mercoledì 5 marzo 2014

Capolavori scritti in pochi giorni. I velocisti della letteratura: da Soseki a Bradbury, da Faulkner a Manzoni fino a Simenon, ecco le aquile reali che illudono gli scrittori polli.

Uno dei grandi dibattiti della letteratura è sulla quantità di tempo necessaria a scrivere un capolavoro. 
Per gli antichi romani più ci mettevi a scrivere meglio era, Catullo, per dire, parlava di tale Cinna che ci mise ben nove anni a scrivere un'opera che non c'è mai arrivata. Per loro, se non passavi tot anni a lucidare i tuoi versi, pure fossero degli orrori, non eri uno scrittore degno di questo nome.
 Gli antichi greci, che erano gente molto più seria e si svagavano in mille e più modi, parlavano di frenesia dovuta alla possessione del dio. Che poi 'sta possessione fosse aiutata da vino, dei, sostanze allucinogene varie, non è che Democrito e i suoi fossero tanto precisi sul tema.
 Nei nostri tempi moderni, in cui c'è poco tempo per fare tutto (e in genere quello che si fa riesce pure male) la moda del libro scritto di getto in pochissimo tempo è ormai la regola. 
 C'è sempre questa famosa frase che io odio: "Sentivo l'urgenza di dire una cosa". Perché? Cosa? Chi ti ha lasciato pensare che noi sentissimo l'urgenza di saperla? E soprattutto che vuol dire?? Pare che l'intellettuale moderno si vergogni di dire che ha fatto delle ricerche su un libro, che ci ha meditato persino!
 Purtroppo per noi, alcuni geni hanno dettato loro il passo, scrivendo in effetti immortali capolavori in pochissimi giorni. In tal modo gli hanno lanciato la fatale idea che non importa tu sia capra o aquila reale: "SE VUOI PUOI".
E fu così che tante capre iniziarono a scrivere.
 Ma andiamo a vedere a quali geni dobbiamo queste felici dimostrazioni di rapidità!

NATSUME SOSEKI con "IL SIGNORINO":
Il premio nobel Natsume Soseki ci mise un mucchio di tempo a raccogliere materiale su "Bocchan", uno dei libri più letti della storia in Giappone. 
Poi un giorno di Luglio partì di brocca a scrisse 109 pagine di seguito, leggenda vuole senza neanche mai correggerle. Se non lo avete mai letto fatelo (l'ho già consigliato), perché racconta in un soffio una storia di formazione al contrario, ossia il rifiuto di formarsi e uniformarsi alla società. Giovane professore di buona famiglia spedito a insegnare in un istituto tecnico in capo al Giappone, deve scontrarsi con tutte le meschinità del genere umano: trappoloni e maldicenze dei colleghi, gerarchie da rispettare anche se assolutamente insensate, deboli che soccombono in nome di un onore che non serve più e classi di alunni senza speranza alcuna. 

WILLIAM FAULKNER con "MENTRE MORIVO": 
Raramente la genesi di un romanzo riesce a unirsi in modo tanto simbiotico alla trama, allo scrittore e alla storia. 
"Mentre morivo" fu scritto dal buon Faulkner nell'arco di una sola estate, in piena notte, mentre lavorava come fuochista in una centrale elettrica. Il piano di lavoro era una carriola rovesciata. Una situazione che se fosse veritiera meriterebbe la palma per miglior immedesimazione del metodo di scrittura (disastratissimo) con la trama del grande romanzo americano (ovviamente disastratissima tra povertà, aborti e piaghe bibliche varie ed eventuali).


RAY BRADBURY con "FAHRENHEIT 451": 
  E' rimasta celebre nella storia la risposta di Tenco alla domanda "Perché scrivi solo cose tristi?" "Perché quando sono felice esco"
 La combinazione reclusione/fiato sul collo è stata per il caro Ray la soluzione ideale.(e sorvoliamo sulla sua triste fine). Ray Bradbury scrisse il suo capolavoro in poche settimane, chiuso in una sala della biblioteca in cui si poteva noleggiare una macchina da scrivere a ore. Ci si costrinse perché, se non avesse avuto non solo la tranquillità, ma anche il dovere morale di non buttare i soldi che versava per il noleggio, avrebbe passato i suoi pomeriggi a giocare con le figlie o in altre faccende affaccendato. Per quanto la passione sia forte, talvolta anche i grandi possono cedere alla noia e alla solitudine delle ore trascorse in stanza a buttare giù pagine su pagine.

