venerdì 29 luglio 2016

Storia di una rubrica che fu e che ogni tanto è ancora (e tre sugosi suggerimenti). Piccoli libri per piccoli tragitti: debuttanti fresche di campagna by Alcott, inquietanti paesi di soli ciechi by Wells e cortigiane molto moderne by Luciano di Samosata.

 All'inizio della mia vita da blogger, quando avevo una mezza idea di dover rendere tutto più coerente e sensato, avevo deciso di seguire parte dei consigli che si danno a qualsiasi novello digitatore di tastiere. 
  
Il primo consiglio, che era precedente al mantra "Content is the King" era una specie di anatema da cui sembrava che neanche Gandalf potesse salvarti: qualsiasi cosa tu avessi intenzione di fare dovevi assolutamente ricordare che mai e poi mai un post avrebbe dovuto superare una determinata lunghezza.
 Il motivo era insito addirittura nella natura stessa dell'internet: la gente che naviga ha una capacità di concentrazione degna di un criceto e in ogni caso legge a spizzichi e bocconi quando ha tempo.

  Quindi, baby, datti una regolata.

 Il secondo consiglio,  da cui sembrava proprio non si potesse sfuggire era la periodicità.
 Non la costanza (cosa effettivamente fondamentale), ma l'idea che si dovessero per forza impostare i contenuti in modo da "fidelizzare" il lettore. Il venerdì fai questa rubrica, la domenica fanne un'altra, riposa il giovedì eccetera.

 Così insomma, la gente si sente rassicurata e il mercoledì verrà proprio a cercare quel ghiotto articolo che ha atteso per tutta la settimana.

  (i miei primi post infatti sono corterrimi rispetto agli ultimi), per il secondo ci ho provato, ma immediatamente ho dovuto vedermela con un enorme scoglio: io non mi ricordo mai che giorno è.
Ho cercato di seguire il primo consiglio per qualche mese

 Già di mio non sono stata una grande amica del calendario, ma come saprà chi lavora su turni, quando il concetto di fine settimana è morto e lavori pure di domenica, è un attimo che non sai più che anno è che giorno è. 

 Priva di una periodicità nella vita reale, pretenderla da quella virtuale era abbastanza impossibile.

 Eppure all'inizio avevo tentato di cadenzare qualche rubrica, tra cui Rieduchescional Libraia (sulle follie della storia del libro) e "Piccoli libri per piccoli tragitti", che era anche una cosa sensata: consigliavo libri piccolini e leggeri da leggere e trasportare agilmente in caso di brevi viaggi.

 Sono ormai secoli che si sono perse le tracce di entrambe le rubriche, ma in quest'ultimo mese mi è capitato di adocchiare alcuni libri adattissimi ai Piccoli libri per Piccoli tragitti e anche se sono conscia (e spero per voi) che Agosto is coming e farete viaggi di ore per raggiungere gli amati luoghi vacanzieri, ho deciso di proporvi un triplete per tutti i gusti.
 E insomma, eccovelo, tutto per voi!

DIALOGHI DELLE CORTIGIANE di Luciano di Samosata:

 Sono giorni che la gente non fa che commentare "Temptation Island" un reality show trash fuori tempo massimo che, se ho ben capito, mette delle coppiette su un'isola e boh tenta di farle lasciare innescando delle tentazioni endogamiche. 

Esso è Gordo
 Non che abbia amici che seguono 'sta roba, ma qualche mese fa trovai carino un video di uno youtuber ora molto di moda, tale Gordon, che prende per i fondelli le ragazzette odierne e ho iniziato a guardicchiarne uno ogni tanto.

 Ha un certo gusto del ridicolo e alcuni sketch sono graziosi (oltre all'encomiabile fatto che non ha tema di vestirsi da donna in ogni dove), ma ha sviluppato una passione per questo programma che ha portato alla luce, nei commenti, l'odio per le donne insito in molte donne.

