lunedì 31 marzo 2014

Censura! Censura! Sei casi di censura di libri in Italia nel dopoguerra. Zuppe erotiche, mysteriosi Ferrobedò e tragedie ad alto tasso di suicidio vs la pubblica morale!

Mentre ieri tra i fumi del mal di testa scrivevo il post su alcuni scrittori ubriaconi (il caso di dire una goccia di vino nell'otre), me ne è venuto in mente uno sui più famosi casi di censura e processi vari per oscenità et similari a libri e autori. Il problema si è posto davanti alla vastità dell'argomento. Se c'è stata una cosa che gli esseri umani hanno amato fare nella loro lunga storia, quello è stato censurare (vi immaginate se passassimo completamente agli e-reader e zak un giorno togliessero la corrente a livello mondiale? Hai voglia a reperire e-book allora, censura istantanea!). Perciò ho deciso di dedicarmi ad una piccola lista di significative censure solo italiane e solo del '900, principalmente post seconda guerra mondiale, che la censura in epoca fascista è un fatto completamente a sè.
 Ripremettendo perciò che il mio è solo un timido elenco, nel caso foste affamati di sapere e di umane assurdità (imperdibile l'effetto comico della censura vintage) vi consiglio "Maledizioni" di Antonio Armano ed. Aragno. 
 E che si cominci!

"La solita zuppa" di Luciano Bianciardi: 
 Luciano Bianciardi l'ho scoperto solo l'anno scorso e me ne dolgo. C'era in lui e nelle sue storie infatti quel cinismo talvolta lassista talvolta surreale in cui devo dire mi riconosco molto. Il mondo attorno è quel che è, bisognerebbe combatterlo e invece l'unica cosa che si riesce a fare è criticarlo puntellandone le assurdità.
"La solita zuppa", strambo racconto erotico/ironico contenuto nella raccolta "L'arte di amare" ed. Sugar, vide un processo per oltraggio al pudore e vilipendio alla religione di stato in cui furono imputati Bianciardi, l'editore e persino il povero stampatore. Cosa raccontava infatti l'arguta novella? In un mondo in cui il cibo è considerato trasgressione, ognuno è costretto a legarsi in tenera età ad un solo cibo a cui deve rimanere fedele per sempre. Il povero protagonista fece bambino la cattiva scelta di legarsi al semolino e così da adulto è costretto a prendere appuntamenti di nascosto con sugose fiorentine da sbafare in gran segreto. Fin qui tutto ok, vaga fantascienza divertente. Il rovescio accade quando il protagonista in preda ai sensi di colpa esce dal suo fiero pasto e incontra un bambino intento a masturbarsi con gran sollazzo di sua madre. Il sesso, non sottoposto a nessun tabù è infatti onnipresente e naturale, quasi obbligatorio, tanto che il protagonista si lamenta con la donna che suo figlio, nonostante i ripetuti esempi sessuali dei genitori non mostri interesse al riguardo. La chiusa che reinterpreta il miracolo dei pani e dei pesci come il miracolo della moltiplicazione dei membri potrebbe causare infarti anche a molti dei venerandi cardinali di oggi. Assolti comunque.

"La ragazza di nome Giulio" di Milena Milani:
 Lessi questo libro alle superiori con grandi aspettative, mi attendevo, forte del titolo, una qualche storia di ambiguità sessuale e androginia. Fu una gran delusione. In realtà la ragazza di nome Giulio si chiamava Jules alla francese, come suo padre, e amava tradurlo in italiano come Giulio. Vittima di una madre scema e frivola, non sapendo a quale santo votarsi tenta di alleviare la sua solitudine facendo del sesso casuale. La cosa, che nella nostra epoca è ormai la regola, non era proprio ben vista nel 1964.  Dopo le sue prime trionfali vendite, il libro venne sequestrato e ne seguì un processo per oltraggio al pudore sia alla Milani che a Mario Monti, allora direttore della longanesi (scrittore purtroppo per lui omonimo di un anziano poco raccomandabile). Entrambi vennero assolti poiché i giudici riconobbero che l'erotismo non era fine a se stesso, ma si inseriva nella poetica del libro, tuttavia le matrici a piombo erano già state distrutte e si dovettero ricorreggere le bozze da capo. Detta così il libro sembra una figata, in realtà io ne ho un ricordo civettuolo, con scene di sesso non splendide e una protagonista odiosa. Ma de gustibus.

"Ragazzi di vita" di Pier Paolo Pasolini: 
L'orrenda copertina
 Processo per oscenità in più processo per oscenità in meno, dopo aver visto "Salò o le 120 giornate di Sodoma", il pensiero che abbiano processato "Ragazzi di vita" per oscenità fa sorridere. Me lo diede da leggere la prof di italiano alle superiori e per tutto il tempo ci chiedemmo con le mie compagne come una persona non romanesco-ablante potesse comprenderne il senso. Altro punto focale era il nostro incessante domandarci cosa mai fosse il Ferrobedò costantemente citato e quale oscuro ruolo avesse nella trama. Devo dire che eravamo più preoccupati dalla decodificazione che dal contenuto, ergo, ci perdemmo completamente tutta l'oscena trama a base di borgate e prostituzione maschile/minorile. Non se la persero i benpensanti dell'epoca e il libro affrontò un processo che fu persino rinviato per consentire ai giudici di acquisire la prova fondamentale: non avevano infatti ancora letto il libro. Finita che fu l'ostica lettura, ci furono perorazioni da mezzo mondo intellettuale compreso il buon Carlo Bo che fece notare come non ci fosse nessuna oscenità, ma anzi umana pietà verso i diseredati. Assoluzione.

