venerdì 27 giugno 2014

"La rosa bianca non vi darà pace". La giovane resistenza che puntò il dito contro la connivenza di chi finge di non vedere. Un libro per ricordare l'ineluttabile monito di Sophie Scholl e dei suoi compagni.

Anni fa (in realtà non moltissimi, ma a me ormai sembrano secoli), quando ancora abitavo nel mio ameno paese, almeno una volta a settimana, andavo assieme ad una mia amica a vedere un film in un paesello vicino.

 Era un posto in cui non c'era niente, ma misteriosamente prosperava un cinema d'essai (nel mio invece c'era un multisala di ben due sale che però mandava quasi solo blockbuster).

  Approfittando di una di quelle settimane del cinema, dove le sale hanno prezzi umani sui 2,50-3,00 euro finì che vedemmo una marea di film che non avevamo realmente intenzione di vedere. 

 Fu in quel caso che vidi "La rosa bianca. Sophie Scholl".

 Chi era Sophie?

 Una studentessa universitaria tedesca entrata nella storia assieme a suo fratello Hans e ad un loro amico, Christoph Probst, per essere stata giustiziata,  dopo un processo sommario durato tre giorni, dal regime nazista in seguito alla fondazione di un gruppo di resistenza pacifica, "La rosa bianca" appunto.

 Altri loro amici, parenti e simpatizzanti furono catturati e imprigionati per anni, Probst, giovanissimo, lasciò moglie e tre bambini e nel disperato tentativo di rimanere in vita, in quanto unico sostegno familiare, fu l'unico dei tre che tentò fino all'ultimo di dichiararsi innocente (difeso a spada tratta anche dagli altri due imputati), per morire infine con coraggio.

 Una delle cose su cui più si insiste rispetto all'ascesa di Hitler  (e su cui sono stati versati fiumi d'inchiostro) e al suo potere in Germania è l'assoluto consenso che egli ebbe a qualsiasi livello da parte di una percentuale altissima della popolazione.

 "La rosa bianca" che ispirò poi cellule collaterali, tra cui quella amburghese che ebbe una fine altrettanto infelice, tra arresti e condanne a morte, fu uno dei pochissimi esempi di resistenza tedesca, ancor più importante e peculiare se si pensa che il gruppo fu fondato da giovani cresciuti ed educati sotto l'ideologia nazista.

Tutti i membri de "La rosa bianca" leggevano e scrivevano
moltissimo. In un'epoca in cui la scuola era indottrinamento
si liberarono dalla morsa del regime con le loro sole forze
intellettuali. Nel libro ci sono numerosi riferimenti alle loro
letture, scrittori preferiti, annotazioni di pensieri.
 E' uscito sulla storia di tutti loro un bellissimo libro di Paolo Ghezzi, "La rosa bianca non vi darà pace" ed. Il Margine, che analizza in modo preciso, accuratissimo e affatto agiografico la parabola della breve, ma intensa vita che ebbe l'organizzazione.

  Il sottotitolo "Abbecedario della giovane resistenza" dà l'indicazione sul modo in cui l'autore ha affrontato l'argomento, con un gran numero di voci in ordine alfabetico a sviscerare le vite, i desideri, le speranze, le letture, le idee e gli amori di un gruppo di giovani coraggiosi che lottavano, studiavano, leggevano, vivevano e soprattutto non cessavano di stupirsi.

 C'è una cosa in particolare che rende speciale questi ragazzi e non è l'eroicità ostentata, furono anzi molto mesti e pagarono con la vita non un'azione militare o un omicidio, ma la diffusione di sei volantini.

 I fogli, riportati in appendice, sono in realtà dei piccolissimi saggi, colti e ricchi di citazioni sul delirio hitleriano, le sue conseguenze e soprattutto, l'atteggiamento del popolo tedesco.

  Ebbero infatti la capacità di puntare il dito contro i veri responsabili della guerra, dello sfacelo, dell'antisemitismo, delle morti al fronte.

 Non era solo colpa di Hitler, da loro chiamato il Maligno e l'Anticristo vista anche l'spirazione fortemente cristiana alla base della loro lotta, ma di tutti. 

 Di un'intera nazione che quando non adorava il capo, chinava la testa silente.

 Qualche tempo fa ho visto il film "Storia di una ladra di libri", mi aveva commosso molto probabilmente  perché il punto di vista era quello di una bambina che dire sfortunata è molto riduttivo, ma c'era qualcosa che a posteriori non mi tornava. 

 Quello che non torna in quel film (non so nel libro perché non l'ho letto) è l'impressione che la Germania fosse un paese occupato da altri, non un paese connivente, un luogo dove tutti sono buoni tranne i soldati (ovviamente non i soldati partiti dalla cittadina dove si svolge la storia, in quel caso sono bravissime persone) mentre la verità storica fu ben altra.

 Sophie Scholl e gli altri aderenti alla Rosa Bianca non chiudono gli occhi, non indorano la pillola, essi stessi vittime del fascino nazista durante l'adolescenza, nonostante genitori avversi al regime, (significativo l'episodio del padre che staccava tutti i giorni l'immagine di Hitler dalla camera del quindicenne Hans con lui che tutti i giorni la riappendeva), aderirono entusiasti alla Gioventù Hitleriana, per poi cambiare idea col passare degli anni e soprattutto delle letture. 

 Furono la cultura, Rilke, Goethe (col suo motto "resistere ostinatamente"), i classici russi, Dostoevskji in primis e i viaggi che poterono fare e progettare ad aprire loro gli occhi.

 I fratelli Scholl e i loro amici leggevano tantissimo, in modo onnivoro, avevano ansia di apprendere, di prepararsi, di capire, di "diventare persone".

 In una delle numerosissime lettere (tutti gli appartenenti scrivevano tantissimo in continuazione, diari, lettere, impressioni), Hans scrive "Sono davvero assetato di sapere, da tempo non lo ero. La verità può essere trovata in due modi. Il primo attraverso la logica, il secondo attraverso l'esatta ricerca delle cose".

 Ed è la verità il punto focale delle loro vite.

 La domanda che non deve mai darci pace è: come mai un gruppo di studenti universitari riuscì a cogliere una verità evidente che la maggioranza si rifiutò ostinatamente di vedere?

 La cosa interessante è che era questa esatta domanda a sconcertarli maggiormente, il punto su cui, in ogni volantino (eccetto uno, probabilmente scritto da Alexander Schmorell il quarto del gruppo ad essere giustiziato, ma tempo dopo perché in principio riuscì rocambolescamente a scappare), essi insistono: la responsabilità personale davanti all'orrore, la colpevolezza che arriva non solo quando si alza la mano, ma anche quando non si fa nulla perché gli altri non la alzino.

 La Germania non è, a loro avviso, una nazione annichilita e oppressa come nella della ladra di libri, ma una nazione di complici silenziosi.
 Così recita uno dei loro volantini:
  "Vogliamo soltanto rilevare in modo chiaro e senza equivoci una sola cosa: ogni uomo preso singolarmente ha il diritto di pretendere un governo efficiente e giusto che assicuri sia la libertà individuale, sia il bene della collettività [...]Invece il cosiddetto "stato" in cui viviamo oggi è la dittatura del Maligno. 
 Mi pare di sentire l'obiezione: "Tutto questo lo sappiamo già da tempo e non è necessario che ce lo rammentiate continuamente." 
Ma vi domando: se lo sapete perché non reagite, perché tollerate che questi tiranni vi spoglino progressivamente, in modo aperto o velato, di un diritto dopo l'altro, fino a quando un giorno non rimarrà più nulla, null'altro che una macchina statale comandata da criminali e ubriaconi? E' già così vinto dalla violenza il vostro spirito da farvi dimenticare che non è soltanto vostro diritto, ma anche vostro dovere morale rovesciare questo sistema? 
 Ma se un uomo non ha più la forza di reclamare i propri diritti, allora sì che egli deve inevitabilmente perire.  
Meriteremmo di essere dispersi per il mondo, come polvere al vento, se non ci sollevassimo in questa ultima ora, ritrovando finalmente il coraggio che ci è mancato fino a oggi. 
Non nascondete la vostra viltà sotto il velo della prudenza. Ogni giorno in cui indugiate ad opporvi a questo mostro infernale, aumenta sempre di più, come una curva parabolica, la vostra colpa."
 I volantini della Rosa Bianca sono molto particolari perché pur nati per denunciare gli orrori di un periodo storico ben preciso, rimangono attuali e inquisitori tutt'ora e nei confronti di tutti noi.

