sabato 4 gennaio 2014

Il cliente in cassa! Comportamento, fisse e minacce del cliente nel momento di esborso del denaro. Tra pacchetti regalo, spauracchi, sconti mancati, komplotti, saltatori di file e bambini da educare chi più ne ha più ne metta!

Unica immagine decente di film con cassiera ("Il papà di
Giovanna" di Pupi Avati). Google mi ridava solo immagini
pornosoft.
Ciò che un cliente fa quando arriva alle casse e sempre al di là del bene e del male.
Questa è la massima di base quando si affronta questo terribile strumento del male che è la cassa. Voi pensate che si tratti solo di codici a barre che passano su un laser e danno un importo, ebbene no, la cassa è un mondo. Sconti che passano, che non passano, libri che vengono battuti due volte, inceppamenti, nuove fantasiose regolamentazioni. Quando sei in cassa, tutto cospira per farti vivere una vita al cardiopalma, perchè puoi sbagliare a trovare un libro, puoi scusarti se un romanzo che dovresti avere in 55 copie in realtà non si trova, puoi far arrivare un ordine dopo tre mesi, puoi persino proditoriamente insultarlo, ma nulla potrà mai far arrabbiare il cliente quanto 0.50 centesimi in più erroneamente accreditati sullo scontrino.
Esempio di libraio Fagin.
La mia teoria al riguardo è molto semplice: la stragrande maggioranza dei clienti è fermamente convinta che qualsiasi errore di calcolo (sto parlando di piccolezze in genere dovute a sconti terminati e non segnalati o cambi prezzo omessi o magari di libri battuti erroneamente due volte), sia VOLUTO. Non so se la causa sia la teoria dei komplotti che ormai ha ramificato ovunque o se ci siano fosche leggende metropolitane che vogliono i negozi succhiatori di denaro a tradimento, (teoria senza senso per il semplice fatto che il lavoratore x non avrebbe alcun interesse né vantaggio al riguardo) fatto sta, che il cliente non ammette nessun errore umano sui suoi 0.20 centesimi. Il suo pensiero deve essere più meno "20 centesimi a me, 20 centesimi al cliente dopo, alla fine dell'anno costoro si saranno intascati milioni di miliardi" accompagnato all'immagine mentale del libraio che si frega le mani come Fagin di Oliver Twist e fa tintinnare il suo sacchetto colmo di centesimi d'oro.
 Che questo sia solo un parto fantasioso della mia mente oppressa o che ciò avvenga realmente in alcuni individui, in qualsiasi caso, il cliente in cassa si comporta in modo completamente diverso dal momento in cui si trova in sala. Andiamo a vedere come.

IL CLIENTE IN ALTRE FACCENDE AFFACCENDATO:
 E' il cliente che arrivato in cassa, prima di pagare è mentalmente già fuori dal negozio a correre libero per i prati. Ha finito l'attenzione che può dedicare alle compere in libreria e attende solo che l'automa che si occupa del  lavoro di passaggio codici a barre/imbustamento abbia terminato. Ergo non saluta, non rivolge parola, non risponde alle domande base "Vuole un sacchetto?". Ride con gli amici o parla al telefono di cose complessissime. Se insisti con le domande ti fissa male e ci manca poco che dica "Che cavolo vuoi?". Talmente preso dalle sue faccende si dimentica che è lì proprio per pagare e tende a taliarti finché non si rende vergognosamente conto che sta dimenticando di pagarti. Sospirando come se lui stesse avendo a che fare con una deficiente, tira fuori il portafoglio e a malincuore ti porge il bancomat. L'operazione richiede lunghi minuti persi nel disperato tentativo di attirare la sua attenzione. Se ne va bofonchiando odio nei tuoi confronti. In genere, un buon numero di volte, l'amico che lo accompagna torna con qualcos'altro da comprare e si stupisce di dover rifare la fila. Quando finalmente giunge di nuovo al tuo cospetto si produce in una frase come "Poteva farci passare, ci aveva appena visto". E quindi?