FEDOR DOSTOEVSKIJ con "IL GIOCATORE":
Il deterrente "Fiato sul collo" è stato potente anche per Fedor Dostoevskij che si ritrovò a scrivere il giocatore in un mese con l'aiuto della sua già citata seconda moglie, la stenografa Anna Stitkina. Oppresso dai debiti, aveva l'obbligo di consegnare al tizio, a cui aveva già venduto i diritti delle sue opere pubblicate, un nuovo romanzo entro una certa data. Se non fosse riuscito nell'impresa avrebbe perso i diritti di tutte le opere prodotte nei successivi nove anni. Preso da cotanta ansia, Dostoevskij non scelse comunque la strada facile della trametta senza complessità strutturale et profondità et discreta lunghezza, ma anzi, riuscì a sfornare "Il giocatore". Al termine del mese era libero e aveva trovato moglie (e mi pare di ricordare che Hollywood sia riuscita a tirare fuori una storia d'ammmore romantica pure questa vicenda).

STENDHAL con "LA CERTOSA DI PARMA":
 Caso di volli, sempre volli, fortissimamente volli. Come Bradbury, anche Stendhal aveva molto di meglio da fare che starsene chiuso a casetta a scribacchiare come un pazzo.Tuttavia il genio sa quando c'è da andare a caccia e corteggiare dame a Civitavecchia, e quando invece seppellirsi nello studio e diventare un eremita. E' quel che si dice, un investimento: non campo per due mesi per poter fare quel che mi pare nel futuro prossimo venturo. Così le leggende vogliono che Stendhal, recluso a casa sua per 52 giorni nel 1838, diede ordine alla servitù tutta di non disturbarlo e di non voler essere disturbato.
 La risposta per tutti doveva essere: "Il signore è a caccia".
 D'ora in poi darò anche io mandato di rispondere così.

IL CASO SIMENON: 

George Simenon ha avuto una sterminata produzione, dovuta in gran parte al metodo estremamente veloce di scrittura che aveva elaborato.
 Ogni romanzo, (dopo una gestazione mentale di durata variabile) veniva scritto in una-due settimane, per poi essere rivisto in pochi giorni solo successivamente. Metodo (spesso contestato dai "veri" intellettuali) molto simile a quello usato da Camilleri che in quanto a grafomania sta cercando di emulare il maestro. Ricordo un anno in cui non facevamo in tempo a esporre una pila di libri di Montalbano che uscivano altre tre opere di Camilleri in contemporanea. 


SYLVIA PLATH con "ARIEL":
 Nel mio immaginario la Plath, che cito spesso, si accosta ad un'altra figura femminile, Francesca Woodman, fotografa suicida a 23 anni che ci ha lasciato un quantitativo di foto impressionanti. La cara Sylvia non credeva all'invasamento del dio, anzi, lavorava come una pazza da mane a sera sulle sue poesie, vedendo, rivedendo e correggendo. Tuttavia, il suo capolavoro, pubblicato postumo, "Ariel" venne da lei scritto per i suoi tre quarti in appena tre mesi. Una vampata prima della fine che sottolinea non solo una straordinaria prolificità, ma anche un talento che forse era lì lì per scatenarsi in tutta la sua potenza. Il suo potrebbe essere uno straordinario caso in cui essere troppo sgobboni era un ostacolo e non un merito. Un po' come quei compagni di classe che magari studiavano come pazzi, ma l'agognato nove non lo prendevano mai.

ALESSANDRO MANZONI  con "IL 5 MAGGIO": 
Manzoni ci ammorba con la storia dei panni sciacquati nell'Arno sin dalla nostra adolescenza. Sappiamo che passò infiniti anni a scrivere "Fermo e Lucia" e poi "I promessi sposi", quindi evitiamo di immagazzinare la possibilità che in effetti, anche lui, avesse doti di velocista. Eppure è accaduto.
 "Il Cinque Maggio" è stato scritto dal sommo in appena tre giorni, appena appresa la morte di Napoleone, esiliato e neoconvertito al cristianesimo a un passo dalla fine. La pappardella che si usava imparare a memoria un tempo (è toccato pure a me) è frutto dunque di un invasamento momentaneo del Manzoni. Mai più ripetuto.


NOTIZIE DUBBIE:  
Nel bellissimo libro di Fruttero e Lucentini "I ferri del mestiere", Fruttero rievoca una notte del 1976 in cui, in occasione della morte di Agatha Christie, gli venne commissionato da "Paese sera" un racconto "alla maniera di". 
Solo che gli venne commissionato dall'oggi al domani, così si imbottì di caffè è scrisse come un pazzo (talmente tanto come un pazzo che sostiene di essere stato solo in casa, mentre la moglie lo nega fermamente). 
Così scrive: "All'alba avevo finito, debitamente esausto, ma tripudiante: allora era possibile! Vedevo davanti a me e a Lucentini una carriera di fulminei "storytellers" notturni, sostenuti da tazzoni di caffè, sigarette, qualche superalcolico, simpamima e chissà, addirittura cocaina. Decine, centinaia di racconti come Cechov, Maupassant, O. Henry.... Non andò purtroppo così, quella restò l'unica volta, l'unica notte."
 Seguendo la sua traccia ho provato a cerca informazioni sul metodo di lavoro di Cechov e Mapuassant, ma internet non è stato generoso. Sicuramente qualche laureato in lettere potrà giungere in nostro soccorso.

