lunedì 17 marzo 2014

Una modesta riflessione generazionale dopo una fiera del fumetto e un convegno nazionale per biblioteconomi. Perché la rete si sta sostituendo alle biblioteche? E chi è che fa davvero cultura adesso?

Sono stata circondata da vari Brunetta dormienti in queste
giornate.
Questa settimana, in un raptus di iperattività fortunatamente sostenuto dall'alta pressione e dal bel tempo, sono andata a due eventi potenzialmente diversi eppure uniti da un comune denominatore. 
 Ossia mi sono trascinata ad un convegno nazionale per biblioteconomi/bibliotecari/altre cose che ci girano attorno dal titolo "La biblioteca connessa", e subito dopo al Cartoomics, la fiera del fumetto di Milano.
 Devo dire che la concomitanza straordinaria tra le due cose mi ha reso molto chiaro perché in Italia i ragazzini leggano poco, perché in biblioteca ci vanno quasi solo gli studenti a cercare pace e requie, e perché non siamo in grado di creare un circolo culturale virtuoso.
Premessa doverosa: è OVVIO che ci siano dei bibliotecari superavanzati, realtà davvero d'eccellenza e percorsi di ricerca d'avanguardia, il mio discorso si riferisce alla condizione GENERALE delle biblioteche in Italia.

 PARTE I: il convegno la Biblioteca Connessa.

Le prove che sono stata al convegno
Premettendo che un convegno del genere farebbe venire il latte alle ginocchia a qualsiasi persona non del settore, i temi che si prometteva di sviscerare sembravano epici: il ruolo della biblioteca nella società dell'informazione, e-book, biblioteche in rete, le biblioteche e i social network, le responsabilità morali contro la tecnoapartheid, insomma il mondo.
 Mi presento il primo giorno e mi sorbisco 1 ora e mezza di saluti delle autorità.
 Allora, i saluti delle autorità o durano due secondi o devono avere un senso compiuto. Ovviamente in Italia dove la pompa magna e il comizio elettorale regnano, codesti saluti non hanno né l'uno né l'altro. Ergo siamo finiti in un coacervo di discorsi palesemente preparati dagli "esperti" e messi in bocca alle autorità che non hanno fatto nessuno sforzo se non leggere in modo atono e anche perplesso (del tipo "Ma che palle che è 'sta roba, cos'è?"). Aggiungo che gli esperti non dovevano neanche essere troppo tali visto che consideravano il 15% della popolazione in biblioteca un traguardo d'eccellenza e il sistema bibliotecario cittadino milanese una punta di diamante (fateci un giro e mi direte se non ci troviamo praticamente agli anni '60 ma con i computer per consultare il catalogo). Dopo aver annunciato ben 100.000 euro di denaro regionale per TUTTE le biblioteche lombarde come chissà quale finanziamento, molti dei presenti che già stavano dormendo hanno smesso di ascoltare, riaccendendo il cervello solo dopo, quando finalmente abbiamo cominciato a parlare di questa famosa biblioteca connessa.
 E qui viene il bello. In un convegno sulle biblioteche dell'unità d'Italia potevi anche mascherare il dramma, in uno sui dati bibliometrici anche, ma quando ti proponi di sviscerare il rapporto tra le biblioteche e la società dell'informazione allora ti vuoi male. Ecco che tutto l'apparato mostra la corda e si piazza una sirena scintillante addosso con scritto: IL PROBLEMA STA QUI.
 Stiamo parlando di lui: il gigantesco sul gap generazionale che intercorre tra le persone che lavora in biblioteca (età media credo 50 anni con picchi ben oltre) e i cosiddetti "nativi digitali". 
 Non si tratta di capacità di usare il pc, ma di concepire il mondo.
 Escludendo un'interessante intervento sull'etica bibliografica (di cui parlerò assicuro non è una palla anzi) abbiamo parlato per tre ore dell'aria fritta. Che cos'è facebook? Perché i ragazzi vanno su facebook? Come fa la biblioteca a usare twitter? E' giusto postare le foto su flickr? Addirittura ho assistito ad una lezione sull'uso della privacy in facebook: state attenti a chi taggate perché poi non vedete solo voi la foto, ma anche gli amici di amici.
Sempre ammesso che il bibliotecario decodifichi quello che
dice un quindicenne.
 Voi immaginate un convegno del genere ad un pubblico di 20-30enni, ma anche quindicenni, partirebbero i carciofi e i pomodori verso il palco e l'abbandono della sala due secondi dopo. Questo invece era il tono generale di TUTTA la manifestazione.
 Mi sono resa conto che un vero problema delle biblioteche italiane è il fatto che intere culture e modi di fare cultura (un tempo forse sottoculture, ma ormai quasi maggioritarie) sono invisibili ai radar di chi detiene i centri culturali del nostro paese. Il punto è che ciò non avviene per discriminazione o sottovalutazione, ma per ignoranza. Mai come in quest'epoca due generazioni si sono trovate separate da un gap tecnico così grande.
 Inizi un discorso che credi sensato e ti accorgi di parlare un'altra lingua. Loro si sconvolgono che tu ignori fatti per loro fondamentali della storia italiana, tu rimani sconcertato quando devi tradurre termini informatici base come se stessi parafrasando una lingua straniera. 
Sconcertante.