IL CLIENTE "MI CHIAMI UN RESPONSABILE": 
E' il fatidico caso in cui, magari per un bollino apposto dalla casa editrice tre anni prima (io odio i bollini sconto delle case editrici, pare che dietro ci sia il mastice, non li tiri via con niente! E poi: perché apporre un bollino tanto potente se lo sconto vale 2 settimane??), il prezzo segnalato in copertina risulta diverso da quello sul retro. La cassa legge il prezzo in automatico sul codice a barre, tu magari sei lì da tipo sei ore e non te ne accorgi perché sei in preda al più epico dei mal di testa, ed ecco che il libro che doveva venire 6.90, passa a 7,90. Apriti cielo. Lei si è sbagliata, perché ha fatto male il calcolo, mi ridia subito i miei soldi, non voglio più questo libro qui. Imbroglio, furto, responsabile, direttore. In genere si placa facilmente l'animo ridando la differenza e ribattendo lo scontrino, ma talvolta, il cliente si domanda terrificato cosa mai sarebbe successo se non si fosse immediatamente accorto dell'errore e fosse tornato a casa senza pensieri. Non so perché, ma un essere gerarchicamente superiore che dice al mio posto "E' stato un errore" li fa tornare tranquilli, manco avesse poteri medianici sugli oggetti elettronici.

IL CLIENTE "OH MIO DIO E' TUTTO COSI' CARO": 
Allora, quando vado al supermercato io ormai sono programmata per spendere una certa cifra. Anche se cambio prodotti indicativamente faccio un calcolo mentale e so che sto spendendo un tot. Alcuni clienti sembrano non possedere questa bussola economica interiore e, una volta giunti in cassa rimangono sconvolti dal fatto che no, non hanno speso 50 euro ma 200. Se incontrate un cliente del genere è finita perché, sappiatelo, costui non ammetterà mai di aver sbagliato, ma si impelagherà in una commedia teatrale degna di De Filippo. Si inizia in genere con "Lei ha sbagliato il conto" (ve lo dico, il conto da qualche decennio a questa parte ormai non lo fa più l'essere umano, ma la macchina comunemente chiamata cassa, il tempo della penna e del calamaio coi riporti e i resti è finito da un po'), cosa che ti costringe a ricontrollare tutti i prezzi. Dopo aver constatato che in effetti quindici libri di cui quattro illustrati, uno col dvd allegato, quattro novità e un meridiano mondadori, possono in effetti arrivare a 200 euro, inizia la seconda parte della sceneggiata. "Poi dicono che uno non compra libri! Ma quanto costano, ma non è possibile!". In genere, visto che si è formata la coda il protagonista della piece cerca delle spalle rivolgendo le sue lamentele anche agli astanti, sperando in un valido sostegno. In genere gli astanti, infastiditi dall'attesa, non rispondono. Mentre a malincuore tira fuori il portafoglio, manco fosse la vittima di una rapina a mano armata, il cliente non rinuncia alla sua ultima velenosa stoccata "E' l'ultima volta che mi vedete!", annuncia, "D'ora in poi comprerò solo su Amazon!".
 E a quel punto giunge il momento in cui vorrei farmi dire per quale azienda lavora cosicché possa iniziare a comprare dall'immediato concorrente e ridurlo in rovina.

IL CLIENTE CHE PENSA DI ESSERE SOLO AL MONDO: 
Convinto di avere una sorta di cassa personale, in funzione credo, del fatto che sta esborsando del dinero, ha intenzione di sfruttare al massimo i sei euro che sta investendo ne "Il profeta" di Gibran. Quindi già che c'è chiede informazioni su tutto, orari, sconti, nuove uscite, cartoleria, consigli sull'agenda per l'anno nuovo, qualità della grafite della matita. Ultimamente amano molto farmi domande sugli sgravi fiscali promessi da Bray di cui, ve lo dico, so ancora poco e niente, ma immagino che, una volta emesso uno scontrino fiscale regolare o al massimo una fattura, una libreria abbia smesso di avere un  ruolo in questa faccenda (ergo, chiedete al caf). Una sua interessante e diffusa variante è il cliente conviviale. Convinto che basti un bancone per fare di te una barista, inizia a scherzare e a raccontarti i motivi dei suoi acquisti e la sua giornata. I bambini, la moglie, i regali di Natale, la pioggia e la mancanza dell'ombrello. Si fa grasse risate e ti chiede opinione sui libri che sta comprando. In genere ama denigrare gli italiani tutti o comunque quelli che non leggono e si perdono il piacere di entrare in libreria e perdersi tra le meraviglie dei libri, perdersi, perdersi.
 Di sicuro ti fa perdere una marea di tempo.