  La determinazione con cui Sophie e gli altri hanno deciso di iniziare a lottare, la confessione davanti ad un funzionario di regime indottrinato e incapace di pensare razionalmente e autonomamente, il coraggio con cui hanno affrontato il loro destino senza essere degli eroi, sono il vero motivo per cui la rosa bianca non può dare pace a nessuno di noi, tutti i giorni.

 Se rileggiamo le loro frasi, se leggendo questo libro ci fermiamo davanti alla parola che meglio li rappresenta, Parresia, ("dire tutto", "proclamare la verità") e volgiamo lo sguardo attorno vedremo che quei ragazzi di settant'anni fa parlano anche a noi, che immobili davanti al mondo aumentiamo sempre più, come una colpa parabolica, la nostra colpa.

Willi Graf, studente e amico degli Scholl viene catturato dalla Gestapo assieme a sua sorella Annaliese e giustiziato otto mesi dopo, Kurt Huber era l'unico professore dell'università di Monaco coinvolto e fu arrestato e ucciso quattro mesi dopo. Colto e profondamente convinto delle responsabilità del popolo tedesco di cui aspirava a risvegliare lo spirito, scrisse e studiò fino all'ultimo dei suoi giorni.

 (Il libro stravale la pena, quello che ho potuto dire è solo un centesimo e anche meno di ciò che vi è contenuto, se cercate qualcosa di davvero buono da portare via per l'estate ebbene l'avete trovato).

martedì 24 giugno 2014

Uno spettro si aggira per la libreria: gli ordini per i clienti. La fonte dei principali mal di pancia dei librai in un fumetto dettato dal caso.

In questo pomeriggio di Italia-Uruguay, ecco il fumetto della settimana. Oggi ho affrontato uno degli argomenti più tediosi della vita di libreria: gli ordini dei libri per i clienti. Essi il 90% delle volte filano lisci come l'olio, il libro desiderato arriva in tempo e amen. C'è però un 10% che per qualche motivo o non va a buon fine e allora son dolori. I motivi possono essere vari e complessi, dalla casa editrice mignon sperduta in mezzo al niente cosmico che non ti risponde o pone clausole d'acquisto assurde, al libro che va fuori commercio o esaurisce la tiratura in quei giorni esatti, fino al problema più grosso: il libro non arriva e non si capisce perché.
"Gli ordini in libreria e le leggi del caso" un sentito fumetto sullo spettro che agita i sonni dei librai.





lunedì 23 giugno 2014

Dimmi cosa leggi e ti dirò che facoltà farai. Parte II. Leggere il futuro universitario nei fondi della vostra libreria è possibile: filosofi, storici, artisti, medievisti e mooolti altri.

 Maturandi siete pronti a sapere che finaccia farete? Post universitari siete pronti a confermare che finaccia avete fatto?
 Ecco la seconda infornata di lettori facoltà per facoltà. Grazie al sistema italiano, peraltro, potrei andare avanti all'infinito.
 Let's go!

FILOSOFIA:
Essi si vedono così. Pensierosi, tormentati
possibilmente fascinosi
 Non ho frequentato Filosofia (che si sappia e si divulghi nella steppa), ma per vari motivi ho stanziato per un lungo anno in una facoltà di codesta nobile materia. Tale prolungato contatto mi ha permesso comunque di sviluppare una pervicace allergia ai laureati in codesta materia. I filosofi si ritengono gli ingegneri delle materie umanistiche. Essi, soprattutto nel periodo universitario, ritengono di possedere non solo una conoscenza superiore, ma di avere le chiavi del sapere e tutte le risposte ai problemi del mondo. In alternativa ritengono di sapere tutte le domande, che per loro è più o meno la stessa cosa, visto che sanno di non sapere.
Essi leggono moltissimo, ovunque, e pensano. Si appollaiano su qualsiasi finestra, cortile, scalino, davanzale e aula vuota a studiare e leggere i propri filosofi preferiti e pensano, pensano, pensano o discutono stile Parnaso. Heidegger era davvero un nazista? Le donne possono essere davvero delle filosofe? Chi sono? Dove vado? Dove andiamo? Grande hit degli ultimi anni è l'estetica, basta la parola per fare di te un fico (in alternativa l'epistemologia va sempre bene). Mai conosciuto uno studente di filosofia che dia le sue migliori energie a Parmenide, in compenso si stracciano i capelli davanti a Benjamin, Derrida e Foucault. Mode filosofiche, prossimamente sui nostri schermi.

LINGUE E LETTERATURE STRANIERE:
 Le studentesse (perché esistono anche studenti maschi, ma sono tipo la particella di sodio della Lete, soli e introvabili) di Lingue si dividono in due fazioni avverse e in perenne lotta tra loro.
 Le linguiste vere: costoro leggono come delle pazze, qualsiasi cosa. Non solo ma lo leggono SOLO in lingua originale e ci tengono a sottolinearlo. Per loro leggere qualsiasi autore in lingua originale vale doppio, che la traduzione perde, trasforma, inquina e via dicendo. Inutile spiegar loro che va bene tutto, ma non possiamo sapere correntemente il tedesco, il francese e l'inglese in contemporanea solo per avere il piacere di gustare il vero verbo della letteratura originale. Generalmente e paradossalmente leggono poco in italiano o autori italiani. Mai capito se per snobismo o perché se è troppo facile non c'è gusto.
La studentessa tipo di "economia del turismo":
 E' vero, esiste questa fiorente categoria di studentesse che vuole generalmente lavorare nel turismo, sposarsi e figliare like coniglio appena dopo la laurea. Esse studiano tantissimo e in modo diligente (esse provengono anche quasi tutte dallo psicopedagogico), e hanno anche medie più che rispettabili, tuttavia, chiusi i libri universitari si spalancano le porte del nulla. Può darsi siano dedite a Fabio Volo o saltuariamente a qualche romanzetto Newton o Garzanti che prestano loro altre amiche e colleghe, ma si tratta di frequentazioni sporadiche. Perché anelino specificatamente lavorare nel turismo non l'ho mai capito.

SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE/SCIENZE POLITICHE:
Essi si sognano un po' tutto, giornalisti e politici, assistenti
di politici e esperti di radio e tv. Mah
Due facoltà accomunate dallo stesso destino: tutti hanno pensato almeno una volta di farle, nessuno sa precisamente cosa caspita si studi, cosa si faccia dopo e soprattutto a cosa ti preparino. 
 Nel gran mescolone dei loro esami, gli scienziati della comunicazione trovano delle affinità, che non riconosceranno mai, con i sociologi, visto che ormai i mass media sono il mezzo principale per comprendere le masse. 
 Amano morbosamente McLuhan e "La società dello spettacolo" di Debord, non ho mai capito in che modo sperino di diventare dei giornalisti, ma molti covano questa palese ambizione e nel frattanto scartabellano le vite dei giornalisti celebri. 
 Più fumosi gli studenti di scienze politiche il cui ruolo mi sfugge da sempre. Chi è che non ha avuto l'amico indeciso su cosa fare del proprio futuro che, nel dubbio, è stato inghiottito dal gorgo di scienze politiche per poi riemergene con una laurea dalle dubbie connotazioni? Se il loro interesse per la materia è sincero e premeditato essi saranno dei grandi appassionati di geopolitica e ciuccieranno libri di Kissinger, storia della Cina e dell'India, tomi sui rapporti internazionali (must: "Storia delle relazioni internazionali" di Di Nolfo) e la sempre amata Europa (sogno poco velato dello studente di scienze politiche: lavorare al parlamento europeo).

STORIA DELL'ARTE/ACCADEMIA D'ARTE:
L'amabile rapporto tra le due categorie è ben visibile nel film
"Colpo d'occhio" con Rubini critico d'arte e Scamarcio artista.
Dico solo che ci scappa il morto.
Precisando che essi sono come la mangusta e il formichiere, in perenne lotta tra loro e convinti vicendevolmente che l'altro sia il male, sono almeno accomunati da un unico amore: l'arte. 
 Entrambi leggono libri di storia dell'arte, biografie d'artisti, collezionano monografie e cataloghi in modo ossessivo e hanno un pantheon di artisti che venerano e di cui cercano con cura saggi da collezionare e rileggere nei momenti bui. Se gli aspiranti artisti cercano nei loro idoli ispirazione per sconfinare quasi sempre nell'emulazione molesta, gli storici dell'arte si buttano a pesce in qualsiasi libro di critica d'arte. 
 Dimentichi di aver intrapreso la facoltà perché appassionati di Michelangelo e Raffaello, si scoprono critici d'arte aspiranti filosofi e iniziano a ingollare qualsiasi testo di critica d'arte per sconfinare nel parnaso dei colleghi di filosofia, che li considerano con sufficienza (e con altrettanta sufficienza sono ricambiati). Il must assoluto è "L'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità della tecnica", per il resto, qualsiasi cosa mostri oggetti incomprensibilmente piantati in una sala o abbia la parola estetica dentro va bene.
Postilla: esiste un filone di storiche dell'arte praticamente gemello delle linguiste del turismo. Studiano diligenti la loro materia, prendono voti alti, non leggono, si laureano e si sposano. Punto.

STORIA:
 Numerosi e afflitti dalla medesima domanda che macigna tutti gli iscritti ad una materia umanistica di non facile impiego commerciale (ossia "Ma poi che lavoro fai?"), gli studenti di storia leggono molto, generalmente nell'ambito del periodo storico di loro interesse. Se gli studenti di storia romana, greca e antica in generale sopiscono, nascosti come mummie, iperattivi sono quelli del periodo medievale, ma soprattutto contemporaneo. 
I primi, generalmente appassionati di fantasy sognano da una vita di poter studiare la fonte delle loro passioni: il medioevo. Castelli, dame, cavalieri e templari fino a quel momento rinchiusi in saghe come "Il signore degli anelli", prendono vita nelle appassionanti e interminabili monografie sulla vita nel medioevo. La loro libreria è in genere un cortocircuito che mixa Le Goff con Martin, Duby con Terry Brooks, tutti uniti sotto la grande egida di un mondo forse senza magie, sicuramente senza tecnologie.
 I secondi, sono in genere molto molesti.
 Gli studenti di storia contemporanea sono i peggiori infestatori dei collettivi universitari, i più attivi volantinatori di Lotta Comunista, i più ferventi richiedenti il tuo numero di cellulare per renderti partecipe della prossima riunione per fomentare le folle proletarie contro il capitalismo. Hanno una conoscenza enciclopedica degli anni '70 che rimpiangono a posteriori e che tentano di assorbire in ogni modo tramite la lettura continua di libri sull'epoca. Sanno tutto sul sequestro Moro, brigate rosse, stragi rosse e stragi nere, depistaggi di stato e ristampe anastatiche. Casa editrici favorite in assoluto: la Derive Approdi, Manifesto Libri, Editori Riuniti (per i classici).

venerdì 20 giugno 2014

Dimmi cosa leggi e ti dirò che facoltà fai. Parte I. Come leggere il proprio destino universitario nei fondi della propria libreria. Quando la bibliografia fa davvero la matricola.

Ok, lo so che è pericoloso generalizzare, ma vista l'ondata maturanda di questi giorni, non ho potuto resistere all'idea di predire il futuro di questi solerti ragazzini e ragazzine ancora pieni di speranze verso il futuro, inconsapevoli della catastrofe universitaria a cui stanno per correre incontro. Catastrofe perché nell'ordinato mondo di aule, banchi e professori che forse odiate, ma si ricordano il vostro nome, non c'è posto per un delirio in cui nessuno si premura di spiegarvi niente e dovrete apprendere nozioni come in "Hunger Games" prima che i vostri simili o il fato vi facciano fuori (ecco, soprattutto se state per varcare la soglia di un ateneo pubblico di cospicua grandezza vedetevi come Katniss e tutto andrà meglio).
 Ecco perciò questo post ultrageneralista che creerà un coro di: ma io non sono così! Ma regà stiamo quieti se fà sempre pè ride.
 Dimmi cosa leggi e ti dirò di che facoltà fai!

LETTERE: 
La strada per pasolinare è lunga. Nel dubbio io capirei come
si monta un sifone.
 Per forza di cose e di nome, la maggior parte dei lettori forti si concentrano in questa facoltà di cui attualmente si fatica a coglierne un senso lavorativo. Se non vuoi fare l'insegnante o non speri in una favolosa carriera da critico letterario, si comprendono poco i motivi di tale scelta (oltre, ovviamente alla soddisfazione e all'arricchimento personale, cose belle che però il giorno dopo della laurea vi sembreranno spesso una cretinata). In un mondo okkupato dalle banche e in cui il lavoro intellettuale non ha valore (monetario), sarebbe sempre meglio accompagnare alla lettura smodata dei classici, un corso accelerato di meccanica, non quantistica ma dei sifoni. Tuttavia la matricola e lo studente di Lettere ignorano beati la loro condizione e continuano a nutrirsi del meglio della letteratura mondiale, un po' per scelta, un po' per forza di corsi. Il rischio principale che corrono davanti agli innumerevoli corsi di letteratura è cadere nella sindrome "dante alighieri", scorgendo significati profondi in qualsiasi virgola del proprio autore preferito, virgola che non mancheranno di farvi notare. Lettere non darà lavoro, ma l'allure intellettuale la garantisce ancora.

MATEMATICA E INFORMATICA: 

Troppo facile e troppo scontato, ma anche troppo così. I matematici e gli informatici (sia ingegneri sia informatici puri), hanno in genere passioni nerd, che col passare degli anni assumono un valore lavorativo esponenziale. Come leggevo in un altro blog (I Hate Milano) ad una certa età pensi che chi al liceo stava sempre davanti al pc non ti sembra più così nerd (in genere avrà ormai un ottimo lavoro da programmatore informatico in qualche azienda). Costoro leggono perciò in genere fantasy e fantascienza, sognano il giorno in cui programmeranno un automa e daranno vita alle tre leggi della robotica. Dick gli è da ispirazione, Asimov pure, Harrison Ford in "Blade runner" anche. Visto che in genere la loro adesione alla facoltà è dettata da una vera passione e vocazione (difficile fingere di apprendere nozioni matematiche), amano leggere anche manuali e libri sulle loro materie, come il bellissimo "La cattedrale di Turing". Ragazzi, vedrete che col passare degli anni le disequazioni diventeranno la vostra principale arma di rimorchio.

BIOLOGIA, AGRARIA, SCIENZE FORESTALI: 
Avevo, durante parte dell'università, una facoltà di agraria poco lontana. I suoi discepoli erano quasi tutti uomini, barbuti, perennemente inzaccherati di terra e intenti in un qualche esperimento botanico nelle serre dell'università. Durante le rare riunioni politiche erano i più agguerriti sostenitori delle ragioni di sinistra e la loro fisionomia mi rimandava ad un lontano tempo istorico-fantastico in cui esistevano i famosi Kulaki, i contadini sovietici repressi da Stalin. Mediamente più sani del resto degli studenti che almeno oltre che rimanere chini sui libri, fanno anche qualcosa di pratico, sono interessati ai risvolti più alti dei loro studi. Gli appartenenti alle nobili facoltà a contatto vero con la natura sviluppano infatti un senso etico molto elevato che traducono in letture come il classico Thoureau "Vita nei boschi", "Nelle terre estreme" di Krakauer o saggi come "Quel che una pianta sa"  di Daniel Chamovitz. 

MEDICINA:
Dal film "L'ultima alba", ma io non conterei di lavorare con
la Bellucci se fossi in voi.
Medicina fa parte di quelle facoltà da lettore non forte, non fosse altro per la mole dello studio. In considerazione della sempre più alta percentuale di donne e anche qui di un elevato tasso di vocazione (posso fare anche il medico per i danari ma se svengo davanti al sangue o il terrore a prescivere la Tachipirina allora la mia carriera è già segnata dall'inizio) l'iscritto a medicina può mostrare una passione per i libri sui diritti umani e i drammi in zone di guerra. Magari hanno deciso di diventare epidemiologi dopo aver letto "La città della gioia" di Dominique Lapierre o chirurghi dopo "Pappagalli verdi" di Gino Strada. Forse sono stati folgorati dai libri per medici senza frontiere come "Dignità" o "Mondi al limite" o gli è capitato tra le mani uno di quegli agghiaccianti atlanti sui conflitti mondiali. Se è questo il caso di sicuro continueranno a leggere libri del settore, meno sicuramente partiranno. Una cosa rimane certa: spesso trovano così incomparabilmente cretine le serie tv su di loro da rifiutarsi di guardarle.

DAMS:  
Al solo nominare "L'intervista a Hitchcock" di
Truffault si causano svenimenti.
Il Dams ha dei visori forti più che dei lettori forti, ma in genere chi lo fa con adeguata passione finisce sempre per aver letto molto, solo nell'ambito che gli interessa però.
 Amano le vite degli altri, attori e registi che invidiano segretamente e attraverso i cui libri sperano di sorbire segreti e linfa vitale. I registi hanno una passione smodata per Fellini e potrebbero recitarvi a memoria la sua biografia scritta da Tullio Kezich, hanno letto qualsiasi libro intervista delle loro star preferite dai fratelli Lumiere ad ora. Variante dell'ultimo decennio: gli appassionati di serie tv. Essi sono pericolosissimi perché esplorano un territorio a lungo vergine, e non solo leggono la saggistica al riguardo parlandotene poi come di un manuale di meccanica quantistica in grado di svelarti l'origine dell'universo (vedi dottor House e dentro c'è come minimo il "Faust"), ma scrivono. E sfornano tesi di laurea che vengono pubblicate e inondano le librerie con titolo come "La filosofia del dottor House" o "Lost moderno. Lettura di una serie tv". La filologia spiccia non è mai stata così di moda.

GIURISPRUDENZA: 
Non me ne vogliano i numerosissimi giurisprudenti, ma tutti i miei numerosi conoscenti dediti a tale facoltà o non leggevano o erano dediti allo "sciura time". 
 Giurisprudenza, nonostante sia sovraffollata rimane una facoltà trendy. La parola avvocato continua a fare sempre più effetto di biologo, come la metti la metti. 
 Ci sono perciò due filoni: quelli che leggevano cose da sciura anche prima di entrare in facoltà e quelli che si mettono a leggerle dopo per far bella figura durante le conversazioni coi colleghi. Vedendosi già magistrati, politici e avvocati, la lotta per il potere comincia in facoltà. Ecco quindi fiorire Fabio Volo, Duchesne, per essere autoironici, chick-lit, qualche saggio di politica (che metta ben in evidenza l'appartenenza), se proprio impegnati ultimamente vanno di moda Rodotà, Settis e Zagrebelsky. Il gusto personale è generalmente raro, Fazio risolve tanti problemi suggerendo una discreta scaletta il sabato sera. E tutti ringraziano.

LE FACOLTA' CHE NON LEGGONO. ECONOMIA E INGEGNERIA: 
La facoltà di ingegneria dona poteri praticamente
sovrannaturali.
Gli adepti di tali facoltà non leggono per motivi molto diversi. 
 Gli ingegneri non hanno tempo. Essi stanno per dominare il mondo dall'alto delle loro stratosferiche conoscenze e impossibili esami che ci tengono a rimarcare di continuo, sono milioni di volte più difficili di tutti gli altri (possono forse rendere le armi solo davanti a Medicina). Se devono impegnare i loro neuroni a calcolare integrali, a capire come non far crollare un palazzo, ad architettare complesse strumentazioni biomediche o le macchine ecologiche del futuro, come possono avere tempo da dedicare a letture frivole come i romanzi? Un consiglio, è vero che geneticamente l'appellativo "ingegnere" garantisce un certo appeal dopo i trentacinque anni, ma io qualcosa, giusto per fare conversazione col prossimo, lo leggerei. Non è detto che la creazione di un radar interessi il prossimo come voi.
"Io devo guadagnare milioni, ti pare che ho il tempo
di leggere?"
Gli economisti non leggono perché loro già sanno tutto quello che c'è da sapere. 
 Nella nostra epoca capitalista il mondo è nelle loro mani, quindi perché perdere tempo con la biografia di Maria Antonietta? Al massimo, si attengono a ciò che riguarda la loro materia, management, Keynes, qualcosa di finanza. Ultimamente però fa fico rileggere i grandi classici a uso e consumo. Se uno si sente proprio pronto a dominare il mondo, dirà che sul comodino tiene "L'arte della guerra" di Sun Tsu e "Il principe" di Machiavelli. 
 Fanno eccezione gli economisti utopisti che sognano un mondo migliore fatto di banche per i poveri, economia sostenibile, industria ecologica e consumismo tenuto a freno. Essi sognano leggendo Vandana Shiva e Yunus il banchiere dei poveri. In ogni caso gli altri economisti hanno sempre il dubbio che costoro abbiano sbagliato mestiere e dovessero dedicarsi alla sociologia, bella e inutile.

In considerazione della quantità di facoltà esistenti mi fermo qui per non tediarvi troppo. Alla prossima settimana la seconda parte, se avete richieste, proteste, testimonianze, illazioni e insulti (nel limite del buongusto e della decenza) commentate commentate commentate!

mercoledì 18 giugno 2014

Libri perduti. Tra Shakespeare, Eco, sibille e Maya, quando le voci del passato sono bruciate o scomparse per sempre tra roghi e oblio (e talvolta riapparse)!

 Per molti anni il mio film preferito in assoluto è stato "Il nome della rosa".
Prima ancora di leggere il libro e prendere l'infelicissima decisione di dedicare la mia esistenza a questi simpatici amici cartacei, l'idea che potessero esistere oggetti al limite della magia, mi stregò.
Nel film/libro che avrete visto o letto ormai tutti, il motore potentissimo è fondamentalmente lo scontro tra due diverse posizioni ideologiche. L'idea straordinaria sta nel fatto che parte di questo scontro è messo in atto non da un uomo vivo, ma dalle sue parole che riecheggiano nei secoli tramite un libro. Tutti uccidono o vengono uccisi per possedere quella voce che attraversa le epoche e li soggioga nonostante il passare degli anni. Il climax è talmente forte da concludersi con una sorta di olocausto simbolico con tanto di bibliofagia distruttiva da parte del monaco che, attratto e disgustato morbosamente dall'unica copia rimasta del secondo libro della poetica di Aristotele, decide di distruggerlo morendo con lui. Una variante sul tema di eros e thanatos.
 C'è tutto un filone discretamente insopportabile per chi conosca bene la storia del libro, su questi libri perduti, ritrovati, bruciati, proibiti, tenuti nascosti da monaci perfidi, bibliotecari fantasma, librai che tengono aperti anche se nessuno entra a comprare (la crisi nei libri non esiste). Nessuno, a mio avviso, all'altezza del padre del genere (sempre sia lode a Umberto Eco), ma che rivelano come l'aura magica che circonda i libri continui a perdurare.
 Si sa poi che ciò che è andato perduto appare ai nostri occhi migliore di quanto abbiamo ancora, anche se magari non lo abbiamo mai visto.
La prova? Nel fascino dei libri davvero perduti o che abbiamo rischiato di perdere.
  A voi una velocissima carrellata!

ANTICHI TESTI PERDUTI: 
Lo sappiamo tutti che di quanto giunto da antichi greci e romani è pochissimo. Ci è arrivata infatti una selezione accuratamente scremata nel lungo periodo medievale, che con tutte le sue varie credenze di matrice cristiana, avrà sì salvato la civiltà a suon di manoscritti faticosamente copiati a mano, ma con una selezione molto discutibile. Principalmente ciò che venne considerato conforme al pensiero cristiano.
 Ma gli unici rei di censura non furono i monaci, anzi.
 Forse non tutti piangiamo la dipartita degli audaci Annales di Cremuzio Cordo, storico romano del I sec. d.C., ma ci farà strano sapere che Tacito strabiliò davanti alla loro distruzione dopo un processo per un "novo ac tunc primum audito crimine" (crimine nuovo e mai sentito), ossia il "reato d'opinione". Aveva infatti lodato i traditori Bruto e Cassio e per questo i suoi libri furono dati al rogo e lui si suicidò lasciandosi morire di fame.
Libri perduti particolarmente sugosi dovevano essere i "libri sibillini", ossia misteriosi libri oracolari in lingua greca in custodia alla sibilla cumana. Leggenda vuole che in principio fossero nove e la sibilla cercò di venderli al re Tarquinio il Superbo a un prezzo altissimo. Egli rifiutò e lei ne bruciò tre per poi riproporre i superstiti allo stesso prezzo. Tarquinio rifiutò e lei ne bruciò altri tre. Infine egli fu costretto a comprare gli ultimi rimasti al prezzo dell'intero pacchetto.
 Se magari ci sono dubbi sulla leggenda, essi esistettero davvero e bruciarono in un incendio nell'83 a. C.
 Per chiudere questo stringatissimo elenco non si possono non citare i libri Maya. Anche i popoli precolombiani scrivevano e miniavano secondo loro tecniche e con materiali peculiari, eppure in quanti lo sanno? Il lavoro dei graziosi missionari portati dagli spagnoli fu così minuzioso nel distruggere tutto quanto poteva allontanarli dalla conversione, da aver sterminato tutti i loro codici. I pochissimi sopravvissuti sono quasi tutti di dubbia autenticità. Complimenti eh.

MEMORIE COMPROMETTENTI:
Alcuni autori, spinti dalla "sindrome del Savonarola", dopo aver passato settimane, mesi o anni a scrivere ecco che hanno una crisi mistica e pam distruggono la loro opera in un rogo casalingo. Lovecraft distrusse tutte le sue opere giovanili ritenendole orrende (il personaggio di Virginia Woolf Orlando nell'omonimo "Orlando" fa la stessa cosa) mentre Newton, dopo essersi adoperato per mandare al rogo i libri tale Feeldman, fisico da lui ampiamente saccheggiato, fu vittima di un accidentale rogo domestico causato dal suo cane. Nell'incendio andarono persi numerosi suoi appunti soprattutto nel campo dell'ottica.
 Ma le memorie compromettenti più  famose in assoluto sono quelle del buon Byron che se le vide distruggere dal suo editore e dall'esecutore testamentario che le giudicarono scandalose e "buone per un bordello" (probably furono scandalizzati dalla storia incestuosa che ebbe con la sorellastra Augusta). Un caso più recente è quello di Sylvia Plath, che dopo il suicidio si è vista rimaneggiare completamente i suoi "Diari" dal marito Ted Hughes, che, peraltro, bruciò arbitrariamente i suoi ultimi due quaderni di memorie, con la scusa che se mai i figli li avessero letti sarebbe stato per loro troppo doloroso. Lo stesso destino, quello di un uomo manipolatorio anche post mortem, lo condivide con Antonia Pozzi, della quale molte poesie furono occultate e/o rimaneggiate dal padre dopo il suicidio in quanto ritenute compromettenti e inadatte ad una donzella borghese.

ESSERE O NON ESSERE. LA COMMEDIA DAVVERO PERDUTA DI SHAKESPEARE:
 Due estati fa, presa dalla voglia di non fare niente, comprai uno di quei libretti della Newton su libri proibiti, medioevo, templari e misteri, si trattava de "Il libro segreto di Shakespeare". Non so cosa mi aspettassi di trovarci, ma da un certo punto di vista la trama era esattamente l'unica possibile: il classico uomo di mezza età (un giornalista) aiutato dalla giovane figlia si mette alla ricerca di un misterioso libro a seguito della scomparsa di uno studioso che asseriva di avere tra le mani lo scoop letterario del secolo. Circa cento pagine dopo morivo di noia e di ridicolo e non ho mai saputo com'è andata a finire (ma mi pare di ricordare che la teoria fosse che Shakespeare o non era mai esistito o in realtà non era mai stato capace a scrivere).
 In realtà esiste davvero una commedia del bardo che si riteneva perduta fino a qualche anno fa, (ce ne sarà più d'una, ma di questa si hanno notizie più certe). Trattasi del "Cardenio" messa in scena solo due volte in onore di re Giacomo, in cui il protagonista era ispirato ad uno dei personaggi del Don Chisciotte di Cervantes, che pare colpì molto Shakespeare e il suo allora coautore John Fletcher.
 L'opera andò distrutta nell'incendio del Globe theater e non se ne seppe niente finchè, l'editore e drammaturgo Lewis Theobald nel 1727 la rimise in scena col titolo "Doppio inganno". All'epoca disse di essere in possesso di una copia del "Cardenio" e di averla riadattata al gusto settecentesco. Non venne creduto e morì impostore. Creduta per secoli una bufala, nel 2010 gli è stata ufficialmente riconosciuta la paternità del bardo. "Doppio inganno" non è effettivamente il "Cardenio" scritto da Shakespeare, ma ne contiene una gran parte, e per essere un libro che doveva aver bruciato accidentalmente quattro secoli fa, non è poco.

LIBRI INCIDENTALMENTE SALVATI DAL ROGO:
Non pochi autori in punto di morte pregarono che le loro opere fossero bruciate e morissero con loro. 
Vittime di quest'ansia insensata furono tra gli altri Emily Dickinson, Kafka e Virgilio. La prima, non paga di aver vissuto una vita da reclusa, ordinò alla sorella di bruciare le sue poesie. Ella ci mise tutta la buona volontà per esaudirla, ma, ad un certo punto, crollò di fronte alla massa e decise che forse sarebbe stato meglio leggerla e riordinarla. 
 Tutti gli adolescenti ricordano con ardore l'episodio che voleva Virgilio desideroso di dare alle fiamme l'"Eneide" da lui considerata imperfetta e incompleta. In tanti pur di non tradurre fino allo sfinimento la storia della vergine Camilla o di Didone suicida su una pira, avrebbero tanto voluto essere gli esecutori testamentari del poeta mantovano. Fortunatamente per noi, adulti ormai consapevoli, i suoi allegri compagni di bevute dai nomi improbabili, Flozio Tucca e Vario Rufo, si rifiutarono e consegnarono l'opera (destinata a divenire una grande hit tra gli amanuensi), all'imperatore.
 Altro caso di "ti prego dai alle fiamme il lavoro di una vita" fu Kafka, che pregò l'amico Max Brod di bruciare tutta la sua opera, peraltro praticamente inedita. Egli invece gli fu devoto in modo lodevole e non solo non la bruciò, ma la portò in salvo durante il periodo nazista e ne curò la pubblicazione.
Vittima di un caso di zelo post mortem fu invece Schopenhauer i cui scritti più spinti, furono bruciati dal suo esecutore testamentario, certo che pur non avendo egli lasciato indicazioni, avrebbe di sicuro preferito non essere ricordato come un vecchio porco.

 Siete curiosi di saperne di più di più di più?
 Spulciatevi: "Libri proibiti" di Mario Infelise ed. Laterza (solo 7,90 euro!), il fondamentale "Storia universale della distruzione dei libri" di Fernando Baez ed.  Viella e  "Il manoscritto" di Stephen Greenblatt (sulla storia del ritrovamento quattrocentesco del "De rerum natura" di Lucrezio che si credeva perduto) tanto per iniziare!

lunedì 16 giugno 2014

"E ritaglia una lunga speranza in un breve spazio". I ricordi stranamente archetipici di Michel Rabagliati in "Paul ha un lavoro estivo", l'amore, la montagna e gli scout.

Per molti e molti anni (e i molti e molti anni sono da imputarsi a vari motivi complessi e lunghi che peraltro a me, ora, sembrano per la maggior parte cretini e/o inspiegabili), ho frequentato gli scout. Faccio questo coming out. Non sono una di quelle che dice quelle frasi del tipo "Una volta che sei scout sei scout per sempre" o se ne vanta, come se ce ne fosse un motivo, tipo Renzi.
Ecco, io non sono mai stata gioiosa come Renzi quando
andavo alle uscite
 Non c'è merito nel vantarsi di una cosa del genere, visto che la maggior parte delle volte ti ci spediscono quando sei un pargolo incosciente, e non si acquisiscono capacità particolari se non quella di montare una tenda, fare qualche nodo, cucinare trapper e sviluppare una straordinaria resistenza a qualsiasi virus sulla faccia della terra (se non contrai il tifo durante un campo scout allora puoi star certo che non lo contrarrai mai più). Peraltro, temo che Renzi abbia dei ricordi molto migliori dei miei su quel tragico periodo. Da bambini la cosa è anche divertente, l'aria aperta ti fa bene e dormire fuori una notte con gli amici ti aiuta persino a crescere un minimo indipendente, il dramma si scatena, o almeno per me si scatenò durante il periodo adolescenziale.
 La logica vuole che se metti un gruppo di adolescenti, maschi e femmine, in uno spazio ristretto, qualcosa deve avvenire per forza. Bene che va si scatenano degli amorazzi, male che va si scatenano dei bullazzi e allora sono guai. Poichè  la maggior parte delle volte sei in mano a dei ventenni che o pensano ad amoreggiare o comunque non è che abbiano una laurea in pedagogia (è comunque volontariato) il crimine in tal senso è difficile combatterlo. In più se aggiungi a tutto che in Italia almeno, la principale organizzazione scoutistica, l'Agesci, è cattolica in un modo praticamente fanatico, abbiam messo la ciliegina sulla torta.
 Se avete avuto la straordinaria fortuna di saltare la naja scout o di farla divertendovi, per darvi un'idea di quello che può passare un adolescente preso di mira dagli altri in un contesto del genere, basti pensare a quei telefilm sulle scuole superiori americane in cui i tipi popolari come le cheerleader (che rimangono poi prontamente incinte) e i giocatori fichi di football prendono la gente che considerano sfigata e la buttano in un cassonetto o gli scrivono sugli armadietti. Se condite il tutto con una confusione sentimental-sessuale e dei "capi" talmente bigotti da dirvi che l'omosessualità è una malattia o è più comprensibile la zoofilia dell'interessarsi allo stesso sesso, allora avrete un quadro completo del mio incubo.
 La domanda allora è: va bene la sindrome di Stoccolma, ma per quale motivo una persona sana di mente dovrebbe continuare a frequentare un posto o persone del genere?
 A parte il fatto che se vieni da un paese, le stesse persone che vedi ogni sabato alle riunioni scout sono nella grande maggioranza dei casi le stesse che ti tocca incontrare tutti i pomeriggi o tutte le mattine a scuola, in realtà me lo sono domandata per lunghi anni.
 Ok che ero rincoglionita, ok che ho sempre avuto un senso del dovere decisamente cretino, ma cosa mi teneva legata a quella massa che ancora a distanza di anni preferisco non vedere manco col binocolo? 
Michel Rabagliati con il suo "Paul ha un lavoro estivo" ed. Coconino Press, mi ha svelato l'arcano. Si è trattato di un favoloso caso di serendipità visto che ero andata in biblioteca per cercare la connessione internet che la wind mi aveva tolto crashando e ci ho trovato per caso questa graphic novel davvero straniante.
 L'autore parla infatti dell'esperienza di due mesi come capo scout improvvisato di Paul (peraltro non ho fatto indagini approfondite, ma al 99,99% è autobiografica) in un meraviglioso terreno tra montagne bellissime e incontaminate. E' un post-adolescente che ha appena lasciato la scuola, dopo che dei pessimi dirigenti scolastici gli hanno tolto un progetto artistico, di cui era entusiasta, a causa dei suoi pessimi voti, e lavora stancamente in una tipografia. Figlio di genitori molto amorevoli e comprensivi, non è cattivo, ma viziato e pigro sì, e accetta l'offerta per questo lavoretto estivo (i capi scout in Italia non sono pagati, pare che in Canada forse in taluni casi sì) partendo inconsapevole della fatica che comporterà.
 La storia rischierebbe di essere fin troppo melensa (nessuno litiga, a parte alcuni ragazzini in età da scuola media i bambini e i ragazzi sono angeli, tutti cantano, mangiano e giocano in totale armonia, manco fosse Cristania), se non fosse per lo stile del disegno e il personaggio principale. Il giovane Paul si accorge di essere viziato, privilegiato, pigro, poco studioso, un figlio di papà rispetto agli altri educatori presenti e nell'arco di quei due mesi, finalmente cresce.
 Non solo per l'effetto e l'affetto dei bambini, ma con il lavoro e l'ammmmore che ovviamente sboccia.
 Quello che ho trovato davvero incredibile e sconcertante in questo libro sono le dinamiche umane positive praticamente identiche a quelle da me vissute. Dicono che il tempo abbellisce i ricordi, ma nel mio caso mi sono accorta che li aveva imbruttiti. Certo, erano accadute molte cose brutte, ma anche splendide, dei momenti di totale comprensione, di isolamento dal mondo, di amicizia che si possono scatenare solo con determinate dinamiche e in alcuni contesti.
  E' un vecchio motore narrativo che sorregge moltissime serie tv (Grey's Anatomy volendo è un gigantesco campo scout) e alcuni monumenti della letteratura, come il "Decamerone", (chiaro caso di involontario campo scout) o "Il signore delle mosche" (ecco, l'estremo negativo dei casi di campo scout). E', si può dire, una situazione archetipica che libera le potenzialità delle relazioni umane, come se si potesse davvero ritagliare "una lunga speranza in un breve spazio" per dirla alla Orazio.
E quei contesti sono: un gruppo di persone più o meno della stessa età, costrette a vivere per un determinato periodo in un posto isolato.
 Non so se Rabagliati sia stato vittima di un caso inverso al mio, e abbia voluto ricordare solo ciò che ci fu di splendido in un periodo per lui tanto importante (però credo di sì, altrimenti viveva con dei santi) però in effetti, questa mancanza di ombre, se non interiori, è l'unica pecca di questa graphic novel.
 Che mi sconcerta da quando ho finito di leggerla. E' strano dividere i propri ricordi con un canadese ignoto.

venerdì 13 giugno 2014

Autori che suscitano livore: gente che si scopre scrittrice una mattina, artisti che hanno diritto a un romanzo, dietologi che fanno impallidire Dukan e miracolati vari ed eventuali. Unitevi ai miei cattivi pensieri!

Mi ricordo che quando ero adolescente (proprio inizio adolescenza) Lupo Alberto stava accendendo i suoi ultimi fuochi. Era lì, in quel delicato momento in cui da lupo di massa si sarebbe trasformato in un  lupo di nicchia. 
Avevo perciò anche io un piccolo poster che avevo comprato con una qualche paghetta, con sopra Lupo Alberto a surfare le parole "La sfiga mi perseguita ma io sono più veloce". 
 Poiché ieri son successe cose non gradite e stamane cercando di scrivere qualcosa di sensato la connessione Infostrada ha collassato in tutta Italia riportandomi direttamente all'inizio degli anni '90 (non mi va neanche il cellulare, sto vampirizzando una biblioteca) ho pensato di dovermi sfogare un po' con un post di assoluto acidume.
 Ecco il motivo per cui oggi tratterò il controverso argomento degli scrittori che, per un motivo o per un altro, causano crisi di livore e invidia.
 Ho capito il karma, ho capito che i buoni pensieri portano buoni pensieri e i cattivi i cattivi, ma mòbbasta, in qualche modo ci si dovrà pur sfogare no?

OH, IO NON VOLEVO FARE NULLA, TUTTO E' SUCCESSO COSI' PER CASO:
 L'altro giorno mentre spostavo una cassa di libri più alta di me a farmi domande profonde sul senso della mia esistenza e il mio futuro, quando mi è caduto l'occhio su questo libro che avevo guardato da lontano per mesi: "Vendere svastiche e vivere felici", la vera storia dell'artista contemporaneo Max Papeschi. 
 E' vero, all'inizio è uno sfigato che ha girato un film senza possibilità di distribuirlo, che non riesce a mettere su opere teatrali e viene mollato dalla fidanzata, ma poi ecco che comincia con l'odioso attacco: "è successo tutto per caso". Fa una locandina per uno spettacolo, un tipo la vede e gli propone una mostra, in breve diventa un artista quotatissimo in tutto il mondo. E' piena l'editoria di questa gente che era in altre faccende affaccendata, poi ha sentito l'urgenza di fare qualcosa e boom super successo. 
 C'è la madre per caso che apre il blog e ora è giornalista affermata, c'è la giornalista affermata che scrive un orrido pamphlet cristiano e ora sciureggia beghina in ogni dove, c'è l'imprenditore gelataio che un giorno davanti a un caffè con un amico ha detto: "Ah, apriamo una gelateria artigianale" e ora ha una catena.
 Oh, a me queste cose non succedono mai.

UNA MATTINA MI SONO ALZATA E HO SCRITTO UN BEST SELLER: 
Grandi regine di una mattina mi son svegliata: la signora James 50 sfumature e la signora Premoli con "Ti prego lasciati odiare". Uno pensa che magari per scrivere un libro servano anni di lavoro, di pensiero, di esercizio, che magari qualcuno un capolavoro l'ha scritto anche in venti giorni, ma dopo anni di infinito lavoro (come diceva anche Ray Bradbury ne "Lo zen e l'arte di scrivere") e invece ecco che giunge qualcuno a distoglierti da questa folle idea. 
 La James legge "Twilight", si innamora di Edward (ma che poi boh, siccome è un vampiro allora ha senso che una quarantenne si interessi ad un adolescente? ma vabbeh) e decide di scrivere questa fanfiction di cui tutti sappiamo troppo anche se non vogliamo. La mette su internete e  booooom milioni di download, milioni di copie cartacee. Ha scoperto il sacro graal dell'editoria. Chiariamo, io ho letto qualche pezzo del primo libro e in questo caso ci credo che la James una mattina si è svegliata e ha detto letteratura ciao ciao ciao, perché siamo seri, io non ho mai letto una roba più sgrammaticata e pietosa. In questo caso non ho neanche il sospetto che questa commovente storia di editoria digitale sia stata costruita da un grande imperatore editoriale malvagio. Io ci credo che è una miracolata, ma non per questo la detesto di meno.
 Anna Premoli invece, vincitrice del premio Bancarella, era incinta, non sapeva che fare e ha scritto un libro, poi il marito l'ha messo su (mi pare I-tunes) e il giorno dopo aveva migliaia di download. Ecco quindi il premio Bancarella e la gloria. La mia domanda è: a parte il fatto che partorire un libro senza aver mai preso la penna in mano ha del fantascientifico, ma come ha fatto a downlaudare così potentemente già dal giorno dopo? Se era una sconosciuta, esattamente la gente come scopriva il suo libro e decideva di scaricarselo? Io chiedo perché non capisco! Questo comunque non l'ho neanche letto, era troppo per me.

SONO GIA' FAMOSO PER ALTRO E QUINDI HO DIRITTO A SCRIVERE UN LIBRO:
Una categoria che tutto il mondo condivide.
  Uno è un attore, uno scultore, un regista, una soubrette, una presentatrice, un cantante o comunque ha un ruolo artistico o di visibilità di un qualche genere? Allora ha diritto a scrivere un libro. Se posso provare molto divertimento davanti a Manuelona Arcuri che ci dà consigli antistress o trovare surreale la D'Urso che finge di conoscere il linguaggio del corpo, quelli che proprio non sopporto sono quelli che si pretendono scrittori impegnati e profondi a prescindere. 
 Magari sono cantautori di spessore e allora automaticamente quando il loro libro viene pubblicato (qualche casa editrice grande o piccola che sia ci prova sempre, fosse mai che racimola qualche copia) allora sono già John Fante, Bukowski e Hemigway (chiariamo, se sono uomini, le donne non sono mai Hemingway). Tempo due mesi e tutto viene buttato nel dimenticatoio e nel magazzino delle rese, tuttavia sulla pagina di wikipedia e sul loro blog personale essi potranno sempre fregiarsi della qualifica di "scrittore" e magari pure di qualche recensione o premio così a far colore. Ha scritto un libro che si voleva profondo persino Arisa, "Il paradiso non è un granché.Storia di un motivetto orecchiabile" ed Enrico Vanzina si è dato al giallo (anche Fabrizio Corona anche il fu Filippo Penati ex politico pd). A parte che prima di crederci voglio vederli chini su un tavolo, ma rosico comunque.

LE CLASSIFICHE MI PREMIANO PERCHE' NON SI SA:
Il dott. Piero Mozzi
L'editoria è un mondo strano. Da una parte c'è la raccomandazione o la campagna pubblicitaria spinta, ma da un altro c'è anche il tam tam molesto che consente ora a libri bellissimi ora a libri molto discutibili, di regnare sugli altri e arrivare ai vertici della classifica. E non parlo solo di Fabio Volo. E' giunto il momento che anche voi conosciate questo essere mitologico: il dottor Mozzi.
 Il dottor Mozzi è un medico star delle tv locali nelle valli della bergamasca e dalla bresciana (sospetto che essendo di Piacenza sia star nelle tv locali della sua zona). Egli ha tutta una sua teoria, peraltro molto in voga e con fior fior di pubblicazioni blasonate di blasonati dietologi delle star americane, per la quale il nostro corpo prediligerebbe determinati cibi a seconda del nostro gruppo sanguigno.
 Per motivi incomprensibili i suoi tre libri sono vendutissimi. Tanto che persino lui che abita non so dove nella campagna emiliana e si autoproduce i libri ha dovuto arrendersi all'idea di avere un isbn e una qualche forma di distribuzione sensata. Voi pensate che la dieta Dukan abbia vendite da urlo, ebbene non sapete cosa succede al nord davanti ai libri del dottor Mozzi.
 Quando ancora non si era dotato di un ragionevole modo di far giungere le sue opere dietetiche, era la fonte principale di proteste da parte dei clienti che attendevano anche mesi per avere il suo magico tomo. Proteste del tipo "Siamo nel 201X possibile che un libro ci metta un mese ad arrivare??" con tanto di grida, non tenevano conto che un libro arriva solo se qualcuno lo spedisce e se quel qualcuno ha come unico rapporto col mondo un fax e niente più, la comunicazione può essere se non altro problematica.
 Perché il dottor Mozzi (verso cui io non provo livore perché non me ne frega niente, ma immagino che molti altri potrebbero) ha così tanto successo? Oh, non lo so. Io mi sono pure letta questo libro, ma a parte scoprire che discendo dai popoli nomadi e dovrei mangiare principalmente cacciagione, lepre e cervo, non ho dedotto nulla.

 E voi? Ci sono degli autori che vi suscitano livore per qualche motivo? E perché? Scrivetemelo! Così tutt* assieme butteremo fuori un po' di cattivi pensieri (oh quanto ce se sente mejo a parlà male della gggente nun se sa...)

giovedì 12 giugno 2014

"Il senso dei clienti per il limonamento", quando trame a base di sesso e club del libro illudono sciure e manager solitarie. Un fumetto di denuncia.

L'estate is coming e le coppiette, probabilmente per gli effetti del caldo assassino, hanno perso ogni freno. Chiariamo, a me non me ne fregherebbe niente se non si sdraiassero sulle pile di libri appena sistemati o non pomiciassero spintamente davanti a bambini e sciure indignate. Non che loro non abbiamo le loro colpe eh. Ma perché la gente ama amoreggiare e/o cercare l'ammmmore in libreria? Cosa le spinge? Io lo so, quelle stupide trame piene di sesso e club del libro. La dimostrazione nel fumetto di cui sotto!
"Il senso dei clienti per il limonamento"





mercoledì 11 giugno 2014

Il grande ritorno della rubrica "Rieduchescional libraia"! Inquietanti episodi della storia del libro tra bibbie cattive, libri rilegati in pelle umana, profeti bibliofagi e inventori gabbati!

Questo inverno, piena di buona volontà, avevo iniziato una rubrica sulle curiosità e stranezze della storia del libro nominata "Rieduchescional libraia" 
 Volevo dimostrare che il libro non è solo un oggetto incidentalmente cartaceo che contiene incidentalmente una storia, ma un oggetto con una sua storia piena di trame inquietanti, risvolti sociologici, rivoluzioni, sangue, amori, magie e invidie.
  Nessun'altra cosa materiale può vantare un legame così simbiotico con l'uomo, né una tale e continua intrusione nelle vicende storiche. Perché altrimenti con tanta ostinazione si sarebbero dati al rogo i libri nella storia? Perché stilare di continuo liste di libri proibiti? E perchè dovremmo farci tante domande sul famoso passaggio tecnologico all'e-reader?
La risposta è dentro di voi, però è sbagliata, quindi immergetevi nelle stranezze e nelle trame inquietanti che quel silenzioso oggetto sui vostri scaffali custodisce misterioso. E spaventatevi!

LA VERA TRISTE STORIA DEL POVERO GUTENBERG:
 Tutti noi fortunatamente attribuiamo l'invenzione della stampa al grande Johann Gutenberg, un geniale orafo che riuscì non solo a inventare la stampa a caratteri mobili, ma, ed è qui l'eccezionalità, a sfornarla come Atena uscita dalla capoccia di Zeus: perfetta. Gutenberg, come molti inventori, aveva l'idea, ma non i soldi, così si fece finanziare l'impresa da un banchiere, tale Fust che a onor del vero lo foraggiò per molti anni credendo nell'impresa. 
 Non era però un mecenate illuminato ma lo faceva per danaro, così mentre dava denari a Gutenberg per i suoi esperimenti, stringeva segreti accordi con il di lui assistente, tale Peter Schoffer (a cui, tanto per rimarcare l'alleanza, successivamente diede anche in sposa sua figlia). Quando finalmente il nostro Johann riusciva nell'impresa stampando la celebre Bibbia a 42 linee, Fust, con l'appoggio e la testimonianza di Schoffer gli fece causa per riavere indietro i soldi investiti. Ovviamente Guty la perse e dovette cedere gran parte dell'attrezzatura, senza contare il fatto di aver involontariamente allevato in seno la serpe che gli portò via tutti i segreti dell'invenzione. I due fedifraghi misero su una redditizia tipografia, mentre lui vedeva bruciare il suo secondo laboratorio nel successivo saccheggio di Magonza. Morì in povertà.

LIBRI A PRANZO CHE BONTA':
Gnammy
 Il detto "divoratore di libri" non è sempre stato inteso in senso figurato.
  Tra gli esseri viventi che amano ingerire letteralmente i libri ci sono, tra acari e topi anche gli esseri umani. Svariati sono i casi di cosiddetta bibliofagia nella storia e svariate le motivazioni che sono principalmente 3.
Assorbimento della conoscenza: In epoche antiche quando il libro era considerato un oggetto al confine tra mondi e perciò ambiguo, gli si attribuivano svariate proprietà per così dire magiche. I monaci irlandesi credevano che bastasse un salterio a renderli invulnerabili in battaglia, altri erano convinti che ingoiando le pagine si assorbisse una conoscenza superiore per direttissima.
  L'idea (che era presente già in antichi culti, ad esempio nell'antico Egitto) deve probabilmente la sua diffusione da alcuni episodi della Bibbia i cui più famosi (e poetici) sono quelli del profeta Ezechiele e di Giovanni nell'Apocalisse. Il primo così si svolse:
E tu, figlio dell'uomo, ascolta ciò che ti dico e non esser ribelle come questa genìa di ribelli; apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto all'interno e all'esterno e vi erano scritti lamenti, pianti e guai.Mi disse: «Figlio dell'uomo, mangia ciò che hai davanti, mangia questo rotolo, poi và e parla alla casa d'Israele». Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo,dicendomi: «Figlio dell'uomo, nutrisci il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele.
Super gnammy
Il secondo è praticamente identico, ma con una piccola variante sul gusto della carta e delle parole:
"Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: "Và, prendi il libro aperto dalla mano dell'angelo che sta ritto sul mare e sulla terra". Allora mi avvicinai all'angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: "Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele". Presi quel piccolo libro dalla mano dell'angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l'ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l'amarezza."
Altro esempio, reale però, quello dell'ambasciatore fiammingo di Carlo V a Costantinopoli, Augier de Gister che scrisse come i turchi raccontassero che i tartari divorassero tutti i libri che trovavano, convinti di poterne assorbire la conoscenza.
Del resto, se "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio"...

Punizione:
 Narrano le leggende da ufficio che accada ancora oggi: persone che sbagliano un progetto e per fare ammenda devono mangiarselo. In passato però è accaduto sul serio: alcuni uomini che scrissero libelli controversi furono costretti a smangiucchiarseli. Come fu il caso di uno scrittore scandinavo costretto nel 1643 a mangiare, cotto con tanto di zuppa il suo libello politico: Dania ad exteros de perfidia Suecoru.
 Celebre anche il caso di Bernabò Visconti, famoso per la sua crudeltà, che costrinse due legati papali, venuti a notificargli una qualche bolla in merito a una controversia sul territorio di Bologna, a mangiarsela. E non era semplice carta, ma ben più ostica pergamena.

Sorta di perversione:
 Alcuni uomini soffrono di strane perversioni legate ai libri. Se non c'è ancora un modo per chiamare i leccatori di libri, esistono però i bibliomani e i ladri compulsivi di libri, di cui parleremo un'altra volta. I bibliofagi in questo caso mangiano i libri spinti da un impulso irresistibile. Uno dei casi più peculiari è quello di Johann Ernst Biren, duca di Curlandia (dov'è? non lo so), che ispirò a Balzac il personaggio di Biron, segretario di Carlo XII di Svezia ne "Le illusioni perdute". Il giovane scrivendo nottetempo mangiava e mangiava pezzetti di carta e pergamena, senza sapersi fermare.

LA BIBBIA CATTIVA:
Una bibbia cattiva esposta alla British Library
Un tempo i refusi nei libri si pagavano davvero
. Non è come adesso che magari ti arrivano intere partite rilegate al contrario o a cui manca casualmente pag. 21 e le rimandi indietro al distributore e amen. Nel 1631 i tipografi reali ebbero la commissione di ristampare la cosiddetta Bibbia di Re Giacomo, in sostanza la traduzione inglese del sacro testo certificata da re Giacomo vent'anni prima. I due tipografi si misero all'opera, ma al momento della composizione dei caratteri dimenticarono in una pagina un dettaglio fondamentale: invece di stampare "NON commettere adulterio", omisero il "non" trasformando il comandamento in un'incitazione alquanto discutibile "Commettere adulterio" (per questo è anche conosciuta come "bibbia degli adulteri").
 La cosa a noi sembra un peccato veniale, ma all'epoca scatenò l'inferno. Il re si arrabbiò a morte e fece bruciare tutte le copie di quella passata alla storia appunto come "La bibbia cattiva" (se ne salvarono pare 11 che ora hanno un valore stratosferico), costrinse i due tipografi a pagare un'ingente multa e li licenziò. Considerando che era la puritana Inghilterra del '600 andò loro anche bene.

 INQUIETANTE PELLE UMANA:
L'esemplare di Harvard
Che un tempo i libri si rilegassero con pelli di vari animali è cosa risaputa. Che i più pregiati libri d'ore fossero fatti di pagine di feti d'agnello anche, ma forse non tutti sanno che, seppur rarissimamente per le copertine veniva talvolta usata pelle umana. E' una notizia di pochi giorni fa il rinvenimento nella biblioteca di Harvard di un inquietante volumetto dal titolo "I destini dell'anima", con tanto di scritta all'interno: "Un libro sull'anima umana merita di avere una copertura umana". Anche la biblioteca Ambrosiana può sfoggiare un suo esemplare: il "Trattato di Anatomia" di Van Holsbéek stampato a Bruxelles nel 1861. Svariate biblioteche americane conservano alcuni esemplari (alcuni a tema come "La danza della morte" altre no). Si tratta in alcuni casi di un desiderio espresso del defunto che donava la sua pelle e in altri, come quello di Harvard di persone di cui nessuno rivendicava i resti.
Era un'usanza del periodo principalmente ottocentesca e confesso che non ne conosco i motivi, anche se considerando le loro passioni per cose inquietanti come le fotografie post mortem azzarderei uno "spirito dei tempi". 

 Scommetto che nessuno adesso citerà più la poltrona in pelle umana di Fantozzi!

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