PARTE II: la fiera del fumetto.

Dopo aver insistito nell'impresa ed essermi sorbita un altro inutile giorno su "che cos'è wikipedia" e "le biblioteche scolastiche non esistono" (grande scoperta lo sa chiunque abbia fatto anche solo le medie), ho deciso di premiarmi e andare al Cartoomics.
 E' sbagliato dire che alle fiere del fumetto ci vanno solo i ragazzini, anzi, probabilmente traumatizzata (in positivo) da un quantitativo di cartoni animati giapponesi in grado di creare un immaginario generazionale, buona parte del pubblico ha almeno trent'anni e svariate persone molti di più. 
 Il delirio è degno di un gay pride. Gente che fa cosplay con vestiti meravigliosi, che grida, si fionda su stand dove vendono coserie di ogni genere da arredi japanesi kawai e assolutamente inutili, alle tutterie di Harry Potter, passando per quelle oscene fatine sexy di cui non ho mai capito il senso (ma che probabilmente piacciono a qualcuno visto che continuano ad apparire negli anni) alle bacchette magiche di legno e piume. Magliette bellissime, ma carissime (fortunatamente per me non avevo 20 euro per quella con su scritto "I'm not a princess, I'm Khaleesi", enormi Totori da mettere sul letto e ovviamente fumetti e serie di qualsiasi fumetto immaginabile con questo fiorire di case editrici che pescano ottimi fumettisti direttamente dal web.
   Insomma un mondo brulicante, chiassoso e produttore di cultura di cui stento a credere che una massa di persone sconvolte dall'utilizzo dei tag su facebook, possa conoscere l'esistenza.
  Oppure stanno diventando quel che tanti amministratori pubblici ci vedono ovvero un deposito di libri dove può lavorare qualunque persona in grado di consultare un pc?
La domanda allora sorge spontanea: le biblioteche stanno ancora svolgendo la loro funzione primaria ovvero trasmettere conoscenza?
 La mia modesta risposta sarebbe NI. 
 L'idea di democrazia posta dietro all'esistenza delle biblioteche, quella di una conoscenza libera e disponibile a tutti in modo gratuito è potentissima, è stata per molte grandi menti delle passate generazioni un viatico e un appiglio, ha rappresentato per tanti una soluzione a tanti interrogativi e problemi.
Nei paesi anglosassoni tanto per cambiare la situazione è
molto diversa.
 Ancora adesso risponde a molte necessità: fornire un patrimonio culturale gratuitamente può avere grandi capacità d'incisione su un mondo sempre più disuguale. 
 Io non faccio parte di coloro che credono che la rete sia la vera democrazia: la rete non sarà democrazia finché tutti non avranno un computer, le capacità e le conoscenze per usarlo con cognizione di causa e una connessione a disposizione liberamente (cioè non obbligatoriamente) e questo mi pare ben lungi dal divenire. E' per questo che mi spaventano tanto gli e-book e le cosiddette biblioteche paperless. 
Cosa si può fare?
 Un mondo che non cambia è destinato a finire.
Nulla rimane nel nostro immaginario più ieratico di una biblioteca monolitica e polverosa, sarebbe ora di fare un po' di pulizia. Probabilmente se aspetteremo ancora vent'anni le amministrazioni pubbliche si svuoteranno e per quel tempo le biblioteche immobili avranno dimostrato tutta la loro inutilità e magari verranno chiuse o alla meglio affidate a gruppi di volontari (come già sta succedendo).
 Si dovrebbe fare qualcosa ora, ma sembra impossibile: come si concilia un mondo che vuole disperatamente entrare e uno che detiene tutto e non ci tiene affatto a uscire (o almeno ad aggiornarsi)?
 La cosa più grottesca è che, visto il gap temporale nel recepimento delle informazioni, un giorno si rischierà di fare un convegno sulle biblioteche in pericolo e per quel giorno le biblioteche saranno già scomparse e saranno le uniche a non saperlo.

