostri amichetti maschi. A parte il fatto che non ho mai conosciuto un bambino che vedesse Sailor Moon, tutt'ora che sono senziente non riesco a capire in che modo vedere le avventure di un gruppo di quattordicenni con connessioni astronomiche potesse ingenerare una confusione di genere e di ruoli in costoro. Il fatto che i cartoni animati giapponesi non abbiano avuto nessun effetto coercitivo sulla nostra generazione si può evincere chiaramente dal senso del sacrificio spasmodico che, seguendo questa teoria del lavaggio mentale tramite immagini, avremmo dovuto incamerare senza se e senza ma.
 Non vi era infatti cartone in cui non accadessero cose truculente. Mila continuava a giocare a pallavolo col braccio ingessato, in Holly e Benji un ragazzino moriva di infarto pur di far vincere la sua squadra, Ken il guerriero perdeva famiglia, amici e amori in modo a dir poco truculento e continuava ad andare avanti, persino i Pokemon costringevano i loro ammaestratori a sacrifici e allenamenti epocali per non deludere nessuno.
 Se davvero i cartoni avessero avuto effetto su di noi avremmo dovuto diventare delle piccole macchine da guerra insensibili al sonno, fame, fatica e dubbi interiori, cosa che, mi pare evidente, non è mai successa.
 Questo preambolo è per presentare e consigliare due libri di autori giapponesi a fumetti che raccontano la medesima storia, ossia quella di un autobiografico sogno.
 Qualche giorno fa mi sono infatti imbattuta nell'imponente tomo "Una vita tra i margini" di Yoshihiro Tatsumi ed. Bao Publishing.
 Me ne trottavo ignara, poi una di quelle frasi da recensione in genere orrende di cui amano fregiare i libri, ha attirato la mia attenzione: "Come se qualcuno avesse disegnato ai margini di un romanzo di Murakami". Fermi tutti. Eccomi.
 Così mi sono imbarcata nell'impresa e in tre giorni ho letto (ma devo rileggere per bene) le 1000 pagine in cui Tatsumi racconta la sua nascita come mangaka accompagnandolo alla rinascita postbellica del Giappone (peraltro Italia e Giappone sono diversi come il giorno e la notte eppure hanno avuto una storia post seconda guerra mondiale dai tratti molto simili).
 Figlio di una famiglia caduta in povertà dopo il conflitto, Tatsumi sin da bambino adora i manga e con suo fratello, malato ai polmoni, inizia a partecipare a quanti più concorsi possibile nella speranza di farsi notare, guadagnare un po' di soldi e soprattutto per passione. Passano gli anni e diventa sempre più bravo, disegna in continuazione, sperimenta, non dorme la notte pur di portare avanti i suoi lavori, si confronta con suo fratello e con altri coetanei disegnatori. Invia le sue opere ai suoi idoli e i suoi idoli (altri paesi proprio) gli rispondono! In particolare ha una venerazione per Osamu Tezuka, allora astro nascente e universitario, futurio dio dei manga. E' il suo esempio che gli impone un impegno sempre più indefesso e un'incrollabile fiducia nel manga come mezzo di comunicazione e sperimentazione.
Yoshihiro Tatsumi. Getty images
 L'arco narrativo, molto minuzioso, parte da questa infanzia bruciante e attraversa un'adolescenza laboriosissima e una giovinezza ricca di dubbi. 
 Negli anni del liceo vince concorsi e pubblica molte delle sue opere, ponendosi in continuazione nuovi limiti di lunghezza, potenza delle scene, evoluzione delle inquadrature. Si vede la grandissima influenza del cinema, che fa nascere in lui l'idea di un ritmo narrativo completamente diverso e di manga non più rivolti ad un pubblico di ragazzi, ma anche come mezzo espressivo per adulti. E' la nascita dell'idea e del gruppo Gekiga (in occidente si potrebbe impropriamente vederla come la differenza tra Topolino e la Graphic Novel) che troverà terreno fertile non nelle grandi case editrici, ma nel suo caso in una nascente di Osaka, dedita generalmente alla stampa di libri e riviste da prendere in prestito (sembra in biblioteca, ma anche in alcune specifiche librerie con un piccolo pagamento e l'obbligo di restituzione). C'è la complessa genesi della rivista a fumetti "Ombra", composta da soli gialli e le difficoltà editoriali che Tatsumi si ritrova ad affrontare.
C'è da dire che mai gli mancherà del lavoro, ma anche lui ebbe le sue crisi giovanili: la classica angoscia morale del trattare il proprio lavoro intellettuale come merce (in Giappone nel caso dei manga pare ben pagata), le distrazioni appena uscito da casa: gioco, vino, donne fin troppo disponibili.
Tutto il pezzo centrale dell'opera è ambientato in uno di questi ambienti che i lettori di manga conoscono bene: appartamenti dove l'autore e i suoi assistenti si chiudono per settimane lavorando come pazzi e mangiando e dormendo tutti insieme. Hai visto la potenza del sacrificio giapponese? In questo caso sono quattro autori, tra i quali lui, che vengono letteralmente "inscatolati" dalla casa editrice allo scopo di produrre il più possibile. 
 Mentre la storia del Giappone prosegue tra dive della canzone, boom economico e gossip nazionale, si giunge anche qui agli anni della contestazione. Riforme giapponesi a me ignote causano sollevazioni di studenti e qualche morto anche in terra nipponica e Tatsumi nel finale in cui presa di coscienza politica, sociale, lavorativa e fumettistica si incrociano fatalmente capisce che la strada per la rivoluzione imboccata da Gekiga è quella giusta.
Il caro Jiro
 La fedeltà al sogno, l'inscatolamento, la sensazione di essere un pesce piccolo in un mare troppo grande, mi ha riportato alla mente, un libro autobiografico di Jiro Taniguchi (autore che adoro e di cui un giorno parlerò) "Uno zoo d'inverno" ed. Rizzoli. Taniguchi è separato evidentemente da uno scarto generazionale con Tatsumi. E' figlio di tempo diverso e ha ferite e speranze differenti: suo padre è morto ed è suo fratello a mandare avanti la famiglia, così all'inizio Taniguchi non prende con convinzione il mestiere di mangaka. Non ha dentro quel fuoco sacro che il suo collega portava dentro, anzi, quando viene chiamato per fare l'assistente ad un famoso mangaka in città continua a non percepirlo come un lavoro possibile per il futuro.
 La sua storia, meno impetuosa e passionale della prima, ha quella delicatezza delle verità che sono nascoste dentro di noi e maturano solo col tempo. 
 Nel suo caso sarà l'inscatolamento nello studio del mangaka, la conoscenza con una graziosa ragazza cagionevole e la benedizione del fratello maggiore, sacrificato ad una vita non sua per permettere a lui di essere libero, a liberare il suo talento e la sua ambizione.
 Comune denominatore delle storie: la giovinezza, ma soprattutto la passione e il sacrificio. 
 La prima cosa di cui viene voglia dopo aver letto opere come questa è di passare la notte a fare qualcosa di utile, a fare qualsiasi cosa perché un minimo di sogno si avveri.
 Poi oh passa eh, del resto decinaia di cartoni animati non ci hanno reso delle macchine da guerra figurarsi due libri (o no?).