"Altri libertini" di Pier Vittorio Tondelli: 
 Romanzo frammentato in sei racconti, figlio di una delle menti più geniali della sua generazione, deve in verità gran parte della sua diffusione popolare nientepopodimeno che a lui, Massimo D'Alema. Ai tempi in cui non faceva ancora la pelle ai suoi avversari politici, segretario della Fgci (si nasce incendiari, si muore pompieri), ne scrisse una focosa recensione sull'Espresso in cui sottolineava come si stesse facenda largo una nuova generazione priva di politicizzazione. Successone, due edizioni esaurite, la terza sequestrata e processata per oscenità per ordine del procuratore dell'Aquila. Già di suo Tondelli era un personaggio scomodo, omosessuale e non nasconderlo, in più la sua scrittura feroce, velocissima e carnale non lasciava spazio a nessuna immaginazione e mediazione. Ovviamente fu assolto e il libro rimandato alle stampe, tuttavia prima di morire Tondelli ne fece un'edizione "ripulita" che è quella attualmente in stampa per Bompiani. Il testo originale invece è ancora Feltrinelli, l'editore che all'epoca ebbe il coraggio di pubblicarlo.

 "La governante" di Vitaliano Brancati:  
Drammaturgo siciliano, marito dell'attrice Anna Proclemer, fu anche insegnante, sceneggiatore e scrittore, sua la novella "Il bell'Antonio". Colpito più volte dalla censura per le sue sceneggiature a forte carattere satirico, conobbe l'apice del divietp con il dramma "La governante", di cui gli venne impedita qualsiasi messa in scena. Di cosa parla questo immane dramma di lacrime e sangue? Il tema centrale sta tutto nell'ipocrisia della morale, rimasta identica dagli anni '50 ai giorni nostri e bisogna dire che i morti non mancano.  
Trama: La governante Caterina Leher, integerrima e calvinista va a lavorare per la nobile famiglia Platania sulla quale pesa la recente morte di una giovane figlia, suicida a causa delle rigidità paterne (morto 1 quindi). Mentre il figlio maschio della famiglia fa il cavolo che vuole come un vero manzo pre-riforma della famiglia, Caterina calunnia una cameriera accusandola di essere lesbica e ne causa l'ignominioso licenziamento. In realtà è Caterina stessa ad essere omosessuale e in tal modo ha cercato di allontanare il sospetto da lei (vedo che i gay repressi hanno sempre usato gli stessi metodi). La tragedia finisce in tragedia: la licenziata muore in un incidente durante il ritorno a casa e, gravata dal senso di colpa Caterina si suicida (morto 2-3, storia finita per mancanza di attori).
 La  censura portò Brancati a scrivere un pamphlet "Ritorno alla censura" in cui rivendicava l'indipendenza del teatro dalla morale. Fu infine portata in scena dalla Proclemer solo nel 1965 quando ormai Brancati era morto da tempo.

"Cioccolata a colazione" di Pamela Moore:
 Giovanissima autrice americana, decisa dapprima a diventare attrice, fu vittima dei suoi nervi fragili e di una tendenza alla poca pazienza. Vedendo che a 19 anni ancora non era diventata una buona attrice, scrisse "Cioccolata a colazione", storia di una ragazza di buona famiglia in conflitto con sua madre che si dedica a cercare attenzione negli altrui letti (bisex). Ora che lo scrivo il riassunto è curiosamente simile a "Una ragazza di nome Giulio". Sfolgorante successo nel 1957 e sfolgorante nel 1960 il processo per oscenità di cui venne imputato il suo editore italiano Arnoldo Mondadori. I rapporti tra autrice ed editore si incrinarono e lei non ebbe la pazienza neanche questa volta di attendere. Poco dopo aver avuto un figlio si suicidò. Pochi mesi dopo il processo si concluse con la solita assoluzione. Chissà cosa avrebbe fatto se avesse saputo quale oblio sarebbe caduto sulla sua opera più famosa.

 Ovviamente sono solo alcuni casi. Li ho scelti un po' per gusto personale, un po' perché citare Rushdie forse non aveva molto senso. Anche per tale post ci potrebbero essere uno o più seguiti e non è detto che non ci siano!

6 commenti:

  1. Per il processo a "Ragazzi di vita" la corte avrà richiesto una banda di borgatari per consulenza linguistica?

    RispondiElimina
  2. "Massimo D'Alema. Ai tempi in cui non faceva ancora la pelle ai suoi avversari politici"

    Eh? D'Alema fare la pelle ai suoi avversari politici? Stiamo parlando della stessa persona? Quello che conosco io ha rivitalizzato un moribondo Berlusconi con la geniale trovata della bicamerale, e ha inondato di noiosissime lettere i giornali ai tempi della diatriba con Veltroni. Tu parli di un omonimo, vero?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io parlavo degli altri avversari, i segretari dei Ds e poi Pd (e i loro fedeli vari).

      Elimina
    2. eh, ma più che fare la pelle a loro, faceva le palle (quadrate) a noi... X__X

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...