Ps. Un'altra cosa che vorrei far notare sul convegno è l'incessante via vai di persone in sala durante gli interventi, una cosa che considero maleducatissima e fastidiosa. Durante le lezioni universitarie o sei dentro entro una certa ora o entri solo in pausa, non è che sfracassi le palle a tutta la sala andando e venendo come fosse la strada dell'orto. Ecco mò l'ho almeno scritto.

Pss Sulla fiera del fumetto farò anche un fumetto, perciò scusate l'elenco da lista della spesa su ciò che ho visto.


12 commenti:

  1. Quello che scrivi qui e che cito alla fine, potrebbe avvalersi anche per tutti gli altri campi...o no? Io non faccio parte di coloro che credono che la rete sia la vera democrazia: la rete non sarà democrazia finché tutti non avranno un computer, le capacità e le conoscenze per usarlo con cognizione di causa e una connessione a disposizione liberamente (cioè non obbligatoriamente) e questo mi pare ben lungi dal divenire. E' per questo che mi spaventano tanto gli e-book e le cosiddette biblioteche paperless.

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  2. Hai davvero ragione. Io ho 64 anni e mi cascano le braccia ogni volta che con i miei coetanei affronto il problema delle cosiddette "nuove tecnologie" (nuove?????). Non vogliono davvero rendersi conto che il problema non è l'abuso di facebook twitter &C che fa tanto male e ci sono i mostri ecc.ecc. Il problema è cercar di capire come vengono usati, come cambiano la comunicazione, come utilizzarli. .

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  3. Qualcuno mi spiega il concetto di biblioteca paperless e da cosa dovrebbe differenziarsi da, che so, bitTorrent?

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    1. La prima differenza potrebbe essere la comunicazione. Con bitTorrent cerchi un file, lo scarichi e lo utilizzi. Dubito che qualcuno scriva una recensione, commenti il valore del contenuto e condivida l'esperienza. Inoltre è legale, cosa da non sottovalutare, e può realizzare progetti, suggerire titoli, creare coesione.
      Il vantaggio poi di poter usufruire di una biblioteca digitale è la delocalizzazione. La mia tesi di laurea è stata salvata ed è stata possibile grazie a Google Books e al Progetto Gutenberg.

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    2. La biblioteca paperless è innanzitutto fisica, cioè esiste l'edificio, esistono i bibliotecari e tutto ciò che oltre ai libri fisici rende una biblioteca tale (ossia corsi, postazioni per lo studio, per leggere, per navigare ecc). La differenza sta nel fatto che non ci sono libri cartacei, ma è tutto digitale. Peraltro, da quel che ho capito, per ora si usa ancora il concetto di singola copia, ossia un e-book o una rivista o quel che cerchi non sono condivisibili all'infinito, ma ogni biblioteca dispone di un tot di copie digitali che vengono prestate esattamente come un cartaceo: cioè un tot di giorni e quando tornano indietro si prestano ad altri. Da quel che ho compreso sono sperimentazioni che stanno facendo ovviamente negli Usa e principalmente nelle biblioteche universitarie.
      I progetti a cui fa riferimento Lucrezia M. sono un'altra cosa ancora.