7 commenti:

  1. L'unico vero influsso che hanno avuto gli anime e i manga su noi ex gggiovani sono dei turbamenti sessuali causati dalle varie Lamù, Occhi di Gatto, ecc. :D

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    1. adesso bisognerebbe aprire er dibbattito sulla Occhi di Gatto preferita. La milfona e la pischella all'epoca mi dicevano poco, per cui voto quella di mezzo (Sheila): http://www.occhidigatto.it/images/Sheila/sheila%2033.jpg

      (sì, esiste Occhidigatto.it, mi sono meravigliato anch'io)

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    2. Sheila non era in un certo senso la vera protagonista? Quella che ha la storia con il poliziotto un pò fessacchiotto? (scusate la rima).

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  2. Esiste una terza versione che analizza la vita dei mangaka e dei loro ritmi, molto più edulcorato e non biografico: Bakuman, scritto da Tsugumi Ohba e disegnato da Takeshi Obata. 20 volumi di morbidezza!

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    1. Questi giorni devo fare un salto in fumetteria. Lo cerco sicuro! :)

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  3. Tra i manga "autobiografici", posso consigliare l'irresistibile "NONNONBA", di Shigeru Mizuki - l'autore, peraltro, dell'Enciclopedia dei mostri giapponesi"? Non è la storia di un aspirante mangaka, però. Solo il racconto, divertente e in certi punti anche triste (ma non melodrammatico), delle origini dell'immaginario dell'autore.
    Per quanto riguarda gli influssi degli anime...io, veramente ex ex ex giovane ho trascorso il passaggio dall'infanzia all'adolescenza attaccata alla tv per vedere tutte le serie che potevo, le prime arrivate da noi, da Ryu il ragazzo delle caverne a Candy Candy, attraverso Jeeg Robot e Gundam, per finire con il leggendario Lady Oscar. Ne sono stata fatalmente suggesionata, direttamente, sul momento, visto che mi piaceva disegnare i miei personaggi preferiti, ma indirettamente e molto più profondamente di quanto io stessa pensassi più tardi. Cinque anni fa questa latente e lunghissima elaborazione è esplosa e, da allora, sto studiando da autodidatta la cultura e la letteratura giapponese...

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