 Diciamocelo, spesso molte appartenenti al genere femminile riescono ad essere più cattive e piene di pregiudizi verso le loro simili di quanto non lo siano gli uomini. 
 Diceva un antico adagio che "le donne sono le più grandi custodi del patriarcato" e senza volerlo scomodare per direttissima, diciamo che la sequela di insulti in stile "E' una cagna, è una tr*ia, è una donna di facili costumi in tutte le sue declinazioni" fa parte di questo magico mondo. 

Quello in cui un uomo che tradisce la fidanzata al massimo è un imbecille, mentre una donna, bene che le va, è una poco di buono.

 Farebbe bene alle masse leggere questo graziosissimo libro, i "Dialoghi delle cortigiane" proveniente direttamente dall'antica Grecia e che dimostra tuttora una freschezza e una modernità incredibile. 

 Come molti ben sanno, nell'antica Grecia generalmente le donne erano ficcate dentro al gineceo vita natural durante e uscivano in ben poche occasioni (poi con le dovute differenze di luogo, ceto e ruolo), alcune tra di loro però avevano un campo d'azione ben più vasto: le cosiddette cortigiane.

 Un po' diverse dalle prostitute, erano un incrocio tra quello che definiremmo una escort e una mantenuta. Donne quindi che avevano un rapporto duraturo (di varia natura) con uomini che le pagavano e di tanto in tanto promettevano persino di sposarle.

 Le circostanze da cui scaturivano tali rapporti erano molto articolate (e quasi mai esclusiavamente faccende di denaro) e somigliano di dialogo in dialogo ad una sorta di "Sex and the city" ante litteram.

  Si scopre infatti che queste cortigiane avevano gli stessi problemi delle ragazze di adesso: amanti che giuravano amore eterno e poi sparivano, amanti che promettevano di lasciare le fidanzate e non lo facevano, gelosie, ansie, tentativi vari di tenersi strette il proprio uomo, relazioni un po' troppo manesche, persino relazioni lesbiche!

 Vivevano, molto più libere delle "donne perbene", una vita all'insegna dello stigma sociale eppure affatto triste, anzi, avventurosa, piena di passione, di dubbi, di amori e di vita.
  E la cosa interessante è che prima di mettere la testa a posto, volenti o nolenti, gli uomini le preferivano di gran lunga alle recluse ragazze dei ginecei, pure e silenziose, lontane dal mondo e accondiscendenti, pallidi fantasmi senza voce, come la maggior parte delle donne nella storia.

 Cosa insegna tutto ciò? A leggere i classici, a smetterla di insultare il prossimo e a sospendere il giudizio morale sulla vita amorosa e sessuale altrui, che, diciamoci la verità non ci dovrebbe riguardare né ora né mai.


NEL PAESE DEI CIECHI di H. G. WELLS:

 In un mondo pre-radar, pre-aeroplani, pre-esplorazioni spaziali, in cui insomma un po' di mistero geografico aveva ancora ragion d'esistere, fiorivano libri, generalmente utopie, su luoghi sperduti e inaccessibili, generalmente incastonati tra le montagne.

 "Erewhon" di Butler,il mondo senza tecnologia, aveva tale  collocazione, come anche "Terradilei"di Charlotte Perkins Gilman, un luogo dove gli uomini erano scomparsi e le donne avevano messo in piedi un matriarcato virtuoso e si riproducevano per partenogenesi.

 Assai simile dal punto di vista naturalistico, ossia, clima mite, ampie e verdi vallate, assenza di bestie feroci e fertilità della terra, è il paese dei ciechi perso sulla Cordigliera delle Ande in cui Wells ambienta questa novella.

  Un uomo, Nunez, riesce a ritrovare questa popolazione separata dal resto dell'Ecuador e caratterizzata dalla cecità: tutti gli abitanti sono non vedenti da generazioni e questo ha condizionato il loro stile di vita in tutto e per tutto.
 Convinto, grazie a quello che Nunez considera il vantaggio della vista, di riuscire a dominarli in una sola rapida mossa, si renderà presto conto che in un paese in cui la maggioranza ha costruito un sistema sociale, organizzativo e persino religioso tarato sulle proprie esigenze, vedere è un malus è non un plus.
 Ciechi, ma con un udito sviluppatissimo, la popolazione tratta Nunez come un idiota che crede in luoghi, dei e cose che non esistono, come la vista appunto. Tentano di indottrinarlo, ma si convincono di avere a che fare con una causa persa, almeno finché egli non si innamora di una bella ragazza locale.