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    3. Oggi come oggi una vera biblioteca paperless (o bookless) ha veramente senso solo in ambito universitario dove le risorse elettroniche sono una realtà consolidata da quasi un decennio e dove banche e periodici scientifici non ricadono nella perversa logica (degli editori) di dovere avere "più copie" per prestare più volte un ebook.

      http://news.stanford.edu/news/2010/july/enginbooks-072610.html

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  4. Il problema principale è che c'è una paura sconcertante del cambiamento. L'età di chi lavora nelle biblioteche per me è irrilevante, perché ce ne sono tanti di "anziani" che usano decentemente il pc, hanno un account Facebook o Twitter (o entrambi), usano Whatsapp, come la mamma della mia amica, una 68enne che si aggiorna, mentre mia madre, che di anni ne ha 56, è regredita, tanto da avere problemi ad usare il lettore dvd. E' la voglia il fare e aggiornarsi il problema.
    Io frequento un club del libro, ci incontriamo in un bar. Sarebbe bello farlo in una biblioteca, dando un senso a un luogo altrimenti usato solo come sala lettura dagli studenti, ma non vedrebbero di buon occhio gli argomenti che trattiamo (l'ultimo incontro è stato su "Lolita" di Nabokov, ti lascio immaginare di cosa siamo finiti a parlare), il chiasso che inevitabilmente creeremmo e gli orari in cui è comodo per tutti vedersi: il sabato pomeriggio fino alle 20.00 circa. Apertura fuori orario?! Vade retro Satana!
    Oltre le nuove tecnologie, anche il solo pensiero di vedere un fumetto in biblioteca ha un gusto surreale. Pensa alla presentazione del nuovo fumetto di, a caso, Zerocalcare in una biblioteca pubblica: intanto la gente scoprirebbe che nella propria città c'è una biblioteca, cosa che ha dell'incredibile, e poi si creerebbe una connessione con la città! Io sono una delle poche persone che ci va per consultare libri e ogni volta sembra Natale per loro. Il custode mi accompagna in una saletta a parte per non essere disturbata dall'orda di studenti.
    Le biblioteche hanno un sacco di problemi.

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    1. Ecco, il problema è appunto questo. In biblioteca tra il blocco dei concorsi pubblici, la mobilità interna ecc. ormai lavorano quasi solo le "vecchie" generazioni, le quali nella stragrande maggioranza dei casi non sono affatto interessate ad aggiornarsi o quando lo fanno cadono dal pero su questioni praticamente basilari. Nella biblioteca dove ho lavorato io c'era una bibliotecaria bravissima, andata via lei l'anno dopo perché trasferita, hanno spostato un interno che non so in quale ufficio comunale lavorava. Ok, il lavoro amministrativo lo faceva, tutto il resto, ossia quello che fa di una biblioteca una biblioteca viva era assolutamente ignorato. Le biblioteche hanno tanti problemi: i vecchi che stanno dentro e non si aggiornano, persone che ci lavorano e credono di stare in un magazzino organizzato (perché lo prendono per un ufficio comunale come un altro), i concorsi che non si fanno, i soldi che non ci sono, la già citata elefantiaca burocrazia, una mentalità da dopoguerra. Davvero chi più ne ha più ne metta.

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    2. ...e la mentalità oggi imperante che se non produci non servi a niente, che con la cultura non si mangia (ma almeno ci si scalda visto che "la nuova politica" invita a bruciare i libri).

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  5. Ho seguito un corso base sul come funzionano le biblioteche in una biblioteca (e sul come sfruttarle al massimo compresi mezzi tecnologici) era aperto anche ai non studenti, il problema è stato che alla fine erano prevalentemente studenti a seguirlo. Un peccato visto che chi lavora lì è gente giovane e aggiornata che si è aperta alle nuove tecnologie (anche se da poco sono in linea con i tempi) insomma un piccolo nucleo di resistenza che lotta contro ai problemi che hai descritto, c'è ancora speranza...