I POLLI CHE SI CREDONO AQUILE, ILARIA D'AMICO-FABRIZIO CORONA:
Quando scrivere di corsa non è segno di genialità. Rimembro questa intervista della D'Amico che diceva di aver scritto il proprio libro "Dove io non sono" tutto di seguito, in pochi giorni (in verità io rimembro addirittura una sola notte), di getto, d'urgenza e tutte quelle cose lì.
Di Corona ci sono invece notizie più precise, con orgoglio rivendicò di aver scritto in soli cinque giorni il suo romanzo giallo "Chi ha ucciso Norma Jean?", protagonista un paparazzo senza scrupoli.
 Ricordo quando ci arrivò in libreria. Mi riesce difficile immaginarlo seduto ad una scrivania a fare lo Stendhal di turno mentre dice a tutti i suoi vari assistenti, "No guarda, lasciatemi in pace per cinque giorni che devo scrivere, dite che sono a caccia!".
Non suona eh? Chissà perchè.

 E voi rimembrate altri capolavori scritti alla velocità della luce?

17 commenti:

  1. "Perché sono quando felice esco" è una bella risposta :D

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    1. Corretto :P Mi pare anche di aver fatto meno sfracelli da editare del solito.

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. "Sentivo l'urgenza di dire una cosa"

    Per quanto possa valere il mio modesto parere, anche io ho scritto di aver sentito "l'urgenza", ma non mi riferivo alla volontà di terminarne in fretta la scrittura come se fosse il compito assegnato da un dirigente il venerdì alle 15:59; piuttosto: avevo un'idea dalla quale non riuscivo a staccarmi e che "esigeva" di essere scritta. Poi, tra ricerche e (parecchie) riscritture, ho impiegato un anno.

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  4. O velocissimi scarni e scritti male o eccessivamente pomposi e con troppe citazioni, che fine avrà fatto l'adorata via di mezzo che coniuga ricerca e ispirazione?

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  5. Mi pare che Ian Fleming fosse un altro velocista: durante le vacanze in Giamaica, scriveva i romanzi di Bond nel giro di due settimane, più una terza per correggere gli errori vistosi.

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    1. Anche mia sorella mi ha dato un suggerimento teatrale! Magari farò un'appendice ;)

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    2. Wikipedia mi viene in aiuto e specifica il metodo: http://it.wikipedia.org/wiki/Ian_Fleming#Il_metodo

      Un'appendice sarebbe carina!

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  6. Anche a me è toccato imparare "Il 5 maggio a memoria", ma ricordo che era una punizione (ai miei compagni non toccava, ero io che mi scornavo continuamente con la prof d'italiano delle medie...). Avrei dovuto recitarla alla fine delle "vacanze elettorali" di primavera - ai tempi si usavano. Mi ci applicai diligentemente, passai giorni d'angoscia a ripetermi versi su versi, ecc. E la mattina del ritorno a scuola... avevo la varicella. Che alle volte...

    Comunque non sapevo che "il Manzo" l'avesse composta in breve tempo. Son sempre legata a quella questione dei vent'anni impiegati a rivedere "I promessi sposi", non lo facevo scrittore fulmineo. Non si finisce mai d'imparare!

    Ah, un'altra cosa che ho imparato leggendo questo post è che cos'è la simpamina... °_°

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    1. Anche io ignoravo l'esistenza della simpamima devo dire...

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  7. Il primo Titolo che mi viene in mente è " Se questo è un uomo ", che tra l'altro è anche il romanzo per eccellenza ( a mio parere ) del " Sentivo l'urgenza di rei qualcosa ".

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    1. Ok, discerniamo però, un conto è che l'urgenza di dire qualcosa ce l'abbia Primo Levi, un conto è che ce l'abbia Ilaria D'Amico. Ormai si è così abusato del termine che a tutti pare urgente raccontare tutto. E il 99,99% delle volte non lo è.

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    2. Assolutamente d'accordo! La mia non voleva essere un critica, ma semplicemente riportare un fatto.

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  8. Hesse e Il lupo della steppa...non vorrei sbagliarmi: una settimana.

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  9. Hesse e Il lupo della steppa...non vorrei sbagliarmi: una settimana.

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  10. kerouac. scriveva così in fretta che truman capote sprezzantemente disse "non è scrivere, è battere a macchina". secondo la leggenda scrisse "i sotterranei" in tre giorni sotto l'effetto della benzedrina.

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  11. Il fatto che scrivere é una delle più grosse faticacce della vita.... ma chi te lo fa fare?

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