lunedì 24 ottobre 2016

Un triplete di piccole recensioni tra amici! Due graphic novel fresche di stampa e una un po' più vegliarda tra onesto cinema, aspettative troppo alte e pentimenti di metà trama.

 In questi giorni mi sto godendo le ultime ferie prima della G.B.d.N., meglio conosciuta come la Grande battaglia del Natale.
Recensir senza timor

 Prima che le orde calino in negozio alla ricerca del regalo perfetto, tento di accumulare riposo, solo che come ogni volta che scendo a casa mia sto già trottolando tra amici e parenti e la cosa è ovviamente impossibile.

 Almeno ci sono i maritozzi e i supplì a consolarmi.

 In vista di Lucca, alla quale andrò in giornata (la qual cosa mi dona un misto di terrore e gioia, terrore per la stanchezza, gioia perché è fantastico) a dare un'occhiata, ecco a voi un piccole recensioni tra amici dedicato a tre graphic novel.

 Bando alle ciance, a voi il triplete!


LA RABBIA:

Mettiamola così, quanto più spari in alto, tanto più rischi non solo e non tanto di cadere, quanto di deludere.

 Se metti l'asticella dell'aspettativa alta un tot, poi non dico che devi rispettarla, ma se non altro devi andarci vicino.

 Se sulla quarta di copertina di questa miscellanea di fumetti che hanno come tema conduttore la rabbia (dai più di loro intesa come "rabbia generazionale") nomini l'ormai celeberrima "Gioventù cannibale" sai bene a cosa il lettore interessato a tali libri si aspetta di trovare.

 Ecco non è che non ce l'abbia trovato, la rabbia si sente eccome, però c'è sempre il solito problema: non riesco a farmi piacere e a cogliere pienamente il messaggio dei fumetti che amano molto la mostruosità del tratto, specie se il tratto mostruoso è accompagnato a una sceneggiatura fortemente caotica ed evocativa.

 Escludendo il fumetto di Zerocalcare, ( che, diciamoci la verità, fa da traino al libro), gli altri veleggiano tutti verso quella direzione e anche lo stacco tra il capitolo dell'ormai più conosciuto fumettista italiano e gli altri è davvero troppo grossa.

 Non è (sempre) una questione di qualità, ma di linguaggio.

 Zerocalcare che, peraltro, curiosamente, non parla di rabbia generazionale, ma dell'aggressività che tutti per motivi vari ci portiamo dentro e tendiamo con modi più o meno subdoli a riversare sugli altri (si va da quello che ti minaccia con la spranga se non hai rispettato lo stop all'hater su facebook), usa i suoi personaggi, i suoi ricordi, l'immaginario collettivo dei nati negli anni '80 che ormai tutti conosciamo.

 Costruisce una storia che segue un filo e un ragionamento. Bene lì.

 Tutti gli altri si aggrovigliano in cose molto evocative, in disegni ora (spero volutamente se no rivaluto i miei) infantili, ora mostruosi, in frasi a effetto buttate lì in giro credo a creare un qualche tipo di effetto distorto.

 Allora, non mi menate, di sicuro questi altri fumettisti (tra l'altro almeno un'altra storia che mi è piaciuta c'è, quella della coppia Nomisake/Trapani che parla del precariato lavorativo) sono di livello e sono io ignorante che non li conosce e capisce, me stupida lettrice di fumetti mainstream.

 Però almeno per me è no.

La rabbia è un grosso argomento, l'idea permetteva enormi possibilità e l'aspettativa della "gioventù cannibale" anche. Per carità tante buone intenzioni, ma la resa non è all'altezza.


FREEZER di Veronica "Veci" Carratello ed. Bao Publishing:

 In Italia ormai escono pochissimi issimi issimi ottimi film, alcuni film orrendi, molti, troppi, film che in verità al posto di avere l'onore del cinema al massimo meriterebbero di essere passati come film tv il venerdì sera su Raiuno, e sparutamente qualche film grazioso e un po' fresco.


Poiché questi ultimi, invece di essere il vivace pane quotidiano della nostra cinematografia, sono rati come i quadrifogli, vengono salutati come capolavori di astri nascenti, opere prime di futuri Rossellini, speranze vivide e brillanti per il futuro nazionale (penso, ad esempio, a "Notte prima degli esami", il primo, che il secondo già passa alla categoria film per la tv).

 Curiosamente le graphic novel italiche seguono molto da vicino l'andamento della cinematografia, seppur con maggior originalità rispetto alla storditissima qualità delle narrativa italica odierna.
 Alcuni capolavori, parecchia roba che "Perché esce?" e, in verità, un sottobosco fresco e grazioso abbastanza florido.

 "Freezer" fa parte di questo sottobosco.
 Si tratta infatti di una piccola storia adolescenziale, disegnata in modo molto grazioso e con personaggi degni di un film di Virzì (forse sono anche obnubilata dal fatto che Virzì è rimasto tra i pochi ad ambientare le sue storie tra i poveri mortali non benestanti).

 La protagonista è Mina un'adolescente la cui unica aspirazione è essere lasciata in pace.

 A scuola la prendono in giro (senza arrivare al bullismo, basta che ci ricordiamo tutti i meravigliosi anni passati alle scuole medie, che quando ogni tanto vogliono limare gli anni al liceo mi domando sempre perché, invece, non fanno direttamente fuori questo momento scolastico che tutti vorremmo dimenticare), iniziano già a fiorire le prime future sciurette dalla lingua biforcuta, i genitori pensano di avere a che fare ancora con teneri bambini dagli occhi grandi e non si rendono conto che stanno infastidendo dei caimani in preda agli ormoni della crescita e pronti a staccargli un braccio.

 Mina ha poi una di quelle famiglie che ora va di moda chiamare disfunzionali in stile "Little miss Sunshine": una nonna che vive con loro e non parla, un padre che fa l'attore di pubblicità e guadagna poco e niente, una madre con la capigliatura di Marge Simpson, uno zio che soffre della paura di sedersi (sì sedersi) e un fratellino.

 La storia comincia quando lo zio decide di conoscere una pasciuta donzella con cui chatta da mesi.

 La famiglia prende un camper e lo accompagna in questo viaggio che si rivela infruttuoso, solo che durante il tragitto la nonna muore. E tu pensi "Sì, ma "Little miss Sunshine" l'ho già visto".

 Poi giri pagina e scopri che la nonna non avrà un degno funerale: la sua pensione di reversibilità è troppo indispensabile al sostentamento familiare, perciò nessuno deve sapere che è morta...

 Nulla di particolarmente memorabile, ma è davvero grazioso, fido che l'autrice sappia tirare fuori storie esponenzialmente migliori. La promessa c'è tutta.


UN CIELO RADIOSO di Jiro Taniguchi:


In uno dei libri, ancor belli, di Banana Yoshimoto (mi pare fosse "Amrita"), veniva citato un curioso episodio, a dire della scrittrice realmente avvenuto in America.

 Al risveglio da un grave coma, una donna si era accorta di possedere due memorie, la propria e quella di un'altra donna con cui non aveva mai avuto niente a che spartire.

 Viene da pensare che o Jiro Taniguchi legge i libri della Yoshimoto (possibile) o questa storia gira in Giappone e colpisce fortemente l'immaginario collettivo, perché è sostanzialmente la trama di questa che è, purtroppo, la prima graphic novel del buon Jiro che proprio non mi piace.

 L'inizio è anche buono: un diciassettenne campioncino di motociclismo si scontra nella notte con l'auto guidata da un manager che ha appena avuto un colpo di sonno per il troppo lavoro.

 Finiscono entrambi in coma, ma sopravvive solo uno: il ragazzo. Ma.


Ma con la mente e la memoria del manager defunto che cercherà in tutti i modi di rintracciare la moglie e la figlia.
 Il suo rimpianto infatti è aver lavorato praticamente giorno e notte senza tregua per mesi (immagino, non solo da questo fumetto, che in Giappone non esistano né sindacati né concetti come diritti del lavoratore) togliendo loro tempo e affetto.

 I problemi, come potete immaginare, sono di varia natura:

1) Come farà a farsi credere da moglie e figlioletta?

2) Cosa succederà se e quando la mente e la memoria del ragazzino dovessero tornare a galla?

 Il primo quesito si risolve in modo quasi risibile, il secondo in modo molto goffo.

 Non so, sembra che da metà storia Taniguchi si sia come reso conto che la storia non poteva funzionare, ma visto che era in ballo, ha continuato a ballare.
 Belli i disegni, delicati i dialoghi, ma peccato, è la sua cosa meno riuscita che mi sia capitato di leggere.

1 commento:

  1. ah, belle recensioni! Non ho letto nessuno di questi libri, ancora, mi spiace assai per Taniguchi perché è uno dei miei autori preferiti. Il tratto "famo gli anarchici anni 70 fuori tempo massimo" infastidisce anche me; sarà un mio limite ma è un'estetica che non mi appartiene affatto. Spero che zero metta altrove questa storia! (A margine, ieri bellissima sua storia coi cavalieri dello zodiaco)

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