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  6. Io "lavoro" nel mondo delle biblioteche: oltre ai concorsi, esistono le cooperative. Conosco bene questo mondo. I problemi sono quelli che avete citato: anzianità del personale e scarsa attitudine alla tecnologia.
    Bisogna però differenziare tra biblioteche universitarie/di conservazione/comunali. Perché non è possibile paragonarle per me, sopratutto le prime due e l'ultima. Le prime due sono le "peggiori": le classiche biblioteche in cui devi fare silenzio e se sgarri hai l'account bloccato subito. Cmq son fatte per studiosi (per questo ci sono solo studenti/vecchi, cui dei fumetti non gliene frega).
    Le altre, quelle dove "lavoro", son diverse, potrebbero essere più "nordiche". Potrebbero perché dipende dagli amministratori di turno e dalle capacità&volontà della persona che sta in biblioteca (quasi mai è un bibliotecario vero). E son fattori che pesano parecchio.
    Io partecipo a un gruppo di lettura al mio paese: ci troviamo la sera, in biblioteca, ma solo grazie alla buona volontà di una dipendente comunale appassionata di libri.

    Poi non so, io della mia rete bibliotecaria sono soddisfatta nonostante tutto: i fumetti? si ci sono (zerocalcare c'è tutto). Magari non in tutte, ma le novità me le faccio arrivare con l'interprestito che è abbastanza veloce (dal mio account che è uguale a uno store on-line). Gli ebook? Si ci sono, tre al mese. Mp3 legali? Ci sono, tre a settimana. Alcune biblioteche prestano anche l'e-reader. I dvd? Si ci sono, quasi tutte le biblioteche oramai sono attrezzate con un angolo dedicato. Cd? Ci sono anche quelli. Libri per bambini? Non mancano in nessuna. E infatti la mia piccolissima biblioteca è iper-frequentata da mamme con bambini al seguito e ragazzini delle medie: alle 4 c'è la baraonda.
    Il problema è che spesso i bibliotecari, o chi per loro, non hanno voglia di pubblicizzare tutto quello che la Rete offre, che è tantissimo. Non hanno voglia perché non è il loro lavoro, a loro basta fare i commessi: libro-bip-prestato, ciao. Meno male che altri non sono così.

    PS_ ti invidio per essere andara al convegno, volevo andarci anch'io ma ero appunto in biblioteca. E al cartoomics c'ero anch'io domenica :D

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  7. Riporto qui quello postato su FB :)

    Pensiero molto breve di bibliotecario universitario: metti il dito in una ferita aperta. Da un lato ci sono i tanti colleghi che cercano di dare nuova linfa alle biblioteche (non depositi di libri ma luoghi di accesso all'informazione e personale che ti aiuta a districarti tra il rumore infinito della rete), dall'altra una tecnologia che corre troppo in fretta per l'elefante statale/ente locale e fornitori di servizi che fanno di tutto per metterti i bastoni tra le ruote (editori digitali ad es.). Infine l'eterno difetto dei bibliotecari: essere convinti di sapere quello che cerca l'utente per poi accorgersi che di quelli che gli offri non gli frega nulla.

    Da un lato ai bibliotecari le conoscenze di base mancano (e aggiungo io la curiosità di scoprire certe cose da soli: in troppi temono che la tecnologia li morda e che se "cliccano lì cancellano tutto" - cit.), dall'altro chi insegna ai colleghi teme di lasciare indietro qualcuno. Ma purtroppo è velocità stessa della tecnologia che lascia indietro chi non si incuriosisce.


    PS sfatiamo che i gggiovani siano degli esperti tecnologici. La maggioranza di loro non sa fare una mazza: studenti di ingegneria che mi chiedono "come si salva su chiavetta" "come ci scollega dal pc" a cui mostri il servizo online più banale dell'universo e ci manca che si prostrino ai tuoi piedi per aver loro rivelato il sacro graal.

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