 Racconto straordinario per gli innumerevoli livelli di interpretazione.
 I ciechi credono pazzo chiunque tenti di dar loro spiegazioni alternative perché non prendono neanche in considerazione l'idea di un'alternativa.
 Esiste solo una via, retta, giusta e innegabile, chiunque non la segua è pazzo o idiota. Un'idea che hanno in molti in questo triste mondo malato.

 Altra peculiarità, l'idea malsana che questo mondo sia organizzato a misura di essere umano. Errore.
 Il nostro mondo è organizzato a misura dell'essere umano finora dominante nella storia: maschio, in buona salute e mediamente giovane.
 Un pensiero che faccio spesso quando vado all'Ikea e non riesco ad alzare i pacchi dei mobili.
 Mi chiedo sempre: se il mondo fosse abitato solo da donne, non avremmo trovato da tempo un modo per rendere le cose più leggere, non le avremmo progettate per rendere tutto più funzionale per persone più piccole e meno in forze?
 Tutto ciò che esiste è funzionale certo, ma non per tutti, è funzionale per la maggioranza che esercita il potere (o lo ha esercitato per lungo tempo).

 Nunez pensa che la sua vista sia un immane vantaggio e invece in un mondo in cui tutto è basato sull'assenza di tale senso, si ritrova presto schiavo, fisicamente e psicologicamente. Gli occhi, arriva a pensare, valgono davvero? Ha senso vedere? Non rappresentano solo un intralcio alla vita "normale"?
 Favoloso, da leggere per rimuginare tutto il pomeriggio passeggiando sulla spiaggia. 

IL DEBUTTO DI DEBBY di Louise May Alcott:

  Louise May Alcott autrice che ogni ragazzina da qui a non so quante generazioni precedenti ha avuto come rito di passaggio, per quanto ci possa apparire straordinario, non ha prodotto solo i quattro libri della saga di "Piccole donne".

 Come si vede nel film in cui una Winona Ryder non ancora caduta in disgrazia impersona Jo (alter ego per molti versi della Alcott), prima di dedicarsi alle sorelle March aveva tentato la strada del romanzo gotico e un po' torbido (di cui trovai traccia in biblioteca riesumando "La donna di marmo").

 In generale Louise meriterebbe di essere riscoperta in toto perché fu una scrittrice sagace e ironica, per certi versi molto simile alla Austen.
 La somiglianza diventa straordinaria in questo grazioso racconto che vede protagonista una deliziosa ragazza di campagna non ancora intaccata dal demone della leziosità. Invitata dalla zia arricchita a passare un'estate al mare con lo scopo di procurarle un ottimo partito, si ritroverà precipitata in un mondo che trova da un lato folle e un po' falso, dall'altro indubbiamente attraente: quello dell'alta società in annoiata vacanza.

 In un gruppo di persone che si conosce dalla più tenera età e si frequenta in continuazione tutto l'anno, microscopico circolo parecchio stantio, lei spicca per freschezza e genuinità. Tutto quello che potrebbe maleducata è fonte di salutare  e i pretendenti, incantati dalla novità fioccano come neve a gennaio.
 La zia è ovviamente compiaciuta, la nipote sotto sotto anche, ma non è che si trovi proprio a suo agio circondata da damerini.
 Un bozzetto per chi ama crinoline, corteggiamenti di altri tempi, romanticismo, sano protofemministo con molte balze e ovviamente la buona, buonissima scrittura.

3 commenti:

  1. Mmmm, mi ispira un sacco questo "Nel paese dei ciechi"! Ma in realtà mi ispira tutto ciò che assomigli anche solo vagamente a "Flatland", che amo alla folllia :D

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  2. Ed anche il libro di Wells finisce dritto dritto nella lista delle cose da leggere!Grazie!!!

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  3. IL paese dei ciechi l'ho letto tanti anni fa e mi diede gli incubi: un'atmosfera angosciosa e molto ben costruito

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