IL CLIENTE CHE INSEGNA AL BAMBINO IL VALORE DEI SOLDI: 
Ci sono questi genitori che, forti degli insegnamenti di Robert Kiyosaki (a proposito ho letto oggi nel suo libro che leggere è sinonimo di sicura povertà, perché non ti addestra alla vita reale, lui non ha mai letto ed è milionario, io ho sempre letto un sacco e verso in povertà, se 2+2=4 potrebbe avere ragione) decidono di usarti per insegnare ai figli come funziona una transazione economica standard. Alcuni iniziano precocemente con degli infanti neanche in grado di parlare producendosi in tortuosi siparietti che prevedono: il recupero del pupo, il pupo issato sul bancone, il pupo che deve darti di sua spontanea volontà il libro che non vuole mollare manco a costo della vita, il pupo che viene costretto a darlo alla signorina "che se no non ci fa uscire" (io come un carabiniere o l'uomo nero), il pupo a cui vengono messi inconsapevolmente in mano dieci euro, io che glieli estorco tentando di non strapparli, io che rendo il libro al bambino in tutta velocità prima che parta un pianto biblico. Altri innalzano l'età dell'esborso ai dieci anni con risultati comunque pessimi. Mollano infatti i soldi al ragazzino e se ne vanno, modalità "figlio mio ti lancio nell'acqua sta a te rimanere a galla" salvo poi tornare cinque minuti dopo invocando sacchetti, pacchetti regalo e l'uso della tessera fedeltà. Sempre forti della convinzione che la persona dietro la cassa sia un automa e non un essere umano, non salutano né ringraziano. Insegnare il valore del denaro va bene, ma l'educazione base è un altro paio di maniche.

IL SALTATORE DI FILE: 
Lo detesto pure quando sono cliente perché non è che io abbia tempo da perdere a fare la coda regolarmente. Esiste in varie varianti. C'è quello che candidamente finge di ignorare una coda di sei metri e se gliela fai notare cade dal pero e retrocede non alla fine, ma tre persone indietro. C'è quello che dovendo pagare solo una matita sorride a coloro in coda, come a dire "Abbiate pietà di me". C'è quello che sfrutta il figlio di dieci anni come fosse un neonato dicendo che il pargolo si stanca a stare in piedi e quello che molla la nonna ottantenne a tenere il posto mentre continua ad ammassare libri in giro per la sala. In genere, tutti chiudono un occhio perché già la vita è tanto amara ci manca solo mettersi a litigare con uno che si rifiuta di stare in piedi cinque minuti in più. Il dramma si scatena quando qualcuno, giustamente, si ribella e mi ritrovo a dover essere una sorta di re Salomone a rischio linciaggio.
 Mi sono o non mi sono accorta che il saltatore di code si è infilato proditoriamente di straforo? E perché non lo faccio retrocedere?
 Il saltatore di code ha di solito la faccia tosta di ribattere alle accuse dicendo di essere sempre stato lì e cerca da me conferme. Il fatto è che al 90% io NON so se costui abbia saltato la coda o meno perché sono troppo concentrata a controllare che passino gli sconti, gli adolescenti taccheggiatori non si imboschino le gomme da cancellare e il pupo pagante non faccia cadere la torre di segnalibri gratuiti (e vengono richiesti con molto fervore dai clienti che invocano vezzeggiamenti e Amazon, che ormai è lo spauracchio per noi librai).
 L'unico modo per redimere la questione senza spargimenti di grida è far pagare colui che protesta e subito dopo il saltatore di code, così il primo sarà contento e il secondo smetterà di essere molesto, e la fila, rumoreggiante e al telefono, potrà riprendere il proprio corso.

 Sì lo so, parlo bene e di sicuro razzolo male perché anche io inveisco contro le cassiere del supermercato ree di mettermi ansia mentre faccio i sacchetti, ma perlomeno io sono vittima di un odioso contrappasso. Non c'è nulla di più fastidioso che fare cinque pacchetti regalo di seguito sotto gli occhi vigili del cliente: l'errore è assicurato, specialmente se il libro è fuori formato. Sono in grado di produrre abomini che manco i bambini delle elementari. Loro pensano lo faccia apposta come torbida vendetta. In realtà è solo noiosa incapacità manuale.

5 commenti:

  1. Il saltatore di file meriterebbe di vivere nel romanzo "La coda" di Vladimir Sorokin, ambientato nei due giorni di fila di fronte a un grande magazzino della Mosca degli anni '80. Per molto meno che provare a saltare la fila - anche il solo pensarci - sarebbe stato giustamente linciato dagli altri clienti. E la polizia - anzi, la milizia - sarebbe stata a guardare sorniona :D

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  2. Ti seguo da un po' e mi piacciono i tuoi articoli..ora potresti renderci partecipi del tuo ideale di cliente paradisiaco! :)

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    1. sì sì arriverà ;) Ma qualcuno esiste nella savana! Li ho avvistati lo giuro!

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  3. ma non c'avete i pacchetti preconfezionati? Quelle belle buste che chiudete con l'adesivo griffato?

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  4. ma quelli che si accorgono alla fine di quanto han speso faranno cosi anche al supermercato cn la spesa?

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