Nella libreria dove lavoro viene tutti i giorni un barbone a leggere.
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© askal bosch /Flickr |
In realtà ne vengono vari, ma lui in particolare legge indefessamente tutto il pomeriggio, tutti i pomeriggi, con un'attenzione e un gusto che destano quasi ammirazione.
Prende il suo libro, tutti romanzi d'avventura in genere (ultimamente si è appassionato a Winslow) e legge rapito per quelle cinque ore. Poi rimette il libro a posto, raccoglie le sue cose e se ne va.
Non è l'unica persona che legge in libreria "a scrocco", lo faccio anche io quando mi trovo in stazione prima di un viaggio, lo fanno tanti anziani che potrebbero andare in biblioteca, ma (catalogo diverso a parte), immagino vogliano quello che giornate troppo solitarie non sanno offrirgli; un po' di sana confusione.
Ma torniamo al barbone (parole usata in modo non offensivo, so che sarebbe meglio clochard ma preferisco lessicalmente barbone) bibliofilo. Perché cito questo episodio deamicisiano?
In questi giorni in molti mi hanno segnalato un'iniziativa che mi era sfuggita visto che il delitto, almeno per ora, si sta consumando in edicola e non in libreria: i libri distillati.
Cosa sono? Rimettendo insieme i pezzi il quibus è questo: la casa editrice Centauria ha preso alcuni romanzi di grande successo commerciale (e aggiungo, romanzi molto commerciali) e li ha tagliuzzati facendone un'edizione ridotta. Una delle vittime, per dire, è "Uomini che odiano le donne" di Stieg Larsson, che passa dalle 800 e rotte pagine alle 260. E', sostanzialmente una versione per adulti delle riduzioni dei classici che in genere si fanno per i ragazzi.
Ora, ho letto una levata di scudi e questo post è per unirmi alla levata, ma temo che questa geniale idea non sia venuta a Centauria senza una qualche indagine di marketing.
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La pietra dello scandalo |
Voi non potete immaginare l'estrema confusione che regna negli one shot lettori, quelli che entrano in libreria una volta ogni morte di papa alla ricerca di un best seller di cui sentono l'improvvisa necessità perché altrimenti sono gli unici dell'ufficio a non poter ciarlare in pausa pranzo, (immagino nella loro testa la scritta lampeggiante "Quando finisce questo strazio e torniamo a parlare di Masterchef??"), o i genitori che accompagnano la figliolanza a recuperare i libri da leggere per le vacanze.
Esiste effettivamente gente che chiede se esistano edizioni ridotte (generalmente sperano in quelle dei classici) e ho sentito domandarmi anche se la differenza tra l'edizione cartonata e quella economica fosse che nella seconda tagliavano dei pezzi (credo che il ragionamento sia: se è economica si usa meno carta quindi meno storia da stampare).
Questi casi succitati tuttavia, sono accomunati da una cosa: il dovere. Chi va cercando improbabili riduzioni, generalmente, è costretto a leggere controvoglia o senza reale convinzione, non cerca ciò quel bene chiamato "piacere della lettura" e credo che sia questo il motivo per cui generalmente non finiscono (o neanche cominciano) il libro che comprano.
Sui motivi per cui si legge ho riempito di post questo blog e non perché mi ritenga incoerente. Semplicemente esistono molti motivi per cui si legge: per acculturarsi, per conoscere, perché ci si sente soli, per sognare, per sfuggire alla realtà, per provare a capire le emozioni degli altri e via dicendo.
Una citazione di Pennac molto famosa recita che "Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere". Fa Bacio Perugina, ma calza al caso nostro: perché le persone hanno letto per interi i romanzi commerciali che Centauria vorrebbe smerciare tagliuzzati? Cosa ne ha determinato il successo quand'anche erano lunghi quasi mille pagine? Perché le persone che li leggevano volevano dilatare il loro tempo per vivere.
C'è spesso questa faida tra lettori acculturati e lettori commerciali.
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Umberto Eco è come l'ultima fase del cammino dell'illuminazione del lettore: sei giunto all'apice della tua formazione quando per distrarti leggi Tacito e Benedetto Croce |
Come dico spesso, anche io non capisco bene il senso di essere lettori forti, ma solo di titoli di livello medio-basso (a quel punto se sei allenato a leggere, tenta la fuga verso l'alto no?), tuttavia il motivo per cui tutti, anche i lettori forti, forse escluso Umberto Eco, leggiamo ogni tanto libri commerciali è uno: vogliamo evadere. Vogliamo fuggire dalla nostra vita e dilatarla verso altre.
E' il piacere di dimenticarci completamente per qualche ora di chi siamo e cosa stiamo facendo, del posto in cui siamo, dei nostri problemi, delle beghe giornaliere, delle litigate con i coniugi, dei figli che non danno tregua, dei problemi al lavoro, del lavoro che non si trova, dell'amore che manca, che non arriva mai, che non è mai come vogliamo noi. La narrativa "d'evasione" non si chiama così per caso, essa appunto, ci aiuta ad evadere, a costi davvero bassi e con una possibilità di successo altissima.
E' il motivo del successo delle saghe amorose degli adolescenti, tipo "After" (il sogno di sposare un One Direction), ma anche delle tregende borghesi alla Mazzantini (sindrome da telenovelasss in piena regola). La lettura in questo caso, come in quasi tutti, ma in questo in particolare è un piacere e non un dovere.
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Ill. by Caro Martini |
E' quello che vedo chiaramente provare tutti i giorni al signore che citavo all'inizio.
Un uomo che non non ha niente, e tutti i giorni viene in libreria per prendersi almeno il suo diritto all'evasione attraverso i romanzi che piacciono e non può avere (e tutte le volte che lo vedo mi parte il trip di biblioteche itineranti per senzatetto o di raccolte libri, anche se immagino che per molti non sia un problema di vitale importanza).
E l'ho preso ad esempio non per lacrimevoli parabole da libro "Cuore", ma per rendere chiaro perché l'iniziativa di Centauria, oltre alle diecimila domande che pone anche a livello di proprietà intellettuale (Larsson, per dire, è morto, sarebbe felice di uno scempio del genere?), a mio parere, sia davvero senza senso. Se si va sul sito della casa editrice si capisce che il senso è quello di offrire una lettura smart da consumare "nel tempo di un film". Il lancio della collana recita "Abbiamo ridotto le pagine, non il piacere".
Il punto è: se la lettura diventa una cosa da sorbire in fretta, con ansia, di corsa, dov'è il piacere? No, perché se il senso è far capire la trama allora facciamo film montati in mezz'ora e romanzi in stile bignami. Che sprechiamo carta a fare? Che si editi tutto a monte!
Uno dei leitmotiv dei lettori è: cosa farò quando avrò finito questo libro? Quando si trova una storia bella e coinvolgente si vorrebbe che il libro fosse più lungo di diecimila pagine, si spera in seguiti, in prequel, in spin off. E' il motivo per cui attorno ai grandi successi librari sorgono una serie di libri collaterali. Le saghe fantasy, horror e di fantascienza sono l'esempio più eclatante (fatevi un giro su internet per vedere quanti libri su "Il trono di spade" esistono), ancora adesso ci sono orde di fan che sperano in un rinsavimento della Rowling e nella prosecuzione di Harry Potter e gridano al miracolo ad ogni racconto sul mondo potteriano che mette online.
Questo perché leggere è un piacere, e non ho mai sentito nessuno al mondo che vorrebbe diminuire il tempo in cui prova quel piacere. In genere lo si vuole allungare e sorbire lentamente,non diminuire e gustare frettolosamente.
Quindi per chi sono questi Centauria? La risposta è: per non lettori. E la domanda successiva è: perché i non lettori dovrebbero leggere? Per sapere cosa succede in un libro di cui, come dicono molti di loro, possono vedersi un film?

Non penso che la motivazione attuale si discosti tanto da quella passata e lo dico per un motivo principale: se queste riduzioni fossero stati classici tagliuzzati io avrei comunque gridato allo scandalo, ma avrei visto un tentativo appunto di avvicinare masse non proprio abituate a letture impegnative ai grandi classici. Magari qualche viaggiatrice annoiata avrebbe scoperto che Anna Karenina non era la palla biblica che pensava e avrebbe pensato di comprare un'edizione estesa, per dire.
Ma, signori miei e signore mie, aver bisogno, dopo la scuola dell'obbligo e nella maggior parte dei casi anche il diploma, di una versione ridotta di libri come "La solitudine dei numeri primi" o "Venuto al mondo" è sintomo di un problema agghiacciante. Il punto non è essere lettori mordi e fuggi, o almeno non solo quello (se devi leggere di corsa e per forza, fai altro), il punto è che il bignamino di romanzi di nessuna particolare complessità rilevano come ci si aspetti ormai da noi un livello d'attenzione infinitamente inferiore e una capacità di comprensione incredibilmente compromessa.
Un tempo le riduzioni erano riservate a chi non era in grado di afferrare concetti troppo complessi. Ora ce lo dicono chiaramente: guardate, vi tagliuzziamo Grisham così ci potete arrivare anche voi e godervi la lettura senza perdere tempo nelle descrizione, nelle trame secondarie, nelle sfumature, nelle caratterizzazioni dei personaggi, nelle digressioni. Senza perdere tempo a leggere, fondamentalmente.