martedì 16 giugno 2015

I clienti più molesti, ennesima parte. Chi biascica e chi conosce le lingue straniere, chi protesta e vorrebbe i suoi libri ovunque, chi pensa di essere in un bistrot parigino e chi vorrebbe un bicchiere di Chianti!

Immaginatemi in queste vesti turchine
 Ogni tanto passano dei mesi in cui evito di fare post sulla molestia dei clienti, ma poi, fatalmente essi riescono a compiere sempre nuove nefandezze dimostrando da una parte di essere legati agli errori del passato (penso che generazioni di lettori continueranno a non ricordare mai e poi mai il titolo e l'autore), ma in grado di evolversi antropologicamente a seconda dei mutamenti della società.
 Probabilmente non c'è negozio più in grado della libreria di tenere il polso delle mode in fatto di usi e costumi, anche se, tocca dirlo, la maleducazione rimane spesso sempiterna.
 Ricordando ciò che la madre bionda, gnocca e defunta diceva ad un inutile Cenerentola, nel film Disney di questo inverno, "In libreria siate gentili e abbiate coraggio". Principalmente siate gentili.
 Dopo questo mantra da pubblicità progresso, possiamo anche inoltrarci negli orrori odierni.
 Let's go!


IL CLIENTE CHE SI COMPIACE:
 Malgrado la lettura sia bistrattata, la cultura ormai considerata superflua (perché fare 52 esami all'università quando puoi fare "l'università della vita"?), leggere continua ad essere uno status symbol. O meglio, non leggere, ma atteggiarsi a grande conoscitore dell'elite culturale. Il cliente che si compiace arriva in libreria e cerca i libri scritti da suoi cari amici, quando scoprono che il tomo non è disponibile, dicono la frase che probabilmente speravano di poter pronunciare sin dall'inizio, "Ah beh, lo chiederò direttamente a lui, tanto ci vediamo tutti i giorni".

 Speranzosi di tue domande, rimangono delusi nell'apprendere che al libraio non può fregare assolutamente niente delle loro conoscenza d'alto borgo, così rincarano la dose dicendo che conoscono anche Tizio e Caio o che dopodomani ceneranno con Sempronio.
 Altra variante del cliente che si compiace, è quello che si compiace di stare in libreria. 
 Ne esistono due tipologie.
1) Chi non si compiace in compagnia o è un ladro o una spia: 
 Questo cliente compiaciuto viene in libreria sempre accompagnato da una o due persone con cui fa massa. Pigliano il luogo per una specie di bistrot esistenzialista parigino e smuovono le poltroncine da mezzo negozio per formare un circolo letterario improvvisato in cui sostanzialmente si ripetono quanto sono bravi, belli e intelligenti. "Anche tu sei stato alla presentazione l'altro giorno? C'era Kiki, da quanto non lo vedevo!" "Eh, Kiki ora pubblica per Rizzoli, prima aveva firmato con Mondadori!" "Ah, ora è Didi che scrive per Mondadori!"
 Mentre dissertano amabilmente, a volume non sgradevole, ma abbastanza alto per essere ascoltati, guardano con malcelato fastidio il libraio che magari cerca di lavorare e gli gira attorno tentando di prendere i libri dagli scaffali che impallano regolarmente mentre simposiano in felicità. Se potessero chiederci un bicchiere di buon Chianti come si fa coi camerieri potete star certi al tremila per mille che lo farebbero.
2) Il compiaciuto profondo dentro:
La libreria è tanti luoghi, luogo romantico, luogo di limonamento,
Da "Soy de pueblo"
ma anche luogo di profonda riflessione.
 Anche da clienti potrete vedere il negozio infestato da questa gente che finora avevo visto solo nella facoltà di filosofia: sguardo sbarrato, mano sotto il mento, occhi persi nel vuoto e in lontani pensieri.
 Il compiaciuto profondo viene in libreria per cibare la sua anima, prende un libro lo sfoglia, fissa il soffitto e vagheggia, di solito nelle librerie di catena esso si contiene perché è circondato da gente che entra per tanti altri motivi (dvd, cd, romanzi di Moccia), ma in quelle indipendenti, specie se considerate particolarmente coooool (alcune indipendenti hanno questa nomina e di solito le evito come la peste perché sono piene di questa gente), lui si muove come una gazzella nella savana, un'ape nell'alveare, una formica nel formicaio.
 E' lì infatti che trova i suoi simili, felici di essere in luogo socialmente apprezzato e hipsteriosamente fantastico.
  Basta entrare per farsi crescere la barba a gorgiera o avere il calzino a risvolto, oppure, variante vedersi cucita addosso una giacca di velluto a coste o un vedersi calato dall'alto un basco alla francese.
 Sui placidi banchi si formano coppie, dissertazioni sulla letteratura, confessioni sull'importanza di Bukowski nella propria vita, ci si invita a reciproche cene vegane o a reading di poesia in qualche enoteca dei quartieri giusti. Si entra profondi, si esce coooool.
 (Per avere più info su tale esemplare, leggere il bellissimo fumetto "Soy de Pueblo" by Raquiel Còrcoles e Marta Rabadàn ed. Hop!"

IL CLIENTE CHE BIASCICA (con variante):
 Io non capisco se le persone sono confuse e pensano di essere dentro una biblioteca o se lo fanno apposta per renderci la vita difficile, fatto sta che una delle piaghe più frequenti in libreria è il cliente che biascica. Costui solitamente cerca autori impronunciabili (o che pronuncia male) e titoli o cortissimi e lunghissimi che sarebbero complicati da capire anche se comunicati ad un volume normale, ma che, sussurrati come un segreto innominabile, diventano un'impresa degna di Ercole. Generalmente quando si invita questo specifico cliente a ripetere il titolo ad un livello accettabile e non con gli ultrasuoni canini, esso o si indispettisce o ripete la stessa cosa nello stesso identico modo o, se possibile, con un tono ancora più basso, come se, colto in fallo, si vergognasse improvvisamente.
 La variante: il cliente che sa le lingue straniere
Essendo principalmente donne, ai miei occhi appaiono così
 Questa tipologia è orgogliosissima della sua conoscenza delle lingue straniere e non concepisce che il libraio di turno non sappia come si scrive il nome di un autore o di un titolo in lingua straniera, ergo è pochissimo collaborativo. Ti spiattella perciò la richiesta con un accento Oxford o un una pronuncia migliore di Cervantes, senza tener conto che potrebbe non capirsi effettivamente nulla nella lingua corrente tra lui e il libraio. Quando si chiede gentilmente di ripetere scadendo meglio o di fare uno spelling, il cliente si mostra assai indispettito: la sua pronuncia è quella giusta e comunque, come fai a non sapere come si scrive un certo cognome? 
 Ovvio che egli ha linguisticamente ragione, ma visto che siamo lì per cercare un libro e non per raggiungere il livello C2 di tedesco con un madrelingua, perché non mostrarsi collaborativi e smetterla di parlare come Gunther Grass?
 E' una tipologia che personalmente trovo molto molto molto sfiancante.

LO SCRITTORE PUBBLICATO:
 Ogni tanto ho citato tra i clienti molesti gli autori autopubblicati, ma tra di loro ci sono anche quelli pubblicati da qualcuno. Di solito quelli che si vedono più di frequente sono gli autori della domenica, quelli che pubblicano un libro senza conoscerne il ciclo produttivo  e di vendita.
Investiga, astuto come una faina
 Ossia vengono lì, celandosi sotto mentite spoglie, e cercano di ordinarsi il libro da soli per indagare se questa fantomatica opera arrivi o meno (altro motivo: cercano di falsare il venduto, ossia si autocomprano il libro così tu vedi che vende e lo riordini). Quando scoprono che l'editore non ha la distribuzione, ossia che il tomo ha scarsissime se non nulle possibilità di arrivare in libreria, cadono dal pero. Ma come? Il libro esiste, lui l'ha visto!
 Scoperta l'esistenza di questo attore invisibile (il distributore), cercano di sostituirsi a lui proponendosi di portare i tomi direttamente in libreria, cosa che, talvolta, le librerie indipendenti (soprattutto per le edizioni di interesse locale) fanno, ma che quelle di catena non fanno praticamente mai. Si assiste quindi a diverse mutazioni d'animo e di spirito dell'autore tradito dalle promesse dell'editore: la tristezza, il tradimento, la tragedia, il dramma, la speranza, di nuovo la tristezza, la rassegnazione. Un dramma euripideo in piena regola.
 C'è invece lo scrittore pubblicato, magari anche da una casa editrice dignitosa che si crede Joyce.
 Costui pensa che se solo il suo libro fosse esposto per tutta la libreria, in vetrina, sui tavoli, sul soffitto, venderebbe migliaia e migliaia di copie. Per lui, la vendita è legata principalmente alla visibilità: già il libro è ottimo, se lo esponi vuoi che la gente non se lo compri?
Non vi dico quanto vende la poesia in Italia
 Sfatiamo 'sto mito: esistono pacchi di libri che pur esposti e lanciati con fervore NON vendono. Se bastasse martellare il prossimo di esposizione, avremmo risolto il problema del creare sempre nuovi bestseller. Di converso, esistono libri che pur essendo all'inizio poco visibili, vendono più che dignitosamente.
 Lo scrittore pubblicato non accetta che il libraio decida magari quanti libri prendere e viene a controllare, libreria per libreria, dove sta il suo libro. Anche lui tenta travestimenti improbabili in cui si finge l'amico dell'amico dell'autore, ma poi, alla fine, un po' per vanità un po' per spirito di "Lei non sa chi sono io!", sbotta.
 Un poeta pubblicato anche bene, ci ha fatto una scenata memorabile e condita di insulti circa due settimane fa, perché osavamo tenere solo due copie del suo libro, un libro che a suo dire doveva essere esposto pure sulle mattonelle. Un libro di poesia. Che due copie sono già tantissime se non sei Hikmet.
 A parte la figura da chiodi e indegna da lui fatta, la domanda da porgli era una: ma se dovessimo dare l'esposizione enorme che lui pretendeva a tutti gli autori pubblicati del globo, quante librerie servirebbero? Da riempire tutto l'universo probabilmente.
 In generale, inimicarsi i librai a suo di insulti non è una mossa astuta, autori che leggete prendete pure nota.

 E per ora è tutto, alla prossima molesta